Loro

di Eleonora Rossetti

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  1. _Morrigan_
     
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    Cammino lentamente. Il pianoro è deserto, uniforme sotto il cielo plumbeo.
    La tempesta del tempo.
    Sapevo che alla fine sarebbe successo. Sapevo che quella pulsione, in loro, sarebbe scattata, senza alcun pentimento, senza alcuna misericordia.
    Non immaginavo, però, che si sarebbe espressa con tale ferocia.

    Cammino ancora. Vedo e sento. Il suono della morte è più forte e convincente di quello delle parole. Frasi abbandonate nelle bocche mute, spalancate, prima che potessero abbracciare l'aria. Le bocche dei defunti, aperte sul nulla. Eccolo, il risultato di un cieco furore, nascosto dietro la maschera della rettitudine, che ha spazzato via molte vite, considerate indegne.
    Non da me.

    Questa pioggia brucia. E' il pianto dei morti.
    Oltrepasso un ostacolo. Quasi ci inciampo. E' un mucchio di cadaveri, accatastati l'uno sopra l'altro. L'odore del loro sangue disgusta l'olfatto. Quegli occhi vitrei mi puntano, come a chiedere una spiegazione. Una motivazione per quel fato assurdo.

    Perché devo sentirmi in colpa? Perché devo affibbiare a me la responsabilità di tutto? Io non ho fatto niente. Sono rimasto a guardare. E' forse questa la mia colpa? Il mio peccato? Che vuol dire peccato? Che significato ha, quando la razza che domina questo mondo ne distorce il significato, arrogandosi il potere di un Dio?

    Vado avanti.
    Vedo e sento, di nuovo. Il paesaggio cambia.
    Questo è un altro popolo, un'altra epoca. Ma la storia non muta.
    Vedo roghi, vedo uccisioni. Vedo teste mozzate. Vedo torture. Simboli che si innalzano, preghiere di falsi devoti, sussurrate mentre le urla di chi è colpevole - ai loro occhi, solo ai loro occhi! - sferzano l'aria, mentre il corpo divorato dalle fiamme torna alla polvere.
    Vedo il mio nome che luccica nel sangue. Un'accusa. Insulsa, come ciò che sta accadendo.

    Io non ho comandato un bel niente. Eppure mi decantano come il condottiero che conduce la crociata contro il blasfemo.
    Io non ho espresso alcun desiderio, ma loro si arrogano di voler conoscere il mio volere.
    Loro esigono di rappresentarmi. Me o altri. In realtà si votano anima e corpo a qualcosa che luccica, che loro chiamano "oro". Qualcosa che la terra rigurgita come fosse un parassita. Quello è ciò che venerano, in realtà, e lo spacciano per me.
    Si nascondono dietro di me, come bambini sorpresi a rubare.
    Loro, loro, loro.
    Ecco il mio peccato, ecco la mia colpa. Dovevo punire. Dovevo lanciare anatemi, sfogare la mia ira. Avrei potuto farlo. Avrei dovuto farlo. Subito.
    Ma non l'ho fatto. E ora devo aspettare.
    Sopportare.

    Così tanta morte, nel tempo.
    Così tanti innocenti strappati prematuramente alla vita: madri con in grembo il seme della propria progenie, uomini che nemmeno avevano avuto il tempo di salutare i figli per l'ultima volta.
    Sento il mio nome pronunciato in tante lingue diverse, ma non fa differenza: ognuno di essi gronda sangue. Non il mio. Non per volere mio. Tutto questo echeggia dentro di me, mi rende incandescente la pelle, quasi mi sconvolge i pensieri.
    A capo di tutto, un assurdo motto, quasi un vessillo che come un sudario copre tutti quegli orrori che vengono tuttavia innalzati come atti di purezza e devozione assoluta.
    "In nome di.."

    NO!

    E' un urlo, il mio, e nel luogo dove ora mi trovo echeggia senza darmi pace.
    L'infinito rimbomba, fa rimbalzare il mio grido, come a voler prolungare la mia sofferenza. Altre voci invece si levano, senza tregua. Lamenti che incarnano la disperazione di chi non sa, di chi chiede un perché: un tormento che abbraccia lo spazio e il tempo.
    Il mio nome si è trasformato. E' diventato altro, laggiù. E' questo ciò che mi portano le voci.
    Punizione.
    Collera.
    Morte.
    Morte...

