Losco Figuro
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Oltre la superficie
Si stava facendo tardi. Il detective Shim Stonehand amava essere puntuale, perfino quando non aveva in realtà alcun desiderio di recarsi a un appuntamento, perciò non indugiò oltre e lasciò il suo ufficio, lasciando detto ai suoi agenti dove si stava recando. Uscì in strada, incamminandosi tra gente che lo salutava o si limitava a rivolgergli occhiate indecifrabili, come sempre. Per quanto multirazziale fosse la città di Tejarak, non c'erano molti nani in giacca e cravatta in giro per le strade, ma in realtà il motivo per cui lui attraeva l'attenzione era più legato al ruolo che ricopriva: quello di capo del Dipartimento di Controllo della Magia, la branca della polizia che si occupava delle violazioni al Codice Magico. Era una posizione che portava con sé una certa notorietà, per lo meno in determinati ambienti. La sua destinazione non era distante. L'unica cosa a separare la sede locale della FPI – la Forza di Polizia Internazionale – dalla centrale era un muro portante del palazzo che condividevano. Per passare dall'una all'altra era sufficiente mezzo giro di isolato, una distanza fin troppo breve quando la destinazione era uno degli ultimi posti in cui ci si sarebbe voluti recare. Shim non avrebbe certo potuto declinare la convocazione che gli era giunta, poco importava che non se ne attendesse nulla di buono. Il suo ultimo screzio con un agente della FPI, Jayce Holloway, aveva avuto come risultato una sospensione dal lavoro per due mesi, e lui era certo che all'altro non fosse bastata, e che avesse manovrato, da manipolatore quale era, per causargli ulteriori danni. Attraversato l'ingresso, entrò nell'ampia sala vuota che occupava quasi l'intero piano inferiore. A un occhio profano sarebbe sembrato uno spreco di spazio. Nella realtà, un qualunque malintenzionato che avesse tentato di entrare, armi in pugno, si sarebbe ritrovato privo di qualunque riparo e alla mercé degli agenti di guardia. In aggiunta, il pentacolo abilmente dissimulato tra i mosaici che decoravano il pavimento impediva l'accesso a qualunque creatura incantata, e avrebbe fatto scattare un allarme al pur minimo tentativo di intrusione. Shim, che non era un intruso e, in quanto nano, era una delle creature meno magiche che si potessero immaginare, lo attraversò a passo svelto e si presentò mostrando il tesserino e comunicando di essere atteso dal direttore. Questo non gli risparmiò un controllo accurato prima di avere il via libera, né lo esentò dall'obbligo di lasciare all'ingresso la sua bacchetta d'ordinanza. Una precauzione inutile, era sicuro che non gli sarebbe mai venuta voglia di stordire qualcuno là dentro. Di certo non di stordirlo. Evitò l'ascensore – amava quei dischi di luce levitanti perfino meno dei tappeti volanti, che almeno avevano un che di materiale, per quanto poco consolante questo potesse essere in caso di malfunzionamento – e si inerpicò per le scale fino al penultimo piano, arrivando in perfetto orario. «Il direttore...» annunciò a una segretaria che gli impedì di andare oltre. «La sta aspettando, si accomodi detective.» Bene, non aveva più scuse. Aprì la porta ed entrò in una stanza grande almeno il triplo del suo ufficio alla centrale, e con spazio vuoto sufficiente a farcelo entrare due volte senza spostare niente dell'arredamento. Dietro una scrivania grande abbastanza per due persone, il direttore della FPI stava seduto con un mezzo sorriso sulle labbra. Pelle chiara, corti capelli neri, lo si sarebbe detto umano se non fosse stato per gli occhi da rettile che sfoggiava. Accanto a lui stava in piedi un uomo anziano dai capelli lunghi legati in una coda. Shim non aveva idea di chi fosse. «Mi fa piacere che sia arrivato, Stonehand!», lo accolse il primo con enfasi eccessiva. «Avevo altra scelta?», ironizzò il nano in risposta. «Certo, io non ho alcuna autorità su di lei, lo sa bene.» «In tal caso gradirei che lo spiegasse ad alcuni dei miei superiori che sembrano essere convinti del contrario.» Vi fu un attimo di silenzio, poi l'altro scrollò le spalle, rinnovò il sorrisino e riprese. «Suvvia, cerchiamo di non iniziare con il piede sbagliato. In fondo non ho ancora potuto dirle per quale ragione ho richiesto la sua collaborazione.» Questa era una novità. Niente nella convocazione lasciava sospettare che fosse una richiesta di collaborazione. In effetti, niente lasciava sospettare che fosse una richiesta. «È per questo che sono qui?», chiese il nano, incerto. «Cos'altro?» «Me lo dica lei.» «È proprio quello che intendo fare. Ho necessità di prenderla, diciamo così, in prestito, per un incarico che non posso affidare ai miei agenti. Non c'è la possibilità di mandare qualcuno sotto mentite spoglie, e la presenza di un agente della FPI, specie se non dichiarato, potrebbe essere vista come una sorta di... offesa.» «E la presenza di un noto poliziotto, invece?» «Non avrebbe importanza, e comunque non credo lei sia così noto dove sto per chiederle di andare.» «E dove vorrebbe mandarmi, nel sottosuolo?», domandò lui ironico. Un improvviso silenzio, segnato da un repentino cambiamento di espressione nei volti dei presenti, rimandò la sua battuta al mittente. «Volete mandarmi nel sottosuolo?», ripeté incredulo. «Pochi giorni fa è stata incoronata una nuova imperatrice degli elfi scuri», spiegò il direttore. «Un ambasciatore di Tejarak si recherà a un incontro in zona neutrale per rinsaldare