L'uomo che non voleva morire
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L'uomo che non voleva morire

di Simone Lega, horror, 37000 k.

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    Nuova versione 28000 k

    L'uomo che non voleva morire

    1
    In una calda mattina del 1789, Viviana mise finalmente la testa fuori dalle mura del convento. Otto anni odiosi, trascorsi a completare la sua educazione da ragazza di buona famiglia. I primi tempi erano stati i più duri, Viviana aveva perfino dovuto sorbirsi le ripicche delle monache, indispettite perché la ragazza non aveva alcuna intenzione di prendere i voti. La sua unica consolazione era guardare il dipinto appeso nella sua cella. Raffigurava l’arcangelo Michele, bello al punto da farle fare sogni strani: l’angelo scendeva dal quadro ed era nudo e bellissimo, e Viviana si sentiva tutta avvolta da un intenso calore.
    Alla fine aveva ceduto ai soprusi delle monache, accettando di prendere i voti. L’unica consolazione era che un uomo come il suo arcangelo non lo avrebbe incontrato mai, quindi tanto valeva sacrificare la vita a Dio che forse, in premio, glielo avrebbe fatto incontrare in paradiso.
    Invece arrivò a salvarla una lettera della madre. Un amico del fratello Piero l’aveva vista in un ritratto. Da quel giorno era come impazzito e aveva mandato suo padre a parlare con la famiglia di Viviana perché combinasse il matrimonio.
    Nella lettera, la madre scrisse a Viviana che era bello, elegante, affettuoso e ricco.
    Il primo pensiero della ragazza fu che forse sarebbe somigliato al suo arcangelo.
    Sapendosi promessa sposa, gli anni al convento passarono più lievi, e le monache si mangiarono gli angoli delle tuniche pensando alle grandi donazioni di cui quel matrimonio le avrebbe private.

    2
    Tornata a casa, Viviana subissò di domande la madre, ma lei non essendo molto brava a descrivere seppe solo ripeterle ciò che aveva detto nella lettera. Il suo innamorato, che si chiamava Vincenzo, era di una bellezza irresistibile. E poi pronunciò parole che suonarono come un flauto nelle orecchie della ragazza: «Sembra un angelo».
    L’appuntamento era fissato per il ballo del marchese Violenti, di lì a una settimana. Inutile dire che Viviana non poté chiudere occhio. In convento aveva imparato a disegnare, e dopo tanto esercizio era riuscita a copiare il ritratto del suo arcangelo. Ogni sera lo guardava e pregava Dio che Vincenzo gli somigliasse. Giurò che sarebbe stata la moglie migliore del mondo e tutti i giorni avrebbe pregato per le anime del purgatorio, se solo Dio l’avesse esaudita. Non sembrandole sufficiente come sacrificio, aggiunse che se mai un giorno fosse rimasta vedova, sarebbe tornata in convento trascorrendo il resto della vita in preghiera.
    Il settimo giorno, dopo tante preghiere, Viviana non aveva più dubbi. La carrozza correva verso il gran palazzo del marchese Violenti dove avrebbe finalmente incontrato il suo arcangelo Michele in carne e ossa.
    Gli occhi di tutti si fissarono su di lei. Era splendida. Tuttavia non riusciva a incrociare lo sguardo con nessuno, tesissima al pensiero che da un momento all’altro avrebbe incontrato il suo sposo. A un certo punto suo fratello Piero si fermò con un signore di una certa età, con lunghi baffoni bianchi e un’uniforme scintillante. Viviana scalpitava. Vedendo che la cosa si prolungava, sussurrò al fratello che aveva fretta di conoscere il suo fidanzato, e Piero con un sorriso le indicò il vecchio signore in uniforme.
    Viviana sbiancò. Era quello il suo sposo?
    Sia Piero che il vecchio signore scoppiarono a ridere. Non era come pensava lei, lo sposo era il figlio del signore in uniforme, e a momenti sarebbe arrivato.
    Il cuore di Viviana batteva al punto che pensò di svenire. L’attesa era sfiancante, e le girava la testa a furia di guardare i volti di tutti quelli che passavano.
    Poi vide un uomo sorriderle, avvicinarsi, ma non poteva essere lui. Era identico al vecchio in uniforme, con la differenza che i capelli erano neri, i baffi più corti e il girovita estremamente più largo.
    Viviana cercò di calmarsi, probabilmente era un nipote. In fondo sua madre aveva detto che il suo promesso sposo era bellissimo.
    Il giovane, rosso come un tizzone, si fermò accanto al vecchio. Glielo presentarono, il nome era Vincenzo, e tutt’a un tratto Viviana si trovò addosso gli occhi di tutti.
    Era proprio il suo promesso sposo.
    Si sentì una stupida. Sua madre aveva detto che era bellissimo, e probabilmente ai suoi occhi lo era davvero. Il cugino di Viviana aveva le gambe storte e quando camminava ondeggiava come un uovo, tuttavia per la zia era un uomo stupendo. Viviana avrebbe dovuto tenerne conto.
    Dio l’aveva tradita. Era di certo la punizione per aver detestato tanto l’idea di prendere i voti. Pensò al suicidio. Una volta tornata a casa si sarebbe impiccata nella sua stanza.
    La comitiva continuava a chiacchierare, adducendo il suo pallore all’emozione, e il brutto Vincenzo se la guardava tutto orgoglioso.
    "Fai pure" pensò Viviana. “La prossima volta che mi vedrai sarò nella tomba”.
    Tutt’a un tratto le mancò il respiro: non poteva suicidarsi, Dio l’avrebbe maledetta e cacciata all’inferno. Disperata, si rese conto che il Creatore voleva per lei proprio un futuro insieme a un uomo così.
    Stava per gettare gli occhi al cielo sospirando «Così sia», quando avvenne il miracolo.
    Era lui; era l’arcangelo Michele. Le era passato proprio accanto, l’aveva trafitta un momento con gli occhi, e poi si era allontanato.
    Viviana pensò di aver sognato. Lo cercò con lo sguardo tra la folla ed era veramente lì, pareva uscito dal dipinto. Allora avvenne qualcosa di inaudito. Si sentì urlare «Il vampiro! Il vampiro!» e scoppiò il parapiglia. La gente gridava «Prendetelo, non fatelo scappare!». Suo fratello e Vincenzo le ordinarono di non muoversi, prima di gettarsi nella mischia.
    Viviana si ritrovò in un angolo, spaventata. Le donne urlavano, sedie e tavoli rovesciati. Si coprì le orecchie con le mani, senza capire cosa stesse accadendo.
    La risposta giunse immediatamente. Era il modo misterioso di Dio di aiutarla. L’uomo che si avvicinò per confortarla era proprio il suo arcangelo.
    Le bastò vederlo per non avere più paura.
    «Venite con me, vi proteggo io».
    Bello, forte. Viviana si lasciò portare via, stretta al suo petto, senza nemmeno chiedere dove andavano. Presero le scale secondarie e si ritrovarono fuori. L’arcangelo le spiegò che avevano riconosciuto un pericoloso assassino al ballo, sospettato di bere il sangue delle sue vittime. Poteva essere ovunque, e lui adesso aveva il dovere di riaccompagnarla a casa per la sua sicurezza.
    Viviana riuscì a balbettare che suo fratello si sarebbe preoccupato non trovandola più, ma l’arcangelo seppe rassicurarla: conosceva bene Piero, avrebbe lasciato un messaggero a riferirgli che sua sorella era sotto la custodia del barone Gerardo Faraci.
    Questo era il nome del suo arcangelo. Viviana non ebbe altre obiezioni. Guardandolo come per anni aveva guardato il dipinto, si lasciò aiutare e salì sulla carrozza nera.
    Dal finestrino scorse gli uomini uscire dal palazzo e guardarsi intorno. Le saltò il cuore in gola, non erano riusciti ad acciuffare l’assassino. Meno male che a lei aveva pensato il marchese Faraci. Una prova in più che dal cielo qualcuno stava guidando la sua vita.
    Più guardava Gerardo, più si stupiva di quanto somigliasse all’arcangelo del dipinto. In estasi, non si accorse che stavano andando da tutt’altra parte che a casa sua.
    Quando se ne rese conto, correvano per un bosco oscuro. Viviana chiese spiegazioni, e lì Gerardo, che l’aveva fissata tutto il tempo, le si gettò ai piedi.
    «Perdonatemi Viviana, vi ho rapita! È stato più forte di me. Vedervi mi ha aperto gli occhi. Voi siete tutto quello che voglio!»
    Viviana gli accarezzò i capelli. Gerardo non doveva preoccuparsi. Gli disse «È la mano di Dio che vi ha guidato. Sono sempre stata vostra».
    Gerardo la guardò come se non avesse capito. Domandò «Davvero?»
    Per Viviana fu una liberazione poter raccontare di come l’avesse amato ancor prima di conoscerlo, e che quella era la volontà di Dio. Alla fine si sentì una sciocca sotto lo sguardo attonito di Gerardo. Ma un attimo dopo lui la guardò commosso.
    «Voi siete la persona giusta per guarirmi!» disse.
    «Siete malato?» si preoccupò Viviana.
    Lui non volle parlarne. Ora che si erano incontrati, disse, c’era spazio solo per la gioia. Ci sarebbe stato tempo per raccontarle tutto.

