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Freddo. Era questo il peso della conoscenza. Era il freddo. Ormai stava lì seduto da ore. O erano stati pochi minuti interminabili nella sua testa? Il tempo ora non aveva più importanza. L’importante era come lo avvertiva. Dopo aver mangiato quella mela maledetta anche il tempo sembrava aver cambiato il suo corso. Ora non ci sarebbero più state giornate interminabili in quel giardino meraviglioso, ma ogni giorno sarebbe morto e poi risorto e prima o poi, anche lui, proprio come il sole, si sarebbe spento, lasciando solo il buio al suo passaggio. Tutto era cambiato, ogni minima cosa sembrava avere un sapore diverso, proibito prima alla sua anima. Se ancora gliene rimaneva una di anima. Adamo non aveva mai tremato prima d’ora. Il freddo lo impauriva poiché non lo aveva mai sentito. Possibile che fosse questo “freddo” la conoscenza tanto celata dal Signore?
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Quando Adamo nacque la prima cosa che vide furono gli occhi di Dio intenti a fissarlo. In quegli occhi ci si potevano vedere le stelle del cosmo e in quel luccichìo beato di forme e colori Adamo identificò suo padre. Adamo imparò in fretta le leggi di Dio. Erano leggi semplici, intrinseche al suo animo, connaturate alla sua mente e Dio si stupì della sua capacità di apprendimento, tanto che decise di fargli dono della parola. Il Logos divino, il Verbo, donò un ulteriore pezzo di sé alla sua creazione che, ben presto, incominciò ad esprimersi formulando pensieri via via più articolati, fino a quando un giorno richiese addirittura la compagnia di un altro uomo. L’Onnisciente creò un altro essere, un animale complementare ad Adamo, un’essenza capace di comprendere ciò che il primo uomo non poteva immediatamente capire. Nacque Lilith. Adamo fu sorpreso di non ritrovare se stesso in quella figura e attratto dalle novità di quel corpo longilineo e fragile, incominciò a interagire con quel nuovo animale tanto simile e tanto diverso da lui. Lilith nacque già dotata del dono della parola e i due incominciarono a interloquire sempre più spesso sul perché delle cose, interrogandosi sui principi fondamentali dell’universo, ogni volta più ansiosi di conoscere e di comprendere ciò che solo Dio poteva insegnare loro. Il Signore guardava sempre con gioia i progressi delle sue creature e, come uno scienziato con delle cavie, incominciò a testare l’intelligenza dei suoi due prodotti, curioso di capire fino a quale punto l’uomo potesse esserGli simile. Un giorno sottopose Adamo di fronte a un semplice quesito matematico. Dopo averci riflettuto per pochi minuti, la creatura di Dio superò la prova e da quel momento insistette affinché il Signore gli insegnasse le leggi matematiche che regolano il cosmo. Testato l’acume d’Adamo, il Logos cercò di sperimentare quello di Lilith, ma questa si dimostrò indifferente al Suo indovinello e dopo averLo fissato negli occhi, scappò via in silenzio.
Nell’Eden senza tempo le prime creature di Dio continuarono a passare la loro esistenza all’insegna della scoperta. Adamo conosceva cose sempre nuove, anche senza che il Signore gliele avesse mai insegnate, mentre Lilith continuava a chiudersi in se stessa, evitando spesso le visite del Creatore.
Molti mesi trascorsero tranquilli nel bel mezzo di quell’eternità, fino a quando un giorno un Serafino volò velocemente dal Signore portando tra le mani uno strano oggetto. Dio non parve sorpreso di quella visita, anzi sembrò quasi che la stesse attendendo. Non c’è nulla che l’Onnisciente non conosca e perciò comprese da subito il motivo per il quale il Serafino aveva volato così di fretta per parlarGli. L’essere alato era impaurito, poiché, girovagando nel giardino senza tempo, si era imbattuto casualmente in qualcosa che non aveva certamente mai visto. Tutto questo per l’Angelo era sconvolgente, come era possibile che abitando nell’Eden dall’alba dei tempi non avesse mai notato quell’oggetto? Non c’erano dubbi, quello strano agglomerato d’argilla non poteva essere opera del Signore, ma allora come poteva trovarsi nell’Eden dove tutto è la Grande Opera del Divino? Quando Dio chiese al Serafino di fargli vedere l’oggetto ne rimase sconcertato. La perfezione e la precisione di quella statuetta d’argilla erano impressionanti.
