Una ragazza ingenua
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Una ragazza ingenua

di Marcello Gagliani Caputo (quasi 20.000 car)

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  1. margaca
     
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    Non appena la sveglia sul comodino segnò le 23.00, Nadia si tolse le coperte di dosso e camminò verso la porta della camera. L’aprì lentamente e rimase ad ascoltare trattenendo il fiato: silenzio assoluto, sembravano essere andati a dormire.
    Richiuse la porta e poi andò alla finestra. L'aprì e vide subito due fari accendersi e lampeggiare un paio di volte. La ragazza lanciò un’ultima occhiata alla porta e poi si infilò un giaccone scavalcando e calandosi dall’albero di cachi su cui suo padre tanti anni prima aveva ricavato una improvvisata altalena. Dopo pochi secondi atterrò sul prato e corse verso l’auto. Lo sportello si aprì e lei si buttò dentro.
    «Prima o poi dovremo smetterla di vederci così».
    Nadia guardò Marco e lo baciò sulle labbra.
    «E perché mai?» Chiese dopo.
    «Come perché? Ti sembra normale che da quasi un anno siamo costretti a questi incontri clandestini?»
    «Non è colpa mia se tuo padre odia il mio». Rispose lei mettendo il broncio.
    Il ragazzo la guardò e sentì un brivido. Era bellissima, quasi ammaliante: ogni volta avrebbe voluto parlarle, spiegarle che stavano sbagliando tutto, che dovevano trovare una soluzione alternativa a quella tresca segreta, ma alla fine crollava e si lasciava trasportare dalla passione. Allungò la mano e le carezzò i capelli. Nadia si voltò e sorrise, poi gli prese la mano e se la spostò sul seno. Con l’altra si sbottonò la camicetta.
    «Mi farai impazzire», mormorò Marco.
    Nadia abbassò la mano fino ai pantaloni e aprì i jeans con un gesto sicuro.
    Lui rimase immobile, gustandosi quel momento, e poi si piegò a baciarla quasi con rabbia.

    «Ti amo», mormorò Marco mezz’ora più tardi guardandola mentre si rivestiva.
    Lei gli indirizzò un’occhiata lasciva e finì di chiudersi la camicetta.
    «Domani qui alla stessa ora?» Chiese guardandosi allo specchietto retrovisore dell’auto.
    Marco la guardò e si chiese se mai avrebbe avuto il coraggio di parlarle.
    «Sì, certo», rispose alla fine.
    Lei sorrise e gli stampò un bacio sulle labbra.
    «Buonanotte, amore mio». Aprì lo sportello e corse verso casa.
    Il ragazzo la seguì arrampicarsi sull’albero e scomparire dentro la camera da letto, poi mise in moto e partì.