    3.
    Il palazzo di Gerardo era in rovina, circondato da un immenso parco intricato. C’era un silenzio che pareva un cimitero, ma per Viviana era un castello di cristallo, e le nubi di insetti, lucciole. Lui la condusse su per grandi scalinate grigie e scricchiolanti fino alla stanza che le aveva riservato. Viviana rimase un po’ delusa, pensava che avrebbero dormito insieme. D’altronde non ci sarebbe stato peccato, Dio li aveva già benedetti. Quando lui le baciò la mano e fece per andarsene, Viviana si fece ardita e lo trattenne.
    «Vi ho già detto che sono vostra».
    Gerardo fece resistenza, disse che non voleva mancarle di rispetto, ma Viviana continuava a stringergli la mano. Alla fine, il barone cedette. E mentre gli stava avvinghiata sul letto, a occhi chiusi, Viviana toccava le scapole immaginando due ali.
    Dopo, mentre riposavano abbracciati, Gerardo decise che era ora di parlarle della sua malattia.
    Un brutto male ai nervi lo costringeva a nascondersi alla luce del sole. Le assicurò che era passeggero, e grazie a lei sarebbe guarito ancora prima.
    Ma Viviana non lo ascoltava già più. Con la testa premuta sul suo petto, si era addormentata.
    Al suo risveglio, il primo pensiero fu che aveva fatto l’amore con un angelo. Ma quando allungò il braccio per toccare Gerardo, si accorse che il letto era vuoto.
    Uscì dalla stanza e si accorse di quanto fosse fatiscente la casa. Era incredibile che ci vivesse qualcuno. Avrebbe voluto cercare Gerardo, ma salire al piano superiore le faceva paura, le scale davano l’idea di poter crollare da un momento all’altro.
    Uscì nel parco, era una giornata grigia e l’intrico di vegetazione la rese malinconica. Dov’era Gerardo, e perché l’aveva lasciata sola?
    Vide un uomo venire verso di lei attraverso le radici scoperte e i grandi cespugli. Sorridendo, si presentò come Cafiero, l’unico servitore della casa. Viviana gli domandò dove fosse Gerardo, e lui spiegò ciò che la sera prima non era riuscita a sentire. Gerardo era malato, e durante il giorno si rinchiudeva in una stanza totalmente al buio per riposare i nervi. I medici dicevano che la luce del sole, nelle sue condizioni, poteva essergli fatali.
    Viviana si sentì morire, ma subito disse a Cafiero che non sarebbe mai successo nulla al suo signore, perché lei avrebbe pregato per lui. Oramai sentiva di avere un canale di comunicazione privilegiato con Dio; ciò che era successo quella notte con Gerardo non era peccato.
    Fare l’amore con un angelo non può essere che una benedizione.
    Cafiero fece un’espressione strana, e rispose «Non ci sono dubbi. Grazie a voi, a Gerardo non potrà succedere nulla di male».
    La pregò di disporre di lui per qualunque cosa, e poi scusandosi tornò al suo lavoro.
    Viviana rientrò in casa, a cercare un’effigie sacra davanti alla quale pregare per il suo Gerardo. Non ne trovò nemmeno una. Allora salì in camera e passò la mattinata a ringraziare Dio.
    Fu disturbata però da un rumore strano. Come un rosicchiare che sembrava venire da tutte le parti. Nel pomeriggio incontrò Cafiero e chiese spiegazioni di quel rumore.
    «Sono le tarme, signorina» sorrise il servitore. «In una casa così vecchia e malmessa, è normale».
    Le tarme, già. Avrebbe dovuto capirlo da sola. Era l’atmosfera strana di quella casa che le faceva sembrare strane le cose più comuni.
    Quella notte, Gerardo fu ancora più appassionato della sera prima. Viviana si ritrovò a strillare «Fammi tua, arcangelo Michele, fammi tua!»
    Poi, mentre sonnecchiava sul suo petto, mormorò che avrebbero dovuto fare qualcosa per le tarme. Di notte il rumore era molto più forte, l’avevano perfino distratta durante l’amore.
    L’indomani mattina, si svegliò di nuovo sola. Per fortuna Cafiero le mostrò la biblioteca. Pareti ricoperte da centinaia di volumi polverosi. E c’erano moltissimi libri d’amore e religiosi, argomenti preferiti di Viviana. Le giornate trascorrevano piacevoli, e le notti infuocate. Gerardo la stringeva a sé dicendo di sentirsi di giorno in giorno più forte; presto sarebbe guarito e allora sarebbero partiti insieme per qualche isola piena di sole, abbandonando per sempre la vecchia e brutta casa. Viviana stava ore e ore a sognare se stessa e Gerardo passeggiare insieme, lei con un bellissimo ombrellino rosa, e una bambina col cappello col fiocco a tenerle la mano.
    Ogni tanto pensava alla sua famiglia. Non l’avrebbero mai perdonata perché mai avrebbero potuto capire. Non avevano abbastanza fede. Viviana si consolava pregando anche per loro.
    Una notte fece un sogno tremendo. Era in mezzo a un cerchio di donne vestite di nero che piangendo la supplicavano di venire con loro. Ma i loro volti erano scheletrici, e il velo appiccicato sul viso come una seconda pelle. Avevano le unghie delle dita nere, e parlavano senza muovere le labbra.
    Viviana si svegliò di soprassalto, era piena notte e, sarà stata un’impressione, il rumore delle tarme era sempre più forte.
    Il letto era vuoto, Gerardo se n’era andato. Viviana si sarebbe sentita molto meglio se avesse potuto stringersi a lui, ma si adeguò abbracciando il cuscino e cercando di non pensare che le donne del sogno potessero essere nella stanza a fissarla, nascoste nel buio.
    Poi per fortuna sentì la porta alle sue spalle aprirsi. Era Gerardo che tornava a letto. Si voltò con un gran sorriso per raccontargli il brutto sogno, ma si trovò faccia a faccia con suo fratello Piero.