- Signore, non trovate strana la forma di questo pezzo di terra? - Serafino, questo non è un semplice agglomerato di terriccio. Questa è la riproduzione del corpo di Lilith, questa è una piccola statua. Questa è una creazione non mia.
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Il Signore rigirò la statuetta tra le mani milioni di volte, ne osservò i lineamenti levigati, le forme morbide che tanto rendevano la sua Lilith la più armoniosa delle femmine, addirittura ne contò i capelli che Adamo era riuscito ad imprimere in quei pochi centimetri di argilla grezza. Era un’opera perfetta, non vi erano dubbi. Anzi, no. Era più che perfetta. Quella rappresentazione in miniatura era addirittura superiore alla Lilith in carne e ossa che Lui aveva creato. Le sue forme apparvero al Signore migliorate, il suo viso più espressivo, il suo collo più sottile, la sua vita più stretta, i suoi fianchi più morbidi. Forse in quel piccolo pezzetto di fango v’era addirittura più anima di quanta Lui stesso avesse potuto imprimere nel petto delle sue due creazioni. Che terribile dolore. Mai, mai il Signore aveva osato donare alla sue creature il potere di creare. Quel dono non poteva che appartenere a Lui e a Lui soltanto. Come aveva potuto Adamo spingersi così oltre? Come aveva potuto creare una seconda Lilith quasi migliore della prima e quanto avrebbe impiegato per imparare a dare la vita a quei suoi manichini d’argilla? Dio si immaginò un secondo Serafino che, esterrefatto, gli consegnava nelle mani non più un pezzetto di melma inanimato, ma una bambolina danzante, un fantoccio scattante, ancora lontano dalla perfezione dell’uomo, eppure già capace di muoversi, già capace di animarsi! Che ne sarebbe stato di Lui? Quanto Adamo sarebbe stato totalmente “a Sua immagine e somiglianza”? E soprattutto, quanto tempo aveva per intervenire prima che fosse spodestato? Il Signore pensò a Se Stesso, festoso e gioioso per i giardini dell’Eden, mentre come un cane vecchio e ormai tardo, domandava in maniera affannosa come Adamo avesse potuto creare “questo” o “quello” o come avesse potuto migliorare “quest’altro”. Già Si vedeva, Lui che domandava e la sua vecchia creazione che rispondeva con aria accondiscendente, esattamente come Lui aveva fatto i primi tempi, quando l’uomo non era che un cucciolo alla scoperta delle cose basilari e tutto Gli sembrava, tranne che un futuro rivale.
Bisognava sbarazzarsene e al più presto.
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Il giorno seguente quando Adamo si svegliò non trovò Lilith al suo fianco. Lilith era solita chiudersi nei suoi pensieri e nonostante lei fosse sempre capace di leggere quelli del suo compagno, Adamo quasi mai era in grado di comprendere cosa le passasse per la testa. Lilith non si interessava né della matematica né dell’astronomia né dello studio degli animali, non si appassionava a nessuna delle materie che affascinavamo Adamo e pur essendo molto spesso più astuta di lui e più veloce nei ragionamenti pratici, amava solamente riflettere in solitudine. Il suo sposo credeva che questa riflessione fosse fine a se stessa, ma non sapeva che in realtà Lilith rifletteva sull’unica cosa che si dovrebbe conoscere per capire il Tutto: Dio. Lei sapeva che per comprendere ogni cosa era necessario analizzare la matrice e la sua osservazione dell’Alfa e dell’Omega era ormai giunta all’apice.
