c'è un posto libero, e quasi quasi ne approfitto dopo un giorno e mezzo di gozzoviglie per buttare nella mischia un mio raccontucolo. per aggiungere gusto alla vostra esperienza, potete considerare che è quello che è rientrato tra i dieci finalisti-finalisti del premio letterario del fantasy horror award, di cui si è ampiamente parlato altrove. siete curiosi, eh?
Un'altra casa
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Martedì 20 Maggio Duemilaotto
Io non so cosa scrivere anche se la maestra ci ha detto che dobbiamo scrivere sul diario tutti i giorni quello che facciamo per abituarci a scrivere. Dice che è improtante scrivere sempre così poi siamo più bravi delle altre classi ma io non ho scritto nulla gli altri giorni perchè non so cosa scrivere oggi però succedeva qualcosa e allora lo scrivo ora. Mamma ha detto che siamo pronti e domani andiamo nella casa nuova. Ci sono tutte le scatole aggiro e tutti i piatti e i biccheri e le forchette che non si trovano più e usiamo quelli di plastica. Allora domani partiamo e siamo nella casa nuova e li è già tutto pronto e da domani abitiamo lì. Io non lo so perchè andiamo via dalla casa nostra ma mamma e babbo volevano un altra casa e andiamo lì. Dove andiamo è lontano da qui ma però non so quanto ci sono stato una volta ma non mi ricordo se c’era vicino il campino. Oggi lo chiesto a mamma e lei diceva che non era vicino quello ma ce nera un altro e posso andare li. Diceva anche che poi lanno prossimo cominco la scuola nuova vicino alla casa dove andiamo e per ora invece finisco dove sono ora. Io non ho capito se nella scuola di là c’è di nuovo la maestra CARLA percè mi sembra strano che viene con noi se noi andiamo lontano. E i miei amici pure Fili e Manu anche loro non so se vengono o se sono da solo. Ho chiesto anche questo a mamma ma lei dice che anche li dove andiamo non sono solo perchè comuncque allinizio c’è lei e poi la scuola nuova. Io non lo so bene, però io non lo so se voglio andare lì. Stiamo bene qui e secondo me non serviva unaltra casa.
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In partenza…
E così ci siamo. Domani si va. È anche possibile che non scriverò per un po’, potrei avere da fare. Di certo stare ad aggiornare il blog non sarà il mio primo pensiero, in Canada. Male che vada, ci risentiamo quando torno.
In fondo sei mesi non sono così lunghi. Certo mi dispiacerà abbandonare la famiglia, gli amici, tutte le piccole cose che fanno parte della mia vita quotidiana, ma è solo per un po’. Mezzo anno. E poi sarò di nuovo qua.
Questo è il mio primo vero e proprio trasloco. Cioè, senza contare quello di quando avevo sei o sette anni. Quella volta ci siamo spostati ad appena una decina di chilometri, e comunque ero piccolo e non ricordo niente. Se non fosse che i miei mi hanno detto che ci siamo trasferiti, a quell’epoca, io non lo saprei nemmeno. Chissà che fine hanno fatto gli amici che avevo allora (ne avrò avuti, immagino). Non ricordo nemmeno i nomi, sennò li avrei ricercati su internet. Poco male, credo che in ogni caso avremmo poco da spartire. Se tu che stai leggendo eri un mio compagno delle elementari non te la prendere a male, mi raccomando.
Stavolta invece farò un bel viaggio. Forse chiamarlo “trasloco” non è corretto, perché non sto andando a STABILIRMI da un’altra parte. Sono sei mesi di studio all’estero, tutto qui. Sì, intendo davvero STUDIO… XD
Furbescamente ho organizzato il piano di studi in modo che gli esami che mi toccherà dare laggiù siano piuttosto facili. Cioè, almeno qui in italia sarebbero facili, poi non so come la cosa funzioni a Edmonton. Ma bene o male credo che me la caverò. E se non dovessi nemmeno cavarmela, oh, alla fine mi son fatto sei mesi di campus, non è mica da buttar via!
