Quale dei tre?

Incipit

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  1. VanderBan
     
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    Rischiando di sentirmi rispondere "nessuno" (o di non ricevere nessuna risposta), provo a chiedere quale tra questi tre incipit merita di essere portato avanti: un grazie anticipato per chi volesse collaborare.

    La Ronda Brambilla
    SPOILER (click to view)
    Telegiornali a parte, la prima volta che nel quartiere se ne sentì parlare fu nel Bar all’angolo, un locale dimesso quanto Antonio, il proprietario, uno spilungone stempiato, il viso devastato da una vita di alzatacce.
    — Non è più possibile andare avanti così. Dobbiamo fare qualcosa!
    Per qualcosa, Bartolomeo Zagatti intendeva una ronda.
    — Qui intorno è diventato un letamaio. Se non ci pensano gli altri, ce ne occuperemo noi! sentenziò Zagatti, seguito dallo sguardo perplesso del barista.
    Antonio diede un giro di manetta, il getto di vapore gli sbuffò contro. La punta del naso gli si arricciò come quella del tramezzino tonno e carciofini rimasto in vetrina dal giorno prima. Due botte al pentolino sul ripiano, poi versò in tazza. Gesti meccani, ormai. Preparare cappuccini o montare carburatori allo stabilimento della punto sarebbe stato lo stesso per lui.
    Nel frattempo, Bartolomeo stava continuando l’arringa, l’inseparabile borsa marrone in mano, la pelle consunta quanto quella di un conciatore pakistano. La teneva salda al fianco sinistro come se all’interno ci fossero dei segreti di Stato anziché tre cause di divorzio.
    — Che vadano al diavolo i politici di professione: “Ghe pensi mi”! Dopotutto, lo dice anche Lui...
    Antonio gli piazzò svelto il cornetto davanti alla bocca, più per azzittirlo che non per far bene il suo lavoro. Nell’ultimo periodo i discorsi dell’avvocato stavano diventando noiosi e ripetitivi.
    Il giorno dopo, sempre al bar, ma nel tavolo in fondo, accanto ai cessi, si erano radunate una decina di persone. L’avvocato era stato di parola. Tanto di lettera al Sindaco e al Prefetto, la richiesta di iscrizione ai registri delle procure. Aveva comperato un pacco di pettorine giallo fosforescente e cinque torce, in offerta al Lidl a due euro e novanta. Mentre lui spiegava il da farsi, Luisa, la moglie del postino attaccava ai gilet gli adesivi preparati in fretta e furia. Finito il lavoro ne indossò uno. Più che attratti dalla scritta “Servizio Ronda Cittadina” i maschi ne approfittarono per darle una ripassata al culo. Se ne erano sentite in giro di tutti i colori su quell’attrezzo. A quanto se ne sapeva, l’aveva fatto lavorare come si deve, e non solo nell’ora di spinning quotidiana.
    L’eccitazione dei presenti ruppe gli indugi. Dovevano partire subito, entro la settimana. Fu deciso all’unanimità: l’appuntamento sarebbe stato per venerdì.
    — Ci si vede qui alle ventuno, chi non può esserci mi avverta, ma almeno all’inizio è importante la presenza di ciascuno di voi. E per quel giorno vi prometto una sorpresa.
    — Bene, allora brindiamo, una grappa per tutti. Offre l’avvocato.
    Antonio distillò nei bicchieri l’ultime gocce di pazienza della giornata. Ora, per tirar tardi, ci mancavano pure le ronde.

    ******

    La banda del nano
    SPOILER (click to view)
    La fuga sul furgone (il mattino)