gli accordi diplomatici.» «E minerari», aggiunse Shim. I maggiori giacimenti di lynocrite sotto la nazione di Tejarak si trovavano nel territorio degli elfi scuri o nelle immediate vicinanze. La ricchezza dell'intera nazione dipendeva anche dalla possibilità di sfruttare quelle scorte di cristalli per le necessità della sua popolazione. «E minerari», assentì l'altro. «Il nostro problema è che ci sono giunte voci di un possibile attentato ai danni dell'ambasciatore, e vorremmo prevenirlo.» «A quale scopo? L'attentato, intendo, non la prevenzione.» «Per far fallire i negoziati, immagino, o, gli dei non vogliano, per creare un incidente diplomatico e tentare di scatenare una guerra.» «E chi vorrebbe fare una cosa del genere?» «Questa temo sia un'informazione riservata.» "O un'informazione che non avete", pensò il nano. «In ogni caso, non possiamo mandare noi degli agenti di scorta. Una nostra intromissione nella faccenda verrebbe vista come una mancanza di fiducia, e non abbiamo dubbi che saranno fatte ricerche su chiunque faccia parte della delegazione.» "E non potete mandare qualcuno mascherato con la magia perché verrebbe scoperto subito e sarebbe anche peggio", proseguì tra sé Shim. «Ma?», chiese invece a voce alta. «Ma nessuno avrà da ridire se l'ambasciatore viene scortato da un agente di polizia. L'atteggiamento nei vostri confronti è diverso da quello riservato alla FPI. Tutto quello che le chiedo è di fare da scorta all'ambasciatore e tenerlo vivo, con la nostra assistenza.» «Che genere di assistenza?» Il direttore si rivolse all'altro uomo nella stanza, che fino a quel momento si era limitato a seguire la conversazione in silenzio: «Q'ras, fagli vedere.» L'uomo girò attorno alla scrivania per avvicinarsi al detective e gli porse una bacchetta. «Come scorta dell'ambasciatore, le consentiranno di tenere un'arma, e noi gliene forniremo una come questa.» Shim osservò il cilindro liscio che aveva davanti. «Una bacchetta stordente? Ho già la mia, grazie.» «Non è come questa», replicò Q'ras voltandosi. Poi, con un colpo secco, spezzò la punta dell'arma contro lo spigolo della scrivania, si batté la parte restante sul palmo della mano e ne fece scivolare fuori una seconda bacchetta dal colore vagamente ambrato. «In caso di necessità, basta rompere il guscio esterno e ottiene questa. È una bacchetta a energia, i singoli colpi non sono letali ma bastano a incapacitare un uomo, o un elfo data la situazione, e possono danneggiare la materia inanimata. Poi c'è questo», gli porse un cristallo grigio dall'aspetto di un uovo appiattito. «Potrei dire che ho già un cristallo di comunicazione, ma presumo mi risponderebbe che non è come questo.» «Infatti, perché questo non è un cristallo di comunicazione, lo sembra soltanto.» «E cosa sarebbe?» «Energia cinetica cristallizzata. Funziona come una palla di fuoco a effetto ritardato, lo attiva, lo lancia e si mette al riparo. È pura forza concussiva: niente fuoco, niente calore.» «E si ricordi di non tenerlo stretto in mano dopo averlo attivato», precisò il direttore. «È letale a distanza ravvicinata.» Shim gli rivolse un'espressione neutra. Non sapeva se quella volesse essere una battuta riferita all'episodio in cui si era ritrovato costretto a far esplodere una palla di fuoco nel ventre di un non morto tenendocela dentro con la mano, e nel caso se lo scopo era fargli sapere che ne fosse al corrente o solo prenderlo in giro. Quello che sapeva era che non gli avrebbe dato alcuna soddisfazione. «Lo terrò a mente. Ma non sembrerà strano che me ne vada in giro con due cristalli di comunicazione?» «Il suo può anche fare a meno di portarselo dietro, ci sono troppe interferenze là sotto, sarebbe inutile.» «E per finire», riprese Q'ras passandogli un fazzoletto, «questo.» Shim osservò il quadrato di tessuto sottile, tenendolo sospeso per un angolo tra due dita. «Non voglio neanche chiedere», commentò. «È un piccolo tappeto volante. Ci si può stare solo in piedi, ma è facile da trasportare e, una volta sintonizzato, risponderà ai suoi comandi mentali anche mentre non si trova a bordo.» Il nano rimase in silenzio per un attimo, continuando intanto a fissare il fazzoletto volante come se avesse potuto cercare di mordergli la mano da un momento all'altro. Infine sollevò di nuovo lo sguardo verso il direttore. «Va bene», disse. «Accetto l'incarico, la bacchetta e il cristallo. Questo», restituì il tappeto in miniatura, «potete tenervelo.» «Via detective, so quello che pensa dei tappeti volanti...» iniziò a dire il direttore. Lui lo interruppe prima che potesse aggiungere altro. «Quello che penso è, per cominciare, che usare un tappeto volante sottoterra è una buona idea solo se si prova un grande desiderio di rompersi la testa contro una stalattite, e, a parte questo, gli elfi scuri percepiscono la magia, e lo sapete bene visto che vi siete dati tanto da fare per darmi degli oggetti magici che sembrino altri oggetti magici. Quando vedranno questo, cosa dovrei dirgli? Che è stato incantato da mia nonna per lavarsi da solo?» «Potrebbe essere un'idea», replicò il direttore sogghignando, «ma ha ragione, vedo che è bene informato.» «Metà degli agenti del mio turno di notte sono elfi scuri, so come sono fatti e cosa sanno fare, e lei sa bene anche questo.» Il suo interlocutore poggiò i gomiti sulla scrivania e unì le mani intrecciando le dita. Sorvolando del tutto sull'ultimo commento, gli rivolse un altro sorriso inquietante. «Benvenuto a bordo.»