Dovrei andare a letto perché parto piuttosto presto domattina, anzi, QUESTA mattina. Però sono un po’ nervoso. Credo sia normale. E non sono nemmeno sicuro che scrivere sul blog mi aiuti a scaricarmi. Potrei andare avanti per ore, a descrivere, o almeno tentare di descrivere, tutte le cose che mi passano per la testa. Ma al lettore occasionale fregancazzo, giustamente, quindi forse è bene chiuderla.
Insomma, tra poco si parte, e io mi sto praticamente cagando addosso. Ma va bene così. Mi lascerò alle spalle un po’ di cose, ma le ritroverò al mio ritorno. E poi potrebbe anche piacermi lì. Potrei anche cercarmi un’altra casa da quelle parti, no?
Chissà. A presto.
turing02 ha elucubrato alle 00:48 del 2/1/2024 tag: vita, viaggi, variedeventuali commenti (0) – g-link – detrack
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DIARIO DI BORDO Rapporto # 1 – 081131
Questa è la prima volta che scrivo sul diario di bordo. Veramente non mi aspettavo nemmeno di doverlo fare io. Sulla Blender sarei il tecnico informatico, e solo dopo la partenza è venuto fuori che occuparsi della salute dei computer di navigazione implicava anche scrivere almeno un rapporto al giorno. Non so se tutto questo abbia un’utilità, ma è la prassi. Il viaggio durerà solo un paio di mesi, quindi dovrei riuscire a sopportare questa seccatura. Non so nemmeno cosa sarei tenuto ad annotare. Siamo partiti più o meno nove ore fa, non ci sono stati problemi durante il decollo, stiamo seguendo la rotta, gli strumenti funzionano. Tutto normale, insomma. A essere onesti, normale è una parola esagerata (mi scuso con l’eventuale lettore, la parola normale dovrebbe essere enfatizzata con virgolette o corsivo ma pare che il software del giornale di bordo non permetta queste formattazioni). Sicuramente è esagerata per me: sono agitatissimo, e non credo di essere l’unico. Solo i membri dell’equipaggio sembrano tranquilli, ma loro saranno abituati. Per me, come per la maggior parte degli altri a bordo, è il primo viaggio nello spazio. O forse dovrei scrivere Spazio, con la maiuscola. Ho già spiegato che non me ne intendo. Se ci penso, quasi riesco a convincermi che tutto questo non sta succedendo. Trovarmi su un’astronave in viaggio verso un pianeta appena colonizzato non è affatto come da bambino vedevo la mia vita futura. Per la verità, nemmeno cinque anni fa avrei immaginato uno scenario del genere. Le cose si sono accelerate, ultimamente, e in tempi che una volta non sarebbero bastati nemmeno per dimostrare un teorema tutto è cambiato: siamo quasi diventati obsoleti rispetto alle nostre stesse scoperte. Forse è per questo che alcuni di noi stanno fuggendo. Abbiamo paura di un mondo che ci ha lasciati indietro, che non ci appartiene più. Come se una mattina ci fossimo svegliati e avessimo trovato la nostra casa completamente ridipinta e riarredata. Nessuno qui a bordo ne parla in questi termini, ma sono sicuro che nel profondo qualcosa del genere valga per tutti. Non siamo stati forzati a partire, e se pure abbiamo avuto fortuna a essere scelti tra migliaia e migliaia di aspiranti, è certo che tutti noi volevamo andarcene. E dire che prima di oggi il mio viaggio più lungo è stato quello dall’Italia al Canada (buffo, rievocare nomi che ormai non significano più nulla…). Ricordo che allora speravo di poter tornare indietro il più presto possibile, anche se poi non è mai successo. Stavolta, so che non c’è alcuna possibilità di ritorno: è un passo definitivo. Non posso dire come sarà la mia nuova vita, orbitando intorno a Tau Ceti invece di Sol. E sono spaventato a morte, al pensiero di quello che mi aspetta. Ma in fondo l’ultima emigrazione è andata bene: non c’è motivo per cui anche stavolta le cose non debbano risolversi per il meglio. Andarmene da casa, la vecchia casa dove sono nato e cresciuto, mi ha permesso di trovarmi nel posto giusto al momento giusto, ed essere adesso qui a scrivere su questo giornale di bordo. Il che mi ricorda che probabilmente quanto ho riportato non è esattamente quello che dovrebbe stare in un documento ufficiale come questo. Ma d’altra parte non è il mio lavoro, scrivere rapporti. So perfettamente come interfacciarmi con le IA della Blender, ma per questa mansione collaterale non rispondo della mia professionalità. Voglio proprio vedere cosa mi inventerò i prossimi giorni… Se non altro, mi terrò occupato per il tempo del viaggio. Una volta arrivati, avremo poche occasioni di distrazione. Ci sarà da lavorare, parecchio. Forse ci sarà da soffrire, per un po’. Ma alla fine costruiremo laggiù un’altra casa per tutti noi. E sarà nostra, nostra davvero.
