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LUCE DEI MIEI OCCHI
Buio. Un buio perenne, eterno, rotto solo da rumori. Suoni estranei, sconosciuti, che non c'è modo di identificare. Non per Giulia, lei non ne è capace. «Claudia... sei tu?» «Certo Giulia, chi pensavi che fosse? Ci siamo solo noi, in casa.» «Non so... i tuoi passi sembravano... diversi. Non li riconoscevo.» Sente chiudersi la porta, con un cigolio. E i passi che si avvicinano. «Dovresti abituarti, Giulia. A riconoscere i suoni. Ormai sono quattro anni.» Un lungo sospiro. «E poi resti sempre su quel letto! Ci sono ancora giorni in cui rifiuti di alzarti! » «Lo so, però io...» «Giulia, perdere la vista non vuol dire necessariamente cessare di vivere. È un secolo che ne parliano! Perché devo sempre ripetere le stesse cose? Ci sarebbero mille cose che potresti fare: riprendere a uscire, conoscere...» La interrompe con una voce tragica. «Ma io ero una pittrice...» La voce di Claudia ha una punta di commiserazione. «Tu amavi dipingere, non eri una pittrice. I pittori sono quelli che vendono i quadri, quelli che riescono a mantenersi con la loro arte.» Giulia storce un labbro. «Prima o poi ci sarei riuscita, sarei diventata famosa.» Un altro sospiro, più lungo. «A che serve parlarne adesso? È successo, non è colpa di nessuno, e certe cose non possono più essere cambiate.» «Forse un giorno... Un trapianto...» Giulia se la immagina mentre sta scuotendo la testa. Claudia batte con l'unghia sull'orologio, come fa sempre quando è nervosa. «Non abbiamo soldi per queste cose, lo sai benissimo. Perché dobbiamo fare sempre queste discussioni?» «Soldi, soldi, soldi! Non sai parlare d'altro! Ogni volta che parliamo, tiri in ballo i soldi!» La voce di Claudia sale di tono. «Non farmi arrabbiare, Giulia, non farmi dire cose che non vorresti sentire...» «Sono io che sono immersa in questo buio... da quattro anni. Tu ci vedi, tu vivi! Pensa a come mi sento io!» «Io vivo? Ma mi stai prendendo in giro? Sono qui a farti da infermiera, da quattro anni. Ho dovuto lasciare il lavoro, e tu non tenti neppure di alzarti da letto! Sei ammalata, tutto ti è dovuto. Certo, avevo qualcosa da parte, siamo andate avanti per un po', ma adesso non ci sono più soldi... dobbiamo trovare una soluzione.» Giulia scoppia a piangere. «Mi vuoi mettere in un ospizio, è questo, vero? Vuoi liberarti di me!» Claudia sta camminando per la stanza. È arrabbiata, e si sente. «Ma allora non vuoi capire! Non ci sono soldi. Sono finiti. Stop. Ma sai quanto costerebbe farti ricoverare? Non possiamo permetterci neppure questo!» «E allora cosa vorresti farne di me, buttarmi nella spazzatura? Io non posso certo mettermi a lavorare... riprendi il tuo posto, io cercherò di arrangiarmi.» Claudia sbuffa. «Il mio posto? Anche se mi riprendessero, lo stipendio basterebbe appena per l'affitto, e poi cosa mangeremmo?» «Smettila, smettila, non mi interessa... perché vuoi spaventarmi?» Claudia si siede. È di fronte a lei, adesso. Abbassa la voce. «Sono due mesi che non paghiamo l'affitto. Da un momento all'altro può arrivare lo sfratto.» Giulia smette di singhiozzare. «Siamo già a questo punto? Perché non mi hai mai detto niente?» Claudia non risponde. Giulia si muove sul letto, a disagio. «Hai provato a cercare lavoro?» «Andrei persino in strada a prostituirmi, se servisse, ma credi che troverei qualcuno disposto a pagarmi?» «Non dire queste cose... non pensarci nemmeno!» Con amarezza: «È un bene che tu non mi possa vedere, Giulia. Non ti piacerebbe come sono diventata. Non sono mai stata bella, non come te, almeno, ma adesso... È uno sfacelo, sembro una balena... non smetto mai di mangiare, non ci riesco.» «Claudia...» Giulia ha di nuovo le lacrime agli occhi. «Non mi rassegno alla sua morte, non c'è più nessuna ragione per andare avanti, nessuna.» Ha un brivido. «È