Due giorni dopo, Shim era attrezzato e pronto a partire. Quello che proprio non riusciva a essere era a suo agio. Pur essendo un nano, non era abituato a vivere sottoterra, e di certo non alle profondità popolate dagli elfi scuri – sebbene in effetti il luogo dove dovevano recarsi fosse solo a metà strada – ma non era questo a impensierirlo. Non lo era neppure, non del tutto, il fatto di lavorare per la FPI e di girare con in tasca un ordigno esplosivo che sperava di non dover mai usare – un conto era lanciare una palla di fuoco a degli zombie, un altro usare quell'aggeggio dove avrebbe potuto massacrare degli innocenti. No, quello che davvero gli dava fastidio era il rischio di farsi coinvolgere in manovre politiche dalle quali avrebbe preferito stare fuori, avendone già fin troppe attorno per conto suo. Certo, l'idea era che dovesse solo proteggere l'ambasciatore, lui però aveva una pessima sensazione a riguardo, e aveva imparato da tempo a non sottovalutare mai le sue sensazioni. Quando raggiunse il palazzo del governo, trovò un gruppetto di persone in attesa. A giudicare dall'aspetto, l'ambasciatore era l'umano nel mezzo, in abiti formali e con l'aria ufficiale. Quelli attorno a lui dovevano essere i suoi assistenti e segretari. Che l'intero gruppo diretto all'incontro, eccetto lui, fosse formato da umani, era una dimostrazione di quanto il mondo della politica fosse distaccato dalla realtà. Di sicuro erano stati scelti di proposito per timore di innescare reazioni eccessivamente xenofobe da parte dei padroni di casa. Appena separato dagli altri, Shim intravide qualcuno che conosceva già, e che sembrava far parte della missione diplomatica. Approfittando del fatto che l'ambasciatore sembrava intento a dare disposizioni al suo staff, il nano gli si avvicinò, incuriosito della sua presenza, osservando l'elaborata tonaca che indossava e che mai prima gli aveva visto portare – era plausibile che lo facesse durante le funzioni nel tempio, ma lui non aveva mai presenziato a una di esse – e i cornetti sulla sua testa calva, che secondo i maligni non erano spuntati se non dopo il suo matrimonio. «Vostra eminenza», lo salutò, «non credevo di trovarla qui.» «Detective», l'alto prelato rispose al saluto, sebbene in un tono che sembrava voler sottolineare come le loro due cariche non si equivalessero neppure un po'. «L'imperatrice è anche il capo spirituale del suo popolo, perciò è mio dovere incontrarla, avendone l'occasione.» Prima di poter replicare – non che avesse da dire nulla più di una qualche frase di circostanza, in ogni caso – Shim si sentì chiamare e si voltò verso il resto del gruppo. «Detective, le spiacerebbe scambiare due parole prima di partire?», gli chiese l'ambasciatore. «Certo che no.» L'altro gli tese la mano. «Shaun Malten. Sono lieto che abbia accettato l'incarico.» «Sono al servizio della città», rispose lui. Si potevano capire molte cose dalla stretta di mano di qualcuno, e quella dell'ambasciatore sembrava indecisa, come se avesse paura che potessero rubargli qualche dito. Era uno strano contrasto con la sua voce dal tono sicuro. «Ah, pronto a fare quel che si deve, certo. Detto tra noi, spero che non ci sarà bisogno che faccia nulla.» «Detto tra noi, lo spero anche io.» «Ah, temo però che non sarà così, visti i precedenti.» «I precedenti di chi?», si stupì il detective. «Ah, non quel genere di precedenti. Immagino che lei sappia dell'incidente?» In teoria l'ultima frase non avrebbe dovuto essere una domanda, ma il punto interrogativo alla fine era tanto evidente che lo si poteva quasi vedere sospeso nell'aria. «Nel dubbio, le rispondo di no.» «Ah, non si è chiesto come mai sia salita al trono una nuova imperatrice?» «Sì, e mi sono risposto che la precedente deve essere morta». Anche in un'era in cui le informazioni viaggiavano alla velocità del pensiero, questo non significava che arrivassero senza che nessuno le avesse fatte partire. Le genti del sottosuolo erano piuttosto parche di notizie sulle loro attività, e le poche che giungevano viaggiavano solo attraverso i canali diplomatici. Per quanto importante fosse, la morte di un regnante sotterraneo era la tipica cosa che restava riservata a pochi eletti. «Ah, esatto. Morta