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Dopo "L'amico di Tonino", ecco un altro racconto sulla mia terra. Nella cittadina di San Nicandro Garganico, ai tempi del fasciscmo, un gruppo di contadini via via sempre maggiore si convertì all'ebraismo, e dopo il '44 emigrò verso la Palestina. Tutto partì da un uomo che in molti, a San Nicandro, ancora ricordano: Donato Manduzio. Il mio racconto prende spunto dalla "leggenda" della sua conversione. PS: per gli amanti del "genere", ecco un racconto breve di 8000 caratteri.
Liberamente ispirato a una storia vera.
Quella notte di San Lorenzo era limpida come lì al paese non ne avevano mai viste. I bambini si rifiutavano di andare a letto pur di osservare il cielo, e i genitori si mostrarono piuttosto accondiscendenti nel permettere loro di restare alzati, accanto alle finestre, ad ammirare le stelle che cadevano, disegnando ampie scie nel cielo blu scuro prima di scomparire. Anche Donato Manduzio era lì, sull’uscio della sua casa, ma non sembrava particolarmente interessato alle stelle cadenti; si limitava a fissare il cielo senza in realtà guardarlo davvero, assorto com’era nei suoi pensieri. Sua moglie Emanuela, di poco più giovane di lui, gli passò accanto ma lui non se ne accorse. La donna scosse il capo e se ne andò in camera da letto: sapeva per esperienza che il marito aveva bisogno dei suoi tempi in ogni cosa. Anche quando pensava. Non occorse molto, però, prima di sentire passo di Donato, irregolare perché lui era claudicante, nei pressi del letto, mentre si infilava sotto le coperte per passare un’altra notte accanto alla sua sposa.
Donato aspettò pazientemente che Emanuela si addormentasse, prima di aprire nuovamente gli occhi. Si mise seduto, intrecciando le mani davanti a sé come in preghiera, quelle stesse mani che una volta credeva avessero poteri guaritori; lui stesso aveva iniziato ad insegnare pratiche magiche e scientifiche ad alcuni suoi compaesani, per poi rifiutarle con ripugnanza. Smise di trasmettere questi suoi insegnamenti che ormai giudicava falsi, o lo fece di malavoglia; ma a quel punto sentì nella sua vita uno strano vuoto che non riusciva a colmare, né con il lavoro né con l’amore della moglie. Nemmeno la religione gli era di alcun conforto, e più di una volta restava in disparte quando Emanuela recitava il rosario accanto all’immagine della Madonna che tenevano sul comodino. Era immerso in questi pensieri, quando udì dei fruscii sommessi provenire dalla porta d’ingresso. Donato si alzò di scatto, temendo che fosse un ladro, senza però svegliare la moglie che continuava a dormire, ignara di tutto.
Nonostante il buio l’uomo riuscì a distinguere, davanti all’uscio di casa, una figura curva e ammantata in un mantello, appoggiata a quello che doveva essere un bastone. Nella mano destra reggeva una lanterna che dondolava appena, cigolando. “Chi sei?” domandò Donato, senza trovare il coraggio di avanzare. L’altro rispose, con voce sommessa ma ferma: “Vi porto una luce” e agitò la lanterna spenta davanti al naso di Donato. “Non c’è nessuna luce” borbottò quest’ultimo, cercando di capire cosa stesse succedendo. Gli occhi ormai si erano abituati all’oscurità, e così si era accorto che la porta era chiusa dall’interno; da dove era entrato quell’uomo? Donato deglutì, fissando chi aveva davanti a sé. “Perché non accendete la vostra lanterna?”. Il vecchio, perché tale doveva essere lo sconosciuto a giudicare dalla voce, sospirò. “Non ho fiammiferi per farlo, figliolo; ma tu sì”. A quelle parole il contadino sentì uno strano calore vicinissimo alla sua mano, e alzandola si accorse che le dita stringevano un fiammifero acceso, e consumato quasi per metà. “Date qui” disse, affrettandosi a prendere la lanterna dalle mani e ad accendere lo stoppino già intriso d’olio. Dalla piccola fiamma scaturì una luce tanto intensa che Donato fu costretto a ripararsi gli occhi con un braccio, ma prima di chiudere del tutto le palpebre riuscì a vedere il vecchio sorridere, sotto la barba, e allargare le braccia come a volerlo abbracciare. Quando il contadino aprì gli occhi, si accorse di essere nel suo letto.