    Il giallo al semaforo rallentò il flusso caotico delle auto. Qualcuna accelerò, sperando di farla franca. Il ragazzo alla guida del FIAT Ducato inchiodò all’ultimo istante, lasciando il furgone a cavallo della linea bianca. La brusca frenata fece sbottare il passeggero seduto accanto a lui: «Oh, bischero di un…» Piroetta non fece in tempo a finire l’insulto e cadde catapultato nella rientranza per i piedi.
    Nonostante il colpo contro lo schienale, i tre seduti dietro ghignarono seguendo l’acrobazia del nano, all’altezza del soprannome. Sporgendosi curiosa, la ragazza vide che il tipetto se ne stava chiuso a cozza, muso sul tappetino e chiappe all’aria, e non riuscì a trattenere una risata. Tornò seria non appena l’ampia fronte riaffiorò dal nulla, ritto in piedi Piroetta arrivava a malapena al finestrino. Il giovane al volante, preoccupato, farfugliò: «Scusa capo, ma avere paura di prendere multa.»
    «‘Fanculo Rajan! Se mi fai dare un’altra craniata come questa, poi la testata te la do io: sui coglioni,» lo minacciò, lanciandogli un’occhiataccia. Inavvertitamente lo sguardo gli cadde sui bottoni dorati che spiccavano sulla blusa bordeaux che indossava e gli prese la voglia di staccarli uno a uno. Riconquistò con un po’ di fatica il posto, per farlo si sostenne al braccio del ragazzo che se ne stava con il volante ben saldo in mano, sguardo fisso in avanti, neanche fosse sulla griglia di partenza con a fianco una Red Bull pronta a bruciargli il culo al cambio di semaforo.
    Tanta attenzione non gli evitò di rimanere al palo mentre le due file ai lati si mossero. I colpi di clacson delle auto incolonnate si persero senza effetti concreti. Piroetta iniziò a fissarlo. Visto il fallimento telepatico, dovette redarguirlo: «Hai deciso di metterci radici in questo posto? È verde…» Come risvegliatosi da un sonno, dopo un leggero fremito il ragazzo ingranò la prima e mollò di colpo la frizione. Il fischio dei pneumatici martoriati dai sampietrini accompagnò lo schizzo in avanti del mezzo. Stavolta il nano si mantenne ben ancorato. Lanciò comunque un’imprecazione al guidatore. All’ennesimo cambio di marcia non si trattenne: «Stai bene a guidare gli elefanti nella jungla, non una macchina sul Lungotevere.»
    «Scusa, qui tanto traffico,» provò a discolparsi.
    «Scusa ‘na fava! Stai portando in giro dei cristiani, mica i leoni del circo… Vedi che alla prossima devi svoltare a sinistra, in direzione dell’Olimpica. Prima ci tiriamo fuori da questo casino e meglio è.» L’indiano annuì, senza distogliere l’attenzione dalla strada.
    Rajan procedeva come un tronco in balia della corrente mentre le altre auto avanzavano a scatti nervosi, alla ricerca di uno spiraglio per superarsi, quasi fosse una questione di vita o di morte quel metro in più o in meno. All’incrocio il furgone fece per continuare diritto.
    «T’ho detto di girare!» urlò a Rajan il navigatore in carne e ossa. Avrebbe tanto voluto dargli un pugno in testa, ma gli sarebbe arrivato a malapena al gomito.
    L’indiano non si scompose, strizzò forte le palpebre, quindi svoltò alla cieca. Nell’eseguire la manovra tagliò la strada a una Smart e a due Yamaha TMax. Il carrello attaccato dietro si sollevò su due ruote, riassestandosi rumorosamente. La tipa a bordo della scatoletta tedesca riuscì a sterzare, frenando, per rimbalzare poi sul marciapiede. Uno dei due scooter anticipò la mossa del Ducato, infilandosi in un varco impossibile; l’altro si schiantò sulla Smart. La capriola del ragazzo sembrò degna del circo, anche se l’atterraggio non riscosse applausi. Un casco rotolò in mezzo alla corsia, con un suono di barattolo di pelati, facendo presagire l’accorrere, di lì a poco, di sirene urlanti.
    Gli occupanti del furgone, seppur sballottati dalla sterzata, si girarono a osservare il capitombolo. Solo l’Indiano rimase impassibile, le antenne rizzate a captare le prossime indicazioni. Ma il nano non sembrava interessato alla strada. Aggrappato al bracciolo si sporse dal finestrino: «È andata bene, il carrello non si è sganciato: il carico è salvo.» Si girò verso l’autista, «ora vedi di non fare altre cazzate. Segui le frecce per il Raccordo e sta’ con gli occhi aperti.»
    Dopo aver impartito l’ordine si mise in piedi sul bordo del sedile, braccia distese e mani poggiate sul cruscotto, in una posa a metà fra un capitano di vascello e un nipotino in gita con il nonno. Proseguì appollaiato in quel modo per tutto il centro abitato, si scompose solo nel passare davanti a una pasticceria. Mentre l’indicava, il suo viso severo e sgraziato si sciolse in un sorriso: «Lì, fanno dei bomboloni alla crema fantastici.»
    Riuscì a rilassarsi solo quando vide le prime puttane lungo il ciglio della carreggiata. Superato un campo nomadi, pur mantenendo un’espressione severa, il nano si sentì davvero tranquillo. Seguì con sguardo da ronda padana l’ammasso di baracche e roulotte, quasi che quella visione innescasse dei ripensamenti sulla sua vita randagia. Poi, al cartello verde che indicava la Napoli-Firenze, ebbe un sussulto: «Dove cazzo vai? ‘E tu si' grullo? Vai per la Flaminia, meglio stare alla larga dall’autostrada, che l’è piena di volanti della polizia.»
    Imboccata la Statale poté smontare di guardia. Prima di assettarsi fece una panoramica sui compagni d’avventura: Rajan lo spalamerda, Luboš l’uomo ragno, Mirek il cecchino di Praga e Zhao la pupa cinese, l’unica donna del gruppo. Nel mettersi comodo gli scappò a mezza bocca:
    «Ma chi me l’ha fatto fare di finire in questo cesso di casino insieme a un ammasso di stronzi?»

