Lacrimae
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Lacrimae

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  1. Magister Ludus
     
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    Lacrimae

    Quivi sospiri, pianti e alti guai
    risonavan per l'aere sanza stelle,
    per ch'io al cominciar ne lagrimai.


    Dante Alighieri – Inferno, Canto III 22-24


    L'uomo s'affrettò lungo la strada sterrata che dal paese lo portava alla sua casa in aperta campagna. S'era attardato a una taverna a bere e speculare con alcuni amici sulla casa del vecchio Mathias e adesso le ombre sul terreno s'erano allungate tremendamente. Finché era stato in compagnia, seduto nel locale riscaldato da un grosso camino, aveva riso assieme agli altri dei rumori e delle voci che provenivano dalla casa. Il vecchio viveva solo, un uomo d'età indecifrabile, impeccabilmente vestito. Si diceva fosse stato un professore, anni prima, ma adesso era divenuto una sorta di recluso che non usciva quasi mai da quella sua casa nascosta dal bosco. Eppure talvolta, passando vicino a quell'antica costruzione, qualcuno aveva udito piangere. Un lamento sommesso, quasi sussurrato, seguito da altri rumori. Nessuno aveva mai dato una precisa descrizione di ciò che aveva sentito, neanche l'uomo che ora si vedeva costretto a passare davanti a quella casa con la notte che l'inseguiva senza tregua.
    Dicerie di paese. Cercò di scrollarsi di dosso quelle storie senza senso, ma l'oscurità che lo stava pian piano avvolgendo non gli rendeva il compito per niente facile. Poi un ramo si spezzò sotto i suoi piedi e l'uomo trasalì, soffocando un grido. S'accorse che stava sudando. Inspirò l'aria fredda della sera per calmarsi e riprese il cammino. Tutta colpa della notte e del vino che aveva bevuto.
    Quando la strada voltò bruscamente a sinistra, la vide. Anche se la boscaglia la copriva in parte, la casa del vecchio era visibile da quel punto. Il primo piano e il tetto si stagliavano contro il cielo che andava rabbuiandosi a oriente. Le finestre erano chiuse da pesanti scuri, come occhi d'un dormiente in attesa del risveglio. Il silenzio era totale, nessun pianto quella notte, né insoliti rumori. Eppure quella casa così isolata, unitamente alle voci che circolavano su di essa, lo metteva a disagio. Non sapeva spiegarsene il motivo, ma ogni volta che vi passava davanti avvertiva una sensazione spiacevole e un formicolio che gli saliva dalla schiena fino a stringergli la nuca in una morsa di gelo.
    Proseguì più velocemente possibile sulla strada, ma il buio andava addensandosi nella campagna attorno, finché la sterrata divenne un'informe striscia pallida che apriva la notte come una ferita mai rimarginata. L'uomo camminò cercando di resistere alla tentazione di voltarsi verso la casa del vecchio, ma sapeva che sarebbe stato impossibile vincere quella battaglia. Gli occhi non sembrarono rispondere ai comandi, come animati da una volontà propria, e infine guardarono. Guardarono la casa avvolta dalle tenebre, mentre la mente ripercorreva a ritroso storie che la gente mormorava, ripescando dagli anfratti della memoria tragici episodi accaduti nel corso degli anni nelle zone attigue al paese, episodi che l'uomo aveva dimenticato. Adesso, con la paura che quella casa gli instillava, quei ricordi tornarono in vita, improvvisi e repentini, freddi come aghi di ghiaccio che trafissero la sua coscienza.

    ***



    Il piccolo aveva paura e l'uomo lo sapeva. Conosceva suo figlio. La cinghia che teneva in mano terrorizzava il bambino, perché quel cuoio avrebbe lasciato segni profondi sulle sue natiche e la mano di suo padre avrebbe continuato a frustare quella pelle rosata finché si sarebbe squarciata in ferite sanguinanti. E quella punizione avrebbe dovuto svolgersi in silenzio, non un grido non un pianto sarebbe dovuto uscire dal bambino, piegato in due sul letto coi pantaloni e le mutandine calati fino a mezza coscia. Lo schianto secco della cinghia e null'altro voleva sentire l'uomo. La voce del castigo, che parlava al bambino in un suono atono e lacerante, ricordandogli le mancanze, le disobbedienze, la colpevolezza di cui s'era macchiato. Una, due, tre e ancora una e un'altra e un'altra ancora, come rintocchi d'una campana che scandivano l'ultima ora del condannato.
    Il bambino strinse i denti, gli occhi chiusi dalle palpebre quasi conficcate nell'orbita oculare. Respinse le lacrime che sentiva salire fino a voler uscire e scorrere a fiotti giù per le guance. Le sentì premere contro lo scudo che aveva eretto. Alle volte erano troppo forti, il dolore e la disperazione oltrepassavano la sua soglia di sopportazione e le lacrime allora vincevano, straripando come un fiume in piena, rompendo gli argini che il bambino aveva costruito con tanta cura.
    Suo padre picchiò più forte, la sua voce così distante e sconosciuta nel dolore infuocato della punizione.
    «Non piangere! Non piangere! Non piangere!»
    Le piccole mani, prima serrate a pugno, si rilassarono aprendosi, le dita che tremanti si schiudevano. Il corpicino non sussultò più, nessun nervo si tese ad accogliere la cinghia. L'uomo si fermò, ansimando.
    Il piccolo Mathias era svenuto.