La mattina dopo, mentre si trovava in uno dei campi che circondavano il paese, Donato ripensò spesso a quell’incontro, che la sua ragione qualificava come sogno. Era convinto che non fosse un sogno qualunque, ma ad un certo punto decise di lasciar perdere quelle inutili fantasticherie e tornò ad occuparsi della terra sotto di lui, affondandoci con decisione la zappa. Si fermò soltanto a mattino inoltrato, sedendosi su uno dei grossi sassi che circondavano il campo e bevendo avidamente l’acqua che aveva portato con sé. Alzò il capo soltanto quando sentì qualcuno che lo chiamava, avvicinandosi a grandi passi verso di lui. Donato lo salutò, riconoscendo in lui un vecchio amico, e quest’ultimo si affrettò a porgergli il libro che aveva in mano. Si trattava di una Bibbia, un po’ consunta ma tutto sommato ancora in buono stato. “L’ho ricevuta da un pastore protestante” gli raccontò nel loro dialetto “Sono sicuro che saprai capirla” e si allontanò, rapidamente così com’era venuto.
In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.
Donato, contadino di vecchio stampo e figlio a sua volta di contadini, non aveva preso molti libri in mano durante la sua vita, giacché non era andato a scuola; ma aveva imparato a leggere e a scrivere durante il servizio militare, e quindi non fu troppo difficile per lui decifrare le prime righe della Bibbia, che non aveva mai letto in vita sua. La lettura continuò quasi senza interruzioni per tutta la sera, tanto che Donato fu tentato di ignorare la scodella di minestra che la moglie gli aveva messo davanti. Emanuela borbottò qualche parola incomprensibile prima di uscire; era troppo poco istruita per poter capire il fascino che quel libro esercitava sul marito. Donato continuava imperterrito a leggere, quando un pensiero sin intrufolò nella sua mente e lo costrinse a tornare indietro, fino alla prima pagina, e a rileggere queste parole:
Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu.
Fu in quel momento che il contadino capì davvero il significato del suo sogno: era stato il Signore stesso a inviargli quella visione, ad apparirgli davanti con l’aspetto di un vecchio e a porgergli quella lanterna...che altro non era che la fede, quella fede che lo aveva chiamato e voleva che fosse lui ad accendere la sua fiamma. Donato cadde in ginocchio, sotto il peso di quell’improvvisa rivelazione, le mani strette convulsamente attorno al volume, così forte che le nocche sbiancarono. “È questo che vuoi da me, Signore?” mormorò febbrilmente, alzando lo sguardo prima verso il soffitto, poi verso lo spicchio di cielo stellato che compariva dalla piccola finestra aperta; una notte limpida, come la precedente. Il contadino allargò le braccia in quella direzione, strisciando nello stesso momento le ginocchia a terra fino a raggiungere il davanzale. Cacciò la testa fuori, respirando affannosamente come se in quel momento fosse rimasto in apnea. L’idea di un Dio che aveva condotto un popolo intero alla Terra Promessa, un dio senza volto e senza nome eppure così potente, lo teneva inchiodato al suolo come un masso troppo pesante ma allo stesso tempo gli scaldava il cuore. Nessuno gli aveva mai narrato la storia degli Ebrei fuggiti dall’Egitto per andare incontro a un sogno in apparenza irrealizzabile; nessuno gli aveva parlato di quel Dio che gli apparve così diverso da quello che fino a quel momento credeva di aver conosciuto: un Dio temibile e vendicatore. Ma la Bibbia, con la sua luce, gli aveva aperto gli occhio: Dio era forza creatrice, era amore.
Donato si girò di scatto, afferrando la piccola immagine di Cristo appesa al muro e la scagliò con forza contro il parete, senza curarsi di raccogliere poi i cocci da terra. La religione cui era stato educato fin da bambino gli appariva ora così vuota, così...persa dietro alla venerazioni di inutili idoli in legno o vetro, gli stessi che i fedeli adoravano nelle chiese. L’idea che una statua potesse sostituire un santo lo ripugnò profondamente, come quando aveva letto degli ebrei che avevano rinnegato Dio per un vitello d’oro. Il contadino di San Nicandro Garganico, un piccolo paese della regione pugliese, prese la Bibbia tra le mani e la baciò, inginocchiandosi davanti al cielo trapunto di stelle. Tu sei la Luce, Signore, e io la scintilla. La tua Santa Parola vivrà con me.
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