Un matrimonio nel pozzo

di Luca Pagnini - 3571 k

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  1. black cat walking
     
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    Come al solito non c’era nessuno. Si mise a sedere sul divano rosso e pensò che era ancora una volta in anticipo. Sfogliò distrattamente qualche rivista d’arte, quindi si alzò a rimirare per l’ennesima volta la stampa raffigurante “Eliezer e Rebecca al pozzo” appesa alla parete.
    Ormai ne era certo, quello era il giorno in cui avrebbero risolto il suo problema. Fin dal primo appuntamento, ne era rimasto affascinato, lei era certamente la persona giusta. Ne aveva visitati molti prima di giungere a quello studio, con tutti gli altri aveva solo perso tempo. Con lei, no.
    L’incubo era sempre lo stesso, da anni. Finora, nessuno era riuscito a interpretarlo correttamente per farlo rientrare nei meandri della sua mente dai quali era scaturito e, forse, per comprenderne anche l’origine. Anzi, dopo ogni insuccesso, gli si era ripresentato con maggior frequenza e nuovi particolari, tanto che ormai era convinto avesse raggiunto la durata reale di una cinquantina di minuti.
    La porta alla sua sinistra si aprì mentre ancora contemplava la riproduzione del dipinto, interrogandosi sul suo significato allegorico.
    Senza esitare entrò nella stanza ben illuminata, si tolse il soprabito che appese all’attaccapanni di ferro battuto e distese sul lettino fine ‘800 foderato di velluto verde. Le finestre, sul curato giardino interno che una volta aveva sbirciato, erano coperte da leggere tende di lino bianco.
    Come sempre lei non c’era, sarebbe entrata dopo un paio di minuti dalla porta alle sue spalle e si sarebbe seduta sulla poltroncina liberty dietro di lui. Nell’attesa pensò a quali parole avrebbe dovuto usare per descrivere i nuovi particolari emersi nell’ultima versione dell’incubo.
    I pensieri furono interrotti dalla voce suadente che lo salutò. Dopo i primi convenevoli e qualche breve divagazione introduttiva, il dialogo arrivò al dunque.
    «Questa volta eravamo solo noi. Il posto era sempre il solito…»
    «Prosegua.»
    «C’eravamo noi e a un certo punto le porte scomparivano come inghiottite dal muro… Scomparivano assieme alle finestre, ai mobili, a tutto e…»
    «Umh, sì, poi?»
    «E poi i rumori esterni cessavano di colpo, la luce si affievoliva fin quasi a scomparire. La stanza perdeva gli angoli. Le pareti e il pavimento adesso erano di pietra, una pietra umida e scivolosa. E io restavo solo, angosciato, con la bestia vicina.»
    «L’ultima volta la bestia era a vista, vero?»
    «No, la sentivo e basta, come questa volta qui.»
    La descrizione minuziosa dei particolari, continuò fino a quando non fu raggiunto il finale, che diversamente dal resto, era quasi sempre lo stesso.
    «Siamo in fondo al pozzo, poi?»
    «Sono disteso, terrorizzato, non ho più via di scampo. Guardo l’imboccatura del pozzo ridotta a un foro ormai lontanissimo sopra di me. La bestia non ha fretta. Sento il suo respiro, i suoi artigli iniziano a graffiare le pietre. L’aria è diventata gelida, ma io sono sudato. Il suo tanfo è insopportabile. A questo punto la bestia cambia voce e accostandosi fino ad alitarmi sul collo mi sussurra…»
    «La seduta è terminata.»
    Appena lei gli fu sopra, il suo cuore schiantò. Gli schizzi di sangue insozzarono le pareti fino a farle diventare rosse. Con forza sovrumana gli staccò uno a uno tutti gli arti, quindi affondò le fauci nel suo ventre.
    «Amore. Amore! Amore!!!»
    «Aiuto! Dove sono?!?»
    «Sei sempre nel solito posto, nel letto dove dormi da dieci anni.»
    «Ho fatto…»
    «Lo so cos’hai fatto, è la terza volta questa settimana. Non ne posso più. Se domani non torni dalla psicanalista, ti lascio!»
    «E pensare che ero convinto mi sarebbe bastato sposarne una, di psicanalista...»
     
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16 replies since 27/5/2010, 22:22   205 views
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