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Propongo questo racconto con cui ho partecipato al Neropremio e ovviamente non ho vinto
Secondo me ha qualcosa di buono, magari soltanto l'idea. Forse è sbagliato il tipo di narrazione, forse è troppo narrato, forse andrebbe strutturato diversamente, forse potrebbe essere la base da cui partire per scrivere una storia più lunga e articolata. O forse è solo spazzatura
Ai lettori e alla giuria di USAM la sentenza.
Il ritorno
I
È di nuovo l'alba in questa città che non riconosco più, fra gente che non è più la mia gente, in un pianeta che non ha più la bellezza d'un tempo. Il cielo è grigio, grigio di nubi malefiche e velenose, l'aria è densa dei fumi di un fuoco estraneo a questa Terra. Non sento più gli antichi suoni e gli assordanti rumori della civiltà, del progresso, della nostra tecnologia, ma ciò che arriva alle mie orecchie è uno stridore di sottofondo, come un metallico lamento che si insinua continuo, invasivo, nella mia mente, per non darmi tregua, per ricordarmi ogni momento che loro sono là, che questo non è più il nostro posto, che presto o tardi ci staneranno e allora sarà la nostra fine. Siamo nascosti in uno dei tanti bunker costruiti oltre un decennio fa, quando finalmente le ultime autorità del paese, e della Terra, avevano accettato la realtà della minaccia che ci stava estinguendo. A quel punto cominciò a regnare il caos, le strade si affollarono di veicoli carichi all'inverosimile di gente e bagagli, diretti non si sapeva bene dove, perché non esisteva una via di fuga, non su questa Terra almeno. Loro erano ovunque. E quei fuggiaschi disperati furono i primi a morire. Qui, in questo bunker, siamo in quindici. Ci siamo organizzati sette anni fa quando, fuggendo ognuno dalla propria città, ci siamo ritrovati qui, nei pressi di Roma, dove un tempo abitavo e insegnavo. Abbiamo resistito per tutto questo tempo. Nascosti come topi. In attesa. Loro ancora non sanno che siamo qui, altrimenti per noi sarebbe già finita da un pezzo. Seguendo le orme del mio collega, il dottor Rampelli, morto suicida quasi due secoli fa, sto tenendo un diario sul mio computer, registrando tutto ciò che vedo, tutto ciò che accade. Non posso, a differenza di lui, elaborare teorie o trovare soluzioni, perché più nulla può esser fatto per contrastare la distruzione, ormai avviata da tempo. E scrivere qui che egli aveva ragione su tutto non serve ad alleviare le nostre sofferenze e a calmare l'angoscia che ci consuma dentro ogni giorno. Non usciamo mai, se non raramente. C'è cibo a sufficienza nel bunker, acqua, elettricità, ma nessun collegamento telefonico, così possiamo solo ipotizzare che ci sia vita in tutti gli altri bunker sorti nel pianeta. Le nostre uscite, due tre individui per volta, sono sporadiche e avvengono alle prime luci dell'alba, quando quelle forme non sono ancora nel pieno della loro attività. Allora, indossando le tute e le maschere per respirare, perlustriamo i dintorni, con la speranza di trovare altra vita, altri di noi. Ma ciò che si muove là fuori, nelle ombre della notte o sotto la luce grigia del giorno, non ha più nulla di umano. Dell'aspetto primigenio non conserva più alcun accenno. Una volta incontrammo un ibrido. Era ancora parzialmente uomo, ma per il resto aveva assunto le caratteristiche dell'altra forma. Ci scoprì e non avemmo altra scelta che ucciderlo. Gli ibridi ci fanno più paura degli altri. In loro sono ancora visibili le fattezze umane, sono come un disgustoso legame fra noi e loro. Non completeranno mai la trasformazione, che avviene soltanto dentro il ventre materno, e saranno uccisi quando gli altri non sapranno più che farsene. E allora la Terra sarà popolata solo da quegli altri, dagli estranei venuti da lontano, a cui nessuno ha ancora saputo dare un nome. Ho solo un vago ricordo dei giardini che un tempo sorgevano qui attorno, una sorta di parco creato per dare respiro a una città che moriva sotto lo smog sempre più denso. Ma quei colori sono ormai scomparsi da tempo. Il verde delle foglie e dell'erba, il bianco, il giallo, il rosso e l'azzurro dei fiori hanno lasciato il posto a smorte tonalità di grigio e viola, e dove prima nascevano alberi, cespugli e fiori, ora si snodano in intrichi impossibili quelle cose che spuntano dal terreno morto, strisciando e aggrovigliandosi fra loro in una battaglia senza fine per il predominio del suolo. Non so di cosa si nutrano quegli pseudo-vegetali. Forse si assimilano uno dall'altro, in un infinito morire e rigenerarsi. Tutto questo, dunque, non è il frutto di una misteriosa e non ben definita mutazione, come avevano ipotizzato- e sostenuto- duecento anni fa, ma è il risultato di una impensata e impensabile extragenesi, termine che mai fu introdotto nei dizionari scientifici di allora, quando si preferì mettere a tacere le teorie catastrofiche avallate da Rampelli, piuttosto che guardare in faccia la tragica realtà che si stava delineando in tutta la sua orribile dimensione. E al mio collega, ormai screditato nel suo ambiente e senza più un futuro davanti, non restò altro da fare che porre fine alla sua vita.
