[USAM Showdown 2010] STELLA STELLINA
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[USAM Showdown 2010] STELLA STELLINA

di Marica Pretolati

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  1. domit
     
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    STELLA STELLINA






    Stella stellina
    la notte si avvicina
    la fiamma traballa
    la mucca è nella stalla
    la mucca e il vitello
    la pecora e l’agnello
    la chioccia e il pulcino
    ognuno ha il suo bambino
    ognuno ha la sua mamma
    e tutti fan la nanna.


    La cameretta scomparve, offuscata da macchie rosse e grigie, proiettate contro le palpebre socchiuse.
    Poi, un fremito scosse il corpicino di Giulia: le bambole allineate sulla mensola, la piccola scrivania con sopra i disegni e le matite colorate, i vestiti piegati sulla sponda del letto, tutto tornò di nuovo ad assumere contorni nitidi, scacciando il buio che prendeva il sopravvento quando la bambina chiudeva gli occhi.
    Non doveva ancora dormire, voleva il bacio della buonanotte dalla mamma.
    Tese le orecchie, e come una piccola ladra di suoni, ascoltò la ninna nanna che filtrava da sotto la porta.
    Ognuno ha il suo bambino
    ognuno ha la sua mamma
    Si sforzò di resistere.
    Era ancora in attesa, quando cedette definitivamente al sonno.



    Un pulviscolo dorato danzava nella luce.
    Quella lama che filtrava dalla persiana le ricordò il raggio laser dentro il quale erano atterrati gli omini verdi con le antenne in testa ; Giulia li aveva visti in TV, col suo papà, una sera di qualche mese prima.
    In punta di piedi si avvicinò al letto, il respiro trattentuo nei polmoni. Si specchiò per qualche istante nei frammenti increspati, fino a che una vocina non la fece sobbolzare.
    «Ciao» disse sua sorella aprendo gli occhi.
    «Ciao, Betta. Non dormi?» rispose Giulia, arrossendo.
    «No, fa caldo» sbuffò la bambina scaraventando a terra le coperte e scendendo dal letto.
    «Sì, oggi sì. C’è tanto sole.»
    «Fa caldo» ripetè Betta, mentre muoveva i piedi paffuti nella pozza dorata sul pavimento.
    «Ora devo andare.»
    Giulia indugiò un attimo, schermandosi gli occhi con le mani, poi le voltò le spalle.
    Sulla porta incontrò la mamma: reggeva un vassoio e l’aroma dei croissant caldi le solleticò le narici.
    Giulia sentì il suo sguardo sfiorarla appena.
    «Buongiorno, angelo mio» stava dicendo la mamma, mentre si avvicinava a Betta. «Ti ho portato la colazione, ma prima vieni qui, che ti pettino i boccoli d’oro.»
    Dalla soglia, Giulia osservò sua sorella ridere.
    Strinse il pugno contro il grembiule, poi s’avviò verso la cucina.



    «Papà, mi pettini i capelli per favore?»
    «Certo, tesoro. Prima perà vieni qui, da brava.»
    Franco afferrò il pigiama colorato da sotto il cuscino e con mosse rapide lo infilò a Giulia.
    Era diventato veloce in tutto, ormai: rassettare, preparare pranzo e cena, rifare i letti, riordinare la casa; una massaia modello. Il marito che ogni donna avrebbe voluto avere.
    «Papà, tu pensi che i miei capelli sono belli?»
    Franco si scosse, tornando a posare lo sguardo sulla massa ingarbugliata che troneggiava sulla testolina della figlia.
    «Sono bellissimi, tesoro» iniziò a dire, maneggiando delicatamente la spazzola. «E dopo lo saranno ancora di piùi.»
    «Sei sicuro?» chiese Giulia, soffocando una smorfia di dolore.
    «Sicurissimo, un attimo di pazienza, ci sono un sacco di nodi!» proseguì lui parlando più a se stesso che alla bambina.
    «Grazie» disse mestamente Giulia, mentre una ruga sul faccino angelico le incupiva l’espressione. «La mamma non me li pettina mai.»
    Franco si morse la lingua.
    Stella stellina
    la notte si avvicina

