La bella lavanderina
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La bella lavanderina

horror (?) - 19k battute

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  1. Piscu
     
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    ripropongo qui il racconto che ho scritto all'interno del progetto "xii spettri", che al momento pare essere in stasi. visto che comunque qualcosa ho scritto, vediamo se riesco a rigiocarmelo altrove. magari chi l'ha già letto di là non deve nemmeno fare troppa fatica.




    La bella lavanderina




    La vibrazione sommessa delle lavatrici lo ipnotizza, come quando da bambino sua madre passava l’aspirapolvere nella stanza accanto. Gli succede sempre: il suono gli si insinua dietro le orecchie, massaggiandogli direttamente il cervello, stordendolo con dolcezza.
    Arturo si scuote. Si rende conto di aver letto le ultime frasi del libro per inerzia, senza cogliere davvero il senso delle parole. Torna indietro di qualche paragrafo, cercando di concentrarsi per non perdere il filo. Ma quel fruscio ritmato è così sensuale...
    All’improvviso un altro rumore si sovrappone a quello delle lavatrici: un verso stozzato, come di qualcuno che cerchi di trattenere il singhiozzo. Arturo si scioglie dal torpore, accorgendosi solo allora di essersi di nuovo addormentato a occhi aperti e non aver capito niente dell’intera pagina che ha scorso con gli occhi. Si guarda intorno: nella lavanderia poco illuminata c’è solo un’altra persona, a pochi metri da lui. Non l’aveva notata prima, ma potrebbe benissimo essere entrata mentre lui era sotto l’incantesimo della centrifuga. È abituato a ritrovarsi solo durante le sue sessioni notturne di bucato, e avere compagnia lo mette a disagio, come se il suo territorio fosse stato invaso. Adesso dovrà anche stare attento a non assopirsi: che figura di merda ci farebbe?
    Squadra più attentamente la figura in piedi di fronte all’oblò, che pare rapita dal movimento dei panni come lui lo è dal suono: non può provenire che da lei, quel singulto di poco prima. È una ragazza, piccola, esile. Le braccia dalla carnagione chiara hanno solo un paio di centimetri di ciccia intorno alle ossa. Porta dei jeans consumati a tal punto da avere una fessura dai bordi scuciti sotto la tasca posteriore, e una maglietta bianca, del tutto anonima. I capelli castani arrivano a metà schiena, e da come si raccolgono sembrano bagnati. Osservandola meglio, Arturo ipotizza che la ragazza sia appena uscita dalla doccia. Questo spiegherebbe anche gli abiti dimessi e i brividi che la percorrono: il suo corpo infatti freme a intervalli irregolari, a partire dal petto.
    Forse ha davvero il singhiozzo, pensa Arturo. O forse...
    Ci arriva in quel momento: la ragazza sta piangendo. L’idea lo turba. Cosa può farla soffrire così tanto da piangere in pubblico? E lui dovrebbe in qualche modo offrirsi di aiutarla? Esiste un galateo per situazioni del genere?
    Si sporge in direzione della ragazza. Sentendosi un po’ in colpa per quella violazione della sua privacy, sbircia dentro la lavatrice. L’acqua all’interno è rossa, strisce di colore intenso che si rincorrono in continuazione, si spezzano, si mischiano. Forse è quello che lei sta osservando con tanta attenzione.
    Arturo sorride. Ha capito il “dramma” della ragazza: qualcosa ha stinto, e le sta rovinando tutto il resto del carico. Magari c’è anche la sua maglietta preferita, là dentro. Piangere per una cosa del genere gli pare esagerato, ma le donne a volte...
    La ragazza si volta. Lo guarda. E Arturo capisce di essersi sbagliato.
    Due cose lo colpiscono immediatamente, impedendogli di girarsi da un’altra parte o di rifugiarsi nel libro: il colore verde, intenso e profondo di quegli occhi, e la tristezza infinita che trasuda dal loro sguardo. La ragazza singhiozza di nuovo, in silenzio, sbatte le palpebre. I suoi meravigliosi occhi smeraldo luccicano, e Arturo scorge in essi un velo di lacrime.
    Non sa cosa dire. Non può smettere di guardarla, semplicemente non può. Non riesce nemmeno a deglutire il respiro che gli si è fermato in gola. La vibrazione delle macchine che prima dominava la sua mente ora è lontana, forse non è mai esistita. Ma è proprio la lavatrice a salvarlo, con un plin che lo avverte del completamento del ciclo. A quel segnale, la ragazza torna a guardare nel suo oblò.
    Arturo si scuote. Con pochi gesti meccanici riempie la sua cesta e si avvia all’uscita. Vorrebbe voltarsi per guardarla di nuovo, ma non lo fa.
    In strada l’aria è fresca. A quell’ora della notte la città è calma, ed è un piacere camminare verso casa. Ma questa notte è diversa dal solito, e Arturo non riesce a godersi la passeggiata.
    Sa che, se riuscirà a dormire, sognerà quegli occhi verdi.

