Cinema

di "Marco Migliori"

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  1. sgerwk
     
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    Lo schermo del cinema era completamente occupato dal primo piano del bambino, che tratteneva a stento le lacrime. La ripresa si allargava, permettendo di vedere anche il nido frantumato che teneva in mano, quel nido che un minuto prima aveva fatto cadere per sbaglio mentre si arrampicava sull'albero.
         Era una scena assurda. Non c'entrava affatto con quella precedente. Era diversa, nel senso che mi sembrava avere una differente ambientazione. Forse dei diversi personaggi. Per qualche ragione, non riuscivo a ricordare cosa fosse successo subito prima del bambino che si arrampicava, ma ero certo che si trattasse di una scena scorrelata.
         I compagni di classe del bambino erano raggruppati a due metri da lui, inorriditi alla vista degli uccellini morti. Qualcuno sembrava sentirsi male, qualcun altro voleva guardare altrove ma non riusciva a distogliere lo sguardo. Uno fece un passo avanti e strillò: — I passeri saranno vendicati.
         Ricordavo quella frase, ripetuta ancora e ancora. Gli altri imitarono il bulletto, e in pochi momenti formarono un coro di odio. I passeri saranno vendicati.
         Distolsi lo sguardo dallo schermo. Finalmente sapevo di cosa parlava il film. Il bambino che aveva inventato lo slogan che aveva giustificato l'aggressione allo sfortunato compagno, ero io. E adesso ricordavo anche il resto. Il resto della mia vita. La laurea, il matrimonio, la carriera. La lunga malattia, l'ospedale. La mascherina dell'ossigeno, i dottori e gli infermieri intorno al letto, e l'ultimo tentativo di respirare.
         Lo schermo continuava a mostrare i bambini che picchiavano il compagno, ma io non volevo vedere. Provai a girarmi, e mi accorsi che i polsi erano legati ai braccioli da larghe cinture. Nella quasi totale oscurità del cinema le vedevo a malapena. Mi piegai sperando di poterle slacciare, ma erano continue, senza fibbie.
         Intorno a me, gli altri spettatori erano ombre. Vedevo le sagome di quelli davanti che si stagliavano sull'immagine del film, ma gli altri no. La luce dello schermo era strana, fredda: si vedeva la scena, ma non illuminava niente.
         Mi spostai verso destra per quanto me lo consentivano i legacci, avvicinando il più possibile la testa alla persona accanto a me. Era una donna sulla cinquantina, il genere di casalinga ossigenata.
         — Signora, che succede?
         Non si girò. Non sembrava avermi sentito.
         — Signora...
         Con una mano, si asciugò una lacrima sulla guancia. Poi la riportò sul volante. Oltre il suo profilo, vedevo macchine parcheggiate e negozi.
         Stavo guardando lo schermo. La donna era nel film. Non ricordavo di essere tornato seduto dritto, ma era così che stavo. Guardavo la scena del film.
         La cinepresa inquadrava il sedile del passeggero, dove erano sparsi dei telegrammi. Le buste erano aperte, e i fogli dicevano vi siamo vicini, partecipiamo al vostro dolore, le nostre più sentite condoglianze. Provai ancora quella sensazione, quella di leggere i telegrammi e di sapere che una parte della mia vita era finita, quella di cui era parte essenziale e insostituibile la persona che non c'era più.
         La donna guardava avanti, l'espressione di chi ha deciso che vuole andare avanti. Un clacson, e una moto che le passava davanti. Il ragazzo rallentava, e prima di superarla urlava: — Datti una mossa, vecchia rincoglionita!
         La mia moto. La mia voce.
         Neanche ricordavo la donna. Una delle tante macchine ferme un momento di troppo a un semaforo verde, un giorno in cui avevo fretta.
         Mi voltai a sinistra. L'uomo sembrava un impiegato, o forse un ingegnere. Giacca e cravatta, occhiali tondi. Fissava lo schermo.
         — Che succede? — chiesi. — Perché siamo qui? Perché ci costringono a rivederci? Perché dobbiamo guardare le cose brutte che abbiamo fatto?
         L'uomo non si girò, ma aprì la bocca. Esitò, poi disse: — Ognuno vede un film diverso. Sempre lo stesso, all'infinito.
         — Eh?
         — Ognuno si guarderà indietro e rivedrà quello che ha fatto. — L'uomo annuì, come se la frase gli piacesse.
         Poi abbassò gli occhi e la scrisse. Sul tavolo, accanto al foglio, c'era la lametta.
         Stavo ancora guardando il film, seduto dritto al mio posto. Non ricordavo chi lui fosse, ma ero certo che entro un minuto un flashback mi avrebbe rivelato come lo avessi spinto al suicidio.
     
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3 replies since 27/1/2011, 23:30   134 views
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