Bambole
  • Poll choices
    Statistics
    Votes
  • 3
    45.45%
    5
  • 4
    36.36%
    4
  • 2
    18.18%
    2
  • 1
    0.00%
    0
Guests cannot vote (Voters: 11)

Bambole

di Stefano Pastor - 20k

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. marramee
     
    .

    User deleted


    Questo mese ero fermamente deciso a non partecipare, perché mi resta pochissimo tempo libero e dubito che mi sarà possibile leggere tutti i racconti, però vedere questo posto libero è una sofferenza continua.
    Propongo un racconto di Grand Prix, perché non sono riuscito a prepararne uno nuovo. Cercherò di leggere e commentare più racconti possibile.


    BAMBOLE



         La donna sostò qualche istante a guardare la vetrina, prima di entrare. Non potei fare a meno di notare la sua eleganza e la sua bellezza, anche se erano già alcuni anni che questi attributi mi erano indifferenti. Dalla morte di Rosa ogni desiderio si era sopito, anche se avevo appena sessant'anni.
         Non c'erano bambini con lei, e questo era insolito. Il mio non era un semplice negozio di giocattoli, le mie bambole erano artigianali, costruite con la cura di una volta. Bambole speciali, fatte su misura per i loro piccoli padroni, esclusivamente su ordinazione. Era un mestiere che si stava perdendo e che forse sarebbe scomparso con me.
         Entrò con decisione e venne avanti come un'indossatrice su una passerella. Altissima, un fisico slanciato, tacchi a spillo su cui si muoveva con disinvoltura. E poi l'abito, rosso e sgargiante. Non me ne intendevo, però era evidente che fosse un modello esclusivo, creato per la sua figura.
         Fu molto concisa. «Voglio una bambola.»
         Labbra sottili, un trucco delicato, occhi verdi, intensi, e una cascata di capelli neri come la notte.
         Non mi stupì una richiesta così semplice. «Ha in mente qualcosa di particolare?»
         L'aveva, eccome. «Voglio una bambina di otto anni, che mi assomigli almeno un po'.»
         Era una richiesta un po' confusa, che cercai di interpretare. «Vuole una bambola che le assomigli, e che abbia l'apparente età di otto anni?»
         «Deve essere perfetta, deve sembrare vera.»
         Sospirai leggermente. «Non tratto articoli così grossi. Come può vedere le mie bambole sono tutte più piccole. Non le converrebbe andare in un negozio di giocattoli? Là si trovano facilmente bambole di ogni dimensione.»
         Non si scompose. «Non mi assomigliano. Non ne ho trovata neppure una che mi assomigli.»
         «Lei la vorrebbe realistica, è questo che sta dicendo? Che assomigli a una bambina vera? Come un manichino?»
         Scosse il capo. «Non voglio un manichino, voglio una bambola.»
         Cercai di spiegarle la differenza. «Signora, in questo negozio vendiamo le migliori bambole che potrà mai trovare. Ma sono comunque bambole, non possono sembrare veri bambini.»
         «Mi hanno detto che lei è in grado di esaudire qualunque desiderio.»
         Ne pareva convinta, non lo disse solo per adularmi. «Otto anni sono tanti, non credo di essere in grado di riprodurre le esatte proporzioni.»
         «Deve assomigliarmi. Voglio che sia come me.»
         Non capiva, o non voleva capire. «Non penso di potere...»
         «Ne ho bisogno, lei me la deve fare.»
         Sotto la freddezza della sua voce percepii la disperazione. Mi chiesi a che le servisse. Non per sua figlia, no, dubitavo che un tipo così potesse avere figli. O forse l'aveva avuta e l'aveva perduta, e quella bambola sarebbe servita a rimpiazzarla. Qualunque fosse il motivo che la spingeva, comunque, quella donna mi metteva in agitazione.
         «Non accetterò una risposta negativa,» aggiunse ancora.
         La potevo fare? Certo che ne ero capace, anche se mi infastidiva doverla accontentare.
         «Dovrò studiare attentamente le misure,» le dissi.
         Pur nella vittoria la donna continuò a restare impassibile. «La voglio alta, e magra, proprio come me. Anche i capelli devono essere neri, come i miei...»
         
         Ci vollero tre settimane.
         Io stesso ero impressionato dal mio lavoro: sembrava davvero una bambina. Non era agghindata come una bambola, la donna mi aveva portato i vestiti da farle indossare, ed erano costosi ed eleganti come i suoi.
         Era alta e slanciata, con lunghi capelli neri e occhi verdi, proprio come mi aveva chiesto. Le labbra erano rosee e carnose.
         La donna venne a prenderla dopo due giorni, quasi all'ora di chiusura del negozio, quando il buio aveva già avvolto la città.
         La studiò a lungo girandole intorno, al punto che persino la mia proverbiale pazienza venne meno. «Allora? È ciò che desiderava?»
         Non mi diede la soddisfazione di rispondere, tirò fuori un rotolo di soldi dalla borsetta microscopica e pagò. Poi prese la bambola per mano, quasi pensasse che l'avrebbe seguita con le sue gambe.
         Percepii qualcosa di morboso, di spiacevole. E allo stesso tempo ebbi pena per lei, perché era chiaro che quella donna aveva sofferto, e stava soffrendo tutt'ora. Quella bambola aveva una valenza speciale per lei, avrebbe dovuto sostituire qualcuno che non c'era più.
         Cercai di riportarla alla realtà. «Preferisce che gliela incarti?»
         La vidi confusa, per la prima volta. Poi scosse il capo e sollevò la bambola passandole un braccio intorno alla vita, quasi fosse una valigia.
         Non rispose al mio saluto e andò via.
         