    La porta del bar si chiude alle loro spalle, separandoli dal chiasso e dal profumo di caffè. Dopo aver percorso in silenzio un primo tratto in direzione dell’aula, Tommi chiede: - Ma quindi, alla fine, cosa le hai detto? - La lezione dovrebbe già essere iniziata, ma non si preoccupano di affrettarsi.
    - Niente. Non ci sono riuscito - è costretto ad ammettere Arturo. - Era troppo... distante, capisci? Come potevo avvicinarmi e parlarci? Non era alla mia portata.
    - E allora perché mi hai raccontato tutta la storia? Io presumevo che le occhiaie fossero dovute a una notte brava di cui mi descrivevi l’antefatto.
    - No, è che non ho dormito. - Le occhiaie sono la prima cosa che Tommi ha notato in lui, quella mattina. Dovendo fornire una spiegazione, Arturo gli ha parlato della ragazza nella lavanderia. Ma no, non è del tutto vero: in realtà voleva parlare di lei. Aveva bisogno di condividere la sua esperienza. Gli viene in mente che è proprio così che si fa quando si è innamorati, e subito si dà dell’idiota per quel pensiero.
    - Non mi dirai che sei rimasto sveglio tutta la notte a pensare a lei? - incalza l’amico, guardandolo con un misto di disgusto e diffidenza.
    Arturo scrolla le spalle.
    - Oh, povero te! Sono bastati dieci minuti davanti una centrifuga per ridurti in questo stato?
    - Dai, non prendermi per il culo. Avrei voluto vedere te in una situazione del genere. Lei era lì, eppure sembrava del tutto estranea. Guardava l’acqua rossa che girava, come se non capisse quello che succedeva. E piangeva. L’ho guardata negli occhi: era disperata. Ho desiderato di poter fare qualcosa per farla stare meglio, ma... non so nemmeno chi è. E non credo che la rivedrò più, tranne nei miei sogni.
    Dopo qualche attimo di silenzio, Tommi sentenzia: - Sei tutto scemo, Obrà. O forse sei innamorato, che comprende anche la prima ipotesi.
    - Non è questo il punto. È stato qualcosa che mi ha sconvolto, e che mi porterò dietro per un po’. Non sono nemmeno riuscito a leggere... - si ferma, e l’altro lo supera di un paio di passi prima di accorgersene. - Il libro! - esclama poi. - L’ho lasciato alla lavanderia!
    - L’ho detto che sei rincoglionito.
    - Devo andare a riprenderlo. Non posso perderlo. Magari qualcuno lo ha trovato, e...
    - Sì, certo. “Qualcuno” come la tua bella lavanderina, eh?
    Arturo non può fare a meno di sorridere. - Tanto eravamo già in ritardo. Di’ al Morba che i suoi appunti glieli riporto domani, ok? Ci vediamo. - Detto questo, torna indietro e si avvia verso la lavanderia, mentre Tommi rimane a fissarlo per alcuni secondi e poi riparte a sua volta.
    Prima di capire esattamente perché, Arturo si rende conto che sta correndo.