a causa di un terremoto, assieme a molti tra i più importanti esponenti del suo casato, durante un incontro ufficiale. L'unica superstite...» «È l'attuale imperatrice», concluse lui la frase. «Ah, vedo che ha capito. Ma non possiamo trattenerci oltre, raggiungiamo la sala delle partenze.» Shim, in realtà, non aveva capito. Aveva compreso l'insinuazione, fin troppo ovvia in effetti, tuttavia non vedeva come la cosa potesse avere a che fare con la missione diplomatica. Farsi strada verso il potere in modo cruento era stata la prassi tra gli elfi scuri in passato – forse anche perché quella per la successione naturale, in una razza la cui effettiva longevità non era mai stata accertata, poteva rivelarsi un'attesa piuttosto lunga – e non era da escludere che qualcuno fosse tornato ai vecchi metodi, la cosa però non implicava il voler attentare alla vita di un ambasciatore esterno. Archiviando per il momento la cosa, si recò assieme al resto del gruppo nella sala adibita alle partenze. Non tutti i luoghi di Anthuar erano attrezzati con i portali usati di solito per i viaggi a media e lunga distanza. Quando non si poteva far ricorso a questi ultimi e non era conveniente adoperare i tappeti, restava la possibilità del teletrasporto, che a volte poteva rivelarsi un sistema rischioso, o quella di affidarsi a dei maghi perché aprissero un portale temporaneo. Era più dispendioso in termini di energia, e meno sicuro, rispetto alla rete di trasporto normale, e per questo era un sistema limitato a pochi. Inutile dire che il governo rientrava nel numero degli eletti. Il viaggio vero e proprio durò dunque meno del tempo necessario a raggiungere la saletta interna al palazzo e far fare ai maghi il proprio lavoro. Un solo passo nello strano "buco nell'aria" aperto dall'incantesimo permise a Shim e agli altri di giungere in una vasta caverna, rischiarata dalla morbida luce di centinaia di impalpabili globi fluttuanti. Mentre il passaggio si chiudeva alle sue spalle, il nano consegnò i suoi oggetti magici a una guardia, attese di essere esaminato e li riprese in consegna, imitato a turno dal resto della delegazione, con l'unica eccezione dell'ambasciatore stesso, in virtù dell'immunità diplomatica. Solo terminate queste formalità si concesse del tempo per osservare a dovere il luogo in cui si trovava. La caverna sembrava un armonioso insieme di naturale e artificiale. Formazioni di roccia che solo il tempo poteva aver scolpito si univano ad archi e passaggi che rivelavano un sapiente lavoro di modellazione. Solo uno di questi, il più grande, era chiuso da una massiccia porta a due ante di metallo, e proprio di fronte a essa si trovava un terzetto di elfi scuri in abiti formali. Due di questi, armati con delle staffe che avrebbero potuto servire altrettanto bene come elementi decorativi, stavano un po' più indietro rispetto al terzo, o per meglio dire alla terza, i cui abiti erano più ricchi e le cui mani erano prive di armi. Conoscendo le abitudini di quel popolo, Shim riteneva che questo significasse solo che le teneva nascoste da qualche parte. Dopo che tutti furono passati al vaglio delle guardie, il terzetto si fece avanti e, come Shim aveva sospettato, fu la donna a parlare. «Benvenuti», li accolse, «sono il primo ministro Talya N'shear.» «È un onore fare la sua conoscenza», replicò l'ambasciatore. L'alto prelato, al suo fianco, tacque, forse indeciso se aspettare di essere accolto in maniera formale o riconoscere l'esistenza del primo ministro anche se questa non gli si era rivolta direttamente. Lei, in ogni caso, continuò a non farlo. «L'imperatrice vi attende, prego, da questa parte.» Ruotò su se stessa, e gli altri due elfi si fecero da parte per permetterle il passaggio, richiudendosi alle sue spalle come una porta di sicurezza. Il portone, intanto, aveva iniziato ad aprirsi, come se qualcuno all'interno avesse ricevuto un segnale che nessun altro aveva percepito. Al di là di esso vi era una grotta di dimensioni ancora maggiori di quella in cui si trovavano. All'apparenza era del tutto naturale, questo se si faceva eccezione per il trono – modellato nella roccia stessa – che emergeva come un'improbabile stalagmite dal centro del pavimento, e