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    Il segreto dei venti
    SPOILER (click to view)
    Al settimo rintocco dell’orologio, dopo che per due anni aveva soffiato senza sosta, il vento smise di sferzare le case abbarbicate ai piedi del monte. All’attenuarsi del sibilo, gli abitanti di Coristante sporsero il naso fuori dall’uscio. Anche gli uomini che ne avevano viste di cotte e di crude, e non si accomodavano sulle panche della chiesa neanche per onorare i morti, uscirono in strada facendosi il segno della croce, il cappello stretto al petto come a proteggere il cuore da chissà quali pericoli. Alcuni mossero fino alla piazza; camminavano con la testa inclinata all’insù, a fissare il campanile, convinti che da un momento all’altro si afflosciasse come una vela alla bonaccia. Ma quello aveva tutta l’aria di volersene restare in piedi, alla faccia delle calamità annunciate.
    «Quando smetterà il vento, vedrete che verrà giù il campanile,» non c’era giorno che qualche anziana non ricordasse tale presagio, mentre se ne stava accanto al fuoco a maneggiare la zuppa, e così dicendo baciava l’immagine della Madonna attaccata al collo.
    Anche se spaventato da queste dicerie, il sagrestano si era attaccato alla corda a martellare il bronzo delle campane. I rintocchi riecheggiavano in modo sempre più forsennato. In meno di cinque minuti l’intero paese era riunito nella piazza. Duecentotrenta anime rendevano silenziosamente grazie all’inaspettato avvenimento.
    Passati i primi momenti, il loro mutismo si trasformò in uno vociare festoso. Poco durò. Sulla via che dava verso i terreni di compare Eusebio, la figura di un uomo si stagliava contro la luce del mattino; le ferite gli macchiavano i pochi brandelli d’abito, il passo era tremolante e una maschera di sangue ne trasfigurava i lineamenti.
    La figura provò ad avanzare, ma le gambe non gli ressero e si ritrovò buttato contro lo spigolo del palazzo dei Malasorte. Fece due passi a intrecciarsi fra loro e provò a sostenersi al muro. Riuscì a svoltare l’angolo, poi si accasciò, lasciando quattro segni rossi sulla facciata.
    A dirlo prima, ora che il vento era cessato, nessuno avrebbe creduto che nel giorno tanto atteso si potesse pensare ad altro; eppure, tutti ora guardavano il corpo riverso al suolo, colpito da fremiti sempre più forti. Si mantennero a distanza come se a tirar le cuoia fosse un cane rabbioso. Quando anche il più lieve sussulto cessò, i paesani incominciarono a guardarsi fra loro, indecisi sul da farsi.
    «Il vento. È stato il vento che ha lasciato il morto,» sentenziò una voce, seminando sconcerto. Anziché prestare soccorso i più lesti presero la via di casa. Passi per il vento, ma un morto ammazzato non s’era più visto dai tempi dei briganti.
    Gli scuotimenti di capo aumentavano, i primi a dileguarsi furono i vecchi, poi appresso i più giovani. I pochi rimasti, per timore di Dio o per semplice curiosità, si erano allontanati sotto ai cornicioni, come a cercare riparo dalla pioggia. Due donne se ne stavano ritte al centro dello slargo, le loro figure si stagliavano scure sull’acciottolato. Una di esse era Velia e al mondo aveva messo un figlio e solo lui teneva. L’altra era Menica e da quando era nata non aveva partorito altro che iatture.
    Velia avanzò come se avesse anche lei uno squarcio in petto. Arrivò fino al corpo martoriato, riverso di schiena e con il viso nascosto sotto al braccio. Prima di chinarsi diede un ultimo sguardo alla donna rimasta all’ombra del campanile; questa sputò in terra, ci passò sopra la punta della suola e si avviò verso la salita del poggio. Scomparsa alla vista, le urla di Velia scossero le facciate dei palazzi che guardavano sulla piazza.
    Quando ormai tutti credevano che non volesse più smettere, il vento aveva invece cessato di spirare. Così come aveva fatto Giovanni Imbrugia, ora stretto fra le braccia della madre.

    Ciauz
     
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  2. nescitgalatea
     
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    Per me il terzo, vagamente Saramaghiano!
    Lo trovo più intrigante ed è quello che mi ha fatto venire voglia di sapere cosa succede.

    Ciaoooooooooooo!
     