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Adamo corse ansimante verso Lilith con una delle sue solite statuette nelle mani. In poco tempo aveva imparato a lavorare meglio l’argilla e a renderla anche più malleabile, il tutto senza che mai nessuno glielo avesse insegnato. Lilith guardava con ammirazione i progressi del compagno e accoglieva quei doni con amore profondo, poiché era per lei che Adamo creava figure di donna che la ritraevano sempre in maniera più dettagliata. Eppure, nel profondo, la femmina avvertiva come un sesto senso, un istinto che la metteva in guardia di fronte a quelle creazioni così spontanee e curate. Decise così di parlarne al suo sposo.
- Adamo, il mio cuore batte solo al ritmo del tuo e tu lo sai, è per questo che devo parlarti. - Lilith, i tuoi capelli rossi come il fuoco bruciano la mia anima, sai che puoi dirmi qualunque cosa. Nel frattempo, prendi: questa sei tu.
Lilith prese in mano quella piccola effige del suo corpo. Gli occhi di quel fango sembravano quasi potersi muovere e chissà se stavano già osservando il mondo con la vista autonoma di un ente che, però, non ha parola per esprimersi.
- Adamo, è di questo che voglio parlarti. - Non ti piace il mio dono? Come può non piacerti? Osserva! Guarda, ecco, qui, guarda, vedi che viso? Sei tu e sei bellissima. E’ la migliore opera che abbia mai fatto.
Lilith sorrise di un sorriso materno e poi baciò quell’uomo così ingenuo.
- Sì, Adamo, è bellissima, si potrebbe definire perfetta. Anche più perfetta di me, anche migliore dell’opera di Dio.
Adamo fissò la compagna sbigottito. Niente era superiore alla Grande Opera Divina, come poteva Lilith pronunciare quelle parole?
- Lilith, ma cosa dici? Vuoi fare adirare il nostro Dio? Non peccare di presunzione. - Adamo, sei tu che pecchi di modestia.
Allora Lilith decise di lasciare il compagno da solo, comprendendo che forse non sarebbe mai stato pronto per la verità. Si addentrò in parti sconosciute dell’Eden, lasciando riposare il suo corpo stanco e deluso sotto l’ombra di un meraviglioso albero di mele.
Al risveglio trovò un Cherubino accanto a sé.
- Il Signore vorrebbe avere il piacere di parlarti Lilith, sali con me su questa nuvola.
La donna salì e la nuvola incominciò a muoversi accompagnata da un vento leggero e caldo, fino a quando arrivò al cospetto di Dio.
Il Divino aveva un volto pallido e Lilith Lo trovò stanco, forse perché afflitto da pensieri nuovi anche per Lui.
- Lilith, dimmi, hai qualche nuova opera di Adamo da farmi vedere? - Sì, Signore. Tenete, questa l’ha terminata oggi stesso.
Anche l’Altissimo rimase sbigottito di fronte a quella creazione. Adamo era migliorato in pochissimo tempo e le prossime creazioni sarebbero state sempre più belle, fino a quando una piccola Lilith d’argilla avrebbe pronunciato il nome dell’uomo che l’aveva creata. Il nome non più di Dio ma di Adamo e lì sarebbe stato l’inizio della fine.
- Adamo è migliorato tantissimo- disse il Signore. - E’ vero, è sempre più bravo. Sembra quasi che queste statue abbiano un’anima.
Dio trasalì. Che Lilith avesse capito tutto? Si era forse concentrato troppo sull’uomo senza rendersi conto che la vera minaccia era femminea?
- Lilith, dimmi ciò che sai.
Il tono di voce di Dio si fece duro, aspro, preoccupato e Lilith non poté che rispondere.
