Saturday Night Queequeg
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Saturday Night Queequeg

20.000 caratteri ca.

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  1. nescitgalatea
     
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    A me è piaciuto tantissimo, scrittura fluida e coinvolgente, idea interessante, personaggi ben delineati, è anche ironico in qualche passaggio. Insomma ho trovato tutti gli ingredienti di quello che considero un bel racconto. Per me è 4, magari non con la lode, ma un 4 lo meriti tutto! Ciao idra :D

    SPOILER (click to view)
    Dunque: evidenzio le parti che, a mio avviso appesantiscono un po', solo per dare un contributo ai tuoi dubbi, anche perché dal primo paragrafo in poi, scorre che è una meraviglia, forse è questo che non ti convince?

    Stamattina il sindaco di Idrasca ha bussato alla massiccia porta in noce della mia cascina.
    «C’è una cosa che devi vedere, Cesco», ha sussurrato, e la sua faccia era così bianca che pareva uno straccio dimenticato nella candeggina. Appollaiato su una mountain bike malconcia, stringeva il manubrio tenendo gli occhi bassi.
    «Arrivo», ho detto, trangugiando i farinosi rimasugli di Maalox appiccicati alla lingua.
    Ho preso la bici e abbiamo affrontato l’asfalto ghiacciato di Via Rubattera fumando in silenzio.
    «Freddo, eh?» sono state le uniche parole pronunciate durante il tragitto.
    Siamo arrivati al Rio Torto dieci minuti dopo; una ventina di persone si aggiravano sulla riva, mani affondate nelle tasche e alito condensato a sottolineare la rigidità dei Giorni della Merla, il periodo più freddo dell’anno. Nessuno parlava, e considerando che almeno la metà dei presenti erano lingue calde, ho avvertito un brivido d’inquietudine.
    Ho lasciato cadere la bici su un letto di ortiche, sbuffando; tutti si sono girati, un movimento inquietantemente sincronizzato. Gli occhi dei presenti erano spalancati, i volti seri, di statue di santi in una chiesa gremita; in quell’attimo una parte remota della mia mente ha capito. E allora ho avuto la tentazione di inforcare la bici, tornarmene a casa e dare fondo alle riserve di Barbera.
    Poi Dessi, il macellaio del paese, si è avvicinato, gli occhi lucidi e le gote rosse. Mi ha posato una mano sulla spalla e ho sentito che tremava. Nell’altra, lorda di sangue, reggeva un coltellaccio.
    «Deve averlo ammazzato il freddo, o la fame», ha detto, stringendomi il braccio. «L’acqua è quasi tutta gelata, Cesco. Io… be’, l’ho aperto, quel bastardo. Dio lupo, Cesco, avevi ragione… Dio lupo, cazzo».
    La gente si è fatta da parte, dividendosi in due fazioni mormoranti, e ho visto.
    Ho visto la cosa adagiata sull’argine, il candido ventre squarciato, umido e rossastro come un’enorme vagina. Sono avanzato di qualche passo, barcollando, per poi cadere in ginocchio davanti alla massa puzzolente; ho scorto cosa conteneva quello stomaco maledetto e mi sono messo a urlare.
    Dicono che sono svenuto, che nel delirio ho invocato John Travolta, i Bee Gees e il capitano Ahab. Non so se sia vero. Ma è altamente probabile.
     
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22 replies since 31/8/2010, 23:05   579 views
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