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  3. overhill
     
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    A me piacciono tutti e tre... potresti svilupparli tutti, in tempi diversi ;)
     
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  4. VanderBan
     
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    @nescit
    In effetti è quello più simile al mio modo di scrivere, vagamente retrò e malinconico. Ma è anche quello che ho sviluppato di meno come trama (l'obiettivo è sui 40K caratteri, per intenderci). Comunque grazie per la segnalazione!
    @overhill
    Ti ringrazio per il tempo speso nella lettura. Ho dubbi sul primo, perché ha perso di attualità, mentre gli altri due vorrei completarli, se mi ritorna la voglia di scribacchiare con una certa continuità. Usando una metafora calcistica (sì, son io quello delle trame alla "Maradona") al momento son lì che difendo lo zero a zero sparacchiando la palla in tribuna...
    Ciao a tutti e due!
     
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  5. overhill
     
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    CITAZIONE
    Usando una metafora calcistica

    Udìu, un coltello, presto, un coltello!!! :D
     
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  6. VanderBan
     
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    CITAZIONE (overhill @ 9/11/2010, 09:16) 
    CITAZIONE
    Usando una metafora calcistica

    Udìu, un coltello, presto, un coltello!!! :D

    Non so se ti conviene... il tipo qua in uniforme sa usare bene sia un coltello che una spada :angel: :diablo:
    In guardia! :asd:
     
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  7. overhill
     
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    :unsure: Uh... a sputi come te la cavi?
    :lol:

     
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  8. VanderBan
     
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    CITAZIONE (overhill @ 9/11/2010, 09:42) 
    :unsure: Uh... a sputi come te la cavi?
    :lol:

    incontrami mentre sto mangiando un cocomero e vedi, tu, cosa ti riesco a fare!! :diablo: :asd:
     
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  9. Fini Tocchi Alati
     
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    Il terzo ha le potenzialità per essere una storia memorabile.
    A me ha ricordato molto certe atmosfere verghiane.
    Credo però che sia, per ora, il meno curato dei tre (ho onotato un paio di ripetizioni e un refuso).

    Il secondo è spassoso e anche qui, secondo me, ci sarà da divertirsi.

    Il primo, come dici tu, non sarà attuale, ma mi ha preso per la sua scrittura diretta e veloce.

    Come vedi, non ti sono stato molto d'aiuto.
    Dovendo scegliere, però, dico il terzo.
     
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  10. VanderBan
     
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    CITAZIONE
    Come vedi, non ti sono stato molto d'aiuto.

    Ma scherzi? Con tre parole mi hai dato delle indicazioni interessantissime su ciascuno dei tre racconti che, in effetti, sono inseriti in ordine cronologico (l'ultimo è una bozza, essendo stato scritto solo qualche settimanan fa...). E poi quando si legge uno scritto di un altro è sempre un gentile aiuto che va apprezzato indipendentemente dal commento che si riceve.
    Grazie mille, a buon rendere! ^__^
     
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  11. rehel
     
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    Anche secondo me tutti e tre meriterebbero di venire alla luce.
    In breve:
    Il primo l'ho trovato eccellente come scrittura, con alcune metafore di ottimo livello, come quella del tramezzino arricciato!
    Dici che forse è un po' superato, ma dipende molto da dove va a parare la tua trama. Credo che potrebbe anche sterzare di brutto verso direzioni grottesche e surreali.
    Credo che sia importante evitare luoghi comuni e trovare una tua strada particolare per questa storia, in questo modo ritengo riusciresti a evitare il pericolo della non eccelsa attualità.
    Il secondo ha una scrittura simile che mette l'accento su immagini grottesche e molto ben descritte. Certo incuriosisce di più il lettore. Le domande che vengono spontanee sono: chi è il nano? Cosa stà combinando? Peché una accozzaglia simle di individui di diversa origine? E via di questo passo.
    Ovviamente si tratta di una cosa ottima, se il lettore si pone parecchie domande allora hai azzeccato l'incipit, non c'è dubio.
    Il terzo, si vede, è meno rifinito, ma l'ambientazione non è male e anche in questo caso le domande non mancano.
    Una mia personale impressione è di vederti meglio nel secondo, ma non ti conosco abbastanza come scrittore per sapere o meno se questo tipo di storie "paesane" (e mi riferisco al terzo, ovviamente) sono o meno nelle tue corde.
    Come vedi anche io non riesco a iluminarti più di tanto. :huh:
    Ci ho provato. :)
     
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  12. VanderBan
     
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    Al contrario, sempre di aiuto sei rehel!
    Cercherò di svilupparli uno alla volta appena ne avrò il tempo.
    Grazie per le indicazioni, a buon rendere!
     
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11 replies since 8/11/2010, 15:13   73 views
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