    Come tutte le mattina, alle otto in punto l’auto si fermò davanti alla scuola e l’autista le aprì lo sportello.
    «Prego, signorina».
    Nadia lo guardò e sentì l’istinto di tirargli addosso lo zaino. Non lo sopportava proprio, era l’uomo più viscido che avesse mai conosciuto. Quel suo sguardo fintamente servizievole nascondeva sicuramente una persona arida ed egoista, un vero avvoltoio. Aveva provato più volte a parlarne col padre, ma lui l’aveva sempre liquidata con un sorriso e un gesto della mano: “lo conosco da una vita, abbiamo fatto la scuola insieme, Aldo è la persona più affidabile e fedele di questo mondo”. Ma lei non riusciva a digerirlo proprio, il suo sesto senso le diceva che era un uomo spregevole. Si costrinse a sorridere e scese dalla macchina. Lui si tolse il cappello e aspettò di vederla entrare a scuola, poi tornò dentro e sparì sgommando.
    Nadia aspettò che l’auto scomparisse e poi tornò fuori. Salutò un paio di compagne di scuola e si guardò attorno, poi sentì il cellulare suonare: era arrivato un sms. Lo lesse e sorrise: Sono nel vicolo di fronte. Controllò che non ci fossero altre compagne e attraversò la strada come un fulmine, sparendo nel vicolo. L’auto era lì, parcheggiata accanto ai cassonetti della spazzatura. La raggiunse e ci saltò dentro come aveva fatto la sera prima.
    «Dove mi porti oggi?» Chiese.
    Marco scosse la testa.
    «Mi dispiace, ma oggi ti tocca andare a scuola».
    Sul volto di Nadia riapparve l’espressione crucciata.
    «Perché? Oggi dovevamo andare in quel ristorantino, me l’avevi promesso».
    Lui allargò le braccia.
    «Mi dispiace, ma ho un impegno, una cosa importante, forse un lavoro».
    Nadia tornò allegra.
    «Un lavoro? Dici davvero? Così potrai portarmi via da questo paese di merda».
    Marco annuì.
    Lei gli si lanciò addosso e lo abbracciò con tutto il trasporto di cui era capace.
    «Ti amo, ti amo, ti amo», gli mormorò in un orecchio.
    Il ragazzo si liberò delicatamente dalla stretta e le carezzò il viso.
    «Anche io e spero davvero di poterti portare via da qui».
    Nadia lo baciò e poi aprì lo sportello.
    «Ok, allora vado sennò la professoressa si incazza, ci sentiamo dopo. In bocca al lupo e fammi sapere».
    Marco le sorrise e la guardò dallo specchietto fino a quando non la vide sparire dentro la scuola. Allora partì col cuore che batteva forte nel petto.
    Guidò veloce fino al lungomare. Non c’era nessuno, tranne un anziano ciclista che si stava rifocillando bevendo da una borraccia. Marco parcheggiò e attraversò la strada, scendendo le scale fino alla spiaggia. Si tolse le scarpe e raggiunse la battigia, fermandosi a pochi passi dall’acqua. Il mare era calmo e limpido. Le onde scivolavano leggere sulla sabbia trasportando il loro carico di detriti marini. Guardò l’orizzonte e vide una nave che andava chissà dove e per un attimo sognò di essere a bordo, di essere in viaggio verso un nuovo mondo e una nuova vita insieme alla sua Nadia.
    «E’ una nave da crociera».
    Dal nulla era sbucato un uomo e si era fermato accanto a lui.
    Marco si voltò e abbozzò un sorriso.
    «Ciao, Giacomo».
    «Ho lavorato per quasi dieci anni a bordo di una nave da crociera», aggiunse l’uomo, «i migliori anni della mia vita».
    «Un giorno mi piacerebbe fare una crociera», ribatté il ragazzo, «magari attraverso tutto il Mediterraneo».
    «E magari insieme a una bella ragazza».
    Marco sorrise.
    «Come stanno i tuoi genitori?» Domandò Giacomo.
    «Così e così. Mia madre ha avuto un po’ di problemi con la pressione, ha dovuto fare un sacco di analisi ed esami, ma adesso sta molto meglio, speriamo sia stato soltanto un fastidio passeggero».
    «Mi dispiace, se posso fare qualcosa…»
    Marco lo guardò e scosse la testa.
    «Grazie comunque».
    L’altro annuì e tornò a guardare l’orizzonte.
    «Allora, se non sbaglio noi due dovevamo parlare di qualcosa».
    «Sono due giorni che quasi non dormo». Sorrise.
    Giacomo gli poggiò una mano sulla spalla.
    «Ti capisco, ma purtroppo non ho trovato niente di interessante».
    Marco lo guardò deluso.
    «Ci contavo». Mormorò in preda allo sconforto.
    «Lo so, ma non sempre le cose vanno come si vorrebbe».
    Il ragazzo spostò gli occhi sul mare e annuì.
    «Adesso devo andare», concluse l’uomo, «mi aspettano in paese». Diede una pacca sulla spalla di Marco e si voltò, tornando sui suoi passi poco dopo.
    «Oh, dimenticavo una cosa…» tornò indietro.
    Marco si girò e lo vide avvicinarsi sorridendo.
    «Adesso che ci penso, per la verità avrei un’offerta da farti».
    Il ragazzo fece un passo avanti e aspettò di nuovo speranzoso.
    «Sono disposto ad adeguarmi a fare qualunque cosa».
    Giacomo lo raggiunse e infilò le mani nelle tasche dei pantaloni.
    «La tua ragazza ha davvero un corpo magnifico, sei davvero fortunato a scoparla».
    Marco ebbe un brivido e il cuore riprese a battergli forte.
    «C… cosa?» balbettò.
    «Nadia, sei proprio fortunato ad andare a letto con lei».
    Il ragazzo cercò di parlare, ma riuscì soltanto a emettere un mugolio.
    «Non preoccuparti», sorrise l’uomo, «non voglio fare la spia, voglio aiutarvi a continuare a tenere nascosta la vostra relazione».
    Marco si leccò le labbra secche e guardò intorno. Non c’era nessuno, le loro voci erano gli unici rumori che si sentivano e perfino il mare sembrava essersi fatto silenzioso.
    «Che cosa vuoi da noi?»
    Giacomo sorrise ancora.
    «Te l’ho detto, voglio aiutarvi. Sai bene che se le vostre famiglie venissero a sapere di voi due, in paese succederebbe il finimondo. Lei molto probabilmente verrebbe spedita in qualche collegio in Svizzera e tu perderesti ogni possibilità di succedere a tuo padre alla guida dell’azienda di famiglia. Non vuoi che succeda, giusto?»
    «Come lo hai saputo?» Domandò Marco sconvolto.
    Lui allargò le braccia.
    «Me l’ha detto un uccellino…» sulle labbra gli si disegnò un sorriso di scherno.
    «Presto scapperemo via». Reagì con rabbia Marco. Sentiva le lacrime spingere, ma riuscì a ributtarle dentro.
    «E dove andrete?» Chiese divertito Giacomo.
    «Non lo so ancora, ma sicuramente lontano da qui».
    L’altro rise di gusto.
    «Siete due mocciosi e tu non hai neanche un lavoro!»
    «Lo troverò presto». Marco strinse i pugni sentendo tremare le gambe.
    L’uomo lo guardò e il sorriso si spense bruscamente. Lo afferrò per la camicia e lo tirò a sé.
    «Senti, ragazzino, tu e quella puttanella siete nella merda fino al collo e se vuoi tirartene fuori, dai ascolto a me. Io so tutto, so dei vostri incontri segreti, so delle scopate che vi fate nella tua macchina, so degli spinelli che fumate di nascosto. Se parlassi, per te sarebbe la fine e per lei si aprirebbero le porte dell’inferno».
    «Che cosa vuoi da noi?» Piagnucolò Marco.
    «Voglio che paghiate il mio silenzio, e voglio anche scoparmi quel bel bocconcino di figliola quando ne ho voglia».
    Il ragazzo sbarrò gli occhi e cercò goffamente di liberarsi.
    Giacomo lo mollò e lui cadde sulla sabbia.
    «Se ti azzardi a toccarla anche con un dito, ti ammazzo».
    L’altro rise e lo guardò quasi con pietà.
    «Sei patetico, se volete continuare a vedervi cominciate a pensare a come pagare il mio silenzio».
    Marco si sistemò la camicia.
    «Da noi non avrai niente e se ti avvicini a Nadia ti ammazzo con le mie mani».
    Giacomo scosse la testa deluso.
    «Pensavo fossi una persona intelligente, e invece ti stai dimostrando soltanto uno stupido piscialletto».
    Marco tenne lo sguardo fermo e ributtò dentro le lacrime.
    «Ok», concluse Giacomo, «vedremo cosa succederà…» gli strizzò l’occhio e andò via.
    Marco rimase lì per un tempo che non seppe calcolare. Non fu in grado di muoversi, sentiva le gambe molli e le onde gli stavano bagnando i vestiti. Tremava come un bambino. Le lacrime presero a scendergli copiose sulle guance e pianse fino a quando non sentì una voce vicino a lui.
    «Ragazzo, stai bene?»
    Si voltò e vide una donna con un cagnolino.
    «Va tutto bene?» gli chiese ancora.
    Marco la guardò e poi si alzò correndo via senza voltarsi.
    Dentro la macchina, colpì il volante con violenza un paio di volte e poi guardò l’orologio: erano quasi le undici, era rimasto sulla spiaggia per più di un’ora. Chissà se quell’uomo aveva già raccontato quanto sapeva.
    Mise in moto e partì veloce verso il paese.