ospitava quella che poteva solo essere l'imperatrice. Assieme agli altri, Shim si produsse in un rigido inchino, mentre il primo ministro si avvicinava alla sinistra del trono. Solo l'alto prelato rimase fermo in piedi, e il nano non poté non notare le occhiate che gli furono rivolte dalle numerose guardie presenti. L'imperatrice, invece, non parve darsene peso e si alzò in un fruscio di seta, allargando appena le braccia dentro le ampie maniche del suo vestito nero. Solo l'elaborato collo argentato di quest'ultimo permetteva di distinguere la linea di separazione tra tessuto e pelle, e solo i giochi di luce davano risalto ai lineamenti delicati e agli occhi penetranti sul viso d'ebano. «A nome del mio popolo vi do il benvenuto», li accolse questa, in una voce che riusciva nel non facile compito di essere acuta e veicolare al tempo stesso una sensazione di profondità. «A nome della nazione di Tejarak, vi ringrazio per averci ricevuto, maestà», rispose in tono formale l'ambasciatore. Shim si astrasse dal resto della conversazione, intento a scandagliare ciò che lo circondava con tutti i sensi che la natura gli aveva messo a disposizione. Non avrebbe potuto affermare che la situazione gli fosse del tutto chiara, tuttavia aveva accettato un incarico e, per quanto possibile, lo avrebbe svolto al meglio, anche se iniziava a sospettare che consistesse più che altro nel dar la caccia a delle ombre. A modo loro, anche il resto dei presenti sembravano immersi in pensieri che poco o nulla avevano a che fare con le parole che venivano scambiate. Le guardie osservavano ogni dettaglio, come era giusto aspettarsi. L'alto prelato fissava il vuoto, attendendo con impazienza il suo turno. Il primo ministro guardava oltre la delegazione, in apparenza senza un preciso motivo. Lui stesso arrischiò un'occhiata in quella direzione per verificare che non ci fosse nulla che richiedesse la sua attenzione, poi tornò a osservare l'elfa sul trono, cercando di dare forma a un pensiero che vagava nel retro della sua mente. Fu in quel momento che avvertì le prime vibrazioni. Giungevano da sotto di lui, salendo attraverso le suole delle sue scarpe e arrivando su fino allo stomaco. Si poteva togliere un nano dal sottosuolo, ma non si poteva togliere il sottosuolo da un nano, e pur non avendolo mai sperimentato, sapeva che quel segnale poteva significare una cosa soltanto. La sua consapevolezza, però, fu di pubblico dominio un istante prima che potesse fare qualcosa per condividerla. L'intera caverna stava tremando. Non fu un evento graduale. Si passò dall'immobilità a scosse tali da far staccare le stalattiti dalla volta. Un crepaccio immane si aprì dinnanzi al trono, come se qualcuno avesse tracciato un profondo solco nella pietra con un gigantesco scalpello, e inghiottì alcune delle guardie senza dar loro il tempo di provare a mettersi in salvo. L'ambasciatore era finito in terra, ma era stato sbalzato lontano dal baratro e non sembrava in pericolo immediato. L'alto prelato era scomparso del tutto; conoscendolo, Shim sapeva che aveva i suoi metodi per trarsi d'impaccio, e non si sarebbe stupito di scoprire che già si trovava al sicuro in qualche saletta isolata del tempio di Oon. Il primo ministro, dal lato opposto della crepa, era immobile, sembrava paralizzata dal terrore, mentre l'imperatrice, in piedi davanti al trono sul punto di essere fagocitato da quella stessa roccia da cui aveva preso forma, appariva intenta a cercare un equilibrio introvabile. Shim doveva prendere una decisione, e farlo in fretta. Affidandosi all'istinto, saltò sul basamento del trono, afferrò l'imperatrice, se la caricò in spalla e saltò oltre il crepaccio qualche istante prima che il seggio stesso vi sprofondasse per sempre. Dopo essersi dato una veloce occhiata intorno, depositò il suo prezioso carico, che non aveva opposto alcuna resistenza al suo intervento, in una rientranza della parete rocciosa e si voltò per cercare di aiutare qualcun altro. Fece solo pochi passi prima che la volta franasse davanti a lui, imprigionandolo nelle tenebre assieme a colei che aveva cercato di salvare dalla morte e, a quanto pareva, condannato a essere sepolta viva. Più del solito, valeva a dire.