         La storia sarebbe potuta finire lì, se un paio di mesi dopo non mi fossi trovato a passeggiare per le strade del centro. Ero immerso nei miei pensieri quando alzai gli occhi e me le trovai davanti: la donna e la bambina.
         C'erano due manichini, in bella mostra in una vetrina. Quello più grande assomigliava come una goccia d'acqua alla donna che era venuta nel mio negozio. Indossava pure lo stesso abito. Teneva per mano una bambina, che era indiscutibilmente la bambola che avevo fatto io. Aveva persino i vestiti che io le avevo messo.
         Guardai l'insegna: si trattava di Scallis', una delle boutique più esclusive della città.
         Rimasi a lungo a fissare i due manichini, sempre più sconcertato. Trovavo spiacevole, per non dire disgustoso, che la mia bambola fosse in mostra sotto gli occhi di tutti. Avevo sempre messo tutto il mio amore nel costruirle, e nell'amore avrebbero dovuto vivere. L'amore di una bambina che le avrebbe riempite di attenzioni.
         Non l'avrei mai fatta se solo avessi sospettato quale sarebbe stato il suo uso.
         Fu l'indignazione a spingermi a entrare nel negozio.
         Non era un luogo in cui potermi sentire a mio agio. Le due commesse sembravano indossatrici loro stesse, nei loro abiti eleganti.
         Mi valutarono, immagino, perché fu la più anziana di loro a venire verso di me.
         «In cosa possiamo esserle utili?»
         Indicai la vetrina. «Quel manichino.»
         Lei sorrise. «Ha un ottimo gusto, signore. Un modello esclusivo, unico al mondo.»
         A costo di essere preso per matto, dovevo chiederglielo. «Il manichino che lo indossa... sono certo di averlo già visto prima. Mi ricorda qualcuno, qualcuno che ho conosciuto.»
         La sua reazione mi sorprese, perché si girò a guardare la collega. L'altra donna le fece un cenno quasi impercettibile.
         C'era un pizzico di imbarazzo nella donna. «La signora Scallis, sì. La proprietaria della boutique. È stata una sua scelta quel manichino. Se l'è fatto fare su misura. Lo trovava divertente.»
         Io ero di tutt'altra idea. «Potrei parlarle?»
         L'incertezza della donna fu più evidente. «Temo che non sia possibile, signore.»
         Prima che potessi insistere, lei continuò: «La signora Scallis si trova in America, adesso. È in vacanza.»
         Nascosi il mio disappunto. Di certo non potevo prendermela con loro, non avrebbero potuto comprendere. Le salutai con cortesia, quindi, e me ne andai, deciso ad affrontare quella donna una volta che fosse tornata dalle vacanze.
         
         Passò un mese, e quasi mi ero scordato di lei, quando la signora Scallis tornò nel mio negozio.
         Era più conturbante che mai, in uno svolazzante abito turchese primaverile. Stavolta aveva i cappelli acconciati in una crocchia e un cappellino semi-trasparente.
         Venne diritta fino al banco e andò subito al sodo. «Me ne deve fare un'altra.»
         Io scossi subito il capo, ma lei non mi lasciò il tempo di parlare. «Mia figlia vuole un fratellino, si sente sola.»
         Quelle parole mi confusero. Possibile che mi fossi sbagliato e quella donna avesse davvero una figlia? Poi rammentai l'uso che aveva fatto della mia prima bambola e scossi il capo.
         «La prego, mi deve aiutare.»
         Era giunta l'ora di chiusura e cercai di approfittarne per mandarla via. Trovavo la sua presenza sempre più fastidiosa. «Stasera non posso proprio, signora, torni un'altra volta.»
         Neanche mi ascoltò. «Deve essere più giovane, sei o sette anni. E biondo, lo voglio biondo. Lo può fare con gli occhi azzurri? Le piacciono tanto gli occhi azzurri.»
         Girai attorno al banco e la presi per un braccio. «La prego, signora, è troppo tardi, devo proprio chiudere.»
         Continuò a parlare, mentre la conducevo alla porta. «Deve fare in fretta, ne ha proprio bisogno. Me lo chiede in continuazione.»
         Quando l'ebbi messa fuori, prima di chiudere la porta, mi giunse ancora la sua voce. «Farà in fretta? Ci conto. Ricordi che ci conto.»
         
         Ancor oggi non so perché, ma lo feci. Eppure la donna non era più tornata, dopo quella volta, avrei potuto lasciar perdere. Anzi, non le avevo promesso proprio niente, ciononostante non potei resistere.
         Ci misi tutto il mio amore, scelsi il materiale migliore, e dopo una decina di giorni il bambolotto fu pronto. Era ancora nudo, perché non avevo alcun abito da fargli indossare. Sembrava proprio un bambino, un bel bambino di sei anni, con occhi azzurri e un caschetto di capelli biondi.
         Quella donna non era normale, ormai l'avevo capito. Quei manichini esposti nella vetrina nascondevano qualcos'altro, un trauma di qualche genere con cui cercava di convivere. Forse non facevo altro che attizzare la sua ossessione, ma la disperazione che aveva lasciato trasparire nel nostro ultimo incontro me l'aveva fatta sentire più umana.
         Lei venne quella sera stessa, portando il vestitino, con la certezza di trovarlo pronto.
         La dolcezza e l'amore con cui lo rivestì da un lato mi turbarono ancor di più, ma dall'altro mi ripagarono di tutti i miei sforzi. Quel bambolotto sarebbe stato amato, ne ero certo.
         Lei mi diede soddisfazione. «È proprio quello che desideravo. Lei è riuscito a fare un miracolo.»
         Non potei trattenermi. «A cosa le serve?»
         Lei chinò il capo, preda di un'improvvisa stanchezza, e anche la sua voce si indebolì. «È orribile essere soli, non crede?»
         Era caduta la sua maschera, e in fondo potevo anche capirla. Sì, non era affatto piacevole vivere soli. E come le bambole aiutavano me a esistere, che male c'era se potevano aiutare pure lei?
         Quei conturbanti occhi verdi sembravano voler penetrare nella mia mente. «Non potevo continuare così, capisce?»
         Io non osai dire niente, allora lei prese in braccio il bambolotto, questa volta con delicatezza, come se si fosse trattato di un bambino vero, e andò via.
         