    ***



    Ormai il sole era ridotto a un occhio rosso sull'orizzonte lontano e qualche nube di passaggio pennellava il tramonto senza troppa convinzione. Il bosco era un ammasso di ombre silenti che s'amalgamava con le tenebre appena scese e soltanto il pallido biancore della strada spezzava quella buia monotonia. L'uomo continuò il percorso che gli avrebbe fatto aggirare in parte la casa, sul lato occidentale in cui la recinzione era stata danneggiata anni prima, per aprire quella stessa strada, e mai riparata. Quel varco che aveva sempre invitato a entrare, ma che nessuno aveva mai avuto il coraggio di superare. Un invito rimasto inascoltato. L'uomo sapeva che sarebbe stato tentato a entrarvi, come sapeva che la casa avrebbe continuato a catturare il suo sguardo.
    Non riuscì a scacciare i ricordi risaliti alla sua memoria come un pasto non digerito. Adesso erano tornati a galla e ristagnavano fra i suoi pensieri, a portata di mano. Adesso s'aggiungevano alle chiacchiere sul vecchio Mathias e sulla sua casa, prendevano forma in trafiletti di giornale letti di sfuggita, la cronaca di tanto, tanto tempo fa.
    L'uomo sentì il cuore rimbombargli nel petto e seppe che la sua paura aveva assunto una nuova consistenza. Non era più qualcosa d'indefinito, non proveniva da antichi timori infantili, no, adesso era un terrore che scaturiva dalla consapevolezza. In quella casa c'era stato qualcosa di malvagio, ora sepolto dagli anni, qualcosa che si celava nella vita del vecchio Mathias. L'uomo ignorava se il vecchio fosse o meno la vittima, ma era sicuro che avesse avuto una parte in qualcosa di orribile che s'era verificato in un tempo più o meno lontano.
    E in quel momento avrebbe voluto essere altrove. Avrebbe voluto non attardarsi all'osteria coi suoi amici, non bere tutto quel vino, non rivangare le voci che circolavano sulla casa.
    Ma purtroppo era lì e la notte avanzava. Quando raggiunse il punto in cui la recinzione della proprietà del vecchio s'apriva come un buco nero, tentò di opporre resistenza, ma sentì come una forza prendere i suoi occhi e la sua volontà. Osservò la casa con terrore, ma anche con crescente curiosità. E una domanda sorse per la prima volta nella sua mente. Perché qualcuno aveva sentito piangere?
    In un primo tempo s'era pensato a un programma televisivo. Ma Bonanzi, l'idraulico del paese e suo amico d'infanzia, gli aveva detto che Mathias Rinaldi non possedeva un televisore. Passava il tempo a leggere, specialmente la Divina Commedia. A casa sua c'erano soltanto libri, come ci si sarebbe aspettato da chi aveva insegnato per tutta la vita. Allora da chi provenivano quei pianti?
    Prese la decisione, con sua grande sorpresa, quasi istintivamente. La paura lo fece sudare, ma il desiderio di conoscere la verità sulle dicerie ascoltate per anni fu più forte. Distogliendo lo sguardo dalla casa, s'abbassò, infilandosi nel varco.
    Quando fu dall'altra parte, l'ombra d'una figura umana gli si parò davanti, ostacolandogli il cammino.

    ***



    Il bambino era legato. Le corde l'avvolgevano e tenevano stretto alla sedia. Nel locale in cui era stato portato e rinchiuso da alcuni giorni faceva freddo. Era sempre buio, tranne quando arrivava l'uomo e accendeva la luce, una lampadina che pendeva dal soffitto coperto di muffa. Ma la luce significava dolore.
    Puzzava. Se l'era fatta addosso più volte, per la paura e per necessità. Aveva pregato l'uomo di lasciarlo andare in bagno, ma lui l'aveva picchiato. E aveva continuato a picchiarlo per ore, finché non aveva più lacrime da piangere.
    La strana maschera che l'uomo gli aveva applicato sul viso gli faceva male. Il bambino non sapeva a cosa servisse. Premeva sulla pelle sotto gli occhi, gli tirava i capelli della nuca, gli indolenziva la testa.
    Non ricordava più da quanto tempo fosse chiuso là sotto. Ma rammentava ancora la gita nel bosco assieme ai suoi genitori, il sole caldo di quella bella giornata, la sorellina che giocava coi fiori. E le voci. Le voci che lo chiamavano, quella di sua madre, quella di suo padre. Ma lui non poteva rispondere a quei richiami, avrebbe voluto, oh se avrebbe voluto. E infine l'odore forte che proveniva da un fazzoletto che qualcuno gli premeva contro il naso.
    Poi il buio.
    E l'uomo chiamato Mathias che lo portava via.


    ***



    Le ali spezzate dell'angelo conferivano a quell'immagine un'aria di abbandono e malinconia, come quella che grava su vecchi cimiteri dimenticati. La statua pareva una sentinella messa appositamente là a sorvegliare quel varco. Quando l'uomo oltrepassò la recinzione, se la trovò davanti nera e minacciosa nella notte. A stento ricacciò in gola un grido di paura. Per un momento credette di trovarsi di fronte il vecchio Mathias, che gli chiedeva conto di quella visita inattesa. Poi capì ch'era una statua. La statua di un angelo dalle ali spaccate, vecchia come la casa, vecchia e consunta come Mathias.
    Si decise a proseguire. Oltre partiva un vialetto lastricato che attraversava un giardino incolto, superava un pozzo chiuso da una botola di legno che marciva da chissà quanto tempo, fino a morire a ridosso d'una siepe di lauroceraso non curata da anni. E oltre la siepe il buio. Il buio e la casa.
    Adesso che era così vicina spaventava ancora di più l'uomo. Nell'oscurità di quella notte sembrava più lugubre e maligna, sembrava nascondere verità proibite e dolori sepolti. Qualcosa, pensò l'uomo mentre avanzava circospetto, che forse non avrebbe dovuto dissotterrare.
    Eppure avanzò verso la costruzione assopita nel silenzio, le finestre sempre chiuse, apparentemente inabitata. Si chiese che cosa avrebbe trovato all'interno. Si chiese come sarebbe entrato in quella casa. Ma era davvero lì per entrarvi?
    Si diresse verso il lato occidentale e si fermò. Non un suono proveniva dalla campagna, come se la vita si fosse zittita per coprire l'avanzata di quell'ospite inaspettato. L'uomo s'accostò al muro della casa, in cerca d'una finestra socchiusa, ma dubitava che col freddo di fine autunno il vecchio avesse lasciato aperto anche un solo spiraglio. Al pianterreno di quel lato della casa vide due finestre, entrambe sigillate, e altre due imposte, chiuse, al primo piano, troppo in alto da raggiungere arrampicandosi.
    Decise di guardare nel retro quando una mano si posò sulla sua spalla e tutto divenne ancora più nero.