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Non potevo andarmene senza lasciarvi un messaggio. In buona parte, ho già cercato di spiegarvi quello che leggerete qui, ma sento comunque la necessità di parlarvi, di fare in modo che capiate fino in fondo cosa mi ha spinto a prendere questa decisione. Non so più quanti anni ho. Non mi sento vecchio, ma non sono giovane, e nemmeno solo adulto. Le misure di tempo con cui sono cresciuto non hanno più senso, qui su Cetia. Contare in anni cetici falserebbe la mia prospettiva, per questo non ci provo nemmeno. Se avessi continuato a vivere sulla Terra, forse ne avrei centosessanta, o forse duecentoventi. Ma probabilmente, se fossi rimasto lì oggi sarei già morto. Comunque sia, non ho bisogno di sapere quanto tempo ci ho passato, per dire che questa è la mia casa. Questo pianeta, questo posto. Queste persone: voi. Se provo a ripercorrere la mia vita, o almeno le parti che ancora ricordo, non riesco a trovare niente che valga quanto il vostro amore. Non c’è risultato che abbia ottenuto, obiettivo che abbia raggiunto, paragonabile a un vostro sorriso. Sapervi felici basta a dare un senso alla mia intera esistenza. Dove e quando sono nato l’avrebbero chiamata “famiglia”, ma noi siamo qualcosa di più, come un uomo è un animale ma non solo un animale. Vi ho già detto tutto questo. Forse le parole che ho usato non sono state così evocative, ma spero che il senso fosse chiaro: non vi sto lasciando perché non tengo a voi. È anzi il pensiero di abbandonarvi quello che mi preoccupa più di ogni altro. Non il viaggio seminfinito su mezzi sconosciuti o l’ignota destinazione; non l’affidare la mia vita a degli esseri alieni o l’imponderabilità delle loro ragioni. Ciò che mi turba, che mi terrorizza, dannazione, è il dover lasciare tutti voi. E non perché tema che possiate avere bisogno di me (potete cavarvela più che egregiamente senza questo vegliardo di mezzo), ma perché so che non vi rivedrò più. Anche solo scrivere questa frase mi fa tremare più del solito. Ma è altrettanto vero che non c’è più posto per me, qui. Rimanendo, non potrei fare altro che spegnermi lentamente. Sì, vi avrei accanto per tutti i giorni che mi rimangono, ma non posso accontentarmi di essere soltanto uno spettatore. Non quando mi è stata offerta la possibilità di viaggiare, di vedere cose che nessun uomo prima di me ha mai immaginato. Un’occasione per sentirmi di nuovo vivo. Non so perché i sensei abbiano scelto me, e pochi altri. Nessuno può arrivare a comprendere per quale logica ci abbiano chiesto di seguirli verso la loro civiltà, attraversando quasi l’intera galassia. Come si possono interpretare le intenzioni di creature tanto chiaramente superiori, così poco umane da apparire quasi divine? Eppure, non si può rifiutare un’offerta del genere. Forse sono stato semplicemente estratto a sorte, e in me non c’è niente che mi renda più degno di chiunque altro, ma questo non mi scoraggia. Io voglio andare con loro. Cerco di ricordare l’ultima volta che sono stato fuori da Cetia, e non ci riesco. A livello cognitivo, so di essere nato sulla Terra, ma non sono in grado di associare niente a questo fatto. È un’informazione senza alcuno spessore. Di che colore era il cielo? Quanto era forte la gravità? Come si chiamava la città dove sono nato? Come sono arrivato qui? Io non lo so. Ho dedicato così tanto tempo ed energie a questo posto, che ormai ho dimenticato quello che sono stato prima. Per questo devo andare con i sensei. Devo cambiare, di nuovo, e questa è la mia unica possibilità. Non sto abbandonando voi: sto ritrovando me stesso. Spero che riusciate a capire. Quando leggerete questo messaggio io sarò già partito, ci saremo già salutati. Scusate se ho usato parole che molti di voi non conoscono (famiglia, animali, dannazione, città…), ma mi conoscete bene, e sapete quanto il mio passato terricolo sia radicato in me. Forse qualcuna delle antenonne saprà spiegarvi cosa significano. Vi auguro ogni bene, e sono sicuro che riuscirete a ottenerlo. Vi amo, e questo non cambierà a causa delle migliaia di anni luce che ci separeranno. Non ci rivedremo mai più, ma so che non vi dimenticherò, anche quando avrò un’altra casa tra i sensei e la vita tra i miei simili non sarà altro che una vaga impressione lontana. Addio.