- Io so che la Tua opera è grande, io so che il tuo potere è così immenso da poter creare di volta in volta qualcosa che superi addirittura te stesso. La tua grandezza è nel creare opere più grandi di te, superandoti sempre. Ma so anche che, invece di gioire di questo tuo dono, ne soffri e te ne logori il petto, pauroso di poter un giorno essere spodestato dal trono su cui siedi. - Cosa ti fa credere che quel che dici sia il vero? - Adamo non potrà mai capirlo, ma io, io sono la Tua Seconda Opera e quando le cose vengono fatte per una seconda volta superano sempre in bellezza e perfezione quelle che furono fatte in precedenza. Proprio come Adamo che creò inizialmente figure informi e ora dà vita a dei corpi perfetti. Perfetti anche più del mio. Perfetti anche più della Tua mano d’artista.
Ci fu solo il silenzio. Poi il Signore decise.
- Lilith, sai che ora non posso tenerti più qui? - Sì, Signore. Ero già pronta ad andarmene. Un’unica cosa, lascia che io parli per un’ultima volta ad Adamo. - Ti è concesso, ma non riuscirai a convincerlo della verità. - Lo so, Adamo ama il suo Dio, come io amo il mio. - E chi è il tuo Dio, Lilith? - Il mio unico Dio è l’Uomo.
Allora Lilith voltò le spalle al Padre, pronta per un ultimo tentativo. Il cuore le esplodeva, tutto le moriva dentro. Se Adamo non avesse capito, non lo avrebbe mai più visto. Mai più il suo sorriso, mai più le sue mani, mai più gli occhi brillanti, tutto moriva con Adamo. Tutto le moriva nel petto.
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Adamo non sapeva se essere adirato o no con la sua Lilith. Lui l’amava, ma niente poteva competere con l’amore di Dio e lei aveva insinuato una cosa terribile. E se un giorno avesse dovuto scegliere tra Dio e Lilith, chi avrebbe mai scelto? Gli animali non erano capaci di colmare quel vuoto di solitudine che aveva avvertito prima dell’arrivo della sua sposa. Ora che ci pensava, tutto era cambiato da quando lei era arrivata, ogni cosa aveva assunto un valore nuovo e poi insieme, confrontandosi e parlando, avevano scoperto altri modi di intendere il mondo. Quanto era cambiato da quando lei era arrivata! Poi Adamo la vide avvicinarsi accompagnata da un Cherubino su una nuvola alata. Aveva forse fatto visita al Signore? Il Divino si era adirato per ciò che lei aveva detto? Il primo uomo allora corse verso la prima donna, forse sapendo che era ormai tempo di salutarsi.
- Lilith hai il viso preoccupato, sei cupa, che cosa è accaduto?
Lei gli prese la mano baciandola lentamente e poi la strinse mentre lo guardava fisso con i suoi occhi lucidi di lacrime.
- Adamo, io devo andare. - Dove, dove devi andare? Perché? Il Signore si è infuriato con te per quello che hai detto? Oh, ti prego, dillo che non lo pensavi, dillo che è stato uno sbaglio, Lui è misericordioso. Lilith, dillo, dillo! - No Adamo, non posso, mentire sarebbe un peccato peggiore. - No, devi dirlo! Resta con me Lilith, non andare ti prego, resta con me, tu devi dirlo!
Lui le afferrò le braccia e poi la strinse forte. Povero Adamo. Si attaccò a quel corpo non volendosene più staccare, desiderando di divenire un’unica cosa con lei. Perché il Signore aveva creato lui e la sua amata divisi e perché ora permetteva che si separassero?
- Adamo, non tutto è perduto. C’è ancora una cosa da poter fare. - Dimmi cosa e io la farò. - Vieni con me Adamo, vieni con me in un nuovo Eden mio e tuo. Vieni con me e sarai un nuovo Dio, vieni con me e vivremo della nostra grandezza. Vieni con me e staremo insieme per sempre.
Adamo cadde allora a terra, tremante, impaurito, con le lacrime che gli invadevano gli zigomi mascolini.