    4
    Aveva lo sguardo allucinato, e in mano una lunga pistola. Viviana urlò, ma il fratello le tappò la bocca con la mano, sibilando che la pistola non era per lei ma per il vampiro.
    «Come hai fatto a entrare?»
    Il fratello la guardò preoccupato.
    «Ha già preso la tua anima? Ti ha resa come lui? Forse siamo ancora in tempo, ci penserà il parroco».
    E mentre la tirava giù dal letto le chiedeva scusa per averla lasciata sola, quella sera al ballo.
    «Ci ha ingannati. Noi lo cercavamo da una parte mentre lui era da tutt’altra, e ha trovato te».
    Viviana era incredula. L’assassino che stavano cercando quella sera era Gerardo.
    C’era sicuramente un equivoco. Cercò di spiegargli chi fosse veramente Gerardo, che in tutto quel tempo l’aveva trattata come una principessa, ma il fratello non l’ascoltò. La trascinò fuori dalla casa e la costrinse a correre con lui nel bosco.
    Viviana era contenta che Gerardo non si fosse svegliato, se il fratello l’avesse visto gli avrebbe sparato, tuttavia pregava che qualcuno lo fermasse. Sperò in Cafiero, dov’era il servitore? Possibile che non si fosse accorto che un estraneo era entrato nella casa?
    Poi all’improvviso, Piero la trascinò a terra con lei.
    «Mio dio, eccolo» disse, cominciando a pregare. Viviana guardò dove indicava, e se il fratello non le avesse tappato di nuovo la bocca di sicuro avrebbe urlato.
    A pochi passi da loro c’era un uomo. Si vedeva bene nonostante il buio. Pallido, pochi capelli, gli occhi enormi e la bocca deformata da lunghi denti appuntiti. Se ne stava immobile a guardare la casa.
    Gli somigliava moltissimo, ma Viviana era sicura, non era Gerardo.
    «Non lo vedi?» ringhiò il fratello.
    Il vampiro d’un tratto aprì la bocca e batté i denti. Ecco il rumore che Viviana aveva sentito da che aveva messo piede in casa. Non erano le tarme.
    Il vampiro non faceva niente a parte battere i denti di tanto in tanto. Viviana lo guardava tra il fascino e la paura. Era possibile che fosse Gerardo?
    Nelle orecchie aveva la voce della bambina con il cappello col fiocco. Tutti e tre insieme a passeggiare, lei aggrappata al braccio del suo Gerardo, e il sole.
    Non era lui, ovvio che non era lui.
    Tuttavia, quando il fratello si tirò su di scatto urlando «Muori Satana!» e sparando al vampiro, Viviana cercò di strappargli la pistola di mano. Piero si divincolò scagliando la sorella sull’erba, e continuò a sparare.
    Viviana scappò urlando il nome di Cafiero. Correva alla cieca, non sentiva più gli spari ed era convinta che qualcuno la stava inseguendo. Si sentì afferrare per la spalla. Le sembrò il tocco gelido di un morto. Urlò lasciandosi cadere a terra, e vide che era suo fratello.
    «Dobbiamo andare» disse, aiutandola ad alzarsi. Non aveva più la pistola.
    Fecero pochi passi, e finalmente davanti a loro si stagliò Cafiero.
    Viviana sentì un peso sciogliersi nel cuore. Un momento dopo, il servitore sollevò una grossa pala colpendo Piero in faccia.
    Viviana si gettò su Cafiero pregandolo di smetterla, ma era inutile. Il servitore continuava a colpire Piero, ormai a terra. A ogni badilata, il viso di Piero perdeva forma sotto gli occhi sbarrati di Viviana che non riusciva a fermarlo. Alla fine, della faccia di suo fratello non restava più niente.
    Viviana barcollò, le parve di sentire una risata nelle orecchie e pensò che fosse Dio. Poi cadde a terra svenuta.