         Trascorsero due settimane prima che decidessi di tornare in centro.
         Non mi stupì trovare tre manichini nella vetrina. Questa volta il simulacro della signora Scallis teneva per mano entrambe le mie bambole. Aveva di nuovo cambiato vestito, ora indossava un bellissimo abito nero, con una gonna lunga fino alle caviglia, e al suo collo spendeva una collana di diamanti.
         Restai a lungo a guardare quella famiglia inanimata, ma alla fine non riuscii a resistere ed entrai di nuovo nel negozio.
         La commessa più anziana mi venne subito a servire. «Vorrei vedere la signora Scallis,» le chiesi.
         Come l'altra volta, la donna restò incerta e si voltò a guardare la collega. In questo caso, però, l'altra commessa venne in suo aiuto e prese in mano la situazione. «Sono la signora Bassi, mi occupo io della boutique mentre la signora Scallis è assente. Vuol dire a me?»
         Scossi il capo. «Devo proprio vedere la signora Scallis, è una questione personale.»
         «La signora Scallis al momento non è disponibile.»
         «Quando dovrebbe tornare?»
         Un'ombra passò sul suo volto. Pareva combattuta. «Lei la conosce bene?» mi chiese.
         La conoscevo bene? Forse sì, forse persino meglio di loro. Conoscevo il suo tormento, la sua sofferenza. «Sono un suo amico,» affermai.
         Questo sembrò convincerla. «Non abbiamo idea di dove si trovi la signora Scallis,» affermò.
         Toccava a me essere confuso. «È di nuovo andata via?»
         La donna fece una smorfia. «Non è mai tornata. Forse non è neppure partita. Non abbiamo idea di cosa le sia successo.»
         Non aveva senso ciò che stava dicendo quella donna. «Era in vacanza in America, mi pare di ricordare.»
         «Così credevamo anche noi, ce l'aveva detto lei, solo che non c'è mai arrivata. Sono settimane che cerchiamo di rintracciarla, ma nessuno l'ha più vista.»
         Ero sempre più confuso. «Ma era qui, l'ho incontrata! Da quanto è sparita?»
         Queste parole le sorpresero entrambe. «L'ha vista, davvero? E quando? Stava bene?»
         Divenni reticente. «Da quando è scomparsa?»
         La signora Bassi chinò il capo. «Sei mesi, sono sei mesi che non abbiamo più notizie.»
         Era pazzesco, quindi da prima che mettesse piede nel mio negozio. Qualcosa non tornava, però. Indicai la vetrina. «Quei due manichini, chi li ha portati? Che ci fanno lì?»
         Le donne si guardarono confuse. «Che c'entra, adesso?»
         Moltissimo, era il cuore di tutta la faccenda. «Da dove sono arrivati? Chi li ha messi in vetrina? Chi li ha vestiti? Chi ha scelto quella posizione?»
         La confusione era totale, e le donne si misero a parlare tra di loro. «Sei stata tu, Carla?»
         «Io no, c'erano già, li ho trovati così, pensavo che li avessi messi tu,» rispose la collega.
         Poi tornarono a rivolgersi a me. La signora Bassi aveva capito. «È stata la signora Scallis, è questo che vuol dire? È qui? Ma noi non l'abbiamo mai incontrata, perché dovrebbe...»
         Era confusa, e lo ero anch'io.
         «Chi è la signora Scallis? Cosa fa?»
         Vidi il sospetto nei suoi occhi. «Credevo che fosse un suo amico.»
         Cercai di riparare. «Non ama parlare della sua vita privata, è sempre reticente.»
         La signora Bassi sospirò. «Povera signora Scallis. Sì, la posso capire.»
         «È sposata, ha dei figli?»
         Scosse il capo. «No, nessun figlio, non ce n'è stato il tempo. È rimasta sola troppo presto. Ha perso il marito subito dopo il matrimonio.»
         «Lo amava moltissimo,» aggiunse l'altra commessa.
         «Si è chiusa in se stessa,» ricordò la signora Bassi. «Noi le dicevamo di andare fuori, di divertirsi, di dimenticare. Di tornare a vivere, insomma.»
         «Una donna così bella,» continuò la collega. «È stata un'indossatrice famosa, sa? Tutti la ammiravano.»
         Non era affatto ciò che mi ero aspettato, l'assenza di figli, vivi o morti, mi aveva spiazzato.
         La signora Bassi raggiunse la vetrina e studiò i manichini. «Non sono nostri,» decretò. «Di certo non provengono dal nostro solito produttore.»
         Questo lo sapevo benissimo.
         Si voltò. «Dice che li ha portati lei? Che viene qui quando il negozio è chiuso? Ma perché? Perché non ha più dato sue notizie? Perché non risponde al telefono, se non è mai partita?»
         Scossi il capo, perché neanch'io avevo una risposta. «Sa dove abita?» le chiesi.
         Le commesse si scambiarono uno strano sguardo.
         