    Vide Nadia uscire dalla scuola e fermarsi a chiacchierare con alcune amiche. Sembrava arrabbiata e dai gesti che faceva con le mani stava forse spiegando le sue ragioni alle compagne di classe.
    Marco ebbe l’impulso di aprire lo sportello e correrle incontro, ma alla fine se ne rimase tranquillo, aspettando che fosse da sola. Aveva girovagato per le strade cercando di far sbollire la rabbia, ma era soltanto riuscito a litigare con un paio di persone che non avevano rispettato lo stop a un incrocio e a fare avanti e indietro sempre dagli stessi posti. Alla fine era arrivato davanti alla scuola di Nadia e si era fermato, rimanendo lì per due ore, in attesa che gli studenti uscissero.
    Dopo circa dieci minuti, la ragazza salutò l’ultima amica e si guardò attorno, come se cercasse qualcuno. Marco suonò il clacson due volte e lei guardò nella sua direzione. Si lanciò un’ultima occhiata attorno e si incamminò verso l’auto. Saltò dentro controllando se qualcuno li stesse guardando e la macchina partì fermandosi mezz’ora dopo sul lungomare.
    «Non ci ha seguito nessuno, tranquillo», disse Nadia guardando Marco controllare attorno.
    Lui abbozzò un sorriso stentato.
    «Va tutto bene?» Chiese Nadia.
    Marco annuì.
    Lei gli carezzò un guancia e gli prese una mano. Afferrò l’indice e se lo mise tra le labbra.
    «Ho voglia di fare l’amore qui, subito». Mormorò cercando di sbottonargli i pantaloni con l’altra mano.
    Il ragazzo la scostò delicatamente e la guardò.
    «Cosa c’è?» domandò sorpresa Nadia, «non hai voglia di fare l’amore con me?»
    Marco scosse la testa e guardò la strada.
    «Cosa c’è che non va?» Nadia gli prese una mano. «E’ successo qualcosa, te lo leggo negli occhi».
    Lui si passò una mano sui capelli.
    «Sanno di noi».
    La ragazza sorrise.
    «È questo che ti preoccupa?»
    «Certo, e dovresti esserlo anche tu. Lo sai cosa succederebbe se le nostre famiglie venissero a sapere della nostra storia?»
    Nadia annuì.
    «Certo che lo so, ma non me ne frega niente di loro», rispose secca, «non mi interessa se si odiano, se tuo padre ha fregato il mio oppure se è stato il mio a provare a fregare il tuo. Adesso siamo io e te, e io voglio fare l’amore». Allungò di nuovo le mano, ma Marco si divincolò ancora e colpì il volante con la mano.
    «Smettila! Possibile che sei così incosciente? Se non lo hai capito, se vogliamo veramente lasciare questo paese di merda, dobbiamo per forza fare affidamento sui nostri genitori».
    «Io non ho bisogno di nessuno», ribatté fiera la ragazza, «e adesso vieni qui, coglione…» Si sbottonò la camicetta e con un gesto veloce si tolse il reggiseno.
    Marco rimase immobile, quasi stregato.
    «Vieni qui», disse ancora Nadia, «adesso fammi vedere quanto mi ami».
    Fecero l’amore tra i sedili, e fu bello come mai prima.