    5
    Di nuovo nel cerchio di donne vestite di nero. Stavolta le dicevano «Venite! Non è troppo tardi!»
    Viviana si svegliò di colpo, ma la realtà non le riservava nulla di meglio. Davanti a lei c’era Cafiero.
    L’aveva riportata nella sua stanza.
    «Mi dispiace, signorina Viviana. Mi dispiace tanto».
    Viviana non disse nulla.
    «Sono stanco di questa vita. Non voglio vedervi fare la fine di… voi no! Andatevene, scappate. Salvatevi»
    «Gerardo…» disse lei.
    Il servitore scosse la testa.
    «Dimenticatelo. Salvatevi almeno voi».
    «Devo trovarlo» insistette lei, la testa le doleva ancora, aveva la nausea.
    «No!» si allarmò Cafiero «Non capite, Gerardo è un mostro! È lui il responsabile della morte di vostro fratello».
    Viviana si tirò su sul cuscino, guardandolo fredda.
    «Siete stato voi a uccidere mio fratello. Vi ho visto. Perché ora scaricate la colpa su Gerardo?»
    Non aveva più paura di lui. D’un tratto, era diventato solo un vecchio impacciato.
    «Vi prego signorina, fate come vi ho…»
    «Andatevene» ordinò Viviana. Cafiero, con gli occhi umidi, arretrò fino alla porta.
    Finalmente sola, Viviana scoppiò in lacrime.
    «Buon Dio» pregò «Indicatemi la via. Devo credere alle parole di mio fratello e del suo assassino, o affidarmi alla strada che mi avete tracciato? Datemi un segno».
    Solo una cosa poteva darle le certezze che cercava. Doveva scoprire in quale stanza Gerardo si nascondesse durante il giorno.
    Controllò tutta la casa, il rumore era ormai fortissimo. Sapeva che non erano tarme, ma quella cosa mostruosa che aveva visto la notte prima. Dovevano essercene tanti come lui, a giudicare dal rumore. Più cercava Gerardo con quel suono orrendo nelle orecchie, più sentiva la fede svanire e sembrava impossibile che il suo arcangelo non sapesse niente di ciò che stava accadendo.
    Salì perfino le scale pericolanti, cercò dappertutto ma senza risultato. Alla fine, a trovarla fu lui.
    Sbucò dal corridoio, bello e pallido, la barba incolta e lo sguardo sincero. Viviana gli si buttò tra le braccia.
    «Ho saputo quello che è successo. Mi dispiace tanto, è stato un terribile incidente. Cafiero ha detto che credeva fosse qualcuno venuto a rapirvi».
    Tra i singhiozzi, Viviana mormorò «Cafiero dice che è colpa vostra. Che siete un vampiro. E anche mio fratello ne era convinto».
    Gerardo si staccò dal suo abbracciò. La guardò confuso e ferito.
    «Cafiero ha detto così?»
    Viviana annuì.
    «Non so perché l’abbia detto. E voi gli credete?»
    No, certo che non gli credeva. Però non riuscì a dirlo e Gerardo pensò il contrario.
    «Un vampiro! Solo perché sono malato, tutti mi credono un vampiro. Tutti a starmi addosso come se fossi un assassino. Non ho mai fatto del male a nessuno io».
    Adesso, il suo bell’angelo stava piangendo.
    Viviana non resistette.
    «Vi credo!»
    «No!» gridò Gerardo scacciandola. «Non mi credete. Siete come tutti gli altri. Mi credete un vampiro? Vi darò la dimostrazione che non lo sono».
    Sconvolto, l’afferrò per un braccio trascinandola giù per le scale. La porta di fuori era aperta. Viviana non aveva bisogno di dimostrazioni, ma lui non volle sentire nulla e uscì alla luce del giorno. Si parò davanti a lei, sotto il sole, a braccia larghe e disse «Vedete? Non sono una creatura della notte, amo il sole e il mio cuore batte. Ho solo una malattia dei nervi che mi rende intollerante. Vi avevo chiesto di aspettare, che tutto si sarebbe risolto. Voi non mi avete creduto, avete preferito ascoltare i vaneggiamenti della gente».
    Viviana non riusciva a parlare, piangeva e basta. Le dispiaceva così tanto. Lui la tirò a sé, la strinse forte.
    «Sono così stanco» disse, con le lacrime agli occhi.
    Viviana aveva capito tutto. La colpa era della creatura che aveva visto la sera prima. La somiglianza con Gerardo faceva sì che la scambiassero per lui.
    «C’era qualcosa qui ieri sera. Un demone. Somigliava a voi» singhiozzò Viviana.
    «Lo so» disse Gerardo «È mio fratello».

    6
    «La mia famiglia è vittima di una maledizione vampirica. Anni fa, i vampiri vennero la prima volta a prendere mio padre, poi l’anno dopo tornarono insieme a lui per mia madre. Poi toccò a mio fratello. Quando era il mio turno però, i vampiri non vennero. Da allora vivo nell’attesa di essere portato via. Arrivano sempre la stessa notte, per questo quando la data si avvicina comincio a star male. Pensavo che mi avrebbero lasciato vivere, che la maledizione si fosse fermata. Invece sono tornati, subito dopo il vostro arrivo. Ho pensato che forse è perché temono che io possa mettere al mondo altri discendenti con il mio nome. Stazionano qui, nella casa. Li sentite?»
    Gerardo spiegò che non c’era modo di scappare, avrebbe soltanto ritardato di qualche ora il loro attacco.
    «Fareste meglio ad andarvene, Viviana. Perdonatemi, avrei dovuto dirvi tutto subito. Speravo solo che non ce ne sarebbe stato bisogno. È per questo che la notte non mi fermavo a dormire con voi. Temevo che i vampiri decidessero di anticipare l’ora in cui sarebbero venuti a prendermi».
    Com’era forte, coraggioso. Guardava in faccia la morte senza timore.
    «E voi che farete?»
    Gerardo sorrise.
    «Non temete, non ho intenzione di arrendermi. Mi batterò, li distruggerò. Anche se da solo sarà difficile. Speravo nell’aiuto di Cafiero, ma a quanto dite sono stato tradito anche da lui».
    Viviana si tirò su, decisa. Non avrebbe combattuto da solo.
    «Ci sarò io al vostro fianco. Vi aiuterò a sconfiggerli».
    Gerardo scosse la testa. Era troppo pericoloso, ma Viviana ormai aveva deciso. Ecco il segno del cielo, tutto tornava.
    Gerardo le domandò cosa volesse dire. Lei non rispose, pensava al dipinto dell’arcangelo Michele, proprio colui che aveva sconfitto Satana.

