Autostrada per l'Inferno
  • Poll choices
    Statistics
    Votes
  • 2
    52.94%
    9
  • 3
    29.41%
    5
  • 1 (min)
    11.76%
    2
  • 4 (max)
    5.88%
    1
Guests cannot vote (Voters: 17)

Autostrada per l'Inferno

di Marcello Gagliani Caputo

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. margaca
     
    .

    User deleted


    Da qualche minuto dentro l’abitacolo della macchina aveva cominciato a fare un caldo del diavolo. Aldo abbassò il finestrino e respirò a bocca aperta. Guardò l’orologio del cruscotto, erano lo otto. Si passò un fazzoletto sulla fronte e si girò per l’ennesima volta verso il posto del passeggero. Mosse la scatola e vide una macchia scura allargarsi lentamente sul tessuto del sedile.
    «Cazzo». Il sangue stava gocciolando dappertutto.
    Guardò nello specchietto. Un paio di macchine stavano sopraggiungendo veloci, lo sorpassarono e sparirono all’orizzonte. Quando era partito si era preparato psicologicamente a rimanere imbottigliato nel traffico del primo esodo estivo, invece fino a quel momento aveva trovato la strada sgombra. Poche macchine, uno o forse due camion, qualche moto e niente di più, le partenze dei vacanzieri sembravano essere state rinviate. Appena vide un’area di sosta, mise la freccia e accostò. Scese dall’auto e aprì il portabagagli. Tirò fuori un sacco nero per la spazzatura e ci infilò la scatola, senza riuscire a evitare che qualche goccia di sangue finisse sull’asfalto. Ripose la scatola sul sedile e chiuse lo sportello mentre una Porsche rossa sfrecciò a tutta velocità. Rimase a guardarla fino a quando non divenne un puntino indistinto all’orizzonte, poi risalì sulla sua vecchia Fiat Tipo e ripartì. Ai bordi dell’autostrada si susseguiva un paesaggio monocromatico: campi perfettamente arati si alternavano a gruppi di alberi immobili, intervallati ogni tanto da qualche centro abitato o da qualche casa isolata. Aldo aumentò la pressione sul pedale dell’acceleratore e guidò dritto fino alla prima stazione di servizio. Quando arrivò alla pompa, spense il motore e si guardò attorno. Da un gabbiotto uscì un uomo anziano dall'andatura claudicante. Lo raggiunse e gli sorrise.
    «Buongiorno».
    Aldo abbassò il finestrino.
    «Il pieno, per favore».
    Il vecchio prese le chiavi e storse il naso.
    «Ha un animale morto lì dentro?» Indicò il sacco adagiato sul sedile del passeggero.
    Lui annuì.
    «La mia cagnolina, è stata investita ieri sera. Vado a seppellirla in campagna».
    L’uomo lo guardò comprensivo.
    «E’ sempre triste perdere un animale, è capitato anche a me».
    «Lei era davvero speciale».
    L’uomo sorrise e infilò l'erogatore nel serbatoio controllando il contatore che cominciò a girare veloce.
    «Certo che non si direbbe proprio che siamo in agosto» riprese «non ho mai visto l’autostrada così deserta in questo periodo. Da quando ho aperto, lei è sì e no il quinto cliente. Ma dove saranno finiti tutti?»
    «Vedrà che da un momento all’altro l’autostrada si riempirà, questione di ore». Aldo guardò il contalitri della pompa.
    «Da dove viene?» Chiese ancora il vecchio.
    «Roma».
    L’erogatore di benzina si fermò.
    «Ecco fatto, sono quaranta euro». L’uomo mise a posto la pompa e tornò verso l’auto.
    Aldo aprì il portafoglio e gli diede un biglietto da cento.
    «Un attimo, adesso le porto il resto». Sorrise e tornò verso il gabbiotto.
    Una macchina passò e sparì veloce all’orizzonte, seguita poco dopo da una grossa moto con in sella un uomo e una donna. Aldo scese dall’auto per sgranchirsi le gambe e si accorse che l’anziano stava parlando con un ragazzo nel gabbiotto. Li vide voltarsi verso di lui e scambiare qualche parola, il vecchio gesticolò come se gli stesse descrivendo qualcosa.
    «Che cazzo stanno facendo?» Aldo tornò all’auto ed estrasse una pistola dal cassettino del cruscotto. La nascose nei pantaloni e si rimise seduto chiudendo lo sportello.
    Pochi secondi dopo l’uomo riapparve in compagnia del ragazzo. Camminavano vicini e si scambiavano sguardi di continuo. Il giovane si fermò davanti all’auto, quasi a volergli impedire di partire, mentre il vecchio lo raggiunse.
    «Ecco a lei». Gli allungò tre biglietti da venti.
    Il ragazzo si avvicinò e scrutò l’interno dell’auto.
    «Potrei sapere cosa trasporta dentro quel sacchetto?» Chiese.
    «L’ho già detto a…»
    «…mio padre». Rispose il ragazzo.
    «L’ho già detto a suo padre, sto andando a seppellire il mio cane in campagna».
    Il ragazzo tirò fuori un tesserino e glielo mostrò.
    «Sono un carabiniere, se non le dispiace vorrei dare un’occhiata a quel sacco».
    Aldo guardò il vecchio. Era indietreggiato e lo fissava preoccupato.
    «Non vedo per quale motivo». Reagì duro. «Come le ho detto, sto andando a seppellire la mia cagnolina».
    «Soltanto un controllo, farò in un attimo». Ribatté deciso il ragazzo.
    Lui rimase in silenzio.
    Un’auto sportiva entrò a tutta velocità nell’area di servizio strombazzando all’impazzata. Il carabiniere si voltò e Aldo afferrò la pistola facendo fuoco. Il giovane cadde all’indietro rimanendo esanime sulla strada.
    «Roberto!» Gridò il padre correndo verso di lui.
    Aldo mise in moto e sgommò via senza guardarsi indietro.