II
Gli scienziati, che per primi avevano studiato il fenomeno, l'avevano chiamata Mutazione X, dove x stava proprio per l'incognita, poiché nessuno capì mai- eccetto Rampelli- a quale causa fosse dovuta. Erano però certi di una mutazione. Perché, altrimenti, avevano cominciato a nascere bambini con quelle particolari malformazioni? Inizialmente diedero la colpa all'inquinamento delle acque dei fiumi e dei mari e a quello dell'aria. Alcune calamità verificatesi a partire dagli anni precedenti, come sismi e inondazioni, uniti alle anormali attività vulcaniche e ad altri incidenti, peraltro piuttosto strani, avevano contribuito, secondo quelle menti, a scatenare le modifiche nel DNA. Quello che però nessuno di loro aveva capito- o si era rifiutato di capire- era che nei soggetti colpiti da quelle mutazioni non si era verificata una reale modifica del materiale genetico. No, era successo ben altro. E soltanto gli studi e le ricerche di Rampelli avevano fatto luce sull'inquietante verità che stava dietro a quel fenomeno. Il DNA non era stato per nulla modificato. Era stato semplicemente sostituito. O, meglio, negli individui interessati coesistevano due differenti tipi di DNA, uno umano e l'altro alieno. Fu proprio questa la parola che fece scalpore all'epoca e che determinò l'allontanamento del dottor Rampelli dall'ambiente scientifico. Eppure adesso, rileggendo il suo diario e le prove a favore della sua tesi, mi appare tutto così tremendamente chiaro. Perché nessuno ha mai avuto sospetti sulle prime mutazioni avvenute? Perché nessuno si era mai domandato per quale motivo furono colpiti per primi gli organi genitali? E ancora, perché la gente, per quasi due secoli, aveva cominciato a nascere con mutazioni sempre più evidenti e più estese? Quando apparve il fenomeno era l'inizio del 2031, ma i primi centri per lo studio delle mutazioni furono creati soltanto dodici anni più tardi, a metà del 2043. Ma nessuno di questi centri utilizzò mai gli scritti lasciati da Rampelli, che si suicidò già nel novembre 2031. Rampelli aveva definito DNA alieno una struttura che aveva similitudini col DNA umano. Sembrava senz'altro un polimero, ma da quali componenti fosse costituito era un mistero. Di certo era quel polimero sconosciuto il responsabile delle mutazioni, che colpirono simultaneamente bambini nati in ogni parte del mondo. Furono all'epoca accertati circa duecentomila casi. Ma di quei nati soltanto l'1% sopravvisse e fino all'età di quattro anni, mentre tutti gli altri furono partoriti già morti. Nella maggior parte dei casi i medici e gli ostetrici avevano di fretta portato via il piccolo cadavere, per nascondere alla mamma la vista di quella cosa uscita dal suo ventre con estrema fatica e dolore. In quei casi la mutazione non era riuscita ad attecchire e il bambino, sebbene non risultasse malformato dall'ecografia, aveva tuttavia un colore innaturale, un'espressione agghiacciante e non aveva sesso. I bambini sopravvissuti avevano un organo genitale <i>malformato, come scrissero i medici nei documenti ufficiali. In realtà, invece, si trattava di un organo genitale differente da quelli abitualmente conosciuti nel regno dei mammiferi, tant'è che non fu possibile stabilire se il nato fosse maschio o femmina. Rampelli suppose all'epoca la presenza di una nascente specie ermafrodita, cosa che fece aumentare lo sconcerto e l'imbarazzo di tutta la classe medica. Adesso, nel 2219, 188 anni dopo la morte del mio collega, io so che aveva ragione, perché ho visto, in una delle mie perlustrazioni, uno di quegli esseri riprodursi. A stento, quel giorno, dovetti trattenere la nausea per quell'orribile spettacolo, che mi sconquassò le viscere e la ragione. Vedere come era stata trasformata l'umanità, che non aveva più bisogno dell'antico corteggiamento né dell'unione fisica di due corpi per prolungare la sua presenza sulla Terra, fu troppo per la mia mente già provata dagli eventi che stavo vivendo. Rileggendo le parole di Rampelli, scritte nel suo diario, non posso che confermare ogni suo sospetto e maledire gli inetti che lo derisero, causando la distruzione del pianeta e l'estinzione della specie umana.