    7
    Secondo i calcoli di Gerardo, i vampiri sarebbero venuti quella notte. Passarono il giorno a cercare armi per combattere. Viviana aveva pensato alla pistola di suo fratello, doveva essere da qualche parte lì intorno, ma Gerardo disse che non serviva.
    Viviana pregò che Dio la guidasse alla ricerca dell’arma adatta contro i demoni. Sentì come una forza che la spingeva in fondo a un corridoio. Si lasciò guidare fiduciosa e giunse davanti alla porta della biblioteca. Allora capì.
    Tornò di corsa da Gerardo, lui l’aspettava ansiosa, il sole stava calando. Viviana portava tra le mani la pesante lancia dell’armatura in biblioteca. Con gli occhi umidi, disse «Questa lancia te la manda Dio, è benedetta. Ora sei il suo generale, angelo mio».
    Gerardo rimase colpito. Stava per dirle qualcosa ma non fece in tempo. Si era già scatenato l’inferno.
    I vampiri vennero fuori dai muri, dal pavimento, entrarono dalle finestre. Erano mostruosi, cadaveri rigidi che avanzavano sbattendo le mandibole. Tuttavia Viviana li guardava quasi con indifferenza. Non avrebbero dovuto temere alcun male, venivano nel nome del Signore e le creature non potevano toccarli.
    «Grazie. Rischiate la vostra vita per me» disse Gerardo.
    «Della mia vita non m’importa. Solo voi mi state a cuore» rispose Viviana.
    Gerardo tirò un gran respiro. Puntò la lancia verso i vampiri. Viviana pensò "È il momento".
    Un istante dopo, Gerardo diresse la lancia contro di lei.
    «L’avete sentita? La sua vita per la mia. Prendetela, è vostra» gridò.
    Viviana non capì, ma l’espressione di Gerardo era cambiata. Il suo viso era pieno di disprezzo. Fece per andargli incontro ma lui la scacciò con la lancia.
    «Stammi lontana, maledetta! La tua vita per la mia, per te è finita. Rassegnati, non mi toccare!»
    I vampiri la circondarono, la schiacciarono, i denti si chiusero ovunque sul suo corpo. Viviana non riuscì né a pensare né a gridare. Poté solo piantare i grandi occhi pieni di lacrime, che non vedevano già più, al soffitto. Precipitò nel buio con un pianto di bambina nelle orecchie. Una bambina con un cappello col fiocco, rimasta tutta sola.

    8
    I vampiri fecero presto come al solito. Alla fine, nella stanza rimasero solo Gerardo e una cosa rinsecchita sul pavimento, senza naso, senza labbra. Le avevano succhiato via perfino gli occhi.
    Gerardo rabbrividì pensando che c’era mancato un pelo, e che al posto di Viviana avrebbe potuto esserci lui.
    Era stato suo fratello a scoprire come ingannare la morte, ma non aveva potuto usufruire del trucco perché si era affidato alla persona sbagliata: Gerardo. Si era lasciato ingannare dal suo aspetto, così angelico che aveva posato perfino per un dipinto di san Michele, che poi avevano donato a un convento.
    Gerardo non aveva capito niente, voleva solo aiutare il fratello a salvarsi dai vampiri. Pensava che cercasse solo rassicurazioni quando gli chiedeva se era disposto a rischiare la vita per lui, se gli voleva abbastanza bene da sacrificarsi.
    Gerardo rispondeva di sì, ma non era vero. E quando vennero i vampiri, a Gerardo si spezzò il cuore sentendo il fratello gridare «Ha detto che prendeva il mio posto! Ha detto che voleva morire per me!».
    Loro sapevano che non era vero. In quel momento Gerardo aveva capito cosa avrebbe dovuto fare, per evitare di finire come la sua famiglia.

    9
    Cafiero entrò a occhi bassi. Gerardo gli indicò Viviana.
    «Seppelliscila insieme alle altre».
    Il servitore annuì mettendosi al lavoro.
    «Perché mi hai tradito, Cafiero?»
    «Lei non era come le altre, signore» rispose il servitore, dandogli le spalle e aspettando il colpo che l’avrebbe ucciso.
    Ma Gerardo non gli fece niente. Lo capiva. Anche per lui Viviana era stata diversa. Prima che uscisse dalla stanza, Cafiero gli diede un foglio stropicciato. L’aveva trovato addosso alla ragazza.
    Gerardo lo guardò. Era la copia del suo ritratto, dove era raffigurato come l’arcangelo Michele.
    Si chiuse nel passaggio segreto che usava per nascondersi nei momenti in cui le crisi di nervi erano più violente, e pianse.
    Viviana era stata un errore. Non avrebbe mai dovuto prendere una ragazza così, una di cui poteva innamorarsi. Aveva fatto divorare dai vampiri molte donne finora, ed era sempre più difficile procurarsene di nuove. Nel panico perché la notte dei vampiri si avvicinava, aveva preso Viviana.
    Aveva tentato di resisterle, di non fare l’amore con lei, di starle lontano.
    Chiuso nel suo nascondiglio, rannicchiato come un bambino, continuava a ripetersi che non era cattivo. Chiunque altro l’avrebbe fatto al suo posto, pur di non morire.
    Non poteva continuare a lungo, lo sapeva. Questa sarebbe stata l’ultima volta, il sacrificio di Viviana non sarebbe stato invano. Avrebbe superato la paura e non ci sarebbero state più vittime.
    Lo giurò tra le lacrime, il giorno dopo, sul cumulo di terra che ricopriva Viviana, accanto alla fossa di suo fratello Piero.