    ***



    Il dolore giunse al suo risveglio. Non poteva sapere se fosse giorno o ancora notte. Nel locale non c'erano finestre, ma soltanto quella lampadina che divideva i momenti di riposo da quelli di veglia. E la veglia era la sua tortura.
    Quando l'uomo se ne andava gli toglieva quella strana maschera e il bambino ne aveva un po' di sollievo. Ma quando l'uomo tornava gliela rimetteva di nuovo e allora il bambino sapeva. Sapeva che era giunta l'ora del dolore e del pianto. Sapeva che non avrebbe potuto urlare, altrimenti l'uomo l'avrebbe ucciso. E sapeva che non restava altro da fare che piangere, piangere, piangere tutte le lacrime possibili.
    Non riuscì mai a vedere l'uomo in faccia, che se ne restava in disparte, a infliggere le sue torture senza mostrarsi. Talvolta rimaneva dietro di lui e si divertiva a vedere come il bambino lo cercasse con lo sguardo, senza mai trovarlo. E quando il bambino sembrava rassegnato alla sua impotenza lo colpiva.
    Il dolore era straziante. L'uomo sembrava conoscere alla perfezione come provocare la sofferenza, come terrorizzare una vittima. Cominciava col silenzio, dopo l'applicazione della maschera. Il bambino sentiva un suono come di vetro contro vetro. Poi rumori metallici. Qualcosa di meccanico che scattava. Passi nel buio. Un sospiro, come di qualcuno che s'aspetti un immenso piacere.
    E cominciava il delirio.


    ***



    Nel torpore onirico in cui era sprofondato ricordava appena chi fosse e cosa stesse facendo prima. Questa parola lo raggiunse come una sensazione vaga e quasi impercettibile, ma il suo significato era comunque presente in quella ragnatela di immagini che era divenuta la sua mente. Si sforzò di ricordare, ma ogni tentativo non sembrò andare a segno. Stava bevendo del vino, ricordò, ma questo forse era ancora prima. Le risate cogli amici, la taverna. Poi il ritorno verso casa. La casa. Un'altra parola che suscitò in lui una reazione involontaria, dolorosa quasi, che ripescò dalla sua memoria frammenti di pensieri inarticolati.
    Un dolore alla nuca lo colse impreparato. Riuscì a socchiudere gli occhi, ma vide solo buio. Poi di nuovo quel dolore e il rumore sordo d'un tonfo. I muscoli del viso che si contraevano appena, come ridestandosi da un sonno profondo. E ancora quel dolore e quel tonfo. Ancora. Poi capì. Anche il resto del corpo cominciò a riacquistare sensibilità. L'uomo avvertì un tocco estraneo alle sue caviglie. Vide una figura curva davanti a lui. Qualcuno che di peso lo stava trascinando giù per le scale.
    Dopo un tempo infinitamente lungo si ritrovò su una sedia. Non riuscì a muoversi, i nervi non ancora del tutto ridestati da quello stato catatonico in cui era precipitato. Ma gli occhi erano quasi completamente aperti e videro. Videro il vecchio Mathias che lo legava a quella sedia, sempre più stretto. Videro infilargli qualcosa sul viso, una specie di maschera che pareva segargli la pelle sotto gli occhi. Infine il vecchio sparì dalla visuale, ma l'uomo sapeva che era dietro di lui. Sentiva dei rumori, oggetti di vetro, forse bottiglie, suoni metallici, meccanismi che scattavano. E i passi strascicati del vecchio. Sentì il puzzo del suo alito sulla sua nuca e un sospiro di soddisfazione.
    Fu allora che l'uomo urlò.

    ***



    La morte giunse come la fine delle sue sofferenze. Il bambino non avrebbe mai creduto di desiderarla così tanto. Era un bambino e il suo mondo era fatto di giochi e risate. Non c'era posto per la morte, non poteva esserci posto per il dolore. Ma adesso la sua vita era divenuta un dolore continuo, adesso non viveva più nella sua casa, ma in un locale umido e puzzolente. Adesso non veniva sua madre a baciarlo prima di coricarsi, ma un uomo malvagio a torturarlo senza tregua.
    Quando il bambino pianse per l'ultima volta, nella casa calò un silenzio quasi innaturale. Come se un incantesimo fosse caduto in quella stanza sotterranea a fermare ogni cosa, ogni pensiero. Perfino l'uomo restò stregato da quell'insolita immobilità che spegneva ogni azione.
    Ma poi si riscosse. Tolse la maschera al bambino e lo slegò. Il piccolo corpo crollò sul pavimento e non si mosse più. Era tornato alla sua famiglia, ai giorni fatti di giochi e spensieratezza. Era in un mondo lontano, dove nessun altro uomo avrebbe potuto più toccarlo.
    Poi l'uomo l'avvolse in una vecchia coperta, prese una pala e uscì. Fuori non albeggiava ancora. Nessuno lo vide scavare nel suo terreno, sul retro della casa, nessuno poté udirlo. E nessuno lo vide tornare senza quello strano fagotto sulle spalle né poggiare la pala sporca di terra sul muro.
    A est, dove le prime case del paese spuntavano fra i campi coltivati, una fioca luce s'affacciava timidamente sulla campagna. Era sorto un nuovo giorno.