III
Il dottor Francesco Rampelli era primo ricercatore all'Istituto Europeo di Sanità a Roma, nel Dipartimento di Biologia. La sua prima, fugace annotazione nel diario risale al 7 febbraio del 2031, quando annotò la nascita di un bambino malformato all'ospedale Policlinico Umberto I, con cui Rampelli collaborava da tempo. Il 10 febbraio annotò la nascita di quattro bambini malformati allo stesso ospedale, ma di quei neonati solo uno sopravvisse. Il 12 febbraio le sue analisi sui campioni di DNA dei bambini lo fecero impallidire. Un mese più tardi, quando altre, terribili nascite sconvolsero l'opinione pubblica e fecero impazzire madri e padri ovunque, cominciò a circolare la voce della mutazione. Inizialmente fu un accenno, come se la comunità scientifica non volesse allarmare più di tanto l'umanità che attendeva una risposta ai mostri che stavano nascendo. Trascorsi altri due mesi, il numero di bambini malformati aveva raggiunto la preoccupante percentuale di uno su tre. Allora le strade cominciarono a riempirsi di manifestanti, furono incendiati negozi, distrutte auto, danneggiati beni pubblici. Gli scontri con la polizia, in ogni parte del mondo, che durarono per quasi tre mesi, in una vera e propria guerriglia urbana, causarono morti e feriti da entrambe le parti. La gente voleva sapere cosa stava accadendo e voleva una risposta- e una soluzione- subito. I capi di stato di tutti i paesi si riunirono due settimane dopo la fine dei disordini, in una zona segreta negli Stati Uniti, assieme a un gruppo di scienziati provenienti da tutto il mondo, per discutere della situazione e trovare un modo per uscirne. Rampelli, nel frattempo, aveva raccolto una gran quantità di dati e aveva elaborato una sua teoria, con una tesi lunga 300 pagine, intitolata Extragenesi, o il ritorno di forme di vita estranee. Nel suo scritto aveva usato il termine “estranee” nel titolo, e non aliene, nella speranza di ottenere consensi e poter dare un valido contributo alla tragedia che l'umanità stava vivendo. Consegnò la sua tesi direttamente nelle mani del Ministro della Sanità. Quel giorno Rampelli, come scrisse sul suo diario, era euforico. Aveva ottenuto un incontro col Ministro ed era sicuro che la sua tesi fosse stata presentata all'incontro cogli altri capi di stato e cogli scienziati. Ma il Ministro non lesse che le prime pagine di quel lungo testo e, quando capì dove voleva arrivare Rampelli, lo derise pubblicamente in un'intervista al telegiornale, due giorni prima della sua partenza per gli Stati Uniti. Rampelli riporta nel suo diario le parole esatte pronunciate dal Ministro: “Il nostro incontro in America si baserà su dati scientifici e su proposte concrete e reali. Non abbiamo bisogno di scienziati catastrofici che si dilettano con UFO e marziani.” Sebbene il Ministro non fece il nome del dottore in televisione, tuttavia ne parlò con uno dei suoi colleghi, lasciandogli la tesi che lo aveva così tanto divertito. Da quel momento cominciò una sorta di calvario per Rampelli, che fu osteggiato in ogni modo da tutta la comunità scientifica. Era l'agosto del 2031. A ottobre nessuno aveva ancora saputo porre fine a quel fenomeno. I primi di settembre fu lanciato nel mercato un potente vaccino, destinato inizialmente alle donne che avevano intenzione di partorire. Nei mesi precedenti il numero di aborti era salito vertiginosamente, poiché a quel punto già dall'ecografia i segni della trasformazione erano evidenti e nessuno voleva avere un mostro per figlio. Ma il vaccino si rivelò del tutto inutile e nuovi aborti si sommarono ai precedenti. Rampelli