    10
    La signorina Patrizia di Caravati era felice. Alla faccia di sua sorella e dei parenti che dicevano sempre che sarebbe rimasta zitella, si era appena fidanzata con l’uomo più affascinante della terra. Peccato solo che non fossero lì a vederla, si sarebbero mangiati le mani dall’invidia.
    Purtroppo, il dissesto finanziario e una strana malattia dei nervi avevano spinto la buona società a dire il peggio del peggio sul suo povero Gerardo. A lei non importava. La carrozza correva guidata da Cafiero verso casa di Gerardo, dove avrebbero atteso che si riprendesse per partire verso qualche isola piena di sole. Lei già s’immaginava a passeggio con lui, e un bel bambino dal cappello col fiocco azzurro a tenerli per mano. Avrebbero vissuto felici.
    E a lungo.

    Edited by esimon - 14/8/2010, 14:06
     
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  2. marramee
     
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    Ciao,
    sono molto in imbarazzo nel votare questo racconto. Lo so che non si dovrebbero fare paragoni con altri lavori, ma i Monacheddi per me è un capolavoro, il racconto più bello che ho letto a Usam, però anche l'unico racconto scritto da te che avevo letto.
    Insomma, tutta questo prologo giusto per dire che sono rimasto deluso da questa storia. Non un po' deluso, ma proprio tanto.
    Prima di tutto per lo stile. Tu non mostri, racconti. Ma tutto tutto, hai ridotto i dialoghi all'osso e racconti soltanto. Sembra solo un riassunto, il soggetto di una sceneggiatura.
    Poi la trama: è davvero datata. Proprio il genere di storia che ci si sarebbe aspettati di leggere cinquant'anni fa, per non dire cento. La classica storia dove il lettore dopo dieci righe inizia a dire "Ma è scema questa? Come fa a essere così scema? Ma dai, è impossibile che sia così scema! Speriamo che alla fine se la mangino!"
    Forse sono troppo esigente, ma sono certo che tu possa fare molto meglio di così. Cerca di dare un taglio più spigliato alla storia, abbandona il tono da B-Movie degli anni '50 e fornisci i personaggi di un minimo di spessore. Cerca di far partecipare il lettore, non raccontargli soltanto la trama di un film, mostraglielo!
    Voto 2.
     
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  3. esimon
     
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    ciao Marramee :)
    SPOILER (click to view)
    in effetti la storia è ambientata a un bel po' di anni da adesso e questo avrebbe dovuto giustificare l'ingenuità della ragazza. Per il resto che dire? mea culpa :) .
    Ti ringrazio comunque per l'apprezzamento ai Monacheddi. La realtà è che ho fatto anche parecchie carciofate, e non dimentico che è stato proprio grazie a commenti come il tuo qui in usam che sono arrivato a scrivere sti benedetti monacheddi!
    A volte riesce meglio, altre peggio.
    Alla prossima.
     
    .
  4. Alessanto
     
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    Letto.

    SPOILER (click to view)
    Non mi è piaciuto, non tanto per la storia che, nel complesso non è male, ma per la scelta stilistica di scriverlo tutto raccontato con i soli discorsi indiretti. Perché hai rinunciato a quelli diretti? E' uno strumento potente! Troppo per rinunciavi per 37.000 cc.
    Il risultato è noioso, si tende a saltare righi. Sembra un riassunto di qualcosa di più ampio. Se ci metti i dialoghi arrivi a 100.000 cc senza problemi.
    Anche stilisticamente non mi ha convinto, frasi come

    CITAZIONE
    Venne la sera fatidica, e Viviana in sala era la più bella di tutte e anche la più emozionata.

    CITAZIONE
    Pensò a sua madre e a suo padre, e anche a suo fratello

    CITAZIONE
    Piero la costrinse a correre per la vegetazione contorta del parco, rassicurandola che mancava poco e ne sarebbero venuti fuori, tuttavia a Viviana sembrava di correre da ore e il bosco non finiva mai.

    denotano ingenuità.


    Voto 2.
     
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  5.  
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    Losco Figuro

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    Buono ma non mi convince del tutto, ci sono alcuni nodi che non vengono al pettine.
    CITAZIONE
    Ad esempio, perché sembra che Viviana sogni effettivamente Gerardo? All'inizio dà l'idea che lui abbia un qualche potere mentale, ma poi appare ovvio che non è così e di conseguenza la cosa non si spiega.
    Anche le azioni dei vampiri sono poco comprensibili, perché per giorni non fanno niente altro che rumoreggiare e rosicchiare alberi? E perché lui non può stare al sole? Capisco che serva per avvalorare la falsa ipoteso del suo vampirismo, ma in concreto dovrebbe starci con molto piacere visto che almeno sarebbe al sicuro. E poi perché non lasciare semplicemente la casa visto che i vampiri risiedono lì?

    Nel complesso potrebbe essere migliorato, comunque vale un 3, anche se non pieno.

    CITAZIONE (esimon @ 1/8/2010, 00:16)
    Adesso non era più grata a dio;

    "Dio"

    CITAZIONE (esimon @ 1/8/2010, 00:16)
    Avvolto nella stoffa c’era un biglietto. Sorpresa, Viviana non si accorse di suo fratello che stava arrivando. La scrollò per le spalle e le chiese autoritario cosa nascondesse in mano.

    Ci vuole un soggetto prima di "La scrollò". L'ultimo è ancora Viviana.

    CITAZIONE (esimon @ 1/8/2010, 00:16)
    L’avrebbe aspettata quella notte fuori di casa sua, con una carrozza, e se non fosse venuta minacciò di uccidersi.

    Se non fosse "andata" (e qui c'è terreno fertile per una battuta che ti risparmio... ^___^;; )
    Comunque la frase non quadra, dovrebbe essere "e minacciava di uccidersi se non fosse andata", perché stai riportando il contenuto del biglietto, non descrivendo qualcosa che avviene in quel momento.

    CITAZIONE (esimon @ 1/8/2010, 00:16)
    poi comparve la casa, enorme e spettrale, parecchie finestre dei piani superiori erano crepate e un’intera ala era ricoperta di rampicanti.