    Mezz’ora dopo Marco era immobile con lo sguardo fisso davanti a sé e i palmi stretti attorno al volante, come intontito, poi sentì la mano della ragazza carezzargli il viso e si girò.
    «Ti porterò via da qui», le disse guardandola negli occhi, «te lo giuro. Ce ne andremo lontano, se sarà necessario ti porterò all’altro capo del mondo».
    «Mi prometti che mi amerai per sempre?» Gli chiese Nadia.
    Marco le prese la mano e gliela baciò.
    «Ti amo, con tutto il mio cuore».
    La ragazza sorrise.
    «Chi è il tizio che hai incontrato stamattina?»
    Marco cambiò espressione, tornando preoccupato.
    «Giacomo Spazziani, quel tizio che lavora in Comune, pensavo volesse aiutarmi a trovare un lavoro».
    Nadia annuì.
    «E dice di sapere di noi due…»
    Lui fece cenno di sì.
    «Che cosa ha chiesto per il silenzio?»
    Marco si sentì in imbarazzo.
    «Soldi, ma anche qualcos’altro».
    «Cosa?»
    Il ragazzo rimase un attimo in silenzio, cercando di trovare una risposta adeguata.
    «Vorrebbe che tu andassi a letto con lui».
    Inaspettatamente Nadia sorrise.
    «Pensavo peggio».
    «Come pensavi peggio? Non ti basta? Non so nemmeno quanti soldi vuole, potrebbe pure chiederci migliaia di euro, dove li prendiamo?»
    «Per un po’ eviteremo di vederci», ribatté Nadia, «faremo calmare le acque e se quel tizio parlerà coi nostri genitori, negheremo tutto. D’altronde sei così sicuro che gli credano? Loro sono convinti che tu mi faccia ancora antipatia, come quando eravamo piccoli, ti ricordi?» Gli sfuggì una risata.
    Marco non poté fare a meno di seguirla a ruota.
    «Ti ricordi quando ti ho buttato addosso quel secchio di vernice?» Chiese Nadia in preda al riso.
    Il ragazzo annuì.
    «Mi sono dovuto fare tre docce prima che andasse via quella puzza! Ma poi te l’ho fatta pagare».
    «Era il mio vestito preferito», rispose Nadia tornando seria, «sappi che ancora adesso ti odio per quello che hai fatto».
    «Lo so, lo so, mi ricordo ancora la faccia che hai fatto quando lo hai visto a brandelli!»
    La ragazza lo colpì su un braccio e riprese a ridere.
    «Perché non lo ammazziamo?»
    Marco sentì il sorriso morirgli sulle labbra. Guardò Nadia.
    «Cosa?»
    «Giacomo, ammazziamolo».
    Lui rimase senza parole.
    «Stai scherzando…»
    Sul volto della ragazza si allargò un ampio sorriso.
    «Certo!» Lo colpì ancora una volta sul braccio. «Non penserai che sia così stupida».
    Marco tirò un sospiro di sollievo.
    «Per un attimo ho creduto dicessi sul serio, mi hai spaventato».
    Lei guardò l’orologio.
    «Adesso è meglio se torniamo in paese, si sta facendo tardi».
    Il ragazzo annuì e mise in moto.

    Quando tornò a casa, Marco si chiuse nella sua camera e si lasciò andare sul letto. Non aveva idea di cosa fare con Giacomo, se denunciarlo o pagare o, come aveva suggerito Nadia, fare finta di niente e far calmare le acque nella speranza che nessuno gli credesse. Accese il pc e controllò il suo conto corrente: qualche soldo c’era ancora, ma sarebbero dovuti servire per la loro fuga d’amore e dentro di sé non voleva accettare di piegarsi a un ricatto.
    Si mise le mani sulla testa e chiuse gli occhi. Gli tornarono alla mente le parole di Nadia.
    «No», mormorò tra sé, «non possiamo».
    «Ammazziamolo». La parola cominciò a farsi largo nella sua mente. Era quella l’unica soluzione? Dentro la testa il pensiero prese forza e quasi senza rendersene conto si trovò a progettare un omicidio.
    «Potremmo accettare di pagare e tendergli un agguato», sussurrò fissando la parete, «il corpo potremmo gettarlo in mare». Chiuse gli occhi e poco dopo cadde nel sonno.