    Il cuore accelera i battiti già mentre attraversa di corsa la strada per ritrovarsi davanti all’ingresso. Nel momento in cui afferra la maniglia, Arturo è costretto a deglutire per calmarsi. Rimane per un attimo stordito dalla differenza di luminosità, e gli occorrono alcuni secondi per mettere a fuoco l’interno.
    Come la notte prima, la lavanderia è vuota. No, non come la notte prima: stavolta è vuota davvero. Arturo muove un paio di passi tra i sedili, e si sente stupido. Cosa sperava di trovare?
    Sospira. Tanto vale seguire almeno metà lezione. Anche se rimanere lì, e rilassarsi al suono del...
    Della lavatrice. Non c’è nessuno, ma una delle macchine sta funzionando.
    Si lascia guidare dalla vibrazione, e la trova: attraverso l’oblò scorge un turbine di acqua rossa.
    Il cuore sobbalza di nuovo. Lei è qui, si dice. Potrei aspettarla, e poi chiederle se ha visto il mio libro di ieri sera. Sul momento, gli pare un’ottima idea. Si siede davanti alla lavatrice accesa. Non si accorge di essersi lasciato ipnotizzare finché un sussulto non lo risveglia.
    Arturo si tira su. Si volta di scatto verso la fonte del rumore, ed eccola.
    Sulla soglia c’è la ragazza. È vestita come la notte precedente, i capelli hanno lo stesso aspetto poco curato. Stringe qualcosa al petto con entrambi gli avambracci: il suo libro. E lo sta guardando negli occhi.
    Arturo non sa come reagire. Non sa nemmeno di dover reagire. Rimane a fissarla negli occhi, catturato da quel verde abissale e meraviglioso. Alla luce del sole scorge tante piccole lentiggini sulle sue guance. Prova il desiderio folle di avvicinarsi e toccarle, con il polpastrello, una per una.
    La ragazza sussulta di nuovo. Trema, tira su col naso. Continua a guardarlo, stringe le labbra.
    “Il mio libro”, vorrebbe dire lui, ma non ci riesce. A malapena è in grado di tendere un braccio verso di lei, in un gesto di esortazione.
    Lei non capisce. Una lacrima le disegna il profilo del naso, fermandosi poco sopra il labbro.
    Qualcosa dentro Arturo vuole che lui vada ad assaporare quella lacrima, ma qualcosa fuori di lui lo blocca. È la stessa visione della ragazza a pietrificarlo. Non sembra appartenere al mondo, eppure è lì a lavare i suoi panni rossi (deve avere un intero guardaroba di quel colore), e ha il suo libro con sé. Forse, anche lei lo stava aspettando.
    Già, forse.
    Sempre guardandola negli occhi, Arturo raccoglie tutta la sua forza. - Io... - comincia finalmente a mormorare, ma non riesce a completare la frase.
    La ragazza scatta all’improvviso, e lasciando cadere il libro senza alcun riguardo corre verso di lui. Il respiro gli si mozza in gola, e riprende solo quando si rende conto che lei lo ha superato, e si è portata invece davanti alla lavatrice. Ha appoggiato entrambe le mani sul vetro, fissa l’acqua in movimento come se lì dentro avesse perso la fede nuziale. Poi scoppia a piangere. I suoi lamenti sono di pura disperazione, sono i gemiti di un bambino picchiato dal padre.
    Arturo è terrorizzato. Lei gli è vicinissima, potrebbe metterle una mano sulla spalla, abbracciarla e dirle che tutto andrà bene, qualunque cosa sia successa. Ma quei gemiti lo fanno sentire piccolo e vigliacco. Arretra di un passo, mentre lei ancora strilla picchiando un pugno sull’oblò.
    Un altro passo indietro. Poi si gira verso la porta. Non corre, ma non sta solo camminando. Raccoglie al volo il suo libro, di cui al momento non ricorda nemmeno il titolo, ed esce. Prova uno strano sollievo quando il rumore del traffico copre il pianto della ragazza proveniente da dentro.
    Si allontana.
    Pensa che non dormire, in fondo, potrebbe anche sopportarlo. Il problema è che adesso non avrà pace nemmeno da sveglio.