    Metterei punto o punto e virgola dopo "spettrale"

    CITAZIONE (esimon @ 1/8/2010, 00:16)
    Gerardo si accorse della sua delusione e spiegò che era in rovina perché si era convinto che non ci sarebbe mai venuto nessuno e che il suo nome sarebbe morto con lui.

    "suo" probabilmente si riferisce a Gerardo ma un secondo prima parlavi della casa e così sembra che il nome sia della casa, appunto.

    CITAZIONE (esimon @ 1/8/2010, 00:16)
    Adesso che c’era lei sarebbe stato diverso, promise che l’avrebbe resa degna di una regina.

    Chi? Adesso presumo la casa ma l'ultimo riferimento è a Viviana

    CITAZIONE (esimon @ 1/8/2010, 00:16)
    Dentro, la casa non era meno deturpata che fuori e faceva anche un gran freddo, ma Viviana non ci fece caso,

    Scritto così suona male, pare che tu abbia scritto "la casa faceva un gran freddo".
    Iniziando con "La casa, dentro, ..." suonerebbe già meglio

    CITAZIONE (esimon @ 1/8/2010, 00:16)
    L’avrebbero ripudiata, suo fratello forse addirittura uccisa, e nella migliore delle ipotesi l’avrebbero riportata al convento ma stavolta per seppellirla dentro.

    Direi "seppellircela"

    CITAZIONE (esimon @ 1/8/2010, 00:16)
    le parve che fosse Gerardo, ma la mattina quando si svegliò davvero, di tutte le cose percepite le era rimasto solo un vago ricordo.

    Aggiungerei una virgola dopo "mattina"

    CITAZIONE (esimon @ 1/8/2010, 00:16)
    Tornò dentro e si mise a cercare Gerardo, ma la casa era troppo grande e nonostante fosse mattina, inoltrarsi nei corridoi faceva paura lo stesso.

    E qui prima di "nonostante"

    CITAZIONE (esimon @ 1/8/2010, 00:16)
    Piero la costrinse a correre per la vegetazione contorta del parco,

    Direi "tra" più che "per"

    CITAZIONE (esimon @ 1/8/2010, 00:16)
    Andava avanti e indietro apparentemente senza senso,

    Magari senza motivo, mi suona strano "andare avanti senza senso"

    CITAZIONE (esimon @ 1/8/2010, 00:16)
    «Sta limando i denti» sussurrò Piero.

    Direi "Si sta...", se no che denti? Di chi?

    [QUOTE=esimon,1/8/2010, 00:16]
    Si sentiva estremamente debole, non riusciva a parlare e non le importava se l’avessero uccisa.
    [/QUOTE

    Non mi convince la consecutio tempore di questa frase. Magari "non le sarebbe importato se..."

    CITAZIONE (esimon @ 1/8/2010, 00:16)
    Gerardo era un assassino, e tuttavia sentiva ancora di amarlo al di sopra di ogni altra cosa.

    E dal fatto che rosicchiava alberi tipo castoro ha dedotto che è un assassino? :huh:

    CITAZIONE (esimon @ 1/8/2010, 00:16)
    Non sapeva più a chi credere; la notte prima quella creatura nel bosco assomigliava molto a Gerardo, ma era buio e non l’aveva visto bene.

    "vista", è "la creatura" il soggetto

    CITAZIONE (esimon @ 1/8/2010, 00:16)
    Scese la sera ed era il momento di muoversi.

    I tempi non concordano, direi "e fu"

    CITAZIONE (esimon @ 1/8/2010, 00:16)
    Gerardo era in uno stato pietoso, tremava, e Viviana doveva ripetere più volte per farsi capire.

    ripetere cosa?

    CITAZIONE (esimon @ 1/8/2010, 00:16)
    Quella mattina, poco prima di incontrarla, era venuto a dirgli che se ne andava.

    "era andato"

    CITAZIONE (esimon @ 1/8/2010, 00:16)
    Cercò di trascinare via Gerardo ma non voleva muoversi e continuava a ripetere che gli dispiaceva.

    Ci vuole un "lui" dopo "ma", altrimenti parli sempre di Viviana

    CITAZIONE (esimon @ 1/8/2010, 00:16)
    Uno le staccò il naso con un morso e si mise a succhiare dal buco, altri lacerarono il petto, i fianchi, le cosce.

    "le" lacerarono

    Nota: non ti sei votato
     
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  6. Selene B.
     
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    CITAZIONE
    e ringraziò dio per essere stato

    : Dio va maiuscolo.
    CITAZIONE
    E suo fratello le diede la certezza

    :gliene diede.
    CITAZIONE
    ma la sua espressione fu equivocata dal rospo e da suo fratello Piero come imbarazzo.

    frase orribile, per l'insieme dei termini scelti.
    CITAZIONE
    La scrollò per le spalle e le chiese autoritario cosa nascondesse in mano.

    : mi pare un po’ eccessivo, sono pur sempre ad una festa, in pubblico.
    CITAZIONE
    Piero si infuriò, volle sapere cosa le aveva detto l’uomo che si era avvicinato, e Viviana spiegò che le aveva solo restituito il fazzoletto.

    :perché a capo qui?
    CITAZIONE
    La lasciò con la raccomandazione di non avvicinarsi a lui;

    :soggetto?
    CITAZIONE
    e se non fosse venuta minacciò di uccidersi.

    :tempi verbali incoerenti!
    CITAZIONE
    e nella migliore delle ipotesi l’avrebbero riportata al convento ma stavolta per seppellirla dentro.

    : seppellircela
    CITAZIONE
    Nonostante la paura, non esitò a scendere dal letto per andare ad aiutarlo. Poi sentì una voce in lontananza, rumore concitato di passi, era Cafiero che andava a soccorrerlo. Rinfrancata, si rimise a letto

    : e alla faccia dell’amore! Torno a dormire, tanto ci pensa Cafiero...
    CITAZIONE
    Prima di pensare a se stessa e alla propria incolumità si era preoccupata per Gerardo. Capì che questo era il vero amore, e si sentì tanto piena di gioia e di malinconia che si addormentò tra le lacrime.

    Mentre al fidanzato accadono cose presumibilmente terribili, questa si addormenta compiaciuta del suo vero amore e del suo altruismo :compli:
    CITAZIONE
    Fece per andarsene, ma Viviana lo fermò per domandare perché ce l’avesse tanto con lei.

