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sgerwk.
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Avevano dato per scontato fosse albanese o rumeno, ma per quello che ne sapevano poteva benissimo essere italiano.
Gli era entrato in casa, una notte di giugno, dalle finestre che avevano incautamente lasciato aperte per far circolare un po' d'aria. Giuseppe, alzatosi per andare in bagno come faceva sempre più spesso per via della prostata, se lo era trovato davanti in corridoio. La breve colluttazione, a cui si era subito unita anche Elsa, si era conclusa nel più inaspettato dei modi. L'uomo, che teoricamente avrebbe dovuto avere la meglio sulla coppia di anziani, era inciampato nel bastone di Giuseppe, battendo la testa sullo spigolo di marmo che da sempre copriva il termosifone dell'ingresso.
-È morto-disse Elsa con la sicurezza dell'infermiera in pensione, dopo avergli tastato il polso.
Dopo essere rimasti entrambi a guardare il corpo per un po', Giuseppe disse:-Dovremmo chiamare la polizia.
-Sì. È stata legittima difesa.
Ma nessuno dei due si decideva a telefonare.
-Può darsi che abbia degli amici-disse Giuseppe.-Se sanno che lo abbiamo ucciso, si verranno a vendicare.
-È vero.
-Senza contare che la polizia potrebbe non crederci.
-Lo pensavo anch'io.
-Ci potrebbero tenere in prigione fino al processo. Siamo in Italia, ci vorranno mesi.
-Anni!
-Al ritorno, potremmo non avere più casa.
Il pensiero di entrambi andò all'unica figlia, Maria, che da anni insisteva perché si trasferissero nella loro vecchia casa al paese in modo da poter affittare quella. L'idea di doversene andare, per forse non tornare mai più, li convinse.
Giuseppe, da sempre appassionato di gialli, aveva un piano pronto.-Non possiamo portarlo fuori di qui così com'è. E per tagliarlo ci metteremmo troppo, acciaccati come siamo. Meglio prima mummificarlo. Basta vento e aria secca.
Un'ora dopo, il defunto era su una sdraio al centro del salotto, porta e finestra chiuse, ventilatore a piantana da un lato e condizionatore portatile dall'altro, in modalità deumidificazione.
***
Il giorno dopo, Elsa e Giuseppe si resero conto che il piano aveva degli effetti collaterali. Dato che l'unico televisore si trovava in salotto, furono costretti a farne a meno. Inoltre, non potendo più servirsi del condizionatore, la temperatura del resto della casa salì notevolmente.
La giornata fu piuttosto calda. Rimasero a letto a sventagliarsi fino a sera, quando Elsa andò a controllare il corpo. Il rapporto che fece a Giuseppe fu incoraggiante: la pelle era parecchio secca e non c'erano odori.
La notte si svegliarono per i tuoni. La pioggia andò avanti per quasi due giorni, portando refrigerio a tutta la città. Le tre settimane successive furono relativamente fresche. Giuseppe leggeva, Elsa faceva l'uncinetto, il corpo si mummificava.
Stavano già pensando di tagliarne un pezzo per vedere se era secco anche dentro quando un'ondata di caldo mai registrata in quel periodo dell'anno turbò i loro piani. Elsa trovò Giuseppe a terra, in cucina, che respirava appena. Riuscì solo a dire di portare nello stanzino il corpo, che ormai doveva essere diventato leggero, prima che arrivasse l'ambulanza.
***
-È sicura che l'appartamento sia libero?-chiese l'agente immobiliare.
-Certo-rispose Maria.
-Sa, è che conoscevo la coppia che abitava qui. Stanno bene, vero?
-Mio padre è in convalescenza, su in montagna. Non si preoccupi, vedrò di non farli tornare.
-Sì, ma...
-Tranquillo. Piuttosto, quanto pensa che potrei chiedere d'affitto? Sa, avrei da prenotare le vacanze alle Fiji.
L'agente si guardò intorno.-Vediamo, direi circa... aspetti, mi pare che ancora non mi abbia fatto vedere una stanza. Quella lì.
-Quella? È lo sgabuzzino.
-Ottimo. Fa sempre comodo. Lo apro?
-Sì, certo. Perché no?
L'agente fece un risolino.-Non è che ci troviamo dentro uno scheletro?
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