    ***



    Non seppe mai quanto durò quel supplizio. Forse giorni. Il vecchio Mathias gli portava da mangiare a intervalli prefissati, imboccandolo come un bambino, anche se lui non poteva calcolare quanto trascorresse fra un pasto e l'altro né quando fosse giorno o notte. Dapprima l'uomo gli aveva sputato in faccia il cibo, ma la reazione del vecchio era stata tale che l'uomo non ci aveva provato una seconda volta.
    La cosa fastidiosa era quella strana maschera. Anche il dolore, certo, ma la maschera lo terrorizzava poiché non ne capiva il motivo. E il vecchio Mathias lo intuiva. Lo vedeva sorridere mentre con un paio di tenaglie gli torceva la pelle fino a farlo svenire. Aveva dolori in tutto il corpo. Talvolta aveva pianto e questo sembrava far felice il suo boia. L'importante era non urlare, il vecchio non lo tollerava.
    Nei momenti di tregua si costrinse a pensare a un modo per fuggire, anche se non vedeva molte possibilità per riuscire in quell'intento. L'unica via di fuga era la scala da dove arrivava il vecchio. Ma qualcosa doveva tentare. Nessuno sapeva dove si trovasse, nessuno l'aveva visto entrare nella proprietà di Mathias Rinaldi, anche se la polizia avrebbe cercato senz'altro in quella casa, avrebbe interrogato il vecchio, cercato indizi.
    Il silenzio fu spezzato dal cigolio d'una porta che si richiuse subito dopo. Passi lenti e trascinati. Una luce smorta che rischiarava l'ambiente. La figura del vecchio che scendeva verso di lui, come un carceriere lontano nel tempo.
    L'uomo lo sentì armeggiare dietro di lui, dove prima che fosse legato gli era parso di scorgere uno scaffale pieno di roba. Fu allora che si decise. Non poteva aspettare oltre. Non appena sentì il vecchio arrivare dietro di lui, raccolse tutte le sue forze e, puntellando i piedi sul pavimento, ondeggiò con la sedia fino a cadere all'indietro. Il vecchio fu colto di sorpresa e barcollò fino allo scaffale, perdendo l'equilibrio e rovinando sulle cianfrusaglie che vi stavano ammucchiate. Rumori metallici di oggetti che cadevano. Vetri che andavano in frantumi.
    Poi accadde l'impensabile.

    ***



    I barattoli erano sistemati con cura maniacale sullo scaffale della cantina, pieni d'un liquido giallognolo e con l'etichetta che riportava una sigla e una data. Mathias Rinaldi li guardava spesso, ricordando a memoria il bambino a cui ogni barattolo era riferito. Riempirli aveva richiesto tempo e dedizione, ma la maschera ideata da Mathias era unica al mondo. Adesso poteva vedere tutte quelle lacrime raccolte, chiuse per sempre in quei barattoli polverosi, che gli richiamavano alla mente i pianti procurati dai suoi tormenti.
    Per anni s'era dedicato a quella macabra collezione, sperando di seppellire ciò che suo padre gli aveva fatto patire nell'infanzia. Per anni s'era illuso di poter dimenticare, ma soltanto l'età aveva posto fine a quella sua lucida vendetta.
    Poi in paese erano cominciate le chiacchiere. Anche se nessuno aveva mai sospettato nulla, la gente parlava, additava casa sua come fosse stregata. Forse un giorno, quando lui fosse morto, qualcuno avrebbe scoperto per caso ciò che era sepolto nel retro della casa, sotto un metro di terra, dove l'erba cresceva abbondante.
    E adesso era arrivato quell'uomo a curiosare. Adesso tutti i suoi barattoli erano andati in frantumi e...


    ***



    La stanza risuonò d'una cacofonia indescrivibile. Fu come se decine di bambini piangessero all'unisono, con grida e lamenti strazianti, il loro dolore stantio di anni materializzatosi inaspettatamente. Figure esangui, semitrasparenti, esalarono dal liquido che bagnava il pavimento, e circondarono il vecchio. Erano bambini, l'uomo li vide chiaramente. Tentò di allentare le corde, ma il vecchio le aveva strette bene. Era terrorizzato, non riusciva a muoversi, non aveva mai visto un fenomeno del genere. Ma in quel momento ebbe la certezza che in quella casa era davvero successo qualcosa di orribile.
    «Via!» sentì il vecchio Mathias urlare dietro di lui con voce roca. «Andatevene via!» Rumori di vetri, di scarpe strascicate sul pavimento. Il vecchio che tentava di alzarsi.
    L'uomo ebbe paura che si sarebbe avventato contro di lui, ma non accadde nulla. Prese a oscillare con il corpo per girarsi e poter controllare i movimenti del vecchio. Le urla dei bambini proseguirono, sempre più acute, assordanti, insistenti.
    Il vecchio urlò di rimando, si affannò ad alzarsi, cadde, ferendosi alle mani coi pezzi di vetro. L'uomo riuscì infine a voltarsi del tutto. Vide quelle immagini diafane, sottili come veli di nebbia, allungare le mani verso il vecchio, che invano tentò di scacciarle.
    Mathias si sollevò, puntando una mano sanguinante a terra. Tentò nuovamente di rialzarsi, ma i bambini furono su di lui, le loro figure che si trasformavano. Occhi enormi e bui che piangevano lacrime di rabbia, bocche allungate a dismisura che urlavano sofferenze subite. Il vecchio crollò a terra, le mani strette al petto. Infine l'immobilità. Mathias Rinaldi era morto.
    Tutto ripiombò nel silenzio della notte e la visione dei bambini svanì. Era finita, pensò l'uomo, era tutto finito, il terrore della casa nel bosco, gli orrori avvenuti fra quelle mura e mai scoperti, il segreto di Mathias che forse nessuno avrebbe mai conosciuto.
    Anche per lui quell'incubo era finito. Si sarebbe liberato facilmente prendendo un frammento di vetro e sarebbe uscito per sempre da quella casa maledetta.
    Ancora legato e stordito, l'uomo cominciò a piangere.
     