    Il cellulare trillò.
    Marco aprì gli occhi e si guardò attorno come se non sapesse dove si trovava. Si passò una mano sul volto e si rese conto di essersi addormentato vestito. Girò la testa e vide il cellulare lampeggiare. Sentì improvvisamente la bocca secca e il cuore accelerare i battiti. Una linea di sudore gli scivolò lungo la tempia sinistra, dentro la stanza aveva cominciato a fare un caldo insopportabile. Guardò accanto al letto, la sveglia segnava le 00:04. Allungò la mano e afferrò il telefonino.
    «Pronto?»
    «Ciao». Era Nadia.
    Marco tirò un sospiro e si rilassò.
    «Oh, sei tu».
    «Perché? Chi sarebbe dovuto essere?» Aveva una voce allegra, quasi divertita.
    «Sei a casa?» Le chiese il ragazzo.
    «No, non avevo sonno e ho deciso di fare una passeggiata. Sono arrivata fino alla spiaggia».
    «Fin lì? A quest’ora?» Si mise seduto.
    «Non ci sono andata da sola, ho trovato una persona gentile che mi ha dato un passaggio».
    «Cosa?»
    «Tranquillo, è solo un amico dei miei genitori».
    «Ma come diavolo ti è venuto in mente di andare in spiaggia a quest’ora? Dammi dieci minuti e ti vengo a prendere. Dove sei di preciso?»
    «A punta Sant’Andrea, ma ti ho detto di non preoccuparti, non c’è bisogno che ti scapicolli, mi faccio accompagnare».
    «Ti vengo a prendere subito». Si alzò e cercò con gli occhi le chiavi della macchina.
    «Ok, allora ti aspetto». Si arrese alla fine Nadia.
    «Non ti muovere, sto arrivando». Marco chiuse la comunicazione e scese le scale.
    «Dove vai a quest’ora?» Una voce lo bloccò a pochi passi dalla porta d’ingresso.
    Il ragazzo chiuse gli occhi contrariato e si voltò.
    «Allora? Come mai così di corsa?» Suo padre lo guardava da una poltrona. Aveva un giornale in grembo e una tazza di camomilla sul tavolino di fronte.
    «Un amico si è cacciato in un guaio, mi ha chiesto di andare a casa sua, vuole parlarmi».
    Il padre annuì e si tolse gli occhiali.
    «E come si chiama questo amico per cui esci di casa a quest’ora?»
    Marco si girò le chiavi tra le mani.
    «Giuseppe Fogli, siamo compagni di classe dall’asilo, te lo ricordi?»
    L’uomo sorrise e annuì.
    «Gli amici di infanzia sono sempre i migliori».
    «Adesso devo andare, papà, ci vediamo più tardi».
    «Non stare fuori tutta la notte, sennò domani chi la sente tua madre».
    Marco sorrise e uscì di casa.
    Le strade erano completamente deserte, arrivò a Punta Sant’Andrea in meno di dieci minuti. Parcheggiò l’auto e scese le scale di legno guardandosi intorno alla ricerca di Nadia. Eccola lì, col mare che le bagnava i piedi e la luna che la illuminava facendola quasi brillare di luce propria.
    Quando Marco la raggiunse, lei si voltò. In mano aveva ancora la pistola, a un paio di metri il corpo di Giacomo privo di vita.
    Marco riuscì a trovare il fiato dopo vari istanti di silenzio.
    «C… che cosa hai fatto?»
    «Visto che brava?» Nadia lo guardò con una faccia che non sapevi se baciare o prendere a schiaffi.
    «Mio Dio, l’hai ucciso!»
    «È quello che avevamo deciso, no?».
    Lui rimase senza parole.
    «Avevamo deciso? Quando?»
    «Oggi pomeriggio».
    «Ma avevi detto che stavi scherzando!» Marco lanciò un’occhiata al cadavere e si passò una mano sui capelli.
    Lei si avvicinò e lasciò cadere la pistola. Lo prese per il colletto della camicia. Sul suo volto c’era un’aurea di ingenuità che potevi quasi toccare.
    «Cosa hai da guardare in quel modo?» Domandò Marco, sentendo un brivido attraversargli la schiena. Ebbe un’erezione, sentì il pene cominciare a spingere sotto i pantaloni.
    «A cosa stai pensando?» Nadia infilò una mano sotto la camicia e lui rabbrividì.
    «Niente… non puoi fare così… su… da brava». Provò a liberarsi, ma quando sentì le labbra della ragazza sfiorargli il torace, chiuse gli occhi e si abbandonò sulla sabbia.