    Represse un brivido, poi s’alzò in piedi e con un gesto nervoso chiuse la porta.
    «Giulia, la mamma è molto occupata, lo sai. Il papà te ne ha già parlato, ricordi?»
    Franco si sforzò di ricacciare giù il grumo che sentiva ostruirgli la gola e che aveva prodotto una fastidiosa distorsione della sua voce.
    La stessa che notò nelle parole di Giulia.
    «Sì, papà » disse lei, mentre una lacrima luccicava al bordo dell’occhio.
    «Ecco. La bambina più bella che abbia mai visto!»
    Giulia gli buttò le braccia al collo.
    Franco la strinse forte: nello sfiorarsi dei volti, lacrime si fusero a lacrime.


    «Francesca?»
    Franco allungò una mano e scosse delicatamente la spalla di sua moglie.
    «Dài, andiamo a letto, è tardi.»
    Francesca aprì gli occhi, poi si portò l’indice sulla bocca.
    «Non preoccuparti, dorme» disse lui gettando uno sguardo disgustato al letto della figlia. «Vieni a riposare anche tu.»
    Francesca si alzò in piedi: amorevolmente sistemò le coperte, poi stirò le braccia nell’aria.
    «Che ore sono?» chiese.
    «Quasi mezzanotte.»
    «Rimango ancora un pò, nel caso si svegli.»
    Franco corrugò la fronte.
    «E allora? Se si sveglia e ha bisogno di qualcosa ti chiama.»
    Un lampo di rabbia attraversò gli occhi azzurri della moglie: Franco lo vide, anche nella penombra della stanza. O forse lo immaginò soltanto.
    «Senti, vai a letto. Non ti chiedo di star qui. Però non rompermi, d’accordo?»
    Franco le strinse il braccio, reprimendo la frustrazione.
    «Tesoro, non è colpa tua, quante volte devo ripeterlo? È stato un incidente.»
    «Vai fuori, per favore.»
    «Mamma...» il lamento assonnato di Betta s’insinuò nel loro battibecco.
    «La mamma è qui tesoro mio.»
    «Mamma, mi canti ancora la ninna nanna?»
    «Certo, amore mio, un attimo solo.»
    Francesca si voltò verso il marito.
    «Vai fuori» sibilò.


    Stella stellina
    la notte si avvicina
    la fiamma traballa
    la mucca è nella stalla
    la mucca e il vitello
    la pecora e l’agnello
    la chioccia e il pulcino
    ognuno ha il suo bambino
    ognuno ha la sua mamma
    e tutti fan la nanna.

    Si svegliò, lentamente, la voce della mamma che giungeva ovattata dalla camera della sorella.
    “Mamma,” pensò Giulia provando una fitta di dolore al petto, proprio all’altezza del cuore, “voglio la mia mamma.”
    Ognuno ha il suo bambino
    Ognuno ha la sua mamma
    “Perché non la canti mai a me, mamma? Perché sempre e solo a lei?”
    Giulia soffocò un singhiozzo.
    Poi una rabbia sorda andò ad avvelenare il sistema nervoso.
    Non erano i suoi capelli altrettanto belli? Non meritava anche lei, una volta soltanto, di avere la colazione in camera? E il bacio della buonanotte? E vestitini e scarpine nuovi?
    Si pulì il muco con la manica del pigiama, il petto scosso dalle convulsioni.
    Poi, d’un tratto, ebbe un’idea.
    Forse, se fosse diventata come sua sorella, la mamma le avrebbe dedicato altrettante attenzioni.
    Stella stellina
    Si alzò dal letto e, con il passo leggero dei suoi anni, s’infilò nel corridoio silenzioso.
    Raggiunse la cucina: il suo papà aveva già preparato l’acqua per il tè della colazione.
    Sapeva come si accendeva il fuoco, aveva visto tante volte come si faceva: bastava pigiare un pulsante, uno fra i quattro, per avere una bella fiamma vivida.
    Non aveva idea di quanto tempo avrebbe impiegato l’acqua per bollire, ma non importava.
    Pigiò il pulsante.
    E rimase in attesa.



     
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