si attivò per far circolare e accettare la sua teoria, ora che aveva altri dati a disposizione. Lavorò giorno e notte instancabilmente, ridotto quasi a una larva, contattando medici e scienziati di tutto il mondo, ma invano. In Italia fu denunciato per allarmismo e radiato dall'Istituto Europeo di Sanità. Quel giorno, il 4 novembre 2031, riporta nel suo diario: “Oggi è stata decretata la fine dell'umanità, ma non per deficienza di mezzi, bensì di intelletto.” Una settimana dopo Rampelli moriva suicida nel suo laboratorio, lasciando il computer portatile nella cassaforte dell'istituto.
IV
Trovai il diario del dottor Rampelli negli archivi informatici dell'Istituto Nazionale di Sanità, nella primavera del 2212, sette anni prima di entrare in questo bunker. Stavo cercando altre informazioni sul fenomeno delle mutazioni. I governi che si erano succeduti in Italia, con una velocità disarmante, a partire dal 2031, avevano sempre sostenuto la tesi della mutazione. La Mutazione X compariva in tutti i comunicati ufficiali e in ogni documento delle strutture sanitarie. Non veniva accettata altra spiegazione se non quella dell'altissimo livello di inquinamento ambientale, che aveva provocato, inevitabilmente, quelle metamorfosi. E la stessi tesi veniva promossa da ogni altro stato. Forse furono le recenti scoperte in campo astronomico che allontanarono l'umanità dal pensiero di altre vite oltre quella terrestre. L'uomo era da tempo sbarcato su Marte e si era diretto in orbita attorno ad altri pianeti del sistema solare. Sul pianeta rosso era stata costruita una base, per studiarne da vicino il suolo ed eventuali tracce di una vita passata. Ma nulla era stato trovato, oltre a polvere e muta roccia. Il fascino degli extraterrestri si era gradualmente dissolto e finì per essere dimenticato e restare sepolto per sempre nelle pagine di vecchi romanzi e film di epoche passate. La scatola che conteneva il portatile del dottor Rampelli indicava semplicemente la dicitura “Supporti informatici del dottor Rampelli, F. - Istituto Europeo di Sanità, Dipartimento di Biologia. Anno 2031”. Era il vecchio nome dell'istituto, passato da europeo a nazionale dopo lo scioglimento dell'Unione Europea avvenuto nel 2097. Fu l'indicazione dell'anno a spingermi a prendere quel contenitore, poiché non avevo mai sentito parlare di Rampelli. E adesso so perché. Tutto era cominciato nel 2031. Forse quel dottore, mi dissi, aveva partecipato alle ricerche. Non posso descrivere che cosa provai quando riuscii a leggere tutto il materiale che Rampelli aveva digitalizzato. Mi occorse un intero mese per farlo. La batteria del portatile era stata tolta e lo spinotto non si adattava alle moderne prese di corrente, così utilizzai una spina universale e potei mettere in funzione il computer. Nonostante il sistema operativo fosse antiquato, me la cavai egregiamente. La logica di quel programma esulava da ogni comprensione e il computer si bloccava di continuo. Quando riuscii a farlo ripartire, preferii trasferire, tramite bluetooth, tutta la memoria nel mio computer. Quindi riposi quel cimelio nel suo contenitore. Per il mese successivo non feci altro che leggere e studiare tutti i documenti che aveva prodotto e raccolto Rampelli. Le mie uscite all'esterno si fecero più rare, mi ero recluso con l'intenzione di conoscere l'intera storia, perché già dalle prime pagine che lessi avevo intuito che c'era stata una profonda negligenza da parte del governo e dei colleghi del dottore. Mettendo a confronto quello che avevo vissuto sin dalla mia nascita con ciò che aveva scoperto Rampelli, non potevo che convalidare la sua tesi e cadere ancora di più in uno stato di angosciosa malinconia. Qui, davanti a me, c'era la terribile verità sulle mutazioni e sulle orribili forme che hanno cominciato a nascere e a riprodursi nel nostro pianeta quasi due secoli or sono.
