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I TRE CABALLEROS
Era un locale ricavato in una vecchia cantina ai piedi della Mole con una semplice insegna di legno all'esterno ad indicare la sua natura di osteria. Il Partigiano sedeva al tavolo in fondo all’angolo ormai da ore, sguardo torvo, mani congiunte di fronte a se, perso nei suoi pensieri. Era arrivato appena calato il buio, ben prima dell’orario di cena, ma ancora non aveva preso nulla, niente cibo e niente acqua. La giovane cameriera, spinta dal padrone del locale, s’era avvicinata un paio di volte per chiedergli se volesse ordinare. - Sto aspettando i miei amici - era stata in entrambe le occasioni la sua laconica risposta corredata da sorriso e leggero movimento a smuovere i capelli sbarazzini dalla fronte. Entrambe le volte l'aveva vista arrossire e allontanarsi leggermente confusa. Il Partigiano sorrideva e continuava ad aspettare. Infine arrivarono. La porta si aprì, di schianto, e il Nazista e il Repubblichino fecero il loro ingresso nel locale, tronfi nelle loro divise, impugnando un nero bastone fresco di lucidatura il primo e una coppia di pistole ancora calde il secondo. Il silenzio più gelido calò fra i clienti seduti ai tavoli: una giovane coppia appartata nell'angolo opposto rispetto al Partigiano e un uomo corpulento con il naso rosso come la pinta di vino mezza vuota posata di fronte a lui. Il Repubblichino tirò su con il naso. - Ucci ucci, sento odore di Resistenzuccia! Chi è il verme che si merita i miei proiettili?- urlò a gran voce avanzando di qualche passo facendo roteare le pistole fra le dita. Tutti i presenti, terrorizzati, indirizzarono d'istinto lo sguardo verso il Partigiano. - Oh cazzo - fu l'unica cosa che riuscì a dire, ruttando, l'uomo corpulento prima di riempirsi nuovamente il bicchiere di vino con la sacralità dell'ultimo atto prima della fine. - Cosa vedono i miei occhi, i fratelli scemi dei sette nani: Fasciolo e Nazzillo! - ribatté il Partigiano alzandosi e andando incontro ai nuovi entrati. - Ah... ah... ah... - fece finta di ridere il Nazista avanzando a sua volta con passo aristocratico sfilandosi con movimenti studiati i guanti dalle pallide mani - Constato che l'esperienza sui monti non ha prosciugato la tua verve... - Sono amici! - continuò il Partigiano ad alta voce rivolto ai presenti nella taverna. - Amici suoi... - puntualizzò il Nazista. - Non vostri! - concluse il Repubblichino puntando le pistole contro l'uomo corpulento e facendo fuoco con entrambe. PAM! PAM! L'uomo cadde all'indietro trascinando con se il tavolo e il vino. Frammenti del suo cervello finirono addosso alla giovane coppia: la ragazza cominciò ad urlare, il ragazzo a piangere. - Cazzo, dovevi proprio farlo? - urlò il Partigiano. - Puzzava e mi faceva schifo! - si difese il Repubblichino. - Però la prossima volta avvertimi che mi riparo con qualcosa - concluse il Nazista ripulendosi con un fazzoletto di stoffa un grumo di sangue che gli era finito sul polsino. I tre si guardarono e risero. - Venite, accomodatevi, vi aspettavo da ore, perché ci avete messo tanto? - disse il Partigiano invitandoli a sedere al suo tavolo. - Ancora un attimo - rispose il Repubblichino - Ehi tu, laggiù! - rivolto al ragazzo piangente - Cosa sei? Una femmina? La smetti di piangere? - In effetti è snervante - sottolineò il Nazista. - Ragazzi, siete sempre i soliti - commentò il Partigiano sedendosi con uno sbuffo di noia. Il ragazzo li guardò, terrorizzato - La smetto... La smetto! Qualunque cosa, ma non uccidetemi! - biascicò tirando su con il naso. - Cosa cosa? C'è una ragazza con te e tu preghi per la tua vita? - sibilò