    Le parole del professore che passeggia tra una lavagna e l’altra sono tanti piccoli sassolini che lo colpiscono sulla testa e rimbalzano via: fastidiose, ma trascurabili. La stessa sensazione lo accompagna da due giorni, e si è ormai estesa a tutto ciò che lo circonda: persone, odori, luci, tempo. Ogni volta che chiude gli occhi sente i lamenti della ragazza della lavanderia, ma quando li tiene aperti vede davanti a sé il suo viso devastato dal dolore.
    Arturo sa bene di non poter continuare in questo modo. Dall’ultima volta che è stato alla lavanderia, quando ha recuperato il libro, non sta più vivendo. Un groviglio di sensazioni, propositi e rimorsi gli si è formato in testa, una specie di grumo denso intriso in ogni neurone, che si sovrappone a ogni pensiero come la crema in un millefoglie.
    Da un lato vorrebbe rivederla. Ritrovarla, avvicinarsi e parlarle, come quasi era riuscito a fare l’ultima volta. Prendere su di sé tutto il male che lei sta sopportando: sa che lo farebbe, per lei. Ma allo stesso tempo ha una tremenda paura della ragazza. Teme quello che potrebbe scoprire, conoscendola meglio: perché quel male deve essere davvero terribile, se è capace di farla disperare tanto. Se solo riuscisse...
    - Obrà, ci sei? - bisbiglia Tommi.
    Arturo si accorge di quelle parole soprattutto grazie alla gomitata che le accompagna. - Sì, che c’è? - risponde seccato.
    - Hai capito che intendeva quando ha detto che... -
    - No, non stavo ascoltando - lo interrompe.
    Tommi annuisce. Torna a guardare il suo quaderno, ma poco dopo riprende: - Senti, tu non stai bene.
    - Lo so.
    - Ancora per la bella lavanderina?
    - No... sì. Credo.
    - L’hai più rivista dall’altro giorno?
    - No. Non avevo niente da lavare - mente lui. Non vuole che l’amico sappia che il giorno prima è tornato alla lavanderia con il pretesto di una cesta mezza vuota. Ma prima di entrare, attraverso il vetro, ha visto una lavatrice che macinava acqua rossa, ed è tornato indietro senza nemmeno toccare la maniglia.
    - Quanto pensi di poter andare avanti?
    - Non lo so, tu che dici? - spera che Tommi afferri la retoricità della domanda, ma non è così.
    - Una settimana, non di più. Poi crolli, sicuro.
    - E allora cosa dovrei fare? - Arturo alza la voce, continuando a bisbigliare.
    - Torna alla lavanderia. Aspettala. Parlaci, chiedile quello che ti pare, anche quale ammorbidente usa, ma cazzo, fai qualcosa!
    - Non posso. Tu non l’hai vista. Non l’hai sentita. Sta così male, con che diritto io dovrei entrare nella sua vita, disturbarla nel suo dolore?
    - Perché anche tu stai male, e stai male per lei. Questo ti concede tutti i diritti di cui hai bisogno.
    Arturo si sofferma su quelle parole. Sembrano avere senso. Ma no, non può.
    Eppure vorrebbe. Vorrebbe stringerla, farla sfogare sulla sua spalla. Sentire le sue lacrime inumidirgli il petto, fino a quando non avrà più bisogno di piangere.
    Così fragile, così dolce, pensa. Non è giusto. È una ragione sufficiente?
    , si risponde subito, come se avesse sempre aspettato quella domanda. Chiude gli occhi e inspira. Non è sicuro di farcela, ma ha deciso.
    Si alza, e Tommi lo fissa con aria interrogativa. - Vado a cercarla - spiega lui.
    Tommi sorride, e lo saluta con un cenno militaresco.
    Arturo raccoglie lo zaino, esce dall’aula. Scendendo le scale, aumenta la velocità a ogni gradino. Quando arriva in strada sta già correndo, e stavolta lo fa di proposito.

    La città è strana a metà mattinata, non ci è abituato. Il traffico è più rapido ma non meno fitto, la gente in strada non è tutta indaffarata o assonnata, le serrande dei negozi sono alzate. Ma Arturo registra quei particolari senza veramente vederli, perché pensa ad altro. Non è nemmeno del tutto cosciente del percorso che segue, perché le sue gambe conoscono la strada senza bisogno che sia lui a dirigerle.
    Una sola cosa gli occupa la mente e i sensi: lei.
    Spera di trovarla alla lavanderia. È assurdo, perché non è possibile che si trovi lì a ogni ora del giorno. Ma la sua speranza non vacilla, e in questa irrazionalità Arturo trova conferma del fatto che è davvero innamorato.
    Sì, è innamorato di quella ragazza di cui non conosce nemmeno il nome. Quel corpo minuto, quei capelli bagnati, quegli occhi verdissimi. E non gli importa se lei è distrutta: lui saprà aiutarla. È disposto a dare tutto, perché una creatura del genere merita di essere felice.
    Per la prima volta in due giorni, Arturo sorride. Sembra quasi che sia pronto a sposarla, scherza tra sé.
    Continua a correre senza sapere esattamente dove si trova, scansando al volo gli altri passanti.
    Tra poco entrerà nella lavanderia. Ci sarà una lavatrice in cui ruota dell’acqua rossa. E davanti ci sarà lei. E lui le si avvicinerà, dopo aver ripreso fiato, e le dirà...
    Cosa le dirà? Non lo sa. Non importa. Ma lei sarà lì, e lui la guarderà negli occhi.
    Verde, il vero verde. Quello è un verde primario, per forza: non può essere la semplice unione di un giallo e un blu.
    È quel colore che Arturo ha negli occhi, mentre attraversa sempre di corsa la strada davanti alla lavanderia. Lo sguardo è fisso sulla porta che tra nove, otto, sei metri attraverserà. In quell’estasi di emozioni, non nota l’autobus che sta sopraggiungendo in quel preciso momento.
    Il clacson lo stordisce e lo riporta alla realtà. Le stridore dei freni gli ricorda il pianto della ragazza che sta per incontrare. Le tre ruote che lo calpestano in successione vibrano come le centrifughe che ogni volta lo ipnotizzano.