colpa mia, lo so, è colpa mia!» «Ma no, Giulia, perché dici questo...» Ma c'è una lieve sfumatura ironica nelle parole di Claudia. «È colpa mia, lo so. Se non fossi venuta a trovarti... se lui non fosse venuto a prendermi all'aeroporto... non ci sarebbe stato l'incidente, lui non sarebbe morto e io non sarei cieca.» «No, no... semmai è colpa mia. Io dovevo venire a prenderti, non lui. Lui non voleva, l'ho costretto...» «Se fossi venuta tu... non voglio neppure pensare cosa sarebbe successo, se fossi stata tu a... Che ne sarebbe stato di me...» La voce di Claudia è ferma. «Se fossi venuta io, non sarebbe successo niente, non ci sarebbe stato nessun incidente, lo so.» Un lungo silenzio. «Cosa facciamo adesso? Cosa faremo se ci sfrattano?» «Non lo so, Giulia, proprio non lo so... Io posso vivere per strada, trovare qualcosa... ma tu...» «Mi lascerai da qualche parte, in qualche istituto?» insiste Giulia. «Anche per questo servono soldi.» «Ma io... io ho una pensione, no? Sono cieca!» Claudia sbuffa. Giulia immagina che sia per l'entità della pensione. Un altro silenzio. La voce di Claudia è quasi inudibile. «Dovrei vendere un rene...» Un fulmine a ciel sereno. Giulia è ammutolita. «Cosa...?» «Già, c'è un bel mercato per certe cose. Non è legale, ma rende bene. Con un rene potremmo stare tranquille per due o tre anni.» «Ma è assurdo!» «Oh, non è la fine del mondo! Con un rene solo si vive benissimo. Bisogna stare solo più attenti, non stancarsi troppo...» «Non voglio sentir parlare di queste cose... è abominevole!» La voce di Claudia inacidisce. «Perché? Parlare di andare a battere per consentirti di restare comoda nel tuo letto va bene, però; quello non ti sconvolge!» «Ma certo che mi sconvolge, cosa stai dicendo? Non... non devi fare niente di tutto questo! Smettila, smettila, non voglio sentire!» Giulia sta diventando isterica. Un altro silenzio. Claudia torna alla carica. «Lo pagano bene, sai? C'è un bel mercato per i pezzi di ricambio. Clandestino, certo.» Giulia è incredula, è pazzesco che sua sorella continui a insistere. «Claudia, è assurdo... tu non puoi pensare...» «Certo dopo non potrei starti dietro come adesso, non potrei sollevarti, farti il bagno...» «Non sono paralitica!» E subito aggiunge. «Ma cosa mi fai dire... è assurdo!» «Non sarai paralitica ma ti comporti come se lo fossi. Non ti alzi mai da quel letto!» «Non mi sento sicura... non ci vedo!» «Dopo quattro anni!» «Basta, basta, ti prego... fermiamo questa discussione!» Silenzio. Un'altra frase buttata lì, con un tono colloquiale, tranquillo. «Tu non ne hai bisogno...» Giulia capisce, con un attimo di ritardo. «Ma sei pazza! Sei completamente pazza! Se credi che io...» Si blocca, talmente sconvolta da non riuscire a continuare. La voce di Claudia continua a essere calma, suadente. «A te non servono due reni. Per startene coricata a letto a non far niente, uno ti basta e avanza.» «Pazza! Pazza! Pazza! Non voglio starti a sentire!» «Preferisci essere buttata in mezzo alla strada? Cosa faresti se io non mi potessi più occupare di te?» «Non m'importa, non voglio parlarne. Tu sei pazza! Non ti ascolto!» Torna il silenzio, anche se carico di tensione. Claudia si siede di nuovo. Giulia non è per niente tranquilla, conosce troppo bene sua sorella per illudersi che la discussione sia finita lì. Ma non riesce a capire cosa stia succedendo, perché Claudia si stia comportando in quel modo. Un lungo sospiro, teatrale. «Me lo devi.» Giulia sobbalza. «Io non ti devo niente! Cosa stai blaterando...?» «Oh, certo, l'hai dimenticato. Sei un'esperta nel dimenticare le cose spiacevoli. Ma me lo devi...» «Cosa ti devo?» «Un pezzo del tuo corpo. Occhio per occhio, dente per dente. Lo dice la Bibbia.» «Claudia, mi fai paura, smettila...» «Certo il pezzo che mi devi non me lo puoi restituire... quindi bisogna sapersi