il Repubblichino avvicinandosi al ragazzo. - Che verme senza palle - commentò il Nazista scuotendo la testa disgustato. - E tu esci con un mollusco del genere? - continuò il Repubblichino rivolto alla ragazza. - Signore... Perché fa questo? Chi siete? - chiese lei fra le lacrime. - Chi siamo? - ripeté il Repubblichino - Avete sentito ragazzi? La sgualdrina che sta con l'imberbe senza palle chiede chi siamo! - Domanda interessante - sentenziò il Nazista avvicinandosi alla coppia - Chi siamo? Dimmelo tu, scemotto - disse rivolto al ragazzo. - Io... non lo so chi siete... - Ragazzo, sei privo di fantasia e la cosa non mi piace - continuò il Nazista afferrandolo per il collo e sollevandolo in aria come un fuscello - I tuoi occhi non vedono, quindi non ti servono - sentenziò cavandoglieli con la sottile punta del suo bastone. Il ragazzo gridò dal dolore, il Nazista prese un coltello e lo sventrò gettandolo infine morente in un angolo lontano del locale. La ragazza urlò per il terrore e lo sgomento, il Repubblichino l'afferrò per i capelli sollevandola a sua volta. - Vuoi stare zitta? - le intimò. La ragazza si zittì pur continuando a mugulare per il dolore dei capelli che sembravano non avrebbero retto a lungo il peso del suo corpo. - Dunque, ragazza... - riprese il Nazista - A parte che mi scuso per il trattamento riservato al tuo vermoso compagno. Ci hai chiesto chi siamo e intendiamo risponderti. Guardaci, è facile! - Siete un Nazista, un Fascista e un Partigiano - disse la ragazza fra i singhiozzi - Lo sapevo che eri intelligente! - sentenziò il Repubblichino lasciandola cadere. - Ma perché state facendo questo? - gridò la ragazza da terra. - Perché è divertente! - rispose il Partigiano che con un movimento fulmineo le si era gettato addosso afferrandola per i piedi e scagliandola contro una parete. Si sentì il CROC della testa della ragazza che si spaccava. - E ora sediamoci e vediamo di prendere una decisione, abbiamo già perso anche troppo tempo - disse il Partigiano rivolto agli amici - E voi due laggiù dietro il bancone, ripulite questo schifo e vedete di non scappare! La cameriera e il padrone del locale, bianchi come cadaveri, si fecero avanti con scope e stracci cominciando a ripulire il pavimento e i muri dal sangue. Il Partigiano, il Nazista e il Repubblichino si sedettero al tavolo, si guardarono e scoppiarono in una fragorosa risata. - Allora ragazzi, che cosa avete scoperto? - chiese infine il Partigiano. - Oh dunque, dopo attenta ricerca... Ho scoperto che la data è il 21 dicembre, a Città del Messico - rispose il Nazista. - E nel resto del mondo? - continuò il Partigiano. - 3 febbraio del '45 negli Stati Uniti, qui in Europa non si sa - disse il Repubblichino. Improvvisamente si erano fatti tutti molto seri. - Mmh... No, non possiamo perdercelo, il 21 dicembre dovremo essere tutti e tre a Città del Messico - sentenziò il Partigiano. - Concordo - rispose il Repubblichino. - Ya... - si limitò a dire il Nazista. Attimo di silenzio, i tre si guardarono. - Non so se al nostro ritorno qui ci sarà ancora la guerra - riprese il Partigiano - Nonostante la ripresa di questo autunno, non credo che i tedeschi potranno resistere ancora a lungo, siamo sicuri di andare? - In ogni caso qui il divertimento comincia ad essere piuttosto monotono... - rispose il Nazista. - Ormai non so più cosa inventarmi per torturare i prigionieri. Sono stato anche alla Pensione Nazionale a studiare i metodi di Alois Schmidt... Interessante all'inizio, ma ormai anche la caserma di Via Asti mi sta annoiando - disse il Repubblichino. - Idem con il mio piccolo Lager privato. Ho una media di un