Occorse diverso tempo prima che le scosse cessassero, e i due lo trascorsero nel più assoluto silenzio, cercando, almeno per quel che riguardava Shim, di ascoltare quel che stava accadendo al di là della frana, con risultati piuttosto scarsi. Fu poco dopo che la stabilità si era riaffermata in quel mondo di pietra che una voce per nulla familiare risuonò nella testa del nano, come se provenisse da un cristallo di comunicazione. Assodato che questo non era possibile – anche ammesso che il direttore della FPI avesse esagerato parlando delle interferenze, restava il fatto che il suo cristallo era rimasto a casa – doveva trattarsi di telepatia. “State bene?” Shim azzardò un'occhiata alla sua compagna di prigionia, anche se non poteva vedere altro che una forma rossastra rannicchiata in un angolo, contro la superficie bluastra della caverna. Senza luce, un'impronta termica era il massimo che potesse pretendere dai suoi occhi di nano. Se non altro, da come pulsava sembrava respirasse ancora. “Sì,” pensò, supponendo che il suo interlocutore l'avrebbe sentito. “Chi lo vuole sapere?” “Sono l'ambasciatore. Restate lì, andremo a cercare aiuto per tirarvi fuori. L'imperatrice è con lei, vero?” “Sì, siamo io e lei qui. Come state là fuori?” “Io sto bene, il sacerdote è svanito nel nulla, diverse guardie sono morte e il primo ministro era proprio sotto la frana che vi ha bloccato lì, non credo che ne sia rimasto molto. Resistete, torneremo appena possibile.” “Non c'è molto altro da fare, comunque”, commentò lui, senza sapere se l'altro fosse ancora in contatto o meno. Poi aggiunse a voce alta «Dicono che ci tireranno fuori da qui presto», e iniziò ad arrampicarsi con cautela sul cumulo di rocce che sbarrava l'uscita, percependolo al tatto più che vedendolo. «In che senso “dicono”?», domandò l'imperatrice. Erano le prime parole che le sentiva pronunciare dall'inizio del terremoto, e ora la sua voce sembrava molto meno imperiosa e musicale. Non c'era da stupirsene del resto. «Non ha percepito la comunicazione? No, giusto, telepatia, nulla di magico», si rispose da solo. «Capisco. Ma se hanno detto questo, perché sta scavando?» Shim si fermò con in mano un sasso che aveva appena tolto con cura dalla cima del mucchio. «Perché mi fido più delle capacità di minatore di un nano che di quelle di un ambasciatore», replicò. «Ineccepibile. Le serve aiuto?» «Senza offesa, preferirei di no imperatrice», rispose. Poi si soffermò un istante a riflettere. Se non era quello il momento giusto per un chiarimento, difficilmente ce ne sarebbe mai stato un altro. «O preferite “imperatore”?» Il silenzio che seguì fu assordante. Shim riprese a smuovere con calma le pietre più per interromperlo che altro. «Come l'ha capito?», chiese infine l'elfo scuro? Il nano si strinse nelle spalle. Lui non poteva vedersi, l'elfo però, quasi di sicuro sì. «Tra di noi non c'è un solo individuo, maschio o femmina che sia, che non si faccia crescere la barba appena gli è possibile. Dopo un po' si impara a distinguere il sesso da altre cose, o ci si rassegna a chiedere.» «Che genere di cose?» «Il modo di muoversi, l'atteggiamento, quel genere di cose. Ammetto che avervi caricato in spalla mi ha dato qualche indizio in più, ma onestamente sono sorpreso che in... quanto, cinque, seicento anni?, nessuno se ne sia mai accorto.» «Quattrocentosessantatré, e non c'era nulla di cui accorgersi fino a una quindicina di giorni fa.» Questa volta fu Shim a restare sorpreso. «In che senso?» «Sa del terremoto in cui è morta la precedente imperatrice?» «Mi hanno informato, sì.» «Darna N'shear, l'elfa che credono imperatrice, era mia sorella. È morta anche lei.» «E avete preso il suo posto.» «Era la mia gemella, è un evento raro tra noi ma succede. Non è stato difficile, è servito solo qualche accorgimento, e sul momento, nella confusione, nessuno dei soccorritori ha notato niente.» «Un buon sistema per prendere il potere.» «Un sistema per non perderlo! Per quanto ne sapevo nessun altro membro nobile del casato era rimasto in vita, il mio popolo sarebbe rimasto senza una guida, e non può immaginare le guerre di successione che sarebbero seguite.» Shim guardò scettico nella direzione dell'elfo. «Cosa cambierà? Non credo riuscirete ad avere delle eredi senza dover dare delle spiegazioni.» «C'è tempo per questo. Farò in modo di avere un successore.» «Se i terremoti smettono di seguirvi...» «Non riesco a spiegarmelo.» «Neppure pensando al primo ministro?» «Cosa c'entra il primo ministro?» «N'shear. Stesso casato. Nobile di sicuro. O abbastanza importante, comunque. E avrebbe capito prima o poi, un vero peccato sia sepolta proprio qui sotto.» «Talya? È morta?» «Presumo di sì, non era quello lo scopo?», incalzò Shim mentre spostava l'ennesima pietra. Un sottile raggio di luce si infiltrò tra i massi e lui si sporse per cercare di guardare oltre la barriera, sperando che i soccorsi fossero in arrivo. «Lei non può accusarmi in questo modo! Non ha nessuna autorità qui sotto!», protestò l'elfo, poi il suo tono cambiò. «Io non ho causato il terremoto.» Shim si voltò all'improvviso verso di lui, scivolando giù dalla pila di pietre, e si mise un dito davanti alla bocca a indicare di fare silenzio. «Va bene, vi credo», sussurrò. «E non credo l'abbia fatto nessuno, se fosse stata usata la magia l'avrei...» «Ho detto che