    Nell’ultima mezz’ora, era già la seconda volta che la radio trasmetteva un’edizione straordinaria del notiziario: «Le agenzie hanno appena battuto la notizia di un omicidio avvenuto in una stazione di servizio della A1, nei pressi di Firenze. La vittima è un giovane carabiniere, Roberto Mastrodonato di ventotto anni. Non si conoscono i motivi del folle gesto, ma dalle prime testimonianze raccolte, l’assassino è un italiano di circa quaranta anni fuggito poi a bordo di una Fiat Tipo targata… »
    Aldo spense la radio rabbioso e si voltò verso il sacco accanto a lui.
    «Al mondo non c’è più riconoscenza» disse amareggiato «nessuno è più in grado di stabilire cosa è male e cosa è bene. Un uomo vive la sua vita facendo mille sacrifici, sputando sangue e alla fine diventa un ricercato in tutta Italia. Dopo anni e anni di lavoro e migliaia di euro di tasse pagati, un giorno uno stronzo viene a dirti che a tua moglie rimangono due mesi di vita e si aspetta pure che tu sorrida e gli dica grazie». Accarezzò il sacchetto. «Per fortuna io so ancora cosa è l’amore. Siamo rimasti in pochi, tesoro, ma io sono qui con te e nessuno ci separerà». Una lacrima gli scivolò lungo la guancia andandosi a confondere con il sudore. «Non dovremmo essere lontani, ancora un po’ di pazienza».
    Quando vide il cartello dell’uscita rallentò e guardò dallo specchietto. Alcune auto lo superarono, mentre una gli si accodò. Lentamente imboccò l’uscita, ma dopo qualche centinaio di metri inchiodò. Due auto della polizia erano ferme poco lontano. La macchina che lo seguiva sterzò ed evitò di tamponarlo per poco. Si fermò accanto e un ragazzo lo guardò in cagnesco.
    «Ma che cazzo fai?» Gli urlò.
    Aldo gli lanciò un’occhiata distratta e lui per tutta risposta gli alzò il dito medio e si allontanò.
    Aldo prese di nuovo la pistola e la nascose dietro la cintola dei pantaloni. Non poteva fermarsi, era quasi arrivato. Sua moglie chiedeva disperatamente giustizia e anche se fosse stata l’ultima cosa della sua vita, l’avrebbe portata a conclusione. Ingranò la marcia e si avvicinò al posto di blocco. Uno degli agenti si voltò e guardò verso di lui, doveva avere al massimo vent’anni. Disse qualcosa ai compagni ed estrasse la pistola. Uno dei colleghi corse verso l’auto e tirò fuori un megafono. L’altro afferrò la radio e cominciò a parlare. Il quarto estrasse la pistola e si sistemò dietro a uno degli sportelli.
    «Si fermi!» L’aria fu sferzata dalla voce metallica del poliziotto. «Spenga la macchina e non si muova».
    Aldo guardò il sacco nero accanto a lui e sorrise.
    «Non preoccuparti, amore, non ci fermeranno». Continuò ad avvicinarsi.
    «Fermi subito la macchina o saremo costretti ad aprire il fuoco». Ripeté l’agente col megafono. I colleghi si erano riparati dietro gli sportelli delle auto e tenevano le pistole puntate verso di lui.
    Aldo avanzò ancora un po’ e finalmente si fermò. Prima alzò le mani e poi le poggiò sul volante.
    «Adesso scenda lentamente dall’auto». Esclamò sempre lo stesso poliziotto.
    Lui aprì lo sportello e scese. Si asciugò il sudore dalla fronte e rimase fermo a guardarli.
    «Non si muova».
    Aldo non si mosse.
    «Tenga le mani in alto».
    Aldo non si mosse.
    «Le mani! Alzi le mani!»
    Niente.
    I quattro agenti si scambiarono un’occhiata.
    «Non ci costringa a sparare». Esclamò quello che prima aveva parlato col megafono. Gli altri tre fecero due passi avanti e puntarono la pistola contro di lui.
    Lui accennò un sorriso e alzò la mano destra.
    «L’altra». Gli intimò uno degli agenti.
    Aldo l’alzò lentamente.
    «Non si muova». Il poliziotto più giovane fece sparire la pistola nella fondina e tirò fuori un paio di manette. Gli altri continuarono a tenerlo sotto tiro.
    Si avvicinò.
    «La dichiaro in arresto… »
    Con un gesto fulmineo, Aldo tirò fuori la pistola e afferrò l’agente per il collo puntandogli l’arma alla tempia.
    «Non vi muovete!»
    I tre agenti si guardarono sorpresi.
    «Lo lasci andare, non ha alcuna possibilità». Sopra le loro teste passò un elicottero. «Lo vede pure lei, non ha scampo. Liberi il nostro collega e si arrenda».
    Aldo lanciò un’occhiata all’elicottero e aumentò la stretta al collo.
    «Avanti, non peggiori la situazione e non faccia altre follie». Disse sempre lo stesso poliziotto. «Si arrenda, ormai è finita».
    «Non voglio uccidere nessuno». Ribatté Aldo. «Voglio soltanto raggiungere un amico». Tolse la pistola all'ostaggio e la lanciò lontano.
    Gli agenti si scambiarono un’occhiata e uno dei tre prese a parlare alla trasmittente a bordo dell’auto.
    «Ok» disse poco dopo facendo sparire la pistola «adesso abbasseremo le armi e se vuole la scorteremo fino lì, ma lei dovrà liberare l’ostaggio e consegnarci la pistola». Guardò i colleghi.
    «Lo libererò una volta arrivati». Rispose Aldo. Trascinò il poliziotto verso lo sportello del passeggero e lo aprì. Afferrò il sacco nero e lo spostò nel sedile posteriore, poi spinse il giovane agente dentro.
    «Sta facendo una pazzia». Gli disse il poliziotto che aveva parlato prima. «Sa bene che così non ne uscirà vivo».
    «Non mi interessa. Quello che voglio è dare giustizia a mia moglie. Tutto qui. Non me ne frega niente di morire». Aldo aprì lo sportello del guidatore e saltò a bordo.
    «Cosa significa dare giustizia a sua moglie?» Gli chiese l’agente in ostaggio quando partirono.
    «Significa farsi una ragione della sua morte, significa dare un senso alla mia vita e a tutti gli anni passati accanto a lei». Dietro di loro le due macchine della polizia procedevano con i lampeggianti accesi.
    Il poliziotto scosse leggermente la testa.
    «Non è questo il modo per dare giustizia a sua moglie. Uccidendo altre persone non farà altro che peggiorare le cose».
    Aldo lo guardò.
    «Quanti anni hai?»
    L’agente non rispose.
    «Quanti anni hai?» Chiese ancora.
    «Ventidue».
    Lui sorrise.
    «E che cosa vuoi capire a vent’anni? A stento hai imparato a mangiare da solo».
    Il giovane poliziotto guardò l’elicottero volare sopra di loro.
    «Che intenzioni ha?»
    «Nessuna, voglio solo giustizia».
    «E crede di avere giustizia in questo modo?»
    Aldo si spazientì e colpì il volante con la mano.
    «Senti, ragazzino» gli puntò la pistola contro «poco fa non ti ho ucciso perché mi servivi, ma fra poco non mi servirai più, quindi vedi di chiudere la bocca».
    L’agente si zittì.