V
Rampelli, sin dai primi mesi, aveva chiamato quel fenomeno extragenesi. Non si trattava, secondo lui, di una mutazione, bensì di una sorta di evoluzione. Confesso che, durante la lettura, avvertii un brivido gelido corrermi lungo tutto il corpo e ghiacciarmi il sangue. Anche se avevo vissuto in prima persona le scene apocalittiche del mio tempo, leggere che tutto questo avrebbe potuto essere evitato, che era già noto quasi duecento anni fa, turbò il mio animo all'inverosimile. Ma la cosa che più mi sconvolse fu la parte relativa al paziente tenuto in laboratorio da Rampelli. Si trattava di un uomo che presentava mutazioni più evidenti di altri, che il dottore aveva convinto a restare sotto osservazione per alcuni giorni, nella speranza di trovare una cura. Non era naturalmente vero, come scrisse Rampelli nel suo diario: Mi sento un verme per aver dato una falsa aspettativa a quell'uomo, ma ho bisogno di capire e avere prove per convalidare la mia tesi. Non esiste un modo per curare queste persone. Quell'uomo parlava due lingue, una delle quali sconosciuta. Rampelli era sicuro che ne esistevano anche altri nel pianeta, che avevano subito metamorfosi non solo fisiche ma anche a livello cognitivo. E questo era sorprendente, come scrisse il dottore. I suoni articolati dall'uomo non erano riconducibili a nessuna delle lingue parlate all'epoca. Ma non si trattava soltanto delle parole in sé, quanto del suono stesso, che risultava una cacofonia irriconoscibile e mai udita prima. L'uomo era spaventato. Quando parlava quel linguaggio estraneo sembrava padrone di sé, ma nel momento in cui tornava a essere umano, il suo sguardo cambiava, segno evidente del profondo terrore che lo assaliva nella consapevolezza di questa sua doppia natura. Dentro di sé esistevano due entità in lotta fra loro, in una battaglia senza fine e senza vincitori né vinti. Rampelli scoprì anche che l'uomo capiva il linguaggio estraneo. Non solo le due nature convivevano nel medesimo corpo, ma erano coscienti una dell'altra. E questo portò Rampelli a fare la scoperta del secolo, anzi la scoperta più grande dell'intera umanità, ma destinata a suscitare soltanto la derisione delle autorità governative e scientifiche e a causare la sua morte. L'uomo, calmato dal dottore con un sedativo, disse di provenire da un lontanissimo pianeta chiamato Eog-Rakïs. Distava anni luce incalcolabili. Fu distrutto da una stella, assieme a ogni forma di vita, miliardi di anni prima che la vita sulla Terra apparisse. La vita su quel pianeta era molto differente dalla nostra, poiché differenti erano le condizioni climatiche, ambientali e atmosferiche. Nei giorni seguenti Rampelli elaborò la sua teoria dell'extragenesi. Era straordinaria e raccapricciante al tempo stesso.