         «Non so se faccio bene,» disse per l'ennesima volta la signora Bassi.
         «Non è mai venuta qui?» le chiesi.
         «Perché avrei dovuto?»
         La casa della signora Scallis era un po' fuori mano, una villetta antica in stile neoclassico. Il giardino era in stato di abbandono da tempo.
         «Non dovremmo essere qui,» ripeté la signora Bassi. «Non dovrei neanche avere questa chiave. La signora Scallis si arrabbierà quando scoprirà cos'abbiamo fatto, ci tiene molto alla sua privacy.»
         «Lo facciamo per il suo bene, potrebbe essersi sentita male, non crede?»
         Non lo credeva affatto. Anzi, il sospetto che la signora Scallis si trovasse ancora in città la rendeva solo più dubbiosa.
         «La prego,» le dissi.
         Essere così anziano giocava a mio favore, la signora Bassi non vedeva in me un pericolo. «Solo un'occhiata, però, per essere certi che non sia qui. Non tocchi niente.»
         La rassicurai, e finalmente girò la chiave.
         Ci rendemmo conto di cosa era successo appena mettemmo piede in casa e un tanfo nauseante ci avvolse: capimmo che quello era l'odore della morte.
         
         Non osammo andare oltre e chiamammo la polizia.
         La trovarono in bagno, dentro la vasca. L'acqua doveva essere evaporata tutta, dopotutto erano passati sei mesi da quando si era tagliata le vene.
         Era nuda, e della sua bellezza non era rimasto molto. Ma questo ce lo dissero, perché non ci fu concesso di vederla.
         La signora Bassi era troppo sconvolta per ricordarsi di me, della strana incongruenza di ciò che le avevo raccontato, e questo giocò a mio favore.
         Ciò che era accaduto era fin troppo evidente, la polizia mi interrogò brevemente, poi mi lasciò andare.
         
         Avevo incontrato un fantasma?
         Era indubbio che quella donna fosse già morta quando era venuta a farmi visita. Perché fosse venuta da me e quale significato avessero le bambole sarebbe rimasto di certo un mistero. Cercai di non pensarci, di dimenticare, perché temevo che anch'io sarei impazzito se non lo avessi fatto.
         Questo era il mio proposito, e forse ci sarei anche riuscito, se un paio di giorni dopo non avessi ricevuto una visita inattesa.
         Avevo appena chiuso il negozio, in tarda serata, quando giunsero a bussare due bambini. Fosse stato chiunque altro l'avrei ignorato, ma mai avrei voluto dare un dolore a un bambino. Così andai ad aprire.
         La femminuccia dimostrava otto anni, con lunghi capelli neri e splendidi occhi verdi. Il fratellino era più giovane, con un caschetto biondo e due limpidi occhi azzurri.
         «Che posso fare per voi, bambini?»
         Parlò la femminuccia. «Vogliamo una bambola.»
         Sospirai e mi feci da parte. «Su, entrate. Guardate pure in giro.»
         Entrarono, ma non degnarono di un'occhiata le bambole esposte. Di nuovo parlò la bambina. «È una bambola speciale. Ce la devi fare tu.»
         Neppure questo mi stupì. «Speciale come? Cos'avreste in mente?»
         Lei sorrise. «Vogliamo un papà.»
         Mi congelai, e solo allora compresi quello che la mia mente si era rifiutata di vedere. Non era possibile. No, non era possibile.
         La voce mi tremava. «Come lo volete, questo papà?»
         Si scambiarono un'occhiata, i monelli, poi la bambina mi strizzò l'occhio. «Proprio come te, solo molto più giovane. Pensi di farcela?»
         Lo potevo fare? Potevo fare quella bambola per loro? Erano davvero due bambini stupendi. «Perché volete un papà?»
         «Per la mamma. Lei soffre, è sempre tanto sola. Noi non le bastiamo, sai?»
         Intervenne anche il fratellino. «Glielo vogliamo regalare, così sarà felice.»
         Era difficile riuscire ancora a parlare. «Chi siete? Da dove arrivate? Chi è vostra madre? E vostro padre?»
         Scoppiarono a ridere tutti e due, divertiti. «Ma lo sai!» disse la ragazzina. «Ci hai fatti tu! Tu sei nostro padre!»
         Il bambino continuava a ridere. «Che stupido!»
         Lei abbassò la voce. «Però non dirlo alla mamma, dev'essere una sorpresa!»
         Qualcuno bussò sul vetro della porta, facendomi sobbalzare. La signora Scallis era lì, che ci guardava, più bella che mai nel suo abito nero.
         Aprì la porta ed entrò. «Ah, siete qui, bambini? Non disturbate il signore, da bravi.» Poi mi sorrise. «Non vorremo distoglierlo dal suo lavoro.»
         I bambini tornarono a ridacchiare. La femmina mi prese per mano e mi costrinse a chinarmi. Mi baciò su una guancia e bisbigliò. «Ricorda!»
         Poi li vidi andar via, tutti e tre, tenendosi per mano. Erano stupendi, una famiglia perfetta.
         