    Arrivarono alla casa dopo essersi arrampicati per una buona mezz’ora attraverso la montagna. Era un bel cottage costruito in legno e pietra circondato da un bosco fitto e intricato che nascondeva la luce del giorno.
    Aldo fermò l’auto, mentre le due pattuglie della polizia si disposero a bloccare la strada. Gli agenti scesero e si nascosero dietro gli sportelli. Tutti avevano nuovamente in pugno le pistole. Il rombo dell’elicottero era vicino ma la sagoma del velivolo era nascosta dalla fitta vegetazione.
    L’aria era fresca, niente a che fare con la calura insopportabile dell’autostrada. Aldo scese dall’auto e ci girò attorno. Aprì lo sportello e prese per un braccio il poliziotto.
    «Andiamo».
    Un fuoristrada era parcheggiato al lato della casa, mentre una mountain bike era poggiata accanto alla porta d’ingresso. Aldo sbirciò dalla finestra, ma non vide nessuno.
    «Adesso noi andiamo dentro!» Gridò ai poliziotti disposti attorno. «Non fatevi venire strane idee per la testa, sennò questo ragazzino ci rimetterà la vita». Arrivò alla porta e questa si aprì prima ancora che lui bussasse.
    «Ma che diavolo… » Un uomo in accappatoio si guardò intorno.
    «Buongiorno, dottore».
    Lui sembrò saltare per lo spavento.
    «Signor Barrella, che cosa ci fa qui?» Lanciò un’occhiata alle auto della polizia.
    «Andiamo dentro». Aldo gli puntò la pistola.
    «Ehi, ma che cosa… »
    «Avanti, andiamo dentro».
    «Che cosa vuole da me?» Balbettò il medico indietreggiando.
    «E’ meglio se ci fa entrare». Intervenne l’agente in ostaggio.
    Il medico lo guardò.
    «Sì… sì, ecco… non c’è bisogno… entrate…» Si spostò facendo strada.
    «Mia moglie voleva ringraziarla per l’aiuto che le ha dato» esclamò Aldo entrando in casa «e così gliel’ho portata». Poggiò il sacco nero su un tavolo. Una scia di sangue colò sul pavimento.
    «Ma…»
    Aldo lo spinse e l’uomo finì per terra.
    «Lei è impazzito». Protestò il medico rialzandosi.
    «Si sbaglia». Rispose Aldo ammanettando l’agente a un mobile. «Non sono io quello che è impazzito perché un tumore gli consumava il cervello. Non sono io quello che la notte si svegliava e urlava per ore senza mai riuscire a trovare un minimo di sollievo».
    «Ma che cosa sta dicendo? Lo sa benissimo che ho fatto il possibile. Non è colpa mia se sua moglie è morta».
    Aldo lo guardò e gli puntò la pistola contro.
    «Lei non ha fatto un cazzo per salvare mia moglie. E’ stato lì a guardarla morire, a guardarla consumarsi ogni giorno di più mentre quel tumore la faceva impazzire. Ecco, guardi lei stesso». Aprì il sacchetto nero e tirò fuori la scatola.
    Il medico spostò il capo e chiuse gli occhi. L’agente ebbe un sussulto.
    Aldo si avvicinò al dottore e lo prese per i capelli.
    «Deve guardarla invece». Lo costrinse a girarsi.
    «Mi dispiace». Piagnucolò lui. «Ho fatto il possibile… ho fatto il possibile!»
    Aldo lo lasciò e si sedette accanto al tavolo. Poggiò la pistola e sospirò.
    «Lei non ha idea di cosa abbiamo passato io e mia moglie, in questi ultimi due mesi».
    Il medico alzò il capo e lo fissò.
    «Le giuro che ho fatto tutto quello che potevo».
    «Ne ho abbastanza delle sue cazzate». Si voltò verso il poliziotto. «Hai mai vissuto con una persona malata di tumore?»
    L’agente scosse la testa.
    «Io l’amavo, l’amavo tantissimo e nessuno potrà mai capire cosa abbia significato per me vederla morire giorno dopo giorno, ora dopo ora senza poter fare nulla. Senza riuscire neppure per un attimo ad alleviare il suo dolore».
    «Lo so». Mormorò il medico.