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    Losco Figuro

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    La trama e lo sviluppo sono interessanti, anche se noto un certo stacco di stile tra quello (forse anche troppo) poetico dell'inizio e quello un po' più concreto dalla metà in poi.
    È lo svolgersi degli eventi che non mi convince del tutto. L'improvvisa curiosità dell'uomo appare un tantino forzata, specie se, come lascia intendere la parte finale, i pianti risalgono a parecchio tempo prima. Anche in qualche altro punto la logica delle sequenze o delle spiegazioni sembra un po' tirata per i capelli.
    Con qualche revisione sarebbe ottimo, così è comunque da 3.

    CITAZIONE (Magister Ludus @ 1/3/2011, 00:05) 
    mentre la mente ripercorreva a ritroso storie che la gente mormorava, ripescando dagli anfratti della memoria tragici episodi accaduti nel corso degli anni nelle zone attigue al paese, episodi che l'uomo aveva dimenticato.

    Visto che ci sta ripensando, evidentemente non li aveva dimenticati. Magari "credeva di aver dimenticato". ^_^

    CITAZIONE (Magister Ludus @ 1/3/2011, 00:05) 
    L'uomo continuò il percorso che gli avrebbe fatto aggirare in parte la casa, sul lato occidentale in cui la recinzione era stata danneggiata anni prima, per aprire quella stessa strada, e mai riparata.

    Non mi suona "in cui". Era stata danneggiata "nel lato occidentale"?
    Mi sa che questo è uno di quei casi in cui "dove" sarebbe stato corretto.

    CITAZIONE (Magister Ludus @ 1/3/2011, 00:05) 
    Quel varco che aveva sempre invitato a entrare,

    Neanche questa mi suona. Capisco il senso ma inciampo nel leggerla.

    CITAZIONE (Magister Ludus @ 1/3/2011, 00:05) 
    L'uomo ignorava se il vecchio fosse o meno la vittima, ma era sicuro che avesse avuto

    Meglio "fosse stato"

    CITAZIONE (Magister Ludus @ 1/3/2011, 00:05) 
    E in quel momento avrebbe voluto essere altrove. Avrebbe voluto non attardarsi all'osteria coi suoi amici, non bere tutto quel vino, non rivangare le voci che circolavano sulla casa.

    "non essersi attardato", "non aver bevuto", "non aver rivangato", sono tutte cose già fatte e finite.

    CITAZIONE (Magister Ludus @ 1/3/2011, 00:05) 
    In un primo tempo s'era pensato a un programma televisivo. Ma Bonanzi, l'idraulico del paese e suo amico d'infanzia, gli aveva detto che Mathias Rinaldi non possedeva un televisore. Passava il tempo a leggere, specialmente la Divina Commedia. A casa sua c'erano soltanto libri, come ci si sarebbe aspettato da chi aveva insegnato per tutta la vita. Allora da chi provenivano quei pianti?

    Onestamente non mi sembra un grande interrogativo, se in casa ci vive qualcuno, e solo uno, verranno da lui. ^___^;;
    Poi comunque capisco che l'idraulico in casa ci sia entrato, ma non è che di solito televisori e rubinetti stiano nella stessa stanza, che certezza può mai avere che il vecchio non ne abbia uno?

    CITAZIONE (Magister Ludus @ 1/3/2011, 00:05) 
    Prese la decisione, con sua grande sorpresa, quasi istintivamente.

    È sorpreso di averla presa o di averla presa quasi istintivamente?

    CITAZIONE (Magister Ludus @ 1/3/2011, 00:05) 
    Il bambino era legato. Le corde l'avvolgevano e tenevano stretto alla sedia.

    Direi "e lo tenevano"

    CITAZIONE (Magister Ludus @ 1/3/2011, 00:05) 
    Era sempre buio, tranne quando arrivava l'uomo e accendeva la luce, una lampadina che pendeva dal soffitto coperto di muffa.

    La prima parte è talmente lapalissiana che sembra una battuta comica fuori posto.
    Forse togliendo "luce, una" andrebbe meglio.

    CITAZIONE (Magister Ludus @ 1/3/2011, 00:05) 
    Ma lui non poteva rispondere a quei richiami, avrebbe voluto, oh se avrebbe voluto.

    Vedrei meglio un ; o . dopo "richiami"

    CITAZIONE (Magister Ludus @ 1/3/2011, 00:05) 
    E l'uomo chiamato Mathias che lo portava via.

    E come se lo ricorda questo se è svenuto prima? :huh:

    CITAZIONE (Magister Ludus @ 1/3/2011, 00:05) 
    Le ali spezzate dell'angelo conferivano a quell'immagine un'aria di abbandono e malinconia, come quella che grava su vecchi cimiteri dimenticati. La statua pareva una sentinella messa appositamente là a sorvegliare quel varco.

    Non ho capito, quale sarebbe l'immagine?

    CITAZIONE (Magister Ludus @ 1/3/2011, 00:05) 
    Poi capì ch'era una statua. La statua di un angelo dalle ali spaccate,

    A questo punto lo sappiamo già che statua è, perché ripeterlo?

    CITAZIONE (Magister Ludus @ 1/3/2011, 00:05) 
    Oltre partiva un vialetto lastricato che attraversava un giardino incolto,

    Oltre rispetto a cosa?

    CITAZIONE (Magister Ludus @ 1/3/2011, 00:05) 
    superava un pozzo chiuso da una botola di legno che marciva da chissà quanto tempo, fino a morire a ridosso d'una siepe di lauroceraso non curata da anni.

    tra "incolto" e "superava" ci andrebbe una "e" più che una virgola, visto che l'elenco delle cose che fa finisce lì (dopo c'è un "fino" che lo tronca)

    CITAZIONE (Magister Ludus @ 1/3/2011, 00:05) 
    Adesso che era così vicina spaventava ancora di più l'uomo. Nell'oscurità di quella notte sembrava più lugubre e maligna, sembrava nascondere verità proibite e dolori sepolti. Qualcosa, pensò l'uomo mentre avanzava circospetto, che forse non avrebbe dovuto dissotterrare.
    Eppure avanzò verso la costruzione assopita nel silenzio, le finestre sempre chiuse, apparentemente inabitata. Si chiese che cosa avrebbe trovato all'interno. Si chiese <i>come
    sarebbe entrato in quella casa. Ma era davvero lì per entrarvi?

