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LA RECENSIONE
Rombo di un elicottero, buio, notte. Inquadratura su Leon, il soldato, l’eroe. Vista dall’alto di un prato oscuro, sempre più vicino. Una tetra dimora poco distante. Atterraggio. Pausa. «Tutto normale e già visto», disse Davide parlando al cellulare dopo aver posato il pad sulla moquette della mansarda. «Ma dico, già il primo iniziava così, no? Questi giapponesi cominciano a rompere i coglioni. Come? Ripeti che non sento! Qui c’è un bug: si continua a sentire il rumore dell’elicottero! Che? Beh, sì, certo non avranno più idee con i videogiochi, però questa cosa di spedirmi sotto casa, la mezzanotte di Halloween, un corriere che sembra Frankenstein e di costringermi a giocare tutta la notte per recensire il loro nuovo titolo non è banale! Che cazzo, ho ancora addosso lo smoking da Mr. Addams! Che hai detto? Lucia? Lucia è a dormire di sotto, dove vuoi che sia? E poi che te ne frega di mia moglie scusa? Che hai detto? Senti, questo elicottero mi sta facendo girare le palle, stacco che così gioco, scrivo la merda di recensione, la spedisco e me ne vado a letto. Che hai detto? Vabbeh, stacco, ciao!» Davide gettò il telefono sul letto alle sue spalle. La stanza era al buio, l’unica luce proveniva dalla televisione: il rumore dell’elicottero era assordante. «Ma vaffanculo, stronzi di merda, ripulitevi il codice prima di mandarlo alle recensioni, cazzo…» Riprese in mano il pad. Ora Leon, biondo, giovane e bello, era a terra e l’elicottero si era già rialzato in volo. In breve il rumore delle pale scomparve in lontananza. Un ululato poco distante. Era solo in mezzo alla radura: cominciò a girare in tondo, ad accovacciarsi, a estrarre la pistola e mirare, a provare il coltello e a rovistare nel sacco delle provviste. «L’analogico per i movimenti risponde bene», mormorò concentrato Davide, «ma il personaggio appare ancora legnoso, la mira è veloce e a 360 gradi, si parte con poche cartucce e una sola erba curativa nell’inventario, solita minestra insomma». Un rumore alle spalle di Leon, un ringhio. «Ecco il cane bastardo…» Leon estrasse la pistola, ma il primo colpo andò a vuoto. «Cazzo di comandi!» Il cane sembrava avesse la rabbia tanta era la bava che gli colava dalla bocca. Leon sparò una seconda volta e lo centrò in piena fronte. «Due colpi sprecati per uccidere ‘sta merda!» Nella boscaglia poco distante si illuminarono decine di occhi minacciosi. «Porca puttana…» Leon cominciò a scappare proprio nel momento in cui un branco di cani rabbiosi irrompeva nella radura. Nella fuga scavalcò un cancello di legno, un altro in ferro e infine si ritrovò di fronte alla casa. I cani, rimasti bloccati dal secondo cancello, troppo alto per loro, latravano feroci. Una scritta comparve sul video: Obbiettivo: raggiungere l’ultimo piano e disinfestare la casa. «Ma che cazzo eh?», urlò Davide mettendo in pausa e alzandosi in piedi. «Gli obbiettivi che ti guidano come uno scolaretto? Ma che palle da dilettanti, cristo! E ancora questo stronzo di bug!» Nonostante la pausa, il latrato dei cani era fastidiosamente alto. «Vabbè, meglio andare avanti…», si rimise seduto e fece ripartire il gioco. Leon era nel cortile. Per arrivare all’ingresso avrebbe dovuto salire un paio di gradini. Di fianco alla porta vide una cuccia per cani e, fra il latrato assordante dei randagi alle sue spalle, gli parve di udire un mugolio minaccioso. Impugnò la pistola e salì il primo gradino. Niente. Secondo gradino, il mugolio era più intenso. Puntò la pistola e sparò. Un guaito straziante e il muso di un gigantesco cane nero si affacciò alla cuccia, morto. Silenzio, anche i cani al cancello si erano allontanati. Leon si avvicinò alla porta, la abbatté con una spallata, entrò e rimase immobile. «Cazzo, ma…» Davide si avvicinò allo