    «Lei non sa un cazzo, lei non è mai entrato in casa mia, non ha mai visto come passavano le nostre giornate». Toccò la pistola e tornò a rivolgersi al poliziotto. «Di notte si svegliava in preda al dolore. Urlava, mi scongiurava di aiutarla, di ucciderla pur di non soffrire più. E io lì senza potere fare niente, senza neppure avere la possibilità di stringerla tra le braccia. In due mesi mi è scivolata via come sabbia tra le dita. Forse non lo sai, ma vedere e sentire scivolarti via così la persona che ami è come morire, come essere schiacciato da un camion che ti trascina per centinaia di metri su una strada piena di chiodi. Metro dopo metro, giorno dopo giorno, vai morendo.L’autista non sa che ti sta trascinando e così va avanti, accelera, frena, continua a camminare senza darti la minima possibilità di salvarti, di smettere di soffrire». Una lacrima gli scivolò sulla guancia, poi un’altra, un’altra e un’altra ancora. «Mia moglie era la persona più bella, più intelligente, più simpatica, più dolce che abbia mia conosciuto. E tutto questo non è giusto. Niente e nessuno può decidere di portarmela via così, senza nemmeno darmi, darci la possibilità di una via di fuga. Pensavamo di avere una vita davanti, avere dei figli, di crescerli e vederli felici e invece non succederà mai. Io non vedrò mai il volto di mio figlio… »
    «Mi dispiace, deve credermi». Ribatté il medico. «Ma le ripeto che è stato fatto tutto il possibile».
    Aldo non gli fece attenzione e tornò a guardare l’agente.
    «Negli ultimi due mesi avrò dormito sì e no dieci ore. Non volevo lasciarla mai da sola e aspettavo sempre che si addormentasse lei prima di riposarmi. Le ho tenuto la mano fino alla fine e ho visto la sua bellezza sfiorire come neve al sole. Tutto quello che resta lo vedi anche tu».
    Il medico lanciò un’occhiata alla testa mozzata dentro la scatola.
    «Ho sempre fatto il possibile per i miei pazienti». Si difese. «Da sempre, fin da quando ero soltanto uno studente in medicina. E anche per sua moglie ho fatto tutto quanto era nelle mie capacità».
    «Non l’ha salvata». Mormorò Aldo.
    «Lo so, ma ci ho provato in tutti i modi. Non pensi che per me sia così facile accettare la morte di un paziente».
    Aldo si asciugò distrattamente le lacrime e sfiorò la pistola.
    «Non credo serva a nulla prendersela col dottore». Intervenne il poliziotto.
    Aldo impugnò l’arma e andò alla finestra. Erano arrivate altre pattuglie e ora un numero indefinito di uomini erano schierati tutti attorno alla casa. Impugnavano fucili e pistole.
    «Ormai è finita». Aggiunse l’agente. «L’unica cosa sensata che può fare adesso è liberarci e costituirsi».
    Aldo si avvicinò al medico e lo prese per il collo. Lo trascinò alla finestra e gli puntò l’arma alla tempia.
    «Non faccia altre pazzie, la prego». Esclamò il poliziotto tentando di liberarsi.
    «L’hai detto tu che ormai per me è finita. Non ho altre pazzie da fare».
    «La casa è circondata». Gridò da fuori un uomo col megafono. «Liberi gli ostaggi ed esca con le mani alzate».
    Aldo spaccò il vetro con il calcio della pistola e guardò fuori.
    «Non vi avvicinate o li ucciderò!»
    «Li lasci andare!» Urlò l’agente. «Getti quella pistola ed esca a mani alzate!»
    Attorno a lui i fucili erano spianati e pronti a sparare.
    «Signor Barrella, per l’amor di Dio, non faccia pazzie». Implorò il giovane agente in ostaggio.
    Aldo si guardò alle spalle. La testa della moglie era lì, immobile con gli occhi aperti rivolti a lui. Sembrava fissarlo teneramente.
    Le lacrime ripresero a scendere copiose lungo il suo viso stanco e consumato dalla mancanza di sonno.
    «Perché?» Mormorò. «Perché me l’avete portata via?»
    Allentò la presa sul collo del dottore e lo lasciò andare. Il medico cadde a terra e prese a respirare affannosamente.
    Aldo si avvicinò al tavolo e prese la testa della moglie. Le carezzò il viso e si puntò la pistola alla testa.
    «Non lo faccia, la prego…no!»
    Un colpo risuonò nel bosco e uno stormo di uccelli volò alto nel cielo azzurro di quella torrida estate.