    Toglierei:
    "l'uomo" nella prima frase (chi se no? Poi usi "l'uomo" anche poco dopo)
    "in quella casa" nella penultima (dove altro?)

    CITAZIONE (Magister Ludus @ 1/3/2011, 00:05) 
    Non un suono proveniva dalla campagna, come se la vita si fosse zittita per coprire l'avanzata di quell'ospite inaspettato.

    Se la vita si è zittita, tutto può fuorché coprirla l'avanzata, semmai la fa risaltare ancora di più.

    CITAZIONE (Magister Ludus @ 1/3/2011, 00:05) 
    L'uomo s'accostò al muro della casa, in cerca d'una finestra socchiusa, ma dubitava che col freddo di fine autunno il vecchio avesse lasciato aperto anche un solo spiraglio. Al pianterreno di quel lato della casa vide due finestre, entrambe sigillate, e altre due imposte, chiuse, al primo piano, troppo in alto da raggiungere arrampicandosi.
    Decise di guardare nel retro quando una mano si posò sulla sua spalla e tutto divenne ancora più nero.

    Anche qui almeno una casa la toglierei. Anche sulla necessità di dire che le imposte chiuse sono troppo in alto ho dei dubbi (sono comunque chiuse, quindi che cambia che le possa raggiungere o meno?)
    Direi "sul" più che "nel" retro.

    CITAZIONE (Magister Ludus @ 1/3/2011, 00:05) 
    Ma quando l'uomo tornava gliela rimetteva di nuovo e allora il bambino sapeva.

    "rimetteva" sottintende già "di nuovo"

    CITAZIONE (Magister Ludus @ 1/3/2011, 00:05) 
    Non riuscì mai a vedere l'uomo in faccia, che se ne restava in disparte, a infliggere le sue torture senza mostrarsi.

    Sarebbe più funzionale "Non riuscì mai a vedere in faccia l'uomo, che..."
    Altrimenti quel "che" si riferisce a "faccia"

    CITAZIONE (Magister Ludus @ 1/3/2011, 00:05) 
    Talvolta rimaneva dietro di lui e si divertiva a vedere come il bambino lo cercasse con lo sguardo, senza mai trovarlo.

    Se dici "rimaneva dietro di lui... a vedere il bambino", pare che "lui" e "il bambino" siano due persone diverse.

    CITAZIONE (Magister Ludus @ 1/3/2011, 00:05) 
    ogni tentativo non sembrò andare a segno.

    Non è più lineare "nessun tentativo sembrò"?

    CITAZIONE (Magister Ludus @ 1/3/2011, 00:05) 
    Le risate cogli amici,

    È corretto, ma "con gli" è meglio

    CITAZIONE (Magister Ludus @ 1/3/2011, 00:05) 
    L'uomo avvertì un tocco estraneo alle sue caviglie.

    Avvertire un tocco estraneo alle caviglie di qualcun altro lo vedo assai improbabile... :fischio:

    CITAZIONE (Magister Ludus @ 1/3/2011, 00:05) 
    Dapprima l'uomo gli aveva sputato in faccia il cibo, ma la reazione del vecchio era stata tale che l'uomo non ci aveva provato una seconda volta.

    Il secondo "l'uomo" non serve.
    Se l'ha fatto una sola volta, più che "dapprima" direi "la prima volta"

    CITAZIONE (Magister Ludus @ 1/3/2011, 00:05) 
    raccolse tutte le sue forze e, puntellando i piedi sul pavimento,

    "puntando", puntellare significa mettere dei sostegni

    CITAZIONE (Magister Ludus @ 1/3/2011, 00:05) 
    Per anni s'era dedicato a quella macabra collezione, sperando di seppellire ciò che suo padre gli aveva fatto patire nell'infanzia. Per anni s'era illuso di poter dimenticare, ma soltanto l'età aveva posto fine a quella sua lucida vendetta.

    Cioè aveva smesso da tempo?

    CITAZIONE (Magister Ludus @ 1/3/2011, 00:05) 
    Ma in quel momento ebbe la certezza che in quella casa era davvero successo qualcosa di orribile.

    Azz... è stato legato a una sedia e torturato e ancora aveva dei dubbi? O_o
     
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  3. Magister Ludus
     
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    Grazie CMT,

    concordo coi commenti :)
     
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  4. Ryan79
     
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    Ciao Daniele,

    SPOILER (click to view)
    Concoro con CMT sulla discrepanza tra parte inizale e finale, all'inizio mi sembrava di leggereun racconto ispirato alle atmosfere di Poe, poi piano piano mi è diventato una specie di SAW... :)

    L'unico appunto che ti faccio è che il protagonista, che tu chiami semplicmente "l'uomo", non mi sembra venga descritto granché bene... all'inizio pensavo si trattasse di un sessantenne che passa la sera in bettola con gli amici, solo dopo ho capito che esce dal locale prma del tramonto...