    : diciamo che di domanducce da fargli ne dovrebbe avere parecchie, ma lei si preoccupa solo di sapere se gli sta antipatica…
    CITAZIONE
    e osservava paralizzato dal terrore i vampiri divorare la sua ragazza.

    : nell'ottocento, quando suppongo sia ambientato il racconto, non si usava dire "la mia ragazza".

    Ingenuo, soprattutto nella prima parte. Non credibile che la ragazza non capisca che il tizio è un vampiro, malgrado tutti gli indizi e tutte le cose che le dicono. Incredibile che non cerchi di capire prima cosa sta accadendo nella casa e perché il suo fidanzato è così strano, sfuggente e freddo. Incredibile, anche per una educanda ottocentesca, che accetti di scappare con uno che ha visto solo per cinque minuti al ballo.
    Voto:1
     
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  7. CountlessCrows
     
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    Mi dispiace dirlo ma proprio non funziona. E' illogico in troppi punti e non credibile nei personaggi con l'unica eccezione del fratello della protagonista.
    E' lento e scorre male. Beyond salvation.

    Voto: 1
     
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  8. esimon
     
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    è evidente che non funziona.
    Grazie a tutti, ragazzi :)
     
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  9. Fini Tocchi Alati
     
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    Ciao!
    SPOILER (click to view)
    Mi accodo a quanto notato da maramee e alessanto. Questo racconto sembra un riassuntone. Penso anch'io che se ti metti a svilupparlo potrebbe uscirne un buon racconto di 100.000 caratteri.
    Ci sono molte ingenuità, è vero. Ma credo siano conseguenza del fatto che i personaggi sono solo abbozzati.
    La storia c'è. Non è originalissima, ma c'è.
    Secondo me non dovresti buttarla via. Lavoraci e ampliala. E soprattutto, inserisci i dialoghi! Il tutto ne gioverà.

    In definitiva, dico 2.
    Alla prossima.
     
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  10.  
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    Magister Abaci

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    La storia non decolla. Un debole riscatto alla fine quando si scopre che Viviana è in realtà una vittima sacrificale, ma quanta fatica per arrivarci.
    SPOILER (click to view)
    Ho letto gli altri commenti e non ho quasi nulla da aggiungere.
    C'è sempre CMT che segnala con precisione i refusi, quindi evito di citare i pochi che ho visto io.
    Sono d'accordo sul fatto che raccontare proprio tutto come hai fatto tu appesantisca la narrazione.
    Ho notato sequenze di congiunzioni nella stessa frase "... e... e... e..." che l'uso del punto avrebbe evitato... e io avrei potuto riprendere fiato :sick:
    L'ambientazione mi è parsa troppo indefinita e quello che è hai accennato mi è sembrato stereotipato. Intendo dire che lo scenario sembra dipinto sul cartone di un teatro di periferia (forse questa è un po' forte :diablo: )

    Ora due annotazioni serie:
    1) Come ha fatto Viviana a innamorarsi di Gerardo? Perché nel suo convento inizia a immaginerselo come effettivamente (non) è? Secondo me, questo è un anello debole della storia ed è un male, perché è proprio all'inizio. Da lì comincia tutto e alla fine mi aspettavo che fosse svelato l'arcano. Il lettore potrebbe sentirsi imbrogliato: è solo per caso che Gerardo e l'amato immaginario coincidono?
    2) Questo è il punto importante. Non sono un appassionato di horror, ma affidandomi come modello alle poche cose che ho letto, mi prefiguravo qualcosa di molto diverso. Mi aspettavo di provare paura mentre cliccavo sulla barra di scorrimento: il dito tremante sul mouse per timore di leggere la schermata successiva.
    Io sono uno di quelli che, mentre guarda una scena di un film dell'orrore, decide se è giunto il momento di mettersi una mano sugli occhi ;)
    Quindi sono molto sensibile al terrore che dovrebbe suscitare un racconto del genere. Invece... nulla. Il massimo è stato quel naso morsicato via con successivo risucchio dei succhi vitali. Troppo poco, secondo me, per un racconto horror.


    Voto: 1,5 arrotandato a 2 (perché hai scritto davvero tanto e con cura)
     
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  11. esimon
     
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    Dubbi e consigli pertinentissimi (grazie in particolare allo spulcio dettagliato di CMT; dovresti pensare di farlo per mestiere, se già non lo fai), ho provato a scrivere una nuova versione della storia.
    Se passate, o ri-passate, fatemi sapere come vi sembra. Se è migliorata è anche grazie a voi:)
     
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  12. CountlessCrows
     
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    User deleted


    La nuova versione per me è sensibilmente migliore della precedente ma rimane zoppicante a livello di trama. Si è sospesi tra la parodia e l'horror classico ottocentesco e non si sa da che parte stare. Ora il racconto è più razionale e gli elementi aggiunti lo rendono più fruibile senza però riuscire a risollevarne le sorti, almeno per quanto mi riguarda.
    Confermo il giudizio precedente anche se ininfluente per l'USAM.
     
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  13. federica68
     
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    eccomi Simone
    voto la nuova versione che mi sembra molto più efficace della prima

    in alcuni passaggi mi pare che sia necessaria ancora qualche limatina, o che serva volgere le azioni al "mostrare non dire", ma mi pare che adesso le scene siano molto più visive e coinvolgenti che non nell'altra versione... (e fra l'altro nel visualizzare le scene so che non sei secondo a nessuno perciò dove ci hai messo mano si nota eccome!!)



    metto un 3 che sarebbe un 3,5 ma non ci sono i mezzi voti perciò arrotondo per difetto :-(

    un bacio
    a presto



     
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  14. margaca
     
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    Mi dispiace, ma non mi è piaciuto affatto. Per carità, l'idea è buona, però il racconto è troppo raccontato (scusa il gioco di parole), non ci sono dialoghi che ci fanno capire e conoscere i personaggi, che ci facciano affezionare a loro. Troppi pensieri e riflessioni che tagliano le gambe alla storia. Voto 1
     
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  15. esimon
     
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    @ margaca: ti riferisci a questa versione o alla precedente?
     
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24 replies since 31/7/2010, 23:16   550 views
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