    Edited by margaca - 7/12/2010, 21:54
     
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  2. Fini Tocchi Alati
     
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    Non male!
    Dunque:
    SPOILER (click to view)
    il pregio principale di questo racconto, secondo me, è una tensione palpabile che accompagna il lettore fino alla fine, sorretta da una scrittura agile ed efficace.
    I principali appunti che ti posso fare riguardano l'originalità: della storia e dei personaggi.
    Ci sono tanti cliché (dalla storia d'amore osteggiata dalle famiglie, alla ragazza perfida ma dal viso d'angelo) e questi cliché talvolta si ripercuotono anche nella costruzione delle frasi e nei dialoghi.
    Ci sono poi alcuni passi che meriterebbero uno sviluppo maggiore. Anzitutto, secondo me, dovresti approfondire le questioni famigliari che si ergono come background importanti ma a cui accenni solamente. Poi, c'è il personaggio dell'autista di Nadia che hai solo abbozzato: o lo sviluppi (è un buon personaggio che infonde molto mistero e voglia di conoscere) o lo tralasci del tutto. Infine, il finale, troppo sbrigativo e privo di quella suspance con cui avevi condito il racconto fino a quel punto, forse a causa della scelta che hai fatto di raccontarlo dal PDV di Marco.
    A proposito di punti di vista, si salta un po' troppo spesso da quello di Marco a quello di Nadia, per poi focalizzarsi tutto su Marco. Mi sembra che tutto questo crei un po' di squilibrio.

    In definitiva, il voto è un 2 abbondante. Ma credo possa diventare un bel racconto.
    A rileggerci.
     
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  3. Virgart
     
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    Un finale giunto improvviso.
    SPOILER (click to view)
    Questo è positivo, perché la lettura mi ha preso, ma anche negativo perché lascia a bocca aperta e ti domandi cosa sarebbe accaduto poi.
    Insomma avverti un senso di incompiuto.
    Un refuso: se tuo padre ha fregato il mio oppure se è stato il mio a provare a fregare il tu
    ..tuo


    il mio voto è due.

    ciao
    Virgilio
     
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  4. margaca
     
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    Grazie dei commenti, ragazzi. In effetti il racconto è stato scritto in meno di 48 ore, riprendendo una cosa vecchia e non ho avuto modo e tempo per rivederlo per bene, ho dovuto fare tutto con troppa fretta! Raccoglierà i suggerimenti di tutti e poi ci rimetterò mano con calma.
     
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  5. bravecharlie
     
    .

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    una storia d'amore a tinte noir. tra i pregi ci sono una caratterizzazione semplice ma verosimile di questa relazione tra i due ragazzi e uno stile non sopra le righe ma sobrio e adatto alla vicenda. quello che non mi convince lo metto in spoiler per non far danni a chi ancora non l'ha letto:

    CITAZIONE
    a mio parere è un autogoal ambientarlo in un paese: lì le cose si vengono a sapere subito, quindi la segretezza della loro relazione (lui va addirittura a prenderla a scuola) e il conseguente ricatto perdono credibilità. dico anche che il finale mi pare vermente tiratissimo per i capelli, fin troppo veloce, a parte che non si capisce chi le abbia dato la pistola. A un certo punto mi ero immaginto che Nadia fosse d'accordo con Spazziani, e che volessero fottere Marco per estorcergli denaro o roba del genere, invece poi finisce in maniera un po' troppo consona e rapida. metto un 2, a rileggerci :)

     
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  6. Ryan79
     
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    ciao,

    SPOILER (click to view)
    Devo essere sincero, il racconto mi ha lasciato un po' freddino. A parte i cliché di cui ti han detto e l'autista sinistro che si perde nel nulla, sinceramente mi pare troppo poco approfondito il "movente": Giacomo dice un paio di frasi neance troppo minacciose a marco; marco se la fa subito sotto senza un minimo di "palle", riferisce a Nadia che subito decide di farlo fuori sulla base di una sola chicchierata col ragazzo! Mi sembra un po' troppo irrazionale per farmi coinvolgere appieno: ti do un due perchè comunque è scritto molto bene e scorre liscio come l'olio.

    ti segnalo solo:

    "rimase in apnea ad ascoltare": io avrei messo "rimase ad ascoltare trattenendo il fiato", non so perché ma apnea mi fa troppo sub, anche se la definizione di apnea è
    l'assenza di respirazione esterna o una pausa della respirazione superiore ai 15 secondi (wikipedia)


    "L’aprì" (la porta)
    subito dopo scrivi
    "La aprì" (la finestra)
    dovresti decidere una delle due forme e applicare sempre quella

    "Mi dispiace, ma non ho impegno"
    refuso: "ho un"
     
    .
  7. Magister Ludus
     
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    User deleted


    Ciao,

    il racconto è ben scritto e crea curiosità nel lettore. La storia scorre e si legge bene.

    Tuttavia, perché c'è un tuttavia :D :

    SPOILER (click to view)
    Nadia non conosce quel Giacomo.

    1. Dove ha preso la pistola?

    2. Come ha trovato Giacomo?



    Ti segnalo inoltre:

    «E perché mai?» Chiese dopo: tendi a mettere un punto, ma non ci vuole.

    «Sì, certo», rispose alla fine: e secondo me qui non ci va la virgola.

    Come tutte le mattina: refuso

    rifocillando bevendo da una borraccia: ci si rifocilla bevendo?

    E’ una nave: È ;)

    CITAZIONE
    Marco lo guardò e scosse la testa.
    «Grazie comunque».

    In questo caso non si va a capo.

    Allungò di nuovo le mano: refuso.

    Voto 3.
     
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  8. luckyfer
     
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    Mica tanto ingenua! carino, un po troppo dialogato ma funziona, un quasi tre che arrotondo senz'altro, bravo Margaca.