VI
Da qualche parte nell'universo, miliardi e miliardi di anni fa, quando la Terra era ancora parzialmente fusa, esisteva un pianeta, chiamato Eog-Rakïs, in cui si erano sviluppate forme di vita diverse dalle nostre. Forme di vita che noi qui chiameremmo animali e vegetali, concetti che però su Eog-Rakïs non avevano senso. L'atmosfera era costituita da gas non presenti sulla Terra e l'ambiente non aveva i colori e i profumi che conosciamo. Non possiamo concepire quella realtà lontanissima, sia nel tempo che nello spazio, poiché siamo ingabbiati in ragionamenti di tipo terrestre. È sufficiente sapere che su quel pianeta esisteva una civiltà avanzatissima, che basava la sua tecnologia non sulla creazione di oggetti e macchinari, bensì sulla metamorfosi stessa dei propri esseri. Eog-Rakïs un giorno venne distrutto da una stella e l'esplosione fu tremenda. Ogni forma di vita venne cancellata e del pianeta non rimase che un cumulo di frammenti di rocce e sostanze organiche, destinati a vagare per sempre nello spazio. Ma non fu così. Perché frammenti di quel pianeta, assieme a funghi e sostanze organiche, arrivò sulla Terra, prima ancora che una qualsiasi forma di vita apparisse su quel pianeta giovane. Una volta sulla Terra quei composti organici dovettero adattarsi alle nuove condizioni ambientali e climatiche e sviluppare forme di vita differenti da quelle che erano nate su Eog-Rakïs. Tentativi su tentativi portarono alla nascita di creature che solo lontanamente somigliavano alle grandi specie viventi sul pianeta distrutto. Creature che sulla Terra non riuscirono a sopravvivere fino ai giorni nostri. Occorsero milioni di anni a quei composti per evolversi e ritornare così alla loro primigenia struttura. Dapprima, nella specie più evoluta della Terra, apparvero piccole metamorfosi, quando le condizioni ambientali furono più ottimali per ospitare quei cambiamenti. Quelle timide apparizioni interessarono inizialmente l'apparato genitale, per permettere la riproduzione di esseri ibridi, in grado di estendere la metamorfosi con una velocità maggiore. A quel punto nulla avrebbe più potuto fermare l'evoluzione. L'extragenesi era ormai avviata e l'antichissima civiltà, nata su Eog-Rakïs miliardi e miliardi di anni fa, aveva finalmente fatto il suo ritorno sulla scena dell'universo. Ma in uno stesso ambiente non avrebbero potuto convivere due specie evolute, quella umana e quella aliena. L'umanità, con la sua mente ristretta e la sua tecnologia arcaica, sarebbe stata d'intralcio a quella nuova specie dominante, che avrebbe così distrutto ogni forma di vita inutile sulla Terra, ripristinando, col tempo, le condizioni di Eog-Rakïs.
VII
Questo era il sunto dell'intera teoria dell'extragenesi elaborata da Rampelli. Nel suo tomo di 300 pagine il dottore parla di mutazioni avvenute anche nelle altre specie animali e in quelle vegetali. Dal canto nostro, sappiamo fin troppo bene- e a nostre spese- che cosa accadde dopo. Sappiamo che gli aborti non servirono a evitare la nascita di quei mostri. Sappiamo che negli anni a venire moltissimi ibridi erano sopravvissuti fino a un'età giusta per riprodursi. Sappiamo della nascita di esseri rivoltanti che cominciarono a popolare il pianeta, distruggendo ogni forma di vita che trovavano. Sappiamo che i centri di isolamento in cui all'inizio furono rinchiusi non arrestarono la loro espansione, anzi in breve tempo fummo noi a restare isolati e a occupare sempre meno spazio. Finché le ultime autorità costruirono i bunker, strutture sotterranee in grado di ospitare piccoli gruppi di sopravvissuti, con cibo e acqua sufficienti per anni. Poi ogni forma di autorità nel pianeta cessò di esistere, ogni forma di comunicazione fu interrotta, ogni speranza recisa. Un giorno le nostre scorte alimentari finiranno e allora potremo scegliere se morire lentamente di fame, se ucciderci a vicenda in modo più veloce e umano o se consegnarci a loro, e morire risucchiati in quelle forme indescrivibili. Non ho paura di morire. L'unica cosa che dilania la mia anima non è il mio pianeta ridotto a un cumulo di rovine irriconoscibili, né la possibilità negata di un futuro migliore, né la triste e drammatica consapevolezza che siamo rimasti in pochi, ultimi umani che non si arrendono a un destino segnato miliardi di anni prima. Ma sapere che noi siamo sempre stati loro, sin dall'inizio dei tempi.
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