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Denominazione di Origine Protetta
C’è che questo ascensore non mi piace per niente, e lo dice quando invece tutto il resto gli è andato bene fino a quel momento. Ma no, non lo dice, non gli sembrerebbe carino per una serata così, che si prospetta anche piacevole. Lui lo pensa e continua ad avere lo stesso sorriso compiacente, caldo si sarebbe detto se sapessimo già di che storia si tratta. Ma tanto lo stiamo per scoprire perché l’ascensore fa un clang e un piccolo sobbalzo. Si sentono le due ganasce azionate dall’elettromagnete che agiscono sulla puleggia di trazione. A giudicare dalla grata di ferro scrostato avrebbe immaginato una frenata brusca e invece l’uomo col sorriso caldo rimane piacevolmente sorpreso. Lo sapevo, si dice, che questa era la serata giusta. Gli vede la nuca quando esce tirando a sé le due piccole porte. Poi gli tiene aperta l’altra, più grande, in un movimento galante. L’atrio è piccolo ma - e questo lo pensa considerando il giorno invece della notte in cui si stanno muovendo - è pieno di luce e le piante che ci sono sembrano contente di essere lì. Come lui. Gli sono piaciuti i suoi occhi quando lo ha avvicinato. Ma certo, cominciamo a sospettarlo, doveva essere ben disposto. Proprio per il fatto che era andato in quel locale. Dove andava spesso, quando aveva voglia di un incontro notturno per rilassarsi e stancarsi con della piacevole attività fisica. Siediti, gli aveva detto senza nessuna scusa, che a quel punto e in quel posto non serviva affatto. Però, anche se non lo ammetterebbe, ma noi che ci troviamo in questa posizione favorevole lo sappiamo, aveva provato fastidio quando non si era nemmeno presentato dicendogli subito Vieni a casa con me. Che nemmeno aveva capito tanto se era una proposta o una specie di ordine e allora, riportando la storia, abbiamo preferito non mettere il punto interrogativo che avrebbe costretto il lettore a propendere per la scelta della domanda. Siediti, gli aveva detto allora. Lui l’aveva fatto e poi si era messo a fissarlo negli occhi, altra cosa che, se lo conoscessimo, ci darebbe la certezza che questo non lo sopportava. Ma era stato proprio quel gesto, unito allo sguardo penetrante che gli si era ficcato dentro, a farlo rimanere a contrastare quelle due pupille che, nell’ombra di quel posto che non sapremmo come definire perché non era un bar ma nemmeno un pub o una discoteca, magari potremmo chiamarlo, se solo ci importasse, locale da incontri in penombra. Due pupille dicevamo, che sembravano più nere del culo dell’inferno. Proprio così pensò. Cosa che lo fece anche sorridere, un po’ per la frase nient’affatto originale, un po’ per la parola culo, e un po’ per il pensiero dell’inferno dove gli avevano sempre detto che sarebbe andato a finire. Hai anche un bel sorriso, aveva incalzato l’altro e lui si era ammorbidito dimenticando la richiesta brusca. Non so se lo fai per fare il duro e invece sei solo fumo oppure sei veramente il tipaccio che sembri. Io duro? Dopo te lo faccio vedere. Poi ci sono stati altri scambi di battute di questo tipo che per decenza, non morale ma proprio umoristica, vi risparmiamo. Così sono arrivati fino alla porta con le piante che nel frattempo