centinaio di ospiti e ogni notte ne uccido una decina. Ormai non trovo più gusto neanche a confondermi tra loro vestito con i loro stracci - continuò il Nazista. - E tu? Come proseguono le scorribande montane? - domandò il Repubblichino. - Routine. Mi infilo nelle missioni più pericolose e sono sempre l'unico a tornare del mio gruppo - nel dirlo il Partigiano sorrise - Dopo aver smembrato i Nazisti non posso certo lasciare qualche testimone fra i miei compagni... Risero tutti e tre. - Bene, allora è deciso: è tempo di andarcene. Si parte! - proclamo il Partigiano. - Si parte! - gli fecero eco gli altri due. In quel momento la porta del locale si aprì ed entrò un ragazzo che, non avvedendosi del sangue sparso un po' ovunque, si diresse senza indugio al bancone già pregustando il bicchiere di vinello, premio alla giornata di lavoro di quel freddo inverno torinese del '44. La cameriera e il padrone del locale, non sapendo che fare, rimasero impietriti. - Bene! - disse gioviale il Partigiano - Giusto tre! - Cameriera, vorremmo ordinare! - Si signore! - si affrettò a dire la cameriera avvicinandosi ai tre - Cosa desiderate? - Oh dunque... - rifletté il Nazista - Io gradirei il ragazzo appena entrato: sembra frizzante, giusto quello che mi ci vuole. - Mi scusi? - chiese la cameriera, non capendo. - A me porti il padrone del locale, gusto solido e stagionato - continuò il Repubblichino. - Ma cosa? - la voce della cameriera era ormai solo un sottile suono semi disarticolato. - Per me invece - concluse il Partigiano sorridendole affabile - Va bene lei: è da quando sono entrato che le osservo il lieve pulsare dell'aorta sul collo... - Signore, non capisco... - sussurrò senza fiato la cameriera. - A breve capirà - ghignò il Partigiano mostrandole i lunghi canini pronti a succhiarle tutto il sangue - Signori, a Città del Messico. - Alla salute! - gli risposero il Nazista e il Repubblichino prima di dare il via alla mattanza.
Pochi minuti dopo, ormai sazi, i tre amici uscirono dal locale per ritrovarsi sotto un'abbondante nevicata. - Bene, allora appuntamento a Bari fra tre giorni, può andare? - chiese il Partigiano. - Direi che è un tempo ragionevole per chiudere tutte le nostre piccole attività - convenne il Nazista. - Penso di sì... - confermò il Repubblichino che nel frattempo aveva ricominciato a giocare con le sue pistole. - Perfetto! Ragazzi, vi rendete conto? Un paio di mesi e lo potremo vedere... - disse il Partigiano. - Vi ricordate quando abbiamo visto Saludos Amigos in quella fetida sala di Roma? - domandò il Repubblichino. - Amore a prima vista - confermo il Nazista. - E poi abbiamo recuperato tutti gli altri: Biancaneve, Pinocchio... - disse il Partigiano. - ... Fantasia, Dumbo... - continuò il Repubblichino. - ... Bambi, Saludos Amigos e adesso questo, direttamente alla Prima, niente male eh? - proseguì il Nazista. - Beh, visto che cambiamo vita perché non cambiamo anche i nomi, che ne dite? - propose il Partigiano. - Perché no? - disse il Nazista. - Ok, io sarò Panchito Pistoles, mi sembra un nome adatto a me - sentenziò l'ormai ex Repubblichino lanciando in aria le pistole e riprendendole infilzandole con gli indici. - Mi sta bene, io mi prendo Jose Carioca! - disse l'ex Partigiano. - Allora visto che avete già deciso voi, a me non resta che chiamarmi Paperino... - chiosò l'ex Nazista. I tre si guardarono e, con il suggello dell'imponente Mole Antonelliana, cominciarono il lungo percorso che li avrebbe portati alla Prima mondiale del settimo film della Walt Disney: I TRE CABALLEROS.
Edited by Peter7413 - 2/6/2010, 12:20
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