    Tommaso studia gli sconosciuti radunati intorno alla bara. Una è appoggiata alla cassa chiusa con tutto il busto, sussulta ritmicamente. Dietro di lei, un uomo le tiene una mano appoggiata sulla spalla. Una ragazza accanto a questo tiene la testa bassa, e ogni tanto si porta una mano ad asciugare gli occhi.
    - I suoi genitori? - domanda con un sussurro piegando leggermente la testa verso il Morba.
    - Direi di sì.
    Tommaso emette un risolino poco divertito. - A me non sembrano molto... ehm, gaelici.
    Quello che deve essere il padre di Arturo afferra la probabile madre per le spalle, si avvicina e le sussurra qualcosa all’orecchio. Lei scuote la testa, e alcune lacrime schizzano sul legno lucido.
    - Che vuoi dire? - chiede il Morba.
    - Artù si vantava sempre di essere di origine irlandese. Per via del cognome, O’Brien. Ma io ho sempre detto che non ha niente di britannico.
    - Non era irlandese - afferma il Morba con convinzione. - Di certo, non era un vero O’Brien.
    - Come lo sai?
    - Se lo fosse, qui adesso ci sarebbe una banshee.
    - Una che? - Tipico del Morba: sfruttare ogni occasione per sfoggiare la sua immensa cultura. Odioso, ma utile, a volte.
    - Una specie di spirito legato alla famiglia, che si dispera quando un membro scompare. Tutte le più nobili casate irlandesi ne avevano una.
    Il padre di Arturo riesce a far alzare sua moglie dalla bara. La donna gli si aggrappa al collo, piangendo con forti singhiozzi scomposti che le spezzano il respiro.
    - E a cosa servirebbe, questo spirito? - cerca di capire Tommaso.
    - Di solito solo a compiangere la perdita di uno del clan. Dovrebbe presentarsi al funerale, nella forma di una donna vestita di stracci, e lamentarsi per lui. A volte anticipa la morte, facendo sentire il suo pianto qualche giorno prima. Oppure avverte i familiari, se la tragedia è avvenuta lontano da casa. Capita anche che avvisi lo stesso condannato, apparendogli mentre lava i suoi vestiti impregnati di sangue. - Guarda Tommaso accennando un sorriso: - Ma naturalmente è solo una leggenda.
    - Certo, una leggenda - ripete lui, atono. Vorrebbe che Arturo non gli avesse raccontato dello strano colore dell’acqua della bella lavanderina. Preferisce non pensare al fatto che lei non facesse altro che piangere ogni volta che lo vedeva. E soprattutto, cerca di dimenticare che è proprio per raggiungere lei che è stato investito.
    Gli addetti del cimitero prendono in carico la bara, la portano verso il loculo. I genitori di Arturo si fanno il segno della croce, e seguono il figlio nel suo ultimo breve viaggio. Tommaso rimane a osservare finché escono dal suo campo visivo. Dentro di sé, saluta lo sfortunato amico.
    Dirigendosi verso l’uscita, si chiede se quelli che vorticavano nella lavatrice della ragazza sono gli stessi vestiti che coprono ora il cadavere di Arturo, nell’oscurità della cassa.
    Si ferma, e sente un alito gelido raggiungerlo alla nuca.
    Da qualche parte, arriva il suono di un pianto. Sembra una donna. E sembra vicina.
    Tommaso riprende a camminare, più svelto, per lasciarsi presto alle spalle il pesante cancello in ferro battuto.