         Ho iniziato a costruire la bambola.
         Bambini. Bambini che la signora Scallis non è riuscita ad avere. Bambini che io e Rosa abbiamo atteso inutilmente per una vita. Bambini che possono riempire una solitudine. Bambini che sono stati concepiti solo dall'amore. L'amore che metto in ognuna delle bambole che costruisco, l'amore con cui la signora Scallis li attendeva.
         I nostri figli.
         Lei non lo sa, dovrà essere una sorpresa, i bambini sono stati chiari.
         In questa bambola ho messo il meglio di me. Ho messo ciò che avrei voluto essere, ma che non sono stato. Ho messo tutta la mia anima.
         Spero che si ricordino di portare un vestito anche per me.
         Cosa succederà dopo, quando la bambola sarà finita? Che dovrò fare? Andare anch'io in bagno e tagliarmi le vene? Sarà doloroso? Com'è la morte, cos'è?
         Che sensazione proverò a guardare il mondo da una vetrina? Essere osservato, ammirato? La signora Scallis l'ha sempre fatto, a lei è evidente che piace. Questo desiderava, sola in quel bagno, mentre la vita le scorreva via come il sangue dalle vene: essere quel manichino. Ma poi non le è bastato, non poteva sconfiggere la solitudine.
         Mi abituerò, l'importante è essere accanto alla mia famiglia.
         Non vedo l'ora di finire questa bambola.
         La mia ultima bambola.

    FINE



    Edited by marramee - 8/2/2011, 13:22
     
    .
  2. Selene B.
     
    .

    User deleted


    Odio essere la prima a commentare, però eccomi qui:
    SPOILER (click to view)
    il racconto mi è piaciuto molto nella parte iniziale, cioè fino a che non si sapeva nulla delle motivazioni e dell'identità dei personaggi. Hai costruito ottimamente un'ambientazione affascinante e molta tensione. Non mi piace però il modo in cui poi hai risolto il tutto: trovo la storia del fantasma abbastanza prevedibile e anche le motivazioni "psicologiche" della bella signora (come anche quelle del narratore) non mi hanno convinto molto. Diciamo che i limiti della seconda parte risaltano ancora di più a seguito di un racconto molto ben gestito nelle premesse e nella parte iniziale. Voto: 3, ma non pieno.
     
    .
  3. ~ValeriaNitto~
     
    .

    User deleted


    SPOILER (click to view)
    avrei preferito un modo diverso per scoprire la morte della signora Scallis. Però devo dire che mi è piaciuto dall'inizio sino alla fine. 4 pieno
     
    .
  4. Dieguito_85
     
    .

    User deleted


    Guarda, se devo essere sincero, tutta la parte che ho messo in "spoiler" l'avrei tolta. Oppure l'avrei ridotta: rende il finale pesante e ridondante. Non è all'altezza dell'inizio del racconto.
    SPOILER (click to view)
    Ho iniziato a costruire la bambola.
    Bambini. Bambini che la signora Scallis non è riuscita ad avere. Bambini che io e Rosa abbiamo atteso inutilmente per una vita. Bambini che possono riempire una solitudine. Bambini che sono stati concepiti solo dall'amore. L'amore che metto in ognuna delle bambole che costruisco, l'amore con cui la signora Scallis li attendeva.
    I nostri figli.
    Lei non lo sa, dovrà essere una sorpresa, i bambini sono stati chiari.
    In questa bambola ho messo il meglio di me. Ho messo ciò che avrei voluto essere, ma che non sono stato. Ho messo tutta la mia anima.
    Spero che si ricordino di portare un vestito anche per me.
    Cosa succederà dopo, quando la bambola sarà finita? Che dovrò fare? Andare anch'io in bagno e tagliarmi le vene? Sarà doloroso? Com'è la morte, cos'è?
    Che sensazione proverò a guardare il mondo da una vetrina? Essere osservato, ammirato? La signora Scallis l'ha sempre fatto, a lei è evidente che piace. Questo desiderava, sola in quel bagno, mentre la vita le scorreva via come il sangue dalle vene: essere quel manichino. Ma poi non le è bastato, non poteva sconfiggere la solitudine.
    Mi abituerò, l'importante è essere accanto alla mia famiglia.
    Non vedo l'ora di finire questa bambola.
    La mia ultima bambola.


    La storia è costruita bene, l'atmosfera pure. ma c'è troppo dislivello tra la bellezza della parte iniziale, e l'ovvietà palese della parte finale, da metà in poi. Quindi direi un 3 per la bella scrittura, ma non pieno. Saremmo più sul 2,5, ma arrotondo.
     
    .
  5. federica68
     
    .

    User deleted


    SPOILER (click to view)
    mah, non sono del tutto convinta da questo racconto

    la prima parte è scritta benissimo e si sta col fiato sospeso per vedere cosa succederà, ma dal momento in cui lui comincia a costruire la bambola di se stesso, il tutto si sgonfia all'improvviso, prende un aspetto di "già sentito", anche se non saprei dire dove l'ho già sentito. Ma il tema del "clone di se stesso che finirà in un modo o nell'altro per annientare l'originale" mi sembra un po' scontato, non so...

    peccato perchè era davvero ben strutturato e ben gestito fin qui...

    altra cosa: più che di un fantasma, nella mia mente bacata, mi ero aspettata che si trattasse del manichino della donna che prendeva vita, e che ci fosse poi un intreccio fra la vita della famiglia-manichino e quella della famiglia- viva, scoprire che era un "semplice" fantasma mi ha un po' delusa...

    comunque, a parte queste considerazioni, il finale non mi è sembrato all'altezza della tensione del resto del racconto, come ti dicevo

    metto un 2, mi spiace
     
    .
  6. marramee
     
    .