schermo. Leon era entrato in una cucina. Un tavolo e quattro sedie standard, forno, microonde, frigo americano, doppio lavello e arco che dava su un salotto. «Ma questa…» Leon ricominciò a muoversi. Vicino all’arco si vedeva una porta, chiusa. Oltrepassò l’arco e raggiunse un salottino con divano e due poltrone rosse, un mobile largo per la tv, decoder, dvd, tende gialle. «Questa è casa mia!», Davide, pad in mano, si alzò in piedi. «Che figli di puttana, devono essere entrati mentre eravamo al lavoro e hanno mappato tutto!» Leon si voltò verso il corridoio che portava alla camera degli ospiti: lo percorse. «Fottuti giapponesi, hanno cercato di comprarmi il voto omaggiandomi nel gioco, domani li vado a denunciare». Leon entrò nella camera da letto, tutto era al posto giusto. L’armadio incassato nel muro, il letto appoggiato alla parete, il televisore in un angolo. Si avvicinò alla finestra e guardò fuori: un uomo con la faccia da Frankenstein lo stava fissando dalla stradina laterale. «Quello è il corriere che mi ha consegnato il gioco! Questi sono malati». Obiettivo: raggiungere l’ultimo piano e disinfestare la casa. «Ancora questo cazzo di cartello! E disinfestiamo allora! Disgraziati fetenti!» Leon tornò in cucina e si trovò di fronte la porta chiusa. La aprì. Un miagolio minaccioso lo accolse nel corridoio dominato da un grande scalone che conduceva verso il primo piano e alla tavernetta, a seconda che si salisse o si scendesse. «Adesso ci manca solo che ci abbiano infilato anche la gatta…» Leon avanzò lentamente. Il miagolio proveniva da sotto. Cominciò a scendere le scale. Raggiunse la porta della tavernetta: il miagolio si era trasformato in un inquieto ruggito d’attesa. «Ok, qui dovremmo avere il primo boss davvero grosso». Leon ricaricò la pistola ed entrò. Qualcosa mugolava nel buio. Leon trovò l’interruttore proprio dove doveva essere, nell’angolo vicino alla porta, di fianco al bagno, e l’accese. Una gigantesca tigre con la coda biforcuta e il muso da gatta stava preparandosi ad attaccarlo. Leon mirò con la pistola e fece fuoco. La tigre-gatta attaccò e lo colpì in pieno petto scaraventandolo contro la parete. «Cazzo, la pistola non è sufficiente per questa bestia!» Leon corse fuori evitando un secondo attacco e chiudendosi la porta alle spalle. Rimase immobile, in ascolto. Nella tavernetta ricominciò il miagolio\ruggito, ma la bestia non dava segno di voler forzare l’uscita. Davide tirò un sospiro di sollievo. Leon cominciò a risalire le scale. «Facciamola finita…». Leon raggiunse il primo piano. Di fronte a lui poteva vedere la scala a chiocciola che portava alla mansarda. Alla sua sinistra c’era l’entrata per la cucina, sulla destra due stanze da letto. Disinfesta il piano. «Eccheccazzo!» Leon ricaricò la pistola ed entrò in cucina. Un gemito dietro di lui accompagnato da uno strisciare di piedi. Si voltò e si trovò di fronte uno zombie, puntò la pistola e si fermò. «Brutti figli di puttana! Quella è Lucia!» Aveva gli occhi fuori dalle orbite, la pelle putrefatta, le unghie lunghe e insanguinate, ma il volto era quello di sua moglie Lucia. Davide si alzò dalla postazione e uscì dalla stanza. Non si accorse che, nonostante avesse messo in pausa, lo zombie aveva continuato ad avvicinarsi a Leon. «Amore!», urlò dalle scale, «questa la devi proprio vedere!» Nessuna risposta. Un gorgoglio dal basso attirò la sua attenzione, scese alcuni scalini. «Oh, cazzo!» Di fronte all’ingresso della cucina una creatura stava strappando pezzi di carne dalla spalla di un immobile Leon. «Oddio!» La creatura si fermò e si voltò verso di lui: era Lucia, un pezzo di carne le pendeva dalla bocca. «Oh merda! Merda! Merda!» Lucia si staccò da Leon e cominciò a trascinarsi verso di lui. «Non è possibile, è un’allucinazione… Lucia… Amore, sono io!» Lei aprì la