    Edited by margaca - 2/8/2010, 20:18
     
    .
  2. Alessanto
     
    .

    User deleted


    Letto.
    SPOILER (click to view)
    Sono combattuto. L'idea del racconto in sé è davvero bella e a mio avviso merita dei complimenti. La disperazione c'è ed è tangibile. Ho molti dubbi sullo sviluppo. Siamo in Italia eppure lo sviluppo della vicenda è troppo americanizzato così come le azioni che risultano stereotipate. In sostanza non li ho visti "vicini". Per farti un esempio: in Italia dubbito che l'avrebbero lasciato andare.
    Tranne quelli del dottore, che risultano legnosi e colmi di retorica fuori luogo, i dialoghi nel complesso reggono.
    Sono molto indeciso tra il due e il tre. Leggo un po' di racconti altrui e ritorno!


    EDIT

    SPOILER (click to view)
    In considerazione dei voti dati ad altri, metto 2.


    Edited by Alessanto - 11/8/2010, 12:47
     
    .
  3. margaca
     
    .

    User deleted


    Grazie per il commento, provo a rispondere ai tuoi appunti:
    1. Se avessi ambientato la storia in America, la scena del posto di blocco sarebbe stata molto diversa: o lo ammazzavano senza dargli neppure il tempo di fermare la macchina oppure dall'elicottero calava tutta la SWAT crivellandolo di colpi, in ogni caso sarebbe morto presto
    2. In una situazione come quella in cui si trova il medico, credo che dire banalità e luoghi comuni sia abbastanza normale. Se ti riferisci naturalmente a quando parla lui, se consideri il dialogo tutto (medico-poliziotto-Aldo) allora è diverso
    Spero mi darai un bel 3! :rolleyes:

    Edited by margaca - 1/8/2010, 21:50
     
    .
  4. Help1712
     
    .

    User deleted


    Ciao,
    io al contrario di Alessanto non posso dire che il racconto mi abbia convinto.
    Mi spiego meglio: l'idea c'è, ed è molto forte e attuale, sfiorando corde difficili da affrontare (il discorso dell'eutanasia e il rapporto medico/paziente in primis) ma l'intera vicenda mi ha dato troppo un senso di artefatto.
    Il protagonista è ben delineato sin da subito, così come la sua disperazione, ma non sono riuscito ad affezionarmici.
    Purtroppo non so come spiegarmi meglio così, d'altra parte, soprattutto su un tema del genere, le opinioni sono estremamente soggettive e difficilmente "spiegabili".