    User deleted


    @Federica68

    SPOILER (click to view)
    Temo di non essere stato molto chiaro nel finale, perché purtroppo quello che hai recepito non ha nulla a che vedere con ciò che avevo in mente di scrivere. Innanzitutto non volevo presentare un "semplice" fantasma, ma una donna in grado di sopravvivere alla morte trasferendosi nel corpo di un manichino e di essere in grado di animarlo, e persino di generare figli. Quanto alla scelta finale del protagonista non intendevo affatto vederla come il "clone di se stesso che finirà in un modo o nell'altro per annientare l'originale", bensì una scelta consapevole di cambiare forma per poter essere a fianco della propria famiglia. Al momento mi era sembrata un'idea originale quella di far generare figli dalla strana unione tra un uomo e un manichino, ma temo che non sia riuscito molto bene. Studierò come rivedere il finale in modo più comprensibile.
     
    .
  7. federica68
     
    .

    User deleted


    ah caspita!! allora non ho capito una vera cippa!!!! ero completamente fuori strada!


    ma aspetta a cambiarlo, se gli altri capiscono quello che intendevi, magari è solo la mia testa bacata! se invece vedi che anche gli altri hanno lo stesso problema, allora è un problema del racconto...
     
    .
  8. =swetty=
     
    .

    User deleted


    Me lo sono goduto tutto dall'inizio alla fine. Anche perché la dolcezza della storia è mitigata dall'inquietudine data da bambole e manichini. Se devo proprio trovarci qualcosa da sistemare, il finale è leggermente troppo zuccheroso. Ma uno può anche non trovarcelo, qualcosa da sistemare, mica sarà obbligo.

    Ti sono sfuggite due cose:

    QUOTE (marramee @ 3/2/2011, 18:37) 
    Il mio non era un semplice negozio di giocattoli, le mie bambole era artigianali, costruite con la cura di una volta.

    erano artigianali

    QUOTE (marramee @ 3/2/2011, 18:37) 
         
         «Non so se faccio bene,» disse per l'ennesima volta la signora Bassi.
         «Non è mai venuta qui?»
         «Perché avrei dovuto?»
         La casa della signora Scallis era un po' fuori mano, una villetta antica in stile neoclassico. Il giardino era in stato di abbandono da tempo.

    In questo dialogo non si capisce bene chi dice le battute, dove sono e che è passato del tempo dal paragrafo precedente.

    Comunque niente che non puoi sistemare, e quindi un bel 4 non te lo toglie nessuno.
     
    .
  9. kaipirissima
     
    .

    User deleted


    ciao

    A me la storia è piaciuta, sia la prima parte,sia la seconda. Il finale mi piace. voto tre
    SPOILER (click to view)
    La cosa che non mi piace tanto è la scelta di riportare prima le emozioni e poi il dialogo
    Es:
    CITAZIONE
    fu molto concisa “voglio una bambola”
    scosse il capo “ non voglio un manichino


    Gusto personale ma a me non piacciono molto, anticipano troppo la battuta rendendola quasi superflua. Ad esempio in “scosse il capo” è chiaro che dice di no.

    Nelle descrizioni che fai il secondo termine ha l’articolo gli altri no, forse per una maggiore omogeneità andrebbe uniformato, articolo o non articolo, io preferisco senza:

    CITAZIONE
    Altissima, un fisico slanciato, tacchi a spillo su cui si muoveva con disinvoltura.
    Labbra sottili, un trucco delicato, occhi verdi, intensi, e una cascata di capelli neri come la notte.

    Altissima, fisico slanciato, tacchi a spillo su cui si muoveva con disinvoltura.
    Labbra sottili, trucco delicato, occhi verdi, intensi, e una cascata di capelli neri come la notte.

    CITAZIONE
    Non me ne intendevo, però era evidente che fosse un modello esclusivo creato per la sua figura.

    A me piace di più così:
    Non me ne intendevo, però era evidente che fosse un modello esclusivo creato appositamente per lei.
    “voglio una bambola” disse
    Non mi stupì una richiesta così semplice. Ne studiai le labbra sottili, il trucco delicato, gli occhi verdi così intensi in mezzo a quella massa di capelli nerissimi.
    “Ha in mente qualcosa di particolare?”
    “Voglio una bambina di otto anni, che mi assomigli almeno un po’”

    inizio

    CITAZIONE
    Non potei fare a meno di notare la sua eleganza e la sua bellezza, anche se erano già alcuni anni che questi attributi mi erano indifferenti. Dalla morte di Rosa ogni desiderio si era sopito anche se avevo appena sessant’anni.

    Non potei fare a meno di notare la sua eleganza e la sua bellezza, anche se dalla morte di rosa ogni desiderio si era sopito e questi attributi mi erano indifferenti, nonostante avessi appena sessant’anni.

    CITAZIONE
    le mie bambole era artigianali

    erano

    CITAZIONE
    non tratto articoli così grossi.
    Come può vedere le mie bambole sono tutte più piccole.
    Non le converrebbe andare in un negozio di giocattoli? La si trovano facilmente bambole di ogni dimensione

    Non tratto articoli così grandi.
    Come può vedere le mie bambole sono piccole.
    Credo le convenga andare in un negozio di giocattoli, la si trovano facilmente bambole di ogni dimensione.

    CITAZIONE
    Non per sua figli, no, dubitavo che un tipo così potesse avere figli

    Non per sua figli, dubitavo che un tipo così potesse avere figli.

    CITAZIONE
    La dolcezza e l’amore con cui lo rivestì da un lato mi turbarono ancor di più, ma dall’altro mi ripagarono di tutti i miei sforzi.

    La dolcezza e l’amore con cui lo rivestì se da un lato mi turbarono, dall’altro mi ripagarono di tutti i miei sforzi.

    CITAZIONE
    Così credevamo anche noi, ce l’aveva detto lei, solo che non c’è mai arrivata.
    Sono settimane che cerchiamo di rintracciarla, ma nessuno l’ha più vista.