vi credo», lo interruppe il nano, sempre sussurrando, «ma adesso dobbiamo andarcene da qui in fretta.» «Perché?» «È l'alternativa a non farlo affatto». La sua mano andò alla cintura e sfiorò il falso cristallo di comunicazione. Forse avrebbe spazzato via la frana, ma in uno spazio tanto ristretto non ci sarebbe stato modo di ripararsi, e l'idea di essere trasformato in una macchia sulla parete non lo allettava affatto. «Spero che questa serva a qualcosa», concluse estraendo invece la bacchetta. «Una bacchetta stordente?» «Solo in apparenza», spiegò lui mentre afferrava l'estremità del cilindro tra due dita e la spezzava senza troppo sforzo, per poi estrarne la parte interna e puntarla in alto, verso la cima del cumulo di rocce, mirando appena a sinistra del piccolo varco che aveva aperto. Poi sparò a raffica. I colpi di energia si abbatterono a ripetizione sulle pietre, spaccando quelle di medie dimensioni e spingendo quelle più grandi, che iniziarono a crollare verso l'esterno. Quando la bacchetta fu del tutto esaurita, c'era uno spazio libero sufficiente a uscire, a condizione di prodursi in una cauta arrampicata. Shim lo sfruttò per primo, ritrovandosi faccia a faccia con l'ambasciatore che stava sopraggiungendo. «Dove sono i soccorsi?», gli domandò. «Si stanno organizzando. Io ero tornato a vedere come stavate.» «Molto gentile da parte sua, direttore.» Vi fu un attimo di silenzio prima che l'altro ribattesse. «Da quanto tempo lo sa?» «Chi è? Da adesso, stavo tirando a indovinare. Ma se vuole sapere da quanto so che non era il vero ambasciatore... diciamo da parecchio. Era prevedibile che avrebbe cercato di infiltrare un agente nei panni dell'unica persona che non avrebbe subito un esame approfondito, e la conferma me l'ha data dopo la frana. Ho fatto i miei compiti prima di partire, l'ambasciatore non ha poteri psichici.» «Poteri psichici?» L'imperatrice si era inerpicata a sua volta sulle pietre e ora era affacciata oltre il varco, a osservare la scena dall'alto in basso. «Per questo non ho sentito nessuna magia all'opera durante il terremoto!» «Sì, ma...», tentò di dire Shim. «Non starete tentando di accusarmi?», replicò il direttore «Non potrei causare un terremoto neanche volendo.» «Anche perché...», fu tutto quello che il nano riuscì a dire prima che l'elfo riprendesse la parola, intanto che si calava a terra. «Questo lo dice lei. E che altro motivo avrebbe avuto per venire qui sotto mentite spoglie?» «Penso...», per la terza volta il detective non poté terminare la frase. «Proteggere l'ambasciatore! Siete voi che...» «Oh insomma!», sbottò il nano, «Piantatela tutti e due, è stata il Primo Ministro! Per quello era immobile durante il terremoto, non era spaventata, si stava concentrando!» «Mi aveva detto che era morta!», esclamò l'imperatrice. «L'ho vista io travolta dalla frana», confermò il direttore della FPI. «Ha visto quello che voleva che vedesse, se può controllare la terra al punto da causare un terremoto, aprirsi un varco sottoterra e proteggersi da delle rocce sarà stato il minimo dei suoi problemi.» «E lei come lo sa?» La domanda giunse quasi in coro dagli altri due. «Lo so perché l'ho vista poco fa mentre guardavo fuori. Immagino volesse controllare se poteva finire il lavoro, ma si sarà allontanata sentendola arrivare», aggiunse all'indirizzo dell'uomo. «No, solo nascosta». Come il proverbiale lupo, l'elfa sbucò da un cunicolo che a rigor di logica non avrebbe neppure dovuto esserci. In pugno teneva una bacchetta puntata verso la sua consimile. «State indietro.» Shim e il direttore indietreggiarono di qualche passo, trovandosi ben presto sull'orlo del crepaccio. «Talya, per Lorathh, che stai facendo?», domandò l'imperatrice. «Mi hai preso per un cattivo da operetta? Pensi che ti racconterò tutti i dettagli mentre cerchi il modo di sfuggirmi? Dimenticatelo, devo solo riprendere le forze per seppellirti una volta per tutte. Fermi voi due.» "Stonehand, ha ancora il cristallo?" La voce mentale risuonò forte e chiara, e Shim dovette fare uno sforzo per non mostrarsi sorpreso. Cercando di non farsi notare, si sfiorò la cintura. "Sì, ma l'imperatrice..." "Lo usi, morirà comunque, e noi dopo di lei." "Non posso!" "Deve! Io la distrarrò, lo usi ora, non avrà un'altra chance!" Il detective rimase immobile. Non c'era tempo, questo lo sapeva, ma ciò non significava che fosse pronto a sacrificare due vite per salvare la sua e quella del collega. E non sapeva abbastanza di quell'arma da poter calibrare il tiro in modo che non mandasse i due elfi a schiantarsi contro la parete, o comunque non li uccidesse con la sola forza che avrebbe sprigionato. Ma che alternativa aveva? Senza una ragione apparente, il primo ministro si voltò di scatto verso il direttore. «Niente giochetti mentali, sono...» In quel momento Shim afferrò il cristallo, prese la mira e lanciò. L'ovale grigiastro colpì la tempia dell'elfa con un soddisfacente suono sordo, poi rimbalzò sul pavimento e si perse tra le pietre mentre questa si afflosciava al suolo. Dopo tutto, non era obbligatorio attivarlo. «L'ho usato, contento?», commentò il detective mentre si affrettava a raggiungere il ministro e disarmarlo prima che potesse riprendersi. In quel momento si udì un rumore di passi, e l'eterogenea – quanto ormai inutile – squadra di soccorso fece il suo ingresso.