scriverie è fa+ic oso, ora. no n è fascile ragganellare pickoliframmenti i di materia in mododa formar e lele letere ke compohngono lepaor l e . finche potrevo atti ngere dalla memmo ria bastava riportare qielo che trovavoma pensareskrivve ree ìnsieme e difficcille /qvesto è lultimo sforrzzo ke compier o – poi sarò §emrh. e’ costhume ke og nunno lassi die tro disè qualocosae io deciso di lascia re questoto sscritko. è cos! strano ripehensarei al pasato ri-evocan do questi rikorbi. sembraa tuto il contararrio di com’’e’ or a : la mia memoria adexo è compgleta k$| mi basta cerca re cerca re dentr di me e posso ricorbare onnie piòu pickolo detalgio – solo un * e sùbito ri vedo la facia di Manu e pooi ancora * e sentoh lodo re de lpro f umo della hoste55 bionda kemià porratato lacqqua e se – dì nnuovo * eckco la vibbarazi onedei reactori affu s ione e con * il suogno dell’arisata di mio primo firlio; appenna natou. ankè strano comme io prima confondi evo tutte qeste cosse fee$< come onniwolta dementikavo il passato ma ankhe se ricordo tuto io nollo capisco come inevece allora non ricoradvo ma kapi vo questo sinififa forse cke ora sono non plù umano forse che in ttutto qvst o te mp o sno di ve ntato pù sensei e meno uomo o che for se ahesso sonno solo qualeocsa di pyu di tutii eddu e° - iononpososapelo ma stope r farre ilmjo utimo vaggio eò scelo to quello che lasierio aglial ti = hohrriprezo nelamia me m or i a quelo khe avevo scristo nei mom enti di sposta mento ch& èé ognimio granne kambdiamnento [] li ho raccolccolti nsieme tutti quesi mo mnenti percwe si p0ss sa capire la miastoria ew$oi. tuttelevoltte mi sono lasscato dietro qol-cosa chepoi nonòpiù ritrovaho edè pro prio co me ad esxo –- lultimmo viaggio dehi sensei neankee loro sano dovve siva e è quando la mente sme7te difunxionare e se provo a * so che prima lo k iamavo morte \ ricrordo che morte perme era qome la fine dituttoto invece dhopo tutto qusto tempo soche non posso sa perglo perkhe anche se xappiamo tante cose cisono taantre altere che nonn konosamo e pure ionono paura :: non come lealterevo lte, che nn voglevo abandonare il passattosta volta non so niente di qu ello che mia spetta dopo ma non #o paura so hora che riccorddo tuto sokke la mia vita statta fel$e elunka in molti poxti e vissto tanthe kose esso no pro nto per ultimio viaiggo = morte\ come fagno i sensei lascio qalcosa dretio di me cosicke glialri doppo sanno chi sono, io,- ed e’qquesti myey ricordi. e non soccosa ci sar a dopo |ness1 losa/ ma s pero di trovarla, dovvunque io vada – unaltra casa
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