    Sempre riguardo al protagonista, durante la lettura della sua prigionia e quando colpisce il vecchio non sono riucito a raccapezzarmi su come fosse prigioniero: era legato? libero dentro una stanza chiusa? ecc.. solo alla fine si capisce, per quanto la frase "Si sarebbe liberato facilmente prendendo un frammento di vetro e sarebbe uscito per sempre da quella casa maledetta" mi sembra più uno spiegone tutto sommato inutile che non una frase funzionale al racconto...

    per il resto niente da dire, un racconto dalle atmosfere che catturano e che mi è piaciuto molto. Metto 3 ma con qualche leggera limata è sicuramente da 4 :P
     
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  5. Magister Ludus
     
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    CITAZIONE (Ryan79 @ 5/3/2011, 16:58) 
    Ciao Daniele,

    Ciao

    SPOILER (click to view)
    CITAZIONE
    Concoro con CMT sulla discrepanza tra parte inizale e finale, all'inizio mi sembrava di leggereun racconto ispirato alle atmosfere di Poe, poi piano piano mi è diventato una specie di SAW... :)

    Mi dite precisamente da che punto trovate questa discrepanza, ché io proprio non la noto? :)

    CITAZIONE
    L'unico appunto che ti faccio è che il protagonista, che tu chiami semplicmente "l'uomo", non mi sembra venga descritto granché bene... all'inizio pensavo si trattasse di un sessantenne che passa la sera in bettola con gli amici, solo dopo ho capito che esce dal locale prma del tramonto...

    Pecca mia, non gli ho dato un'età precisa.
    CITAZIONE
    Sempre riguardo al protagonista, durante la lettura della sua prigionia e quando colpisce il vecchio non sono riucito a raccapezzarmi su come fosse prigioniero: era legato? libero dentro una stanza chiusa? ecc.. solo alla fine si capisce, per quanto la frase "Si sarebbe liberato facilmente prendendo un frammento di vetro e sarebbe uscito per sempre da quella casa maledetta" mi sembra più uno spiegone tutto sommato inutile che non una frase funzionale al racconto...

    Pecca tua, t'è sfuggito questo:

    CITAZIONE
    Videro il vecchio Mathias che lo legava a quella sedia, sempre più stretto.

    :P

    CITAZIONE
    per il resto niente da dire, un racconto dalle atmosfere che catturano e che mi è piaciuto molto. Metto 3 ma con qualche leggera limata è sicuramente da 4 :P

    Grazie mille :)
     
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  6. Ryan79
     
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    SPOILER (click to view)
    lo stacco lo vedo tra la fine del primo capitolo e l'inizio del successivo, specie considerando l'inizio del terzo.
    Diciamo che il primo capitolo è molto "lirico" e ricercato, quasi da ghotic novel, il resto molto più prosaico e uniforme... :P
     
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  7. Magister Ludus
     
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    CITAZIONE (Ryan79 @ 5/3/2011, 19:14) 
    SPOILER (click to view)
    lo stacco lo vedo tra la fine del primo capitolo e l'inizio del successivo, specie considerando l'inizio del terzo.
    Diciamo che il primo capitolo è molto "lirico" e ricercato, quasi da ghotic novel, il resto molto più prosaico e uniforme... :P

    Sai che mi sa che c'hai ragione? :(
    Da tenere presente in fase di revisione :P
     
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  8. Ryan79
     
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    Eddaje :P

    non sarà però il massimo per te sapere che la parte che preferisco è perlappunto la prima :D :D :D
     
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  9. Magister Ludus
     
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    CITAZIONE (Ryan79 @ 5/3/2011, 19:40) 
    Eddaje :P

    non sarà però il massimo per te sapere che la parte che preferisco è perlappunto la prima :D :D :D

    Eh, ma anche io preferisco quella :lol:
     
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  10. VanderBan
     
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    Voto tre
    SPOILER (click to view)
    Buona scrittura, pulita, non moltissime sbavature, che peraltro ti sono state segnalate quasi tutte da CMT, evito lo spulcio, tanto vedo che lo rivedrai con calma, magari le noti da solo.
    Passo agli appunti che non mi fanno arrivare al voto massimo. La storia impiega troppo tempo per entrare nel vivo. C’è una certa lentezza, sia di scrittura che di situazioni, prima di arrivare al nocciolo. Credo che la parola casa sia stata ripetutamente utilizzata nella prima parte.
    Il protagonista non è tratteggiato per nulla (l'età?); non si capisce bene il motivo del suo “spavento” nell’avvicinarsi alla “casa”: è un pavido? È sbronzo marcio? O è solo un pretesto per raccontare la tua storia? ^__^
    La costruzione del mistero legato a Mathias è un po’ artefatto, tre sono le questioni
    Cosa cambia in quella sera rispetto al consueto da spingere l'uomo a fare un’azione poi neanche così azzardata?
    È poco credibile che l'uomo sia l’unico del paese a essersi spinto a superare quella palizzata. Con gli altri, in precedenza, come si è comportato Mathias? Aspettava tutti questi anni per torturare il primo che si avvicinava così tanto? Possibile?
    I bambini: negli anni, nella zona, scompaiono dei bambini e non se ne fa menzione nelle dicerie di paese?
    Ci sono tutte una serie di forzature che partendo da questi tre punti si vanno sommando. Cosa ha da temere, oggi, Mathias? se non volesse correre rischi basterebbe comportarsi da persona “normale” e non aggredire unop solo perché si è avvicinato alla sua casa, mica sta nascondendo un bambino lì dentro. Dovrebbe preoccuparsi decidessero uno scavo per la rete fognaria e non che uno si avvicini a casa sua...
    Il finale l’ho apprezzato, anche se narrandolo dal punto di vista dell’uomo hai forzato la spiegazione dei barattoli legandoli alle lacrime, mi sembra, se riesco a essere chiaro, che si intuisca troppo che stai dando un’informazione al lettore anziché "farcelo" arrivare con un ragionamento meno diretto.
    Se lo sistemi, asciugando la prima parte del "superfluo" è da quattro.
    Di seguito alcune annotazioni
    SPOILER (click to view)
    CITAZIONE
    S'era attardato a una taverna a bere e speculare – speculare?

    CITAZIONE
    quei ricordi tornarono in vita, improvvisi e repentini, freddi come aghi di ghiaccio che trafissero la sua coscienza. - Il riferimento è ai ricordi e non agli aghi, sistema la frase come meglio credi

    CITAZIONE
    Il piccolo aveva paura e l'uomo lo sapeva. Conosceva suo figlio. La cinghia che teneva in mano terrorizzava il bambino - In tutto il capitolo (tirato davvero per le lunghe) il PDV è del bambino tranne che nella frase nel mezzo.