    Così credevamo anche noi, ce l’aveva detto lei, solo che non è mai arrivata.
    Sono settimane che cerchiamo di rintracciarla, ma nessuno l’ha vista.

    voto 3
     
    .
  10. Magister Ludus
     
    .

    User deleted


    SPOILER (click to view)
    Racconto ben scritto, procede bene e la storia sta in piedi, anche se per me è prevedibile il fantasma.

    La donna venne a prenderla dopo due giorni: dopo due giorni da quando?

    Il manichino che lo indossa: che indossa cosa?

    Poi:
    La signora Sciallis torna al suo negozio. Lui voleva parlare con lei della bambola. Perché non lo fa?


    per ricordasi: refuso

    Voto un 3 pieno.


     
    .
  11. Olorin
     
    .

    User deleted


    SPOILER (click to view)
    L’dea alla base del racconto è molto valida, però io ho trovato alcune parti della narrazione un po’ pesanti. Il dialogo da “Trascorsero due settimane prima che decidessi di tornare in centro” a “Le commesse si scambiarono uno strano sguardo” per esempio mi è sembrato un tirare per il lungo il racconto su un’ipotesi che per il lettore è già assodata e su cui quindi si trova a rifare il percorso insieme al protagonista e alle sue interlocutrice, tra l’altro senza mai trattare della questione corretta. L’ho trovato snervante.

    Due dubbi narrativi:
    CITAZIONE
    Dalla morte di Rosa ogni desiderio si era sopito, anche se avevo appena sessant'anni

    e
    CITAZIONE
    Essere così anziano giocava a mio favore

    Sono due modi opposti di vedersi da parte del protagonista

    E legata a quest’ultima
    CITAZIONE
    era troppo sconvolta per ricordasi di me, della strana incongruenza di ciò che le avevo raccontato, e questo giocò a mio favore

    Due ‘giochi a suo favore’ troppo ravvicinati.

    CITAZIONE
    Era un mestiere che si stava perdendo e che forse sarebbe scomparso con me

    CITAZIONE
    Scosse il capo. «Non voglio un manichino, voglio una bambola.»

    Non ho capito la questione “bambola vs manichino”. La Sig.ra Scallis sceglie un simulacro per sé stessa e opta per un manichino (non può essere una bambola, visto che per ottenerla avrebbe dovuto rivolgersi per forza all'artigiano), ma poi mostra un’avversione a questa soluzione per me incomprensibile. In fondo è lo stesso artigiano a dirle che se volesse qualcosa il più simile a un bambino possibile, è un manichino che dovrebbe comprare.
    CITAZIONE
    Non si scompose. «Non mi assomigliano. Non ne ho trovata neppure una che mi assomigli.»

    E perché così come ha commissionato un manichino uguale a sé stessa, non ne fa fare uno della forma che desidera?

    La mia impressione finale è che ci siano un po’ di intrecci che dovrebbero essere spiegati (sempre che tali spiegazioni non mi siano sfuggite e che tu ora non mi illumini nel merito!) e anche che il racconto sarebbe molto più efficace se alcune lungaggini venissero eliminate oppure rese più avvincenti.

    Per ora sarebbe 2
     
    .
  12. marramee
     
    .

    User deleted


    @ Olorin

    Vediamo se riesco a spiegare i punti dubbi.
    SPOILER (click to view)
    Differenza manichino-bambola: non è distinguibile all'inizio, si comprende alla fine. La signora Scallis ha comandato un manichino con le sue fattezze, per puro piacere, ovvero essere esposta in vetrina e ammirata. In punto di morte è riuscita a trasferire la sua essenza in quel manichino. Essenza, non fantasma. Il protagonista crede che sia solo un fantasma, finché non si trova di fronte ai bambini, e quei bambini non possono essere semplici fantasmi, perché non sono mai nati né ovviamente morti.
    Quello che lei chiede al protagonista va oltre la distinzione tra manichini e bambole. Lei gli chiede di darle un figlio, perché solo lui è in grado di farlo. In un certo senso è un'unione tra loro due, l'atto di costruire una bambola, e di certo non avrebbe avuto alcun effetto se fosse andata a procurarsela al supermercato o avesse commissionato un manichino. Le bambole, per lo stesso protagonista, hanno la valenza dei figli che non ha mai potuto avere e come tali le ama. E in fondo per generare un figlio bisogna sempre essere in due.
    Non vedo incongruenze nell'età del protagonista. Benché sessantenne era un uomo provato, che dimostrava più della sua età e si mostrava vecchio pure nel fisico.
     
    .
  13. Olorin
     
    .

    User deleted


    CITAZIONE (marramee @ 8/2/2011, 14:32) 
    @ Olorin

    Vediamo se riesco a spiegare i punti dubbi.
    SPOILER (click to view)
    Differenza manichino-bambola: non è distinguibile all'inizio, si comprende alla fine. La signora Scallis ha comandato un manichino con le sue fattezze, per puro piacere, ovvero essere esposta in vetrina e ammirata. In punto di morte è riuscita a trasferire la sua essenza in quel manichino.
    Ti dirò che per quanto mi riguarda, mi era passata la sensazione che la signora Scallis avesse premeditato questa trasmigrazione visto quanto hai sottolineato l'eccentricità della sua insolita scelta.
    Mi sarebbe sembrato anche più consono, visto il tipo di vita che si sarebbe trovata costretta a fare (ferma in una vetrina), che dietro ci fosse una pianificazione piuttosto che una casualità.
    In fondo è poi quel che l'artigiano alla fine fa.