accontentare.» «Non voglio più starti ad ascoltare! Smettila! Non ti parlo più!» La sedia cade per terra, Claudia si è alzata di scatto. «Tu hai preso qualcosa di mio! E ora lo rivoglio!» urla. «Non ti permetterò di passarla liscia!» Ora Giulia inizia ad aver paura della sorella. È la prima volta. «Cosa stai dicendo... io non ti capisco... smettila...» «Mi hai portato via la cosa a cui tenevo di più... Devi pagare!» Con voce tremante: «Roberto? Tuo marito... Avevi detto che non mi ritenevi responsabile...» Claudia ride, con amarezza. «Ho detto... ho detto... Ma tu sei responsabile, eccome!» «Non ricordo, non ricordo niente dell'incidente... non puoi pensare che io...» «Io non penso, IO SO!» «Basta, basta! Puoi dire quello che vuoi! Io non mi ricordo più niente. Non ha nessun valore quello che dici!» «Oh, lo so, non eri in te. Eri fatta, completamente fatta! Sei rimasta in stato comatoso per giorni... ma non per l'incidente, per tutta la droga che avevi in corpo!» Giulia si sente malissimo. Forse, in cuor suo, ha sempre temuto che sarebbero arrivate a quel punto, prima o poi. «Sei malvagia! Ma ora sono pulita, lo sai benissimo, mi hai aiutata tu a uscirne fuori. Non voglio pensare a quei momenti...» «Sì, ti ho aiutata a disintossicarti... e anche questo mi è costato un mucchio di soldi.» «Soldi, soldi... che c'entrano adesso. Perché parli sempre di soldi?» «C'entrano, c'entrano... c'entrano sempre, i soldi.» La voce diventa di colpo rabbiosa. «Rivoglio quello che mi hai portato via... ADESSO!» Giulia ha un brivido. «Non capisco, cosa vuoi, cosa ti ho fatto...?» È la resa dei conti, lo sanno entrambe. «Tu mi hai portato via qualcosa... Una parte di Roberto... La rivoglio indietro.» «Ma sei pazza? Cosa dici?» Claudia ride, e la sua voce si fa più dolce. Giulia è ormai convinta che sua sorella sia davvero impazzita. «Sai Giulia, quando ti hanno tirato fuori da quella macchina, dopo l'incidente... Ti eri portata via un pezzo di Roberto... Te l'hanno trovato in bocca...» «Cosa? Cosa dici...?» «Il suo pene, Giulia, il pene di mio marito era dentro la tua bocca, tagliato di netto dai tuoi denti.» Giulia è congelata. Si chiede se sia possibile, se può davvero aver fatto una cosa del genere. «Non è possibile... non...» «Oh sì, Giulia. Indovina cosa gli stavi facendo quando c'è stato l'incidente...» «Ma...» «Ed è questo che ha provocato l'incidente! Lo sai?» «Ma io non... perché...» «Eri drogata marcia, ne avevi voglia, te ne sei fregata che lui fosse il marito di tua sorella, un uomo, tra l'altro, che non ti poteva neppure sopportare. Tutti andavano bene, per te, Giulia...!» «Io... io non mi ricordo...» «E smettila con questa litania! Ogni volta che combini un guaio! Io non sono stata, io non mi ricordo! Sempre la stessa storia.» Giulia piange a dirotto, senza riuscire a fermarsi. «Oh, Giulia cara, non so se gliel'hai mozzato quando è avvenuto l'incidente, oppure se l'incidente è avvenuto perché gliel'hai mozzato... questo non lo sapremo mai... non ti ricordi, vero?» Un sussurro. «No.» «Hai visto che mi devi qualcosa? Adesso capisci?» Poi, cambiando discorso. «Non hai idea di quanto mi sia costato tenerti fuori dalla galera...» Un altro colpo inaspettato, Giulia è inebetita. «Cosa dici...?» «Eri colpevole, Giulia, eri tu la causa dell'incidente. La polizia ti aveva denunciata. Ho dovuto assumere un avvocato in gamba, per tenerti fuori dalla galera. Un avvocato costoso, molto costoso...» «Non mi...» «...ricordo, lo so. Non ti ricordi. Posso crederci. Eri in uno stato pietoso, quando ti ho portata a casa dall'ospedale. Ho dovuto disintossicarti. È stato orribile. Posso crederti quando dici che non ricordi più niente di quel periodo. Anch'io vorrei tanto dimenticarlo, cancellarlo dalla mia vita.» Giulia torna a piangere, disperata. «Hai idea di quanto mi sia costato quel