- Lilith, ora devi andare. - Perché non comprendi ancora la tua grandezza? - Devi andare, non puoi più restare. - Capisco.
Così Lilith si voltò prendendo la sua nuova strada, quella che sarebbe dovuta diventare la strada dell’Uomo. Prima di uscire dall’Eden si girò per un’ultima volta verso Adamo. Lo vide ancora in lacrime inginocchiato per terra, corroso dal dolore dell’addio e già morto a causa della sua scelta. Lei gli disse solo un’ultima cosa.
- Se hai mai amato questo corpo, se conosci il sentimento che provo per te e se sai quanto mi sia impossibile mentirti, ricorda questo: non fidarti di ciò che Lui ti dirà.
Poi la sua figura scomparve accompagnata da tre angeli e Adamo non la rivide mai più.
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I giorni successivi al loro addio furono terribili. Invano il Signore cercava di consolare la sua creatura che ormai era diventata apatica, quasi non viva, come se Lilith se ne fosse portata via un pezzo d’anima. Adamo non creava più statuette né si interessava alla geometria o alle stelle del firmamento. Tutto era morto, tutto era morto con Lilith. Un giorno però, non potendo più sopportare la tristezza e la solitudine, Adamo decise di dimenticare la sua vecchia compagna e per disperazione ne richiese una nuova.
Che fare? Se Lilith era già nata superiore ad Adamo, una seconda donna di quanto avrebbe superato Lilith? Allora Dio invece di creare una nuova creatura, fece sbocciare un terzo essere da una costola di Adamo, essendo così sicuro che sarebbe stato addirittura inferiore al primo uomo. Nacque Eva. Per lei fu difficile imparare a parlare e, anche dopo averlo fatto, i suoi discorsi parvero sempre inconcludenti ad Adamo che, ben presto, si rese conto che mai avrebbe potuto competere con l’intelletto di Lilith. Anche il corpo di Eva era diverso. I capelli non erano più rossi ma, come se avessero perso il loro colore, brillavano di sfumature dorate; la pelle era spenta; e gli occhi non più verdi come l’erba, ma azzurri, di un limpido vuoto, come se nascondessero il nulla, non sapevano più accendere l’amore di Adamo. Eppure lui trasse giovamento dalla nuova compagnia. Certo, lei non era capace di capirlo né di aiutarlo nelle sue ricerche, ma era pacata, tranquilla, Eva faceva sempre ciò che le veniva detto. Così Adamo non solo trovò la compagnia di una nuova amante, ma anche il piacere di un animale docile e addomesticabile che guardava a lui come una stella da seguire e mai da contraddire.
Il tempo passò e passò, tanti soli e tante lune si alternarono in quel luogo eterno.
Adamo si stava lentamente riprendendo, il suo sguardo era ritornato acceso, eppure al Signore non si poteva nascondere quel velo di nostalgia che ancora lo legava alla prima donna. Fino a quando l’uomo scoprì un altro dono della sua mente. Era il dono del ricordo. Il ricordo, la nostalgia e la memoria erano tutti mezzi che permettevano al figlio di Dio di tornare dalla sua vera metà. Ogni notte, quando Eva si lasciava catturare da sogni vuoti e neri, lo sguardo di Adamo, ammirando il pallore luminoso della Luna, rivedeva la pelle della sua Lilith. La mente consentiva ad Adamo di avere il dominio del tempo e ben presto imparò che gli era possibile tornare nel passato e rivivere ciò che era stato. Ogni fibra del suo corpo era legata ad almeno un ricordo della sua donna e ogni notte, meticolosamente, Adamo ne faceva rivivere un pezzo. Poi, una notte, dopo innumerevoli canti alla Luna e alle stelle, l’Uomo ritrovò la sua ispirazione.
Adamo ricominciò a modellare effigi di una donna perduta. Il ricordo e la lontananza resero quei piccoli pezzi di materia vivi di un dolore palpabile, in essi si rivedeva ciò che Adamo provava, in essi c’era pura vita.