abbiamo già superato perché l’ospite con gli occhi a punta di diamante ha già aperto e fatto entrare il suo amico che più che amico sarebbe da chiamare condivisore di ore buie, ma non staremo qui a formalizzarci e ci limiteremo a chiamarlo come ci è sembrato di sentirlo risuonare in una delle loro menti. E appena entra si capisce che quella non è la casa in cui abita perché si vede. Comprende che è una specie di alcova dove porta solo i suoi amanti. Ma non gliene frega niente, anzi, pensò la prima volta che questa cosa gli era capitata, meglio con uno abituato che non fa problemi. Però sembrava molto pulita e questo era l’importante. La camera da letto è di là. Certo, era proprio di poche parole. Ma lui stava lì per il sesso mica per fare conversazione. E si era messo dietro di lui aspettando che facesse strada. Con la luce di casa lo aveva visto meglio, sembrava più brutto ma gli occhi erano giusti e a lui facevano effetto. Era eccitato. Non poteva nasconderlo. E nemmeno l’altro fece finta di non vederlo perché un secondo dopo gli aveva appoggiato la mano proprio lì mentre con l’altra cominciava a slacciargli la cintura dei pantaloni che caddero giù quasi subito. Ora noi potremmo soffermarci a descrivere tutte le loro mosse, le posizioni, i sospiri ansimati. Anche smorfie di dolore che di certo non davano loro così fastidio. Potremmo addirittura parlare di odori, che con le parole risulterebbero più intensi di quelli veri. Se ne avessimo voglia li descriveremmo in tutte le loro evoluzioni. Ma non ce l’abbiamo. Allora niente descrizioni. Ripartiamo dall’ultimo urlo di uno dei due ché tanto è uguale. Non fumiamo, peccato, perché adesso una sigaretta ci starebbe bene. L’avrà sicuramente detto quello che dei due parla di più. Ma poi hanno riso. Vuoi fare una doccia? No grazie. Non ora. Allora vado io. L’altro resta nudo sul letto col fiato che lentamente torna a essere regolare, il padrone di casa si alza e va in bagno. Quando esce ha un asciugamani rosso intorno alla vita e un fisico passabile vista l’età che non sappiamo ma si potrebbe pensare intorno ai quarantacinque. Vuoi mangiare qualcosa? Allora è anche organizzato pensa ancora da supino. Sì, grazie, cosa mi offri? Lo vediamo entrare in cucina. Deve avere già tutto pronto perché si sente aprire il frigo e mentre si richiude lui sta già spuntando dalla porta con un grande tagliere pieno di prosciutto, salami vari, dei pezzi di formaggio e delle ciotole con le salse giuste. Glielo mette sul letto. Assaggia questo prosciutto, è spagnolo. E questo salame è d’oca, andrebbe mangiato col Nashi, conosci la pera d’Asia? Solo che non sono riuscito a trovarla. Mentre mangia il prosciutto gliene taglia una fetta. Lui assaggia, assapora e fa un mugolio di soddisfazione. Vedo che apprezzi le cose buone eh? Allora ti piaceranno anche le cose belle. Lo vedi quel quadro? Irene e le sue sorelle di Lempicka, Devi vederlo da vicino. Lui fa un sorriso compiaciuto e si alza nudo, sicuro di sé. È bello il quadro. Resta lì davanti a guardarlo. Sente i passi che si avvicinano dietro di lui e una mano che gli accarezza la schiena. Poi sale. Gli sfiora la nuca e si infila lenta fra i capelli scomposti. Ha un brivido. Chiude gli occhi e dice Vuoi già ricominciare?