    Per quanto concerne invece il lato stuilistico, devo ammettere che il racconto risulta molto fluido e scorrevole, il che è un bene.
    Anche i dialoghi, come detto da Alessanto, sono fluidi e maturali, meno quello finale in cui inserichi nella forma parlata troppe figure da forma scritta (ti faccio un esempio:
    CITAZIONE
    Le ho tenuto la mano fino alla fine. Una mano ridotta a un mucchio d’ossa. Ho visto la sua bellezza sfiorire come neve al sole, i suoi occhi, le sua labbra, i suoi capelli.

    è un pò troppo poetico e suona troppo articiciale inserirlo in un dialogo, soprattutto se si considera la situazione.

    Ti segnalo anche un paio di refusi (nulla di che...):

    CITAZIONE
    poi risalì sulla sua vecchia Fiat e ripartì

    potresti anticipare sin da qui che la Fiat che guida Aldo è una Tipo anziché aspettare che lo dicano alla radio. E' solo un consiglio...

    CITAZIONE
    campi perfettamente arati si alternavano a qualche gruppo di alberi immobili, intervallati ogni tanto da qualche centro abitato o da qualche casa isolata.

    Eliminerei qualche qualche... :)

    Voto 2.
    A rileggerti!
     
    .
  5. margaca
     
    .

    User deleted


    Grazie del commento, ho effettuato qualche modifica.
     
    .
  6. GraziaD
     
    .

    User deleted


    MI risulta difficile capire come una persona così innamorata possa tagliare la testa al cadavere della moglie, magari la portava tutta intera visto che era tutta pelle ed ossa. Il povero dottore che ripete all'infinito la sua totale estraneità a quella morte, non fa che allungare il racconto senza offrire nulla di nuovo.
    Voto 1
     
    .
  7. margaca
     
    .

    User deleted


    Io credo che la disperazione e la sofferenza possano portare a gesti così estremi, ancora di più quando si perde una persona amata. Mi dispiace non ti sia piaciuto... :(
     
    .
  8.  
    .
    Avatar

    Losco Figuro

    Group
    Member
    Posts
    3,643

    Status
    Offline
    Il racconto necessita di una buona revisione, ci sono soggetti che si vanno perdendo qua e là e rendono ardua la comprensione del testo.
    In generale il racconto non ingrana e molti passaggi sembrano forzati e improbabili (il comportamento dei poliziotti, ad esempio, è poco credibile, per non dire che il poliziotto "ostaggio" non è mai stato disarmato e non prova nemmeno a riprendere il controllo della situazione).
    Voto 2.

    CITAZIONE (margaca @ 1/8/2010, 07:17)
    Da qualche minuto dentro l’abitacolo della macchina aveva cominciato a fare un caldo del diavolo. Aldo abbassò il finestrino e respirò a bocca aperta. Guardò l’orologio incassato nel cruscotto dell’auto,

    Assodato che siamo in un auto, credo basti dire "del cruscotto", non c'è possibilità che sia il cruscotto di qualcos'altro. ^_^

    CITAZIONE (margaca @ 1/8/2010, 07:17)
    Tirò fuori un sacco nero per la spazzatura e ci infilò la scatola. Qualche goccia di sangue finì sull’asfalto. La rimise a posto

    Occhio. "La" a questo punto si riferisce alla "goccia di sangue", e dubito che sia quella che ha rimesso a posto. :rolleyes:

    CITAZIONE (margaca @ 1/8/2010, 07:17)
    Da un gabbiotto uscì un uomo anziano con un giornale in mano. Lo piegò e se lo sistemò dentro una tasca dei jeans logori

    Qui non è proprio identica la situazione ma ci va molto vicino. C'è un cambio di soggetto che è molto ambiguo, e leggendolo letteralmente il protagonista prende l'uomo col giornale, lo piega e se lo mette in tasca.

    CITAZIONE (margaca @ 1/8/2010, 07:17)
    Lo piegò e se lo sistemò dentro una tasca dei jeans logori che indossava. Lo raggiunse e gli sorrise.

    Riprendo la frase col resto... il "Lo" della prima non si riferisce alla stessa cosa del "Lo" della seconda... il che non è possibile tecnicamente perché bisognerebbe ignorare due frasi nel mezzo per arrivare a ricollegare il secondo "lo" a quello che dovrebbe rappresentare.
    Letteralmente, stai dicendo che l'uomo che si è messo il giornale in tasca raggiunge il giornale e gli sorride.

    CITAZIONE (margaca @ 1/8/2010, 07:17)
    L’uomo sorrise e infilò la pompa

    La bocchetta, o la pistola, o l'erogatore, la pompa intera direi di no. ^___^;


    CITAZIONE (margaca @ 1/8/2010, 07:17)
    nel serbatoio controllando il display che cominciò a girare veloce.