cavolo di avvocato? Hai idea di quanto mi sia costato tenerti fuori dalla galera? Te lo meritavi, sai! Meritavi di finire in galera! Lo hai ucciso tu, Roberto!» «No, no, no.» «Avevo qualcosa da parte. Non era molto, è bastato a malapena per pagare il funerale e l'anticipo dell'avvocato. Ho dovuto lasciare il lavoro per starti vicina, per disintossicarti!» «Perdonami, perdonami... Qualunque cosa, chiedimi qualunque cosa, ma non quello...» Claudia si fa quasi tenera. «Giulia, Giulia, ma io non ti sto chiedendo nulla...» «Perdonami, perdonami...» singhiozza Giulia. «Io ti sto solo dicendo come stanno le cose...» Giulia singhiozza. «Perché adesso? Perché mi stai dicendo queste cose adesso? Perché non le hai dette allora?» «Non era ancora il momento, cara. Non ce n'era la necessità.» «E adesso sì?» Si risponde da sola, con sgomento. «Mi odi, mi hai sempre odiato... Non me ne sono mai accorta!» Poi, sempre più confusa. «Perché mi hai tenuta con te, allora? Perché sono qui?» È terribile non poter vedere, darebbe qualsiasi cosa per poter guardare il volto della sorella, capire cosa sta provando. Insiste: «Perché non mi hai mandato via? Perché ti stai sacrificando per me?» Arriva finalmente la voce di Claudia. «Perché sei mia sorella. Nel bene e nel male tu resti mia sorella.» Si sente ancora peggio, sopraffatta da rimorsi. Il fatto che non riesca a ricordare, non rende meno gravi le sue colpe. La voce di Giulia trema, e quasi non riesce a credere a ciò che sta dicendo. «Farà male... l'operazione...?» «No, no, cara, non te ne accorgerai neppure.» «Ho paura, Giulia, ho tanta paura...» «Ma no, sciocchina.» Claudia l'abbraccia, e piangono entrambe. Lo deve fare, ora Giulia lo ha capito, ma le sembra lo stesso una cosa orribile. «La mia pensione, Claudia... non basta, non può aiutarci? Faremo dei sacrifici...» «Non c'è nessuna pensione, Giulia. Siamo senza un soldo...» «Nessuna pensione? Ma io sono cieca...!» Claudia continua ad abbracciarla. «Lo so cara, lo so, ma io non ho mai chiesto la pensione.» «Ma non è possibile! Quando in ospedale si sono accordi che avevo perso la vista, avranno fatto pure qualche pratica...» «Ma tu non hai perso la vista, Giulia. Sei uscita dall'ospedale che ci vedevi benissimo. Non ti eri fatta nulla nell'incidente, solo un paio di graffi.» Ridacchia. «Oddio, eri quasi soffocata con quello che avevi in gola, però...» Giulia sta diventando isterica. «I miei occhi...! Claudia, cos'è successo ai miei occhi!» «Eravamo senza un soldo, Giulia, c'era da pagare l'avvocato, e dovevamo pur mangiare, pagare l'affitto. È stato un affare, Giulia. Abbiamo saldato tutti i debiti, e c'è rimasto abbastanza da vivere tranquille per quattro anni...» Agghiacciata. «Tu... Tu...» Claudia ridacchia ancora. «Giustizia poetica, non credi? Avresti potuto donare un rene, ma gli occhi erano meglio. Più giusto, no? Eri una pittrice, dopo tutto. Gli occhi erano tutto, per te. Te lo meritavi.» Un urlo, disperato. «Cosa mi hai fatto? Come? Io... non ricordo!» «Oh, è stato così facile, cara. Quando sei uscita dall'ospedale era ancora sconvolta, non ti rendevi conto di niente. Dimentichi forse che sono un'infermiera? È stata una sciocchezza organizzare il trapianto delle cornee. Ti ho fatto credere che fossi rimasta cieca nell'incidente, e tu mi sei stata soltanto grata.» Giulia rantola, senza riuscire a parlare. «Col rene sarà molto più facile, indolore, quasi. Certo ci faremo un po' meno, ma riusciremo a tirare avanti per altri due o tre anni. Poi si vedrà... ci sono ancora tanti... pezzi.» Giulia boccheggia, non riesce a respirare. È paralizzata dal terrore. «Il mio cuore...» geme. La voce di Claudia è molto dolce, adesso. «Oh... il tuo cuore, già. Be', quello lo lasceremo per ultimo.»
FINE
Edited by marramee - 19/7/2009, 23:47
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