     
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  2. Daniele_QM
     
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    Infatti ho già letto questo pezzo e confermo che mi piace molto. Credo sia ben strutturato, non si arriva a capire chi sia la tipa fino al funerale. Credo funzioni molto bene e il clima di inquietudine che trasmette il racconto quando lui vede la ragazza è bello vivido. Forse il racconto più convincente tra quelli tuoi che mi è capitato di leggere. Quattro per me. :)

    ps non ti sei votato
     
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  3. marramee
     
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    Ciao,
    storia molto affascinante, con un guizzo finale imprevedibile (almeno io non l'avevo proprio previsto). Certe immagini sono proprio indovinate, soprattutto all'inizio.
    SPOILER (click to view)
    L'uso della lavatrice in una classica leggenda dei secoli passati è geniale.

    La scrittura potrebbe essere un po' migliorata, ma merita di certo un tre molto abbondante, quindi voto 4.

    PS: Un solo appunto: il titolo sarà anche divertente, però non è per niente appropriato per questo racconto.
     
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  4. Piscu
     
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    CITAZIONE (marramee @ 1/2/2010, 18:01)
    PS: Un solo appunto: il titolo sarà anche divertente, però non è per niente appropriato per questo racconto.

    sono molto d'accordo. come spesso mi capita prima ho fissato il titolo e poi ho cominciato a scrivere. non saprei proprio come cambiarlo senza entrare nello spoiler. accetto proposte in tal senso.
     
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  5. s-m-n
     
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    Non mi è dispiaciuto, anche se per qualche motivo mi sono dovuto sforzare per leggere la parte centrale, che forse si trascina un po'.

    Va bene il finale, ma Tommaso che spiega tutto "dopo" è forse un sistema un po' troppo semplice per spiegare l'accaduto. Un intreccio più complesso che portasse a capire chi era la ragazza in base a rivelazioni successive nel corso della storia (che ne so, il protagonista che si sta preparando a qualche cerimonia tipica delle sue parti, un fratello che telefona invitandolo a una riunione di famiglia ecc) non avrei avuto forse questa sensazione di "spiegone" finale.

    Comunque mi è piaciuto molto il personaggio di lei, per cui voto 3.

    Simone

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    www.simonenavarra.net
     
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  6. Idrascanian
     
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    Gran racconto. Ho veramente poco da segnalare. Il testo è fluido, accattivante, i personaggi ben delineati, i dialoghi ok.
    Immagini potenti e inquietanti (bellissimo il funerale), e uno spunto iniziale originalissimo (ho sempre trovato le lavanderie automatiche dei luoghi tristissimi.)
    Concordo con s-m-n che forse, alla fine, c'è un po' troppo "spiegato," ma è cosa da nulla. Il titolo, a me, piace.
    Il mio primo 4 del mese è per te. Ciao!
     
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  7.  
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    Losco Figuro

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    Bella svolta finale, me ne aspettavo una ma non quella. :D
    Nel complesso mi è piaciuto, scorre bene anche se c'è una piccola incongruenza di fondo
    SPOILER (click to view)
    ovvero una faccenda da serpente che si morde la coda, perché la ragazza dovrebbe per quanto detto essere un presagio di morte, ma la sua stessa esistenza causa la morte alla fine dei conti, se lei non fosse apparsa Arturo non sarebbe morto.

    Comunque un buon pezzo, voto 3 e a seguire i soliti appunti. ^_^

    CITAZIONE (Piscu @ 1/2/2010, 12:09)
    All’improvviso un altro rumore si sovrappone a quello delle lavatrici: un verso stozzato,

    Refuso: "strozzato"

    CITAZIONE (Piscu @ 1/2/2010, 12:09)
    accorgendosi solo allora di essersi di nuovo addormentato a occhi aperti e non aver capito niente dell’intera pagina che ha scorso con gli occhi.

    Cercherei di evitare la ripetizione di "occhi" (in effetti la seconda istanza si potrebbe proprio eliminare)

    CITAZIONE (Piscu @ 1/2/2010, 12:09)
    non può provenire che da lei, quel singulto di poco prima.

    Proprio perché è di poco prima, "non può essere provenuto che da lei"

    CITAZIONE (Piscu @ 1/2/2010, 12:09)
    È una ragazza, piccola, esile. Le braccia dalla carnagione chiara hanno solo un paio di centimetri di ciccia intorno alle ossa.