    Sono qui, solo.
    E piango.
    Non era questo quello che volevo. Ciò che è accaduto è qualcosa di estraneo, blasfemo, eretico.
    Sento il sangue sulle mie mani, anche se non ho ucciso.
    Sento il peso della carneficina, anche se non l'ho mai voluto.
    Ma loro...
    Loro.
    Non possono averlo fatto. Non ci credo.
    Non nel mio nome.

     
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  2. L'Aguzzino
     
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    Un bel testo, bella l'idea, sviluppata con una cadenza solenne e sofferta. Forse hai allungato un po' troppo il brodo, poiché non succede nulla, nel mentre dell'azione, se non che lui cammini nel deserto tra i cadaveri. In mancanza di ulteriori elementi, taglierei qualcosa, alcune ripetizioni soprattutto.
     
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  3. _Morrigan_
     
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    Eh dovendolo scrivere di corsa (in teoria ieri sera avevo dato forfait per via del lavoro, poi sono tornata verso mezzanotte e in mezz'oretta ho buttato giù di getto la storia) non ho avuto davvero la possibilità di pensare granché a cosa fargli fare.
    Comunque grazie per il commento :-D
     
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  4. Help1712
     
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    Idea di base molto forte e molto bella, che quasi rasenta l'eresia. E ciò mi piace.
    All'inizio, però, ho faticato a capire dove si svolgeva l'azione e chi era a narrare, cosa che diventa chiara solo mano a mano che si procede con il racconto. Non so ancora se ciò sia un mene o un male...
    Concordo con l'Aguzzino per quanto riguarda il fatto che all'inizio la tiri troppo per le lunghe con le descrizione (niente male il tono biblico, ottima scelta! :D) mentre non ho sofferto così tanto la "mancanza di anzione".
    Potrebbe diventare un ottimo racconto se rimaneggiato!
     
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  5. giudappeso
     
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    In sé è un flusso di coscienza, più che un racconto, ma capisco che in mezz'oretta si vada a rotta di collo. Anch'io avevo pensato a questo tema, ma avevo appunto paura di cadere nel flusso e perdere il racconto per strada.
     
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  6. Peter7413
     
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    Ciao!
    Concordo con l'Aguzzino riguardo al brodo allungato, ma non mi ha dato fastidio più di tanto.
    Il racconto ha due punti forti che me lo fanno preferire a molti altri: una scrittura solida che riesce a sorreggere un'idea in se non innovativa e che sa di già sentito, ma soprattutto il fatto che l'hai costruito in tutto e per tutto sul tema assegnato, cosa assai rara in questa edizione.
    Complimenti per l'averlo scritto in solo mezz'ora. In sede di classifica andrà davanti a tutti i racconti che sfiorano il tema, perderà solo nei confronti di chi, a mio parere, è riuscito ad imbastire, sempre intorno al tema, una storia più innovativa, e non sono tanti.
    Alla prossima!
     
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  7. Pecorella75
     
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    Hai usato una prosa piuttosto lirica, e questo certamente (considerato anche il tempo in cui l'hai scritto) gli da un pregio dal punto di vista della qualità. D'altro canto, almeno per me, la lettura cala d'interesse, soprattutto a causa della ripetitività del concetto e del fatto che, in definitiva, non accade nulla.
     
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  8. nescitgalatea
     
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    Scritto molto bene, tormento filosofico di estrema leggerezza. L’ho trovato molto bello, a tratti poetico ma senza mai disturbare il flusso del pensiero portante
     
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  9. sgerwk
     
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    L'idea di base è tutto sommato prevedibile dato il tema (sempre che sia quello che penso), ma lo sviluppo in linea di principio è buona. Però mi pare che il racconto manchi un po' di "ambientazione": per la maggior parte del tempo non si "vede" dove stia il personaggio o cosa stia facendo, e parecchie frasi esprimono concetti astratti. Alla fine, è un racconto che ho trovato a tratti notevole per via di certe immagini che evoca ma a tratti noioso. Un successo a metà, insomma.

     
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  10. Medusa
     
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    frasi brevi e coincise che, visto il tema, sembrano far risuonare il rumore del martello che inchioda le assi delle bare. L’argomento trattato mi piace e anche l’immagine dell’uomo che cammina tra le macerie del mondo, chiedendosi cosa avrebbe dovuto, potuto fare per evitare che tutto ciò accadesse. Mi sembra però un po’ troppo lungo e alla fine diventa pesante da leggere.
     
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9 replies since 27/4/2010, 23:21   149 views
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