    PS
    il suo sesto senso le diceva (Il sesto senso femminile è un'invenzione e uno stereotipo maschile che non vuole accettare nella femmina un avanzato processo di analisi pricologica, e lo giustifica con l'intuito)
     
    .
  9. margaca
     
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    Grazie, ragazzi!
    @lucky: sul sesto senso femminile sono d'accordo con te!
     
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  10.  
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    "Ecate, figlia mia..."

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    Spero tu non l'abbia scritto seriamente, perché rischi di avere delusioni amare. Il racconto non mi è piaciuto, in nessuna parte. Storia: banale, dopo Romeo e Giulietta ci sono stati infiniti emuli, copie, plagi. Stile/scrittura: scolastico, e a volte ingenuo, a volte insopportabilmente pieno di dettagli inutili. Personaggi: stereotipati; forse forse la ragazzina si solleva un po' da questa scontatezza, facendo intuire un animo perfido ma innocente, diciamo una lolita di morte; ma resta quasi inespressa, e comunque sminuita dagli altri attori.

    Il racconto secondo me parte male già col titolo: ingenua de che? Io, visto quanto detto sopra, lo chiamerei "Una ragazza innocente", o "Il male nell'innocenza"...

    Qualche nota, per quello che può servire...

    CITAZIONE
    Richiuse la porta e poi andò alla finestra. L'aprì e vide subito due fari accendersi e lampeggiare un paio di volte. La ragazza lanciò un’ultima occhiata alla porta e poi si infilò un giaccone

    Di base io già odio gli "e poi", tu però ne abusi! Anche nel resto del racconto se ne leggono altri, ripetuti senza ritegno per le mie povere orecchie mentali.

    CITAZIONE
    Il ragazzo la seguì arrampicarsi sull’albero e scomparire dentro la camera da letto

    C'è qualcosa che non va... O mi sembra a me?

    CITAZIONE
    «Così e così. Mia madre ha avuto un po’ di problemi con la pressione, ha dovuto fare un sacco di analisi ed esami, ma adesso sta molto meglio, speriamo sia stato soltanto un fastidio passeggero».

    Io ci metterei un punto, lì.

    CITAZIONE
    «Adesso devo andare», concluse l’uomo, «mi aspettano in paese». Diede una pacca sulla spalla di Marco e si voltò, tornando sui suoi passi poco dopo.
    «Oh, dimenticavo una cosa…» tornò indietro.

    Io non lo so, dimmelo tu se questo brano è armonioso o ben scritto. L'uso eccessivo di dettagli porta anche a questo.

    CITAZIONE
    «Senti, ragazzino, tu e quella puttanella siete nella merda fino al collo e se vuoi tirartene fuori, dai ascolto a me.

    Va accentato il "dai" verbo.

    CITAZIONE
    Marco la guardò e poi si alzò correndo via senza voltarsi.
    Dentro la macchina, colpì il volante con violenza un paio di volte e poi guardò l’orologio

    Se continuerai a usare "e poi", giuro che non ti leggerò più!

    CITAZIONE
    Accese il pc e controllò il suo conto corrente: qualche soldo c’era ancora, ma sarebbero dovuti servire per la loro fuga d’amore e dentro di sé non voleva accettare di piegarsi a un ricatto.
    Si mise le mani sulla testa e chiuse gli occhi. Gli tornarono alla mente le parole di Nadia.
    «No», mormorò tra sé, «non possiamo».
    «Ammazziamolo». La parola cominciò a farsi largo nella sua mente. Era quella l’unica soluzione? Dentro la testa il pensiero prese forza e quasi senza rendersene conto si trovò a progettare un omicidio.
    «Potremmo accettare di pagare e tendergli un agguato», sussurrò fissando la parete, «il corpo potremmo gettarlo in mare». Chiuse gli occhi e poco dopo cadde nel sonno.

    Quindi si addormenta seduto vicino al PC?

    CITAZIONE
    Eccola lì, col mare che le bagnava i piedi e la luna che la illuminava facendola quasi brillare di luce propria.

    WTF! Ma se è la Luna a illuminarla!

    Ovviamente il senso di cosa volevi dire l'ho afferrato, ma scritto così è una frase illogica e scorretta. Scrivi che "dava l'impressione di brillare di luce propria", non che "la luna la faceva brillare di luce propria".


    Voto: 2
     
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  11. nescitgalatea
     
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    Letto,
    SPOILER (click to view)
    raccolgo le perplessità di chi mi ha preceduta, soprattutto in ordine all'autista e alla chiusa frettolosa (anche
    se avevo pensato che volesse uccidere il fidanzato, per cui sorpresa! Bene!) i personaggi non mi sono sembrati
    ben caratterizzati, Marco proprio non sono riuscita a vederlo. Il ricatto, in quei termini e con tali premesse, mi
    pare stiracchiato, quasi eccessivo (va bene i soldi ma che se la voglia trombare mi pare troppo!) L'ho trovato
    anche leggermente sbilanciato, ma questo forse già l'ho detto.