Fu allora, poco prima che un nuovo essere nascesse dalle mani dell’uomo, che il peccato, che non vive solo nella creatura, ma si genera nel Creatore stesso, si fece vivo nell’animo del Padre e la gelosia più estrema si unì all’astuzia di un essere che tutto sa e che tutto può. Mai Adamo avrebbe disobbedito ad un Suo divieto, questo Lui lo sapeva bene, eppure quell’animale sciocco e buffo, quell’agglomerato di materia infima, quella terza creazione imperfetta, era facile da persuadere e perciò sarebbe stata lei la mira della follia divina.
E così Dio creò il peccato assieme alla mela e assieme alla mela creò la mano di Eva che l’avrebbe afferrata. E soprattutto creò un Adamo troppo sciocco e ingenuo, un Adamo che mai avrebbe rifiutato l’offerta della sua compagna.
Con una mela rossa tutto finì. Bastò solo un morso e il Creatore riuscì a tentare la Creatura. Poi il nulla. Poi la cacciata. Poi il freddo. Poi solo il ricordo di Lilith.
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Ancora oggi Dio piange la sua solitudine.
Adamo, invece, non sa più creare. Nemmeno il ricordo di Lilith può riportarlo a quella capacità divina. Lilith. Era lei la sua ispirazione, era lei, lei che era divina, lei la sua musa. Adamo raffigurava Lilith perché lei era il suo Assoluto. Lei il suo Dio. Ma ormai tutto è perso. Ormai tutto è sbagliato. Quante lacrime sul volto di Dio. A noi figli di Adamo non rimane che il peccato del Creatore, il peccato di aver allontanato le sue Grandi Opere distruggendole. Siamo figli del più grande dei peccatori. Siamo tutti uomini.
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Freddo. Solo freddo. E’ questo il peso della conoscenza? E’ questo quello che si dovrebbe sentire, è questa la verità data da quella mela? Adamo guarda il corpo di Eva. E’ impaurita. Più spaventata di lui. Lilith avrebbe saputo cosa fare. Ma ora non c’è. Lui l’ha lasciata andare via in nome di un Dio fin troppo umano e ora al suo posto c’è terra arida e dolore. E’ questo il peso della conoscenza? E’ questo freddo quello che la mela maledetta nascondeva?
Adamo continua a guardare Eva. Povera Eva, lei non può capire, non potrà mai. Lui deve proteggerla, non è forte come Lilith, è un essere fragile.
E’ questo il peso della conoscenza? No, non può essere.
Eppure, eppure c’è qualcosa che suona ancora nella mente di Adamo. Qualcosa che una donna dai capelli rossi una volta gli disse prima di scomparire dalla sua vita, un qualcosa che ora risuona nella sua mente come un martello sull’incudine.
“Vieni con me Adamo, vieni con me in un nuovo Eden mio e tuo. Vieni con me e sarai un nuovo Dio, vieni con me e vivremo della nostra grandezza. Vieni con me e staremo insieme per sempre”
La conoscenza era sempre stata lì. Il frutto non era che un misero pretesto per essere scacciati. La conoscenza riposava nel ventre caldo di Lilith, non c’era mela più peccaminosa di quella donna. Lei, la vera tentazione, lei, la vera Verità.
La consapevolezza più grande era quella di vivere sotto un cielo senza Dio. La consapevolezza era nel riconoscere in se stessi le proprie divinità. E Lilith lo sapeva.
Adesso il freddo si attenua, adesso il sangue scorre veloce nelle vene e tutto ha un calore indicibile.
Adamo si alza. Ha già perdonato il Padre. Ora ha un nuovo regno da costruire e un nuovo essere di cui prendersi cura.
Ma l’obiettivo più grande, sarà tornare ad essere il Dio di Lilith.
Edited by Zenobia - 7/12/2010, 16:37
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