    Il display di sicuro non gira, semmai gira il contatore

    CITAZIONE (margaca @ 1/8/2010, 07:17)
    «Certo che non si direbbe proprio che siamo in agosto». Riprese.

    La frase continua, per cui dopo i caporali servono virgola e minuscola

    CITAZIONE (margaca @ 1/8/2010, 07:17)
    «Vedrà che da un momento all’altro l’autostrada si riempirà, questione di ore». Aldo guardò il contagiri della pompa.

    Contalitri, o contatore, non contagiri (che giri?)

    CITAZIONE (margaca @ 1/8/2010, 07:17)
    «…mio padre». Rispose il ragazzo.

    Come sopra, virgola e minuscola

    CITAZIONE (margaca @ 1/8/2010, 07:17)
    «Non vedo per quale motivo». Reagì duro.

    idem, come pure subito dopo

    CITAZIONE (margaca @ 1/8/2010, 07:17)
    l’omicidio che era appena avvenuto in una stazione di servizio della A1, direzione Milano.
    «Le agenzie hanno appena battuto la notizia di un omicidio avvenuto in una stazione di servizio della A1,

    Ripetizione inutile, a che serve raccontarlo se poi lo dici esplicitamente?

    CITAZIONE (margaca @ 1/8/2010, 07:17)
    «Lo libererò una volta arrivati». Rispose Aldo. Spostò il sacco nero nel sedile posteriore e spinse il giovane agente dentro.

    Come e quando è arrivato dall'altro lato dell'auto? :huh:

    CITAZIONE (margaca @ 1/8/2010, 07:17)
    Arrivarono alla casa dopo essersi arrampicati per una buona mezz’ora attraverso la montagne.

    Refuso, solo non so se "la montagna" o, più probabile, "le montagne"

    CITAZIONE (margaca @ 1/8/2010, 07:17)
    Attorno un bosco fitto e intricato che nascondeva la luce del giorno.

    "un bosco ecc ecc"... cosa? ^__^;
    O metti "Attorno c'era..." o togli il "che"

    CITAZIONE (margaca @ 1/8/2010, 07:17)
    «Sì…sì, ecco…non c’è bisogno…entrate… » Si spostò facendo strada.

    Ci vuole sempre lo spazio dopo i puntini di sospensione... tranne l'unica volta in cui l'hai messo, a fine frase. ^__^;

    CITAZIONE (margaca @ 1/8/2010, 07:17)
    «Ma… »

    Anche qui lo spazio è di troppo

    CITAZIONE (margaca @ 1/8/2010, 07:17)
    «Lei non ha idea di cosa abbiamo passato, io e mia moglie in questi ultimi due mesi».

    Togli la virgola, o aggiungine un'altra dopo "moglie"

    CITAZIONE (margaca @ 1/8/2010, 07:17)
    «Io l’amavo, l’amavo tantissimo e nessuno potrà mai capire cosa sia significato

    Direi "abbia significato"

    CITAZIONE (margaca @ 1/8/2010, 07:17)
    «Liberi gli ostaggi ed esca con la mani alzate».

    Refuso: "le mani"

    CITAZIONE (margaca @ 1/8/2010, 07:17)
    Aldo affondò la pistola sulla tempia del medico

    Non si può affondare qualcosa "su" qualcosa, semmai "in" (ma comunque la vedo dura affondare qualcosa in una tempia, non senza sfondarla almeno ^__^; )

    CITAZIONE (margaca @ 1/8/2010, 07:17)
    Le carezzò il viso ormai duro come il legno e si puntò la pistola alla testa.

    Perché duro?
     
    .
  9. margaca
     
    .

    User deleted


    Ammazza, non ti è sfuggita una virgola! Ho effettuato un po' di correzioni, spero che ora scorra meglio.
     
    .
  10. marramee
     
    .

    User deleted


    Ciao,
    il tuo racconto ha un ottimo inizio, che mi ha bendisposto, mi ha appassionato per buona parte della storia, poi l'interesse è andato scemando verso il finale.
    Perché? Perché non sono proprio riuscito a immedesimarmi nel personaggio, e ho finito per trovarlo odioso. Soprattutto la testa tagliata mi è sembrata fuori luogo. E non voglio dire che sia "sbagliata", però è quello che mi ha fatto scadere il protagonista.
    Anche i due ostaggi alla fine erano troppo piatti con coinvolgermi nella vicenda.
    Io credo che la prima parte sia perfetta, ma nel finale occorra un po' più di partecipazione emotiva. Più che un uomo disperato, tu presenti un pazzo completo, ed è dura provare empatia, come invece si dovrebbe visto l'argomento.
    Come idea personale, ma è solo la mia opinione, io eliminerei la testa tagliata. Insomma, se proprio vuole portarsela dietro che se la porti tutta intera!
    Come voto sarebbe perfettamente in bilico tra il due e il tre. Giacché preferisco aggiungere che togliere, facciamo tre.
     