    Piccole segnalazioni:

    CITAZIONE
    «E perché mai?» Chiese dopo.

    forse bastava chiese!

    CITAZIONE
    Era bellissima, quasi ammaliante:

    quasi ammaliante la trovo bruttina assai

    CITAZIONE
    «È questo che ti preoccupa?»
    «Certo, e dovresti esserlo anche tu.

    suona proprio male


    In definitiva dico 2, non pienissimo, ma 2.
     
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  12. margaca
     
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    Grazie per i nuovi commenti, farò tesoro dei suggerimenti
     
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  13. Peter7413
     
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    Ola!
    Il racconto si fa leggere piacevolmente. Ovviamente la figura della ragazza, con questa sua assenza di moralismo, domina incontrastata. Marco è una buona spalla, non doveva spiccare, ma solo contrapporre la normalità alla semi pazzia o totale incoscienza di Nadia.
    I problemi stanno in un contesto poco delineato e sicuramente da approfondire per dare una motivazione alle azioni dei due innamorati che vada oltre alle scorie fra i genitori. Aumentare l'attenzione al contesto potrebbe anche portarti a sviluppare personaggi, tipo l'autista, che al momento sono solo introdotti e poi dimenticati. Vanno anche sistemate, qua e la, alcune forme non proprio carine (descrivere una sequenza di azioni inserendo l'ultima preceduta da un "poi" non mi piace per niente e l'ho trovato almeno un paio di volte).
    Per me un voto fra il due e il tre che arrotondo volentieri per eccesso perché, semplicemente, mi è piaciuto e ritengo che, sistemati alcuni problemini, possa diventare veramente un bel racconto.
    Alla prossima!
     
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  14. Snow2
     
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    SPOILER (click to view)
    CITAZIONE
    poi tornò dentro e sparì sgommando.

    sgommando mi pare un po' esagerato.
    CITAZIONE
    «E’ una nave da crociera».

    CITAZIONE
    «E’ successo qualcosa,

    È

    CITAZIONE
    Diede una pacca sulla spalla di Marco e si voltò, tornando sui suoi passi poco dopo.
    «Oh, dimenticavo una cosa…» tornò indietro.

    Il tornare indietro si ripete

    Domandò, Chiese, ecc. Ci andrebbe la minuscola.

    Il racconto mi è piaciuto abbastanza. Soprattutto la tensione che riesce a generare, che non cala fino alla fine. Lo stile è rapido, leggibile, e si arriva in fondo al testo senza problemi, praticamente d'un fiato.
    Ci sono però diverse cose che non mi convincono.
    A partire dalla segretezza della storia fra i protagonisti. All'inizio non ho ben capito se Nadia e Marco fanno l'amore davanti casa di lei. Mi era parso strano, ma contando che tipa è Nadia, ci può stare. Tuttavia se a questo si aggiunge il fatto che lui la incontra nel vicolo dietro la scuola, che poi la va a prendere all'uscita da scuola e fa l'amore in auto con lei lì vicino (!), il tutto perde un po' di credibilità. Non mi pare una storia granché segreta.

    Poi credo che ci vorrebbe qualche info aggiuntiva riguardo al litigio fra i loro padri. Non è cosa comune che oggigiorno un ragazzo e una ragazza non si possano vedere perché le rispettive famiglie sono contrarie... lo scazzo fra i genitori deve essere stato forte, credo dovresti accennare qualcosa in più. Magari i due padri prima erano in società, poi un evento parecchio brutto (quale? almeno qualcosa dovremmo intuirla) li ha fatti dividere...

    Altro particolare: come ha fatto Nadia a procurarsi una pistola? Mica è facile per una minorenne...

    Ultima cosa, direi che potresti eliminare qualche considerazione di Nadia sull'autista (senza eliminare l'autista). Se deve essere una comparsa meglio non far credere al lettore che non lo sia.

    Comunque una lettura gradevole. Due pieno, per me.

    Ciao!
     
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  15. rehel
     
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    Storia troppo facile, troppo banale. E poi monca di altre parti significarive.
    All'inizio mi sono chiesto:
    ..appena la sveglia sul comodino segnò le 23.00, Nadia si tolse le coperte di dosso e camminò verso la porta della camera. L’aprì lentamente e rimase ad ascoltare trattenendo il fiato: silenzio assoluto, sembravano essere andati a dormire.
    Richiuse la porta e poi andò alla finestra. L'aprì e vide subito due fari accendersi e lampeggiare un paio di volte. La ragazza lanciò un’ultima occhiata alla porta e poi si infilò un giaccone scavalcando e calandosi dall’albero di cachi…

    Dormiva sull’albero di cachi? :wacko: Ha la casa lassù? :argh:
    Il titolo, sempre che non si tratti di un titolo provvisocrio di lavoro, è sbagliatissimo perché tropo rivelatore; Umbert Eco docet. ;)
    Comunque una storia secondo me da riprendere in mano completamente, oppure da lasciare come un tentativo poco riuscito.
    Voto Uno.
     
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14 replies since 1/12/2010, 06:45   238 views
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