«Non credo che l'ambasciatore sia mai stato in pericolo», stava spiegando Shim al direttore. «Non mi stupirei se fosse stato il primo ministro a farle arrivare quelle voci, immaginando cosa avrebbe fatto e procurandosi qualcuno da poter incolpare.» «Devo essere davvero prevedibile», sbuffò l'altro. «Non del tutto, perché una cosa non l'ho capita. Perché io?» Il direttore gli rivolse un altro dei suoi sorrisi studiati, e il nano notò quanto poco cambiassero nonostante il volto diverso. «Gli elfi scuri si fidano di lei. L'ha detto lei stesso, ne ha molti alle sue dipendenze, e tutti hanno ancora contatti...» La voce dell'imperatrice lo interruppe. «Detective, avrei piacere di parlarle in privato per qualche istante.» Il nano non disse nulla, fece solo un cenno del capo al suo interlocutore per congedarsene e si avviò dietro l'elfo, che lo condusse in una saletta privata, lontano dall'ex sala del trono e dalla confusione che ancora vi regnava. «Che intenzioni ha adesso?», gli domandò quando ebbe chiuso la porta. «Tornare a casa, farmi un bel bagno, le solite cose», replicò lui. «Sa cosa intendo. Che farà di quello che sa di me?» «Cosa dovrei farne? Come avete detto, io non ho alcuna autorità qui sotto per potervi accusare. E in tutta onestà non avrei motivo di farlo neppure in caso contrario, questi non sono affari miei dopo tutto.» «Immagino di non avere altra scelta che fidarmi.» «Credo anche io... imperatrice.» «Malkan.» «Prego?» «È il mio nome. Mi ha salvato la vita e sa già tutto il resto, non vedo perché non debba conoscere anche quello.» Shim sorrise. «Che farete adesso? Quanto pensate che ci vorrà prima che qualcun altro capisca quello che ho capito io?» L'elfo non rispose. «Giusto, non è un mio problema.» «No, no, stavo riflettendo. Dovrò restare isolato, questo è certo. Meno persone incontrerò, meno rischi ci saranno.» «E nessuno si chiederà perché?» «Non sarà la prima né l'ultima volta che un'imperatrice fa vita da reclusa. Ci ripetiamo sempre che i tempi sono cambiati, ma ha visto la verità detective, ha visto dove può ancora spingersi la mia gente per il potere. Non ci si può fidare di un elfo scuro.» «Io lo faccio. Basta scegliere quelli giusti.» «Forse è così. Magari un giorno glielo saprò dire.» «Avete mai visitato la superficie?» L'elfo assunse un'espressione incerta. «No, mai.» «Dovreste. In fin dei conti non avete ancora incontrato l'ambasciatore, quello vero, né parlato col nostro sfuggente alto prelato. Credo siano mali necessari della sua posizione, e questo posto sarà inutilizzabile per un po'.» «Sì, si potrebbe fare... e poi?» «E poi c'è della gente che un giovane elfo scuro potrebbe voler conoscere. Gente affidabile, su cui poter contare in caso di necessità... e in grado di risolvere piccoli problemi se dovesse presentarsi un'emergenza. L'isolamento pesa meno con qualcuno a cui dare fiducia e una via di fuga pronta quando se ne sente il bisogno.» «E farebbe questo... perché?» «Ve l'ho detto. Cerco di scegliere l'elfo giusto di cui fidarmi. Specie dopo aver visto le alternative.» L'elfo gli rivolse un sorriso. Shim rispose con qualcosa che gli assomigliava. Aveva finito per impelagarsi in quelle faccende politiche da cui avrebbe tanto voluto tenersi fuori, ma dopo tutto, pensò, quel genere di politica non si distaccava troppo dal suo lavoro. Come nel suo mestiere, il trucco era guardare oltre la superficie delle cose. E, a volte, fingere di non avervi visto nulla di diverso.
Edited by CMT - 1/11/2010, 20:54
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