Non è che non mi sia piaciuto: è che il ribaltamento della situazione, vista l'impostazione e i personaggi, è davvero interessante, ma è gestita male.
Oserei dire gestita in fretta.
Mi spiego: all'inizio credevo che il focus del racconto fosse la Pagliarani e la sua storia, invece con l'avanzare della narrazione abbiamo la conquista della scena da parte di Lombroso. E mi va bene, perché poco alla volta quello che dovrebbe essere un interrogatorio di una presunta criminale diventa la confessione di una serie di crimini orrendi, per poi essere ironicamente superata da quello che racconta e fa Lombroso.
Solo che il problema è lì: per come sono messe le cose nel racconto sono innazitutto troppo raccontate e raccontate nei dettagli solo a beneficio del lettore, perché anche se si riesce a giustificare una certa tendenza didascalica del personaggio Lombroso, alla fine esageri; e poi ribalti la cosa in maniera così evidente e anche appesantita (aggiungendo anche aggettivi negativi che corrispondono alla nostra sensibilità, ma evidentemente non a quella di Lombroso) che perde tutta la sua carica "satirica". Io non sono un fanatico della scuola del "mostrare e non raccontare", ma in questo caso l'ossessione di Lombroso andrebbe gestita in maniera leggermente diversa perché rischi l'effetto macchietta.
Ho anche un dubbio a proposito della situazione storica. La vicenda ricalca troppo la ricostruzione della saponificatrice di Correggio, con molte somiglianze, per poi distaccarsi nell'esito/rapporto con Lombroso.
Perché?
O decidi che usi tutti i dettagli veri e poi fai una scelta da Storia Alternativa.
Oppure crei una storia (in questo caso sarebbe tecnicamente una Storia Segreta) che sia più o meno plausibile, ma elimini le coincidenze di nomi e luoghi proprio per plausibilità. Ovvero qual'è la probablità che due donne di nome Leonarda e con le stesse vicissitudini si mettano a fare le stesse cose a distanza di pochi anni?
A livello di stile ho notato che ci sono parecchi stacchi, intesi come andare a capo, che confondono la lettura. Il primo è nel discorso diretto della Pagliarani ("Sono sempre stata testarda"), che messo così sembrava impostare il racconto in prima persona quando non lo è; il secondo è quel "Il professor Cesare Lombroso, docente di psichiatria e medicina..." che si lega troppo alla fine della frase precedente per andare a capo. Un terzo, al contrario, non va a capo ed è quel "- Io non sono quel che si dice un frutto desiderato.".
Mi chiedo anche se non era meglio mettere in corsivo (o tra virgolette) i pensieri di Lombroso, perché così sembri mettere due punti di vista sullo stesso piano. Questo vale anche per le frasi che dice di scrivere nel finale.
Mi sa che avevi poco tempo per una rilettura perché ho notato parecchie imprecisioni.
VARIE
-ho il minidubbio (ma lo metto qui tra le varie), che nel 1896 non ci riferisse all'epilessia con il termine epilessia
-"del carcere delle nuove" - qui manca un maiuscolo
-"La pagliarani" - pure qui
-In "- Il tono di Lombroso" c'è un trattino che non c'entra
-"di mai guasto" - manca la esse
-"Gli era capitato la sera innanzi di assistere a uno spettacolo curioso" - le prime proiezioni a Parigi sarebbero del 1895 e il primo cinematografo in Italia nel '901. Non è un po' presto qui nel 1896? "
-"ad un matto" - eufonica
Tutto sommato metto un 2
P.S. In termini generali, considerando le facce della gente che gira,Lombroso aveva ragione