    Se è così non è un po' fuori luogo definirla "ciccia"? :huh:

    CITAZIONE (Piscu @ 1/2/2010, 12:09)
    Porta dei jeans consumati a tal punto da avere una fessura dai bordi scuciti sotto la tasca posteriore, e una maglietta bianca, del tutto anonima.

    Secondo me una virgola dopo "jeans" ci starebbe benissimo

    CITAZIONE (Piscu @ 1/2/2010, 12:09)
    Osservandola meglio, Arturo ipotizza che la ragazza sia appena uscita dalla doccia.

    È una pignoleria ma io "la ragazza" qui lo ometterei. La frase va bene anche senza e ti risparmia la ripetizione a breve distanza con alcune frasi che seguono dove invece è necessario specificare.

    CITAZIONE (Piscu @ 1/2/2010, 12:09)
    Non riesce nemmeno a deglutire il respiro che gli si è fermato in gola.

    Non penso si possa deglutire un respiro

    CITAZIONE (Piscu @ 1/2/2010, 12:09)
    Arturo si scuote. Con pochi gesti meccanici riempie la sua cesta e si avvia all’uscita. Vorrebbe voltarsi per guardarla di nuovo, ma non lo fa.

    Ecco, qui invece un "la ragazza" ci vorrebbe, perché è vero che ci si arriva a senso, ma a rigor di logica quel "la" si riferisce alla cesta o all'uscita.

    CITAZIONE (Piscu @ 1/2/2010, 12:09)
    Tommi chiede: - Ma quindi, alla fine, cosa le hai detto? - La lezione dovrebbe già essere iniziata, ma non si preoccupano di affrettarsi.

    Dato che il discorso non prosegue fuori dai trattini, vedrei meglio una ripresa a capo per "La lezione..."

    CITAZIONE (Piscu @ 1/2/2010, 12:09)
    - Oh, povero te! Sono bastati dieci minuti davanti una centrifuga per ridurti in questo stato?

    "davanti a una"

    CITAZIONE (Piscu @ 1/2/2010, 12:09)
    E non credo che la rivedrò più, tranne nei miei sogni.

    Meglio "tranne che nei miei sogni"

    CITAZIONE (Piscu @ 1/2/2010, 12:09)
    Prova il desiderio folle di avvicinarsi e toccarle, con il polpastrello, una per una.

    La frase è corretta ma forse senza la prima virgola scorrerebbe meglio.

    CITAZIONE (Piscu @ 1/2/2010, 12:09)
    Poi scoppia a piangere. I suoi lamenti sono di pura disperazione, sono i gemiti di un bambino picchiato dal padre.

    È un discorso generale per cui è irrilevante come appunto, ma visto che si parla di una ragazza perché non "una bambina", che sarebbe un'analogia più calzante?

    CITAZIONE (Piscu @ 1/2/2010, 12:09)
    una specie di grumo denso intriso in ogni neurone,

    Uhm... no.
    Intriso = Imbevuto
    Per cui o ci manca qualcosa (intriso di che?) o è "intride ogni neurone"... o è proprio che ti serviva un altro verbo perché non credo che un grumo possa intridere alcunché. ^__^;
     
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  8. Peter7413
     
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    Eccomi!
    Come CMT ti sottolineo la possibile incongruenza di fondo legata al fatto che se la Banshee non fosse mai apparsa forse Arturo non sarebbe morto. Detto questo, complimenti! Davvero un bel racconto. Equilibrato in tutte le sue parti e con un finale da lasciare a bocca aperta. Per me è un 4 sicuro ed è il primo che metto quando ancora mi mancano quattro racconti.
    Ci sono solo alcune frasi sparse che non mi convincono e che avrebbero, secondo me, bisogno di una piccola rilettura. Te le sottolineerei, ma l'ho letto senza poterle evidenziare e adesso non riesco a rileggermelo. Ti basti però sapere che ho passato i fogli stampati a mia madre, consigliandole la lettura. Davvero un bel lavoro.
    Alla prossima!