È andato a comprarlo la mattina il salame d’oca. Ha imparato a volersi bene. Il prosciutto glielo porta un suo amico da Alicante. I formaggi li va a comprare in un negozio lontano. Ma ne vale la pena. E siamo tornati di qualche istante indietro per ricollegarci alla sua uscita dalla cucina con il servizio di leccornie che già sappiamo andrà ad appoggiare sul letto del suo amante. Siamo a conoscenza anche del fatto che il giovane di muscoli e dono di natura accetterà. È dopo il gemito di piacere per la fetta di salame che gli dice del quadro da osservare da vicino. Lui lo fa e allora gli sfiora la spina dorsale, e forse sente anche il fremito, così continua fino a infilare la mano nella chioma ancora sudata. Poi stringe le dita e si avvinghia ai capelli, lo tira dietro e all’altro piace, perché intravediamo il sorriso quando abbassa le palpebre e comincia a dire qualcosa. Sta chiedendo se vuole ricominciare, l’avevamo quasi sentito. Solo che non fa in tempo a finire perché la mano annodata ai capelli dà uno strattone all’indietro ed è in una frazione di secondo che vediamo l’altra mano che stringe con forza il coltello, quello più affilato. Il tempo di scorgere il balenio della lama e, con un movimento abile, zac, gli taglia la gola da sinistra a destra. Ci sono due o tre secondi di gorgoglio sorpreso, il sangue comincia a schizzare sul quadro e sulla parete disegnando righe che si allungano fino al pavimento in una pozza nera e vischiosa. Fa attenzione a non scivolare e lo adagia a terra, mentre il corpo già senza vita continua a sussultare. Quando il tremolio termina prende fiato e con l’asciugamani gli pulisce il torace poi, con lo stesso coltello procede. Glielo ficca con forza all’altezza dello sterno, poi pratica una sezione circolare sul pettorale, quindi scopre ciò che gli interessa: il cuore. Procede lentamente all’apertura del sacco pericardico sollevandolo sopra il diaframma, recide l’arteria polmonare penetrando con la punta affilata nella cavità del ventricolo destro e prosegue tagliando i grossi vasi. Alla fine, le ultime aderenze non fanno opposizione. E il cuore ancora caldo viene via. Lui lo sa che è un alimento completo, controindicato solo a quelli che hanno problemi di colesterolo. Lo sa che oltre a essere ricco di proteine e di acqua, contiene molti minerali come il calcio, il magnesio e il fosforo, ottimi per le ossa. Il potassio, per un migliore funzionamento del cuore. Il sodio, per regolare la produzione di liquidi dell’organismo. Il selenio, per rafforzare le difese immunitarie. E sa anche che è molto ricco di vitamina C, B12 e B3, antiossidanti e perfette per il corretto funzionamento del sistema nervoso, dello stomaco e dell’intestino. A lui piace cotto nel forno, su un letto di cipolle e un filo di aceto balsamico. Rigorosamente D.O.P. Ma non di Modena perché lui preferisce quello di Reggio Emilia. Lo vediamo mentre lo solleva con soddisfazione. Si alza e va in cucina. Lo seguiamo perché ormai dobbiamo sapere. C’era un pozzetto freezer lungo tutta la parete. Ma non lo guarda nemmeno. É nel frigorifero che sistema il trofeo, in un piatto vuoto che era già dentro. Restiamo lì mentre lui esce e lo sentiamo faticare. Sospettiamo il perché. Dopo un minuto torna col cadavere trascinato per i polsi. La traccia che disegna è netta. È solo ora che apre il pozzetto. Ci affacciamo curiosi e li vediamo. Altri due corpi bianchi di ghiaccio col torace spaccato allo stesso modo. Solleva il terzo e lo deposita dentro. Chiude. Prende un secchio, uno straccio e inizia una accurata operazione di pulizia. Ci mette un’ora almeno ma il quadro non riesce proprio a farlo venire com’era. Dovrà comprare un’altra riproduzione da Leroy Merlin, stampa su tela 80 x 140 trentacinque euro. Torna a riaprire il frigo. Tira il cassetto trasparente della verdura, le due grosse cipolle di Tropea sono lì da un paio di giorni. Forse avrebbe voglia di cucinare ora. Ma non può. Perché il cellulare comincia a squillare.
È un telefonino della vecchia generazione quello su cui vediamo muovere le dita di donna. Tasto verde e mano all’orecchio. Buongiorno amore, dice la bocca non più perfetta come un tempo, Sei già uscito dall’albergo? Il check-in è alle otto vero? Sì sì, i bambini sono già svegli. Non vedono l’ora di vederti. Li porto a scuola e vengo direttamente in aeroporto. A più tardi. La vediamo sorridere mentre attacca pigiando il tasto rosso.
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