    Essenza, non fantasma. Il protagonista crede che sia solo un fantasma, finché non si trova di fronte ai bambini, e quei bambini non possono essere semplici fantasmi, perché non sono mai nati né ovviamente morti.
    Ma quindi non sono i manichini/bambole veri e propri che si spostano? sono delle loro emanazioni mentre questi stanno sempre fermi nella vetrina? E come hanno fatto ad apparirci, allora?

    Quello che lei chiede al protagonista va oltre la distinzione tra manichini e bambole. Lei gli chiede di darle un figlio, perché solo lui è in grado di farlo. In un certo senso è un'unione tra loro due, l'atto di costruire una bambola, e di certo non avrebbe avuto alcun effetto se fosse andata a procurarsela al supermercato o avesse commissionato un manichino. Le bambole, per lo stesso protagonista, hanno la valenza dei figli che non ha mai potuto avere e come tali le ama. E in fondo per generare un figlio bisogna sempre essere in due.
    Ma tutto questo la signora Scallis come poteva saperlo se nemmeno conosceva l'esistenza dell'artigiano? E se il suo modo di vedere quegli oggetti è in realtà così umanizzato, perché non li chiama proprio 'figli' invece di bambole? Dovrebbe per lei essere più spontaneo
    Non vedo incongruenze nell'età del protagonista. Benché sessantenne era un uomo provato, che dimostrava più della sua età e si mostrava vecchio pure nel fisico
    Sì, forse la prima frase io l'avevo intesa nel senso che lui non provava più alcun desiderio benché il suo fisico, la sua età, il suo aspetto, facessero pensare il contrario.



    Edited by Olorin - 8/2/2011, 16:18
     
    .
  14. marramee
     
    .

    User deleted


    @ Olorin

    SPOILER (click to view)
    Come idea iniziale non avevo calcolato alcuna premeditazione nella trasmutazione della signora Scallis. In punto di morte aveva solo desiderato di poter essere quel manichino e c'era riuscita. Poi non le era bastato, perché comunque la vita che aveva desiderato era troppo vuota, e aveva cercato di riempirla. Il negozio di bambole non era stato il primo che aveva visitato, ma solo lì aveva trovato qualcuno in grado di darle ciò che desiderava, delle bambole che avessero un'anima, quindi dei figli.
    Sulla fisicità di ciò che il protagonista vede, ammetto di essermi mantenuto vago. L'idea iniziale prevedeva una storia lunga il doppio, ma il racconto è stato scritto per un concorso che aveva come tetto i 20 mila caratteri, quindi ho semplificato. Nell'idea iniziale le bambole potevano trasformarsi e diventare esseri umani, qui non l'ho messo espressamente. Eppure, visto che le bambole dei bambini qualcuno in quella vetrina doveva avercele portate, non poteva essere stato un fantasma, ma qualcuno in grado di maneggiarle.
    In ogni caso il protagonista non può avere la certezza che ciò che vede sia del tutto reale.
    Ho preferito incentrare la storia sull'idea della creazione di due nuove vite in un modo parecchio bizzarro, piuttosto che spiegare esattamente com'è avvenuto. Può essere stata l'unione tra un uomo e un fantasma a dar vita alle bambole, può essere stato l'amore, e non il sesso, a generarle, può essere stata una speciale capacità della signora Scallis, oppure del protagonista. Ma è molto più probabile che sia stato l'incontro tra le capacità speciali di entrambi.
    Mi rendo conto che non tutto è spiegato nei particolari, e forse avrei dovuto ampliarlo invece di presentarlo così, infatti era questa la mia intenzione, ma non ho avuto tempo. Però in un racconto di questo genere non nuoce se alla fine resta un pizzico di mistero.

     
    .
  15. Olorin
     
    .

    User deleted


    SPOILER (click to view)
    Per quanto mi riguarda, il fatto della trasmutazione dei manichini in esseri umani non l'ho percepito come un problema, anzi il 'non riconoscimento' l'ho attribuito all'eccezionalità della loro manifattura.
    In merito alla natura della ricerca della signora Scallis e del motivo per cui essa trovi soluzione nell'artigiano e nelle sue opere - natura che viene fuori soprattutto per quest'ultimo nel finale - confermo i miei dibbi. Il comportamento della signora alla sua prima apparizione nella bottega, mi sembra quasi più sul disperato, isterico. Se avesse trovato ciò che tu mi dici e cioé qualcuno capace di infondere amore nelle sue bambole tanto da farle diventare figli, fino addirittura a mettere sé stesso in una bambola e completare la famiglia, allora un moto di felicità, pur velato, trattenuto, mascherato da parte di Scallis, l'avrei inserito.
    Inoltre dovresti risolvere il problema della sperizione dei manichini dalla vetrina durante l'orario di apertura del negozio dove sono esposti... oppure mi è sfuggito qualcosa sull'orario in cui è aperta la bottega dell'artigiano?
    Rimane sempre quel dialogo che mi pareva un po' forzato e che citavo nel primo post. Sicuramente in un racconto più lungo e connotato dei dettagli a mio parere risolutivi di tante domande che come lettore mi sono posto e che più che un senso di mistero, mi hanno lasciato dei dubbi, troverebbe il suo equilibrio, ma non in 20mila battute.

    Siccome non vorrei che un morboso attaccamento al voto numerico - e qui non ti sarà sfuggito dal commento che io dovrei confermare il mio 2 - prevalesse sulle mie sensazioni in merito al racconto, facciamo che non clicco.


    Edited by Olorin - 9/2/2011, 10:21
     
    .
17 replies since 3/2/2011, 18:37   455 views
  Share  
.