    Edited by Peter7413 - 6/2/2010, 14:14
     
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  9. rehel
     
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    Ti meriteresti un bello zero solo per il titolo che hai messo! :D
    Va bene, i titoli di lavoro li uso anch'io, ma poi cambio, no? E nemmeno ti giustifichi dicendo che si tratta di un titolo così, per lasciarlo più inedito su Internet; no, nemmeno quello.
    E va bene, la storia è ottima, forse un po' lenta in alcuni tratti, ma comunque più che apprezzabile.
    Segnalo questa frase: Squadra più attentamente la figura in piedi di fronte all’oblò, che pare rapita dal movimento dei panni come lui lo è dal suono: non può provenire che da lei, quel singulto di poco prima.
    Mi sembra un po' rugginosa, da rendere più scorrevole.
    Per il resto anch'io sono rimasto sorpreso dal finale. Ero anche giunto a ipotizzare che la ragazza fosse un'assassina che avesse sbattuto il cadavere di turno in lavatrice; e chissà poi perché?!
    Ho riflettuto a lungo per il voto. Darti quattro penalizzerebbe Idrascan, ma darti tre sarebbe poco. Allora dico quattro, poi ci penserà la giuria a definire il vincitore... :shifty:
     
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  10. Piscu
     
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    SPOILER (click to view)
    CITAZIONE (CMT @ 5/2/2010, 11:30)
    ovvero una faccenda da serpente che si morde la coda, perché la ragazza dovrebbe per quanto detto essere un presagio di morte, ma la sua stessa esistenza causa la morte alla fine dei conti, se lei non fosse apparsa Arturo non sarebbe morto.

    beh, questo lo considero un po' il "succo" di tutta la vicenda. uno strano paradosso che mette in dubbio anche il ruolo stesso della banshee: è vero che se non fosse apparsa lui non sarebbe morto, ma se lui doveva morire, indipendentemente dalle cause, lei doveva comunque apparire, no? è qualcosa di simile al paradosso del nonno dei viaggi nel tempo, e si genera dal fatto che la banshee ha conoscenza del futuro ed interviene in base a questa, anche se è il suo intervento a causarlo e quindi se non fosse intervenuta...

    quindi sì, si morde pareccho la coda. ma non è un plot hole, è proprio quello che volevo.






    CITAZIONE (rehel @ 6/2/2010, 17:29)
    Ti meriteresti un bello zero solo per il titolo che hai messo! :D
    Va bene, i titoli di lavoro li uso anch'io, ma poi cambio, no? E nemmeno ti giustifichi dicendo che si tratta di un titolo così, per lasciarlo più inedito su Internet; no, nemmeno quello.

    uffa, basta! avete ragione, è orribile. ma non so proprio cosa altro mettere, che non sia troppo spoilerante. accetto proposte, aiutatemi!
     
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    SPOILER (click to view)
    Se non mi dicevi che era "per i XII spettri" era meglio ;) , mi hai tolto metà della sorpresa.

    Devo dire che è un bel racconto.
    Stile scorrevole, bello nelle descrizioni e nei dettagli. Personaggi ben curati. Stato d'animo del protagonista ben tenuto. Ottimo ritmo. Particolari che vanno tutti a posto e vanno anche molto bene a posto.
    Ogni tanto ti sposti nel lezioso (come nel paragone alla millefoglie)

    Ha solo un (ahimé) grosso problema strutturale: e cioè che per reggersi necessita di quello spiegone finale che elimina gran parte dell'atmosfera. C'è un distacco tremendo tra tutto il mistero della prima parte, che è costruito e ben tenuto, e quella specie di wikipedia che salta fuori dai discorsi dei due amici. Che è una sensazione che ho avuto subito, fin da quando i due si parlano mentre c'è il funerale, una cosa che disturba l'attenzione del lettore e la distoglie dalla scena.

    Metto 3 abbontante

    VARIE
    -"tozzato" - refuso
    -"Le tre ruote " - perché 3?
     
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  12. federica68
     
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    ciao andrea!!
    che bello ritrovare qui questo racconto! non mi ricordavo che avessi cambiato il finale, che zucca che ho!!

    così gira molto meglio rispetto al finale ironico che avevi messo all'inizio!!

    non sono d'accordo con l'osservazione di cmt sul fatto che se lei non fosse comparsa arturo non sarebbe morto. Lei è una banshee, e come spieghi nel racconto, anticipa la morte delle persone ma non la provoca. Il modo in cui arturo è morto a mio parere è un "accidente" come si direbbe in filosofia, cioè un particolare tutto sommato non essenziale per la sostanza della cosa...

    sarebbe da 3,5 abbondante, ma arrotondo a 4
     
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11 replies since 1/2/2010, 12:09   844 views
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