bocca in un sogghigno malefico, la lingua le si muoveva avanti e indietro senza pause, emise un sibilo e gli si lanciò contro. «Lucia! Lucia!», urlò disperato Davide risalendo le scale e riguadagnando la stanza in cui si trovava la console, chiudendosi dentro. «Oddio! Oddio!» Davide appoggiò l’orecchio alla porta e sentì i passi strascicati della moglie che si avvicinava. Poi silenzio. «Non può essere… cazzo, non può essere!», Davide si allontanò verso il centro della stanza «Adesso apro quella porta e non c’è niente, tutto normale! Scendo da Lucia, mi metto a letto con lei, chiudo gli occhi e dormo, vaffanculo la recensione!» Si avvicinò alla porta, afferrò la maniglia, ma ritrasse la mano all’ultimo. Tirò alcuni lunghi respiri e avvicinò nuovamente l’orecchio: nessun rumore dall’altra parte. Aprì la porta. «Ghisssshhhhhhhh!» Un braccio putrefatto cercò di afferrarlo. Davide urlò di terrore e si buttò sulla porta riuscendo a chiuderla. «Ma che cazzo sta succedendo?», si coprì il volto con le mani sentendo qualche lacrima scendergli dalle guance. Si asciugò con rabbia il viso e tornò a guardare lo schermo del televisore. Leon se ne stava immobile e sembrava fissarlo. Davide afferrò il pad e Leon si ridestò. Le ferite erano profonde, ma prese l’erba dall’inventario e l’ingerì guarendo come per incanto. Imbracciò pistola e coltello e si lanciò verso la scala a chiocciola. La zombie stava graffiando la porta. Leon le diede un calcio buttandola a terra e, prima che potesse rialzarsi, le svuotò addosso l’intero caricatore, uccidendola. «Lucia!», mormorò Davide mentre schiacciava il tasto dello sparo. La zombie non si muoveva più. Leon continuava a premere il grilletto a vuoto. Effetto sonoro, la casa vista da fuori. Inquadratura in soggettiva e immagine traballante. Respiro pesante in primo piano. Grugnito minaccioso. «Ma cosa sta succedendo ancora?», esclamò Davide con la voce rotta dal pianto. L’inquadratura cominciò a correre verso la casa. Rumore come di una bestia che corre verso il suo pasto. Cancello di legno: abbattuto. Cancello di ferro: superato con un salto. Cortile, casa, porta d’ingresso sfondata da Leon. «Cos’è questo?» L’inquadratura si fissò sul cane morto nella cuccia. «Rocky, eri tu…». Davide non riusciva a staccare gli occhi dallo schermo. Interno della cucina, l’inquadratura si fermò, incerta fra il salotto oltre l’arco e la porta che dava sullo scalone: scelse quest’ultima. Miagolio intenso dalla tavernetta. L’inquadratura proseguì verso il primo piano. «No… No! Basta… basta… basta…» il lamento di Davide divenne quasi una litania. Leon ricaricò la pistola, rimaneva un colpo solo. L’inquadratura raggiunse il primo piano e subito si lanciò verso il secondo. Ora il grugnito era più intenso. «Non ne posso più…», disse ancora Davide appoggiando la testa sul mobile del televisore e schiacciando il pulsante dello sparo. L’inquadratura salì la scala a chiocciola, il corpo di Lucia giaceva abbandonato in un angolo. Entrò nella mansarda. Colpo di pistola. L’inquadratura si fermò di fronte a Leon, ora immobile, che aveva appena sparato a Davide. La sua testa era scoppiata, le cervella sparse ovunque. Il corriere con la faccia da Frankenstein entrò nella stanza scuotendo la testa e mugolando di disapprovazione di fronte al corpo senza vita del recensore e recuperò il disco del gioco dalla console. Leon scomparve. Diede un ultimo sguardo ai corpi di Davide e Lucia, sospirò, accese un fiammifero e diede fuoco alla moquette. Più tardi, mentre contemplava dalla strada il rogo che stava distruggendo la casa, prese il cellulare e fece una telefonata. «Tornate al lavoro e cercate di fare qualcosa: abbassate la difficoltà, togliete, aggiungete, fate voi. Qui la recensione è negativa, di nuovo».
Fine.
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