    .
  11. Peter7413
     
    .

    User deleted


    Ola!
    Il racconto è scritto bene, anche se la retorica che esce da certi dialoghi è eccessiva.
    Il problema grosso è che è UGUALE al finale di stagione dell'ultima serie di Grey's Anatomy. Proviamo a escludere la possibilità che tu abbia tratto spunto da lì, rimane però il fatto che personalmente ero rimasto assai infastidito da come il telefilm trattava l'argomento. Considerato che il tuo punto di vista è lo stesso, beh, non posso che confermare il mio personale giudizio negativo sul dare spazio e quasi giustificar un uomo che ammazza altre persone per la disperazione di avere perso una persona amata.
    Quello che manca nel tuo racconto come nel finale di Grey's Anatomy è la condanna per le motivazioni che l'hanno portata a tale folle gesto.
    Analizzando poi lo svolgersi della vicenda ci sono altre piccole cose che non vanno come il fatto, che già ti hanno segnalato, che il poliziotto non viene mai disarmato o come la facilità con la quale un medioman riesce a avere ragione così facilmente delle forze dell'ordine. Ma questi sono tutti appunti secondari e mi fermo qui.
    Voto 2.
    A rileggerti!
     
    .
  12. margaca
     
    .

    User deleted


    Questo racconto l'ho scritto tanto tanto tempo fa, più di dieci anni, per cui niente a che vedere con Grey's Anatomy che neppure ho visto tra l'altro. Mi tocca denunciarli per plagio allora!!
    Riguardo le tue osservazioni, avevo corretto e aggiunto il brano in cui il poliziotto veniva disarmato «Non voglio uccidere nessuno». Ribatté Aldo. «Voglio soltanto raggiungere un amico». Tolse la pistola all'ostaggio e la lanciò lontano.
    Grazie del commento! E a questo punto tocca che mi vedo questa puntata di Grey's... :B):
     
    .
  13. Peter7413
     
    .

    User deleted


    CITAZIONE (margaca @ 3/8/2010, 19:25)
    Questo racconto l'ho scritto tanto tanto tempo fa, più di dieci anni, per cui niente a che vedere con Grey's Anatomy che neppure ho visto tra l'altro. Mi tocca denunciarli per plagio allora!!
    Riguardo le tue osservazioni, avevo corretto e aggiunto il brano in cui il poliziotto veniva disarmato «Non voglio uccidere nessuno». Ribatté Aldo. «Voglio soltanto raggiungere un amico». Tolse la pistola all'ostaggio e la lanciò lontano.
    Grazie del commento! E a questo punto tocca che mi vedo questa puntata di Grey's... :B):

    Ultimi due episodi dell'ultima stagione ;)
    Cmq, a parte quello, ero incerto fra il due e il tre, ma è stato proprio come hai trattato il protagonista a farmi propendere per il due. Avrei voluto un tono maggiormente accusatorio nei confronti delle sue azioni, invece tutto accade quasi meccanicamente.
    In ogni caso il tema che affronti è assai difficile. Lavoraci ancora un po', vai di cesello, completalo mostrando più sfaccettature.
    Bye!

    Completo l'intervento precedente.
    Un buon modo per mediare potrebbe essere quello di lavorare sui sensi di colpa del protagonista, approfondire la dialettica in lui interna fra il folle gesto di cercare sfogo al proprio dolore attraverso il colpevolizzare il medico della moglie e la disperazione della consapevolezza di avere spento la vita di un giovane.
    E' solo uno spunto, ma credo che se ben sviluppato potrebbe avere il suo perché...
    Spero di esserti stato d'aiuto.
     
    .
  14. margaca
     
    .

    User deleted


    Grazie dei suggerimenti, sicuramente molto utili.
     
    .
  15. CountlessCrows
     
    .

    User deleted


    L'idea è buona e si presta a un racconto molto forte come temi trattati. Proprio per lo spunto della storia il finale, scontato, risulta comunque adeguato sia come narrazione che per chiudere il cerchio di violenza che attraversa tutto il tuo racconto.
    Più che la testa aveva senso trasportare tutto il cadavere. Non me lo vedo un uomo follemente innamorata a segare il collo della moglie. Un'idea poteva essere quello di vestirla, truccarla e trasportarla con tanto di cintura allacciata, occhiali da sole e cappellino. La scena diventava molto più macabra e si prestava meglio al resto del racconto (cosa scatena l'attenzione del benzinaio?).
    Piatti i poliziotti, piatto il medico. Nella realtà non lo avrebbero mai fatto allontanare dal posto di blocco. Le procedure in uso attualmente implicano far mettere a terra i fermati prima di ammanettarli, il che rende non plausibile quello che accade nel tuo testo.

    Voto: 1
     
    .
29 replies since 1/8/2010, 06:10   445 views
  Share  
.