    CITAZIONE
    soltanto il pallido biancore della strada
    il percorso che gli avrebbe fatto aggirare in parte la casa
    Non riuscì a scacciare i ricordi risaliti alla sua memoria come un pasto non digerito. Adesso erano tornati a galla e ristagnavano fra i suoi pensieri, a portata di mano. Adesso s'aggiungevano alle chiacchiere

    Esempi di scrittura ridondante, per metà racconto a mio avviso esageri nel ripetere concetti o situazioni che non sono poi così fondamentali.
    CITAZIONE
    Quel varco che aveva sempre invitato a entrare, ma che nessuno aveva mai avuto il coraggio di superare. Un invito rimasto inascoltato. L'uomo sapeva che sarebbe stato tentato a entrarvi, come sapeva che la casa avrebbe continuato a catturare il suo sguardo.

    Qui, oltre alla ripetitività, c’è qualcosa che non fila: Quel varco da sempre invitava a entrare, ma nessuno aveva il coraggio di superarlo.
    CITAZIONE
    Nel locale in cui era stato portato e rinchiuso da alcuni giorni faceva freddo. Messa così sembra che prima, nel locale, si stava caldi

    CITAZIONE
    Quando l'uomo oltrepassò la recinzione, se la trovò davanti - la recinzione?

    CITAZIONE
    toglieva quella strana maschera e il bambino ne aveva un po' di sollievo.
    Sapeva che non avrebbe potuto urlare, altrimenti l'uomo l'avrebbe ucciso

    Frasi bruttine a dirsi
    CITAZIONE
    Poi in paese erano cominciate le chiacchiere. Anche se nessuno aveva mai sospettato nulla, la gente parlava, additava casa sua come fosse stregata
    gli orrori avvenuti fra quelle mura e mai scoperti, il segreto di Mathias che forse nessuno avrebbe mai conosciuto.

    In questi due riferimenti si nota come dei bambini scomparsi decidi di non parlarne affatto. E sembra che la tua scelta sia motivata solo perché ti “fa comodo” lasciare impunito l’assassino, mettendo da parte l’equazione: casa maledetta, padrone di casa dispotico e solitario, bambini scomparsi = Mathias colpevole
    A rileggerti
     
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  11. Magister Ludus
     
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    CITAZIONE (VanderBan @ 8/3/2011, 12:21) 
    Voto tre

    S'era attardato a una taverna a bere e speculare – speculare?

    è un verbo :)

    Ragionare in un modo particolare, fare speculazioni.

    Grazie dei vari commenti e del voto, penso di condividerli tutti.
     
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  12. rehel
     
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    SPOILER (click to view)
    [/SPOILER]L'inizio mi era piaciuto e mi aveva fatto alcune promesse secondo me non mantenute.
    Certe incongruenze ti sono state segnalate. Tipo il fatto che se scompaiono dei bambini nella zona, be'... gli investigatori non vanno a verificare certe dicerie di paese? Un po' grossa. <_<
    La lentezza di certi tratti anche ti è stata riferita. Di mio aggiungo che certe volti utilizzi un tono elevato, quasi aulico che stona nel contesto di una storia di serial killer. Un esempio: S'era attardato a una taverna.... oppure anche: L'uomo s'accostò al muro... o ancora: Non un suono proveniva ecc. Si tratta di un modo di porre le frasi più adatto a un tono favolistico, non certamente adatto al tipo di storia che hai tratteggiato.
    E poi sono rimasto parecchio disturbato da certi particolari su dei bambini; di tortura, diciamo. Che posso dire: non mi sono piaciuti. Non voglio certo fare il bacchettone di turno, ma hanno contribuito a fare calare il mio interesse per questa storia.
    Originale l'idea della maschera che raccoglie le lacrime. Troppo sfruttata quella del finale con la presenza delle giovani vittime che "ritornano" per una vendetta postuma.
    Il mio voto è due.[SPOILER]

     
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  13. Magister Ludus
     
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    CITAZIONE (rehel @ 11/3/2011, 21:32) 
    L'inizio mi era piaciuto e mi aveva fatto alcune promesse secondo me non mantenute.

    Quali?

    CITAZIONE
    Di mio aggiungo che certe volti utilizzi un tono elevato, quasi aulico che stona nel contesto di una storia di serial killer.

    Non è una storia di serial killer. La storia del serial killer fa parte del passato.

    CITAZIONE
    E poi sono rimasto parecchio disturbato da certi particolari su dei bambini; di tortura, diciamo. Che posso dire: non mi sono piaciuti. Non voglio certo fare il bacchettone di turno, ma hanno contribuito a fare calare il mio interesse per questa storia.

    Non mi sembra di essere entrato in particolari che possano disturbare. Ma se il killer ammazzava degli anziani, che cambiava? :)
    Nessuno ha il diritto di essere ammazzato. E' solo una storia.

    Grazie del commento.
     
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  14. rehel
     
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    L'inizio mi era piaciuto e mi aveva fatto alcune promesse secondo me non mantenute.
    [/QUOTE]
    Quali?

    Non devi intendere questa frase in senso letterale. Mi apprestavo a leggere una storia che ritenevo, visto l'inizio, di un certi tipo e di un certo contesto a me particolrmente congeniali, poi ha preso l'abbrivio verso altri lidi, ma non si tratta di una colpa, solo di una mia considerazione.

    CITAZIONE
    Di mio aggiungo che certe volti utilizzi un tono elevato, quasi aulico che stona nel contesto di una storia di serial killer.

    Non è una storia di serial killer. La storia del serial killer fa parte del passato. Non so se riesco a spiegarmi.

    Rimango dell'idea che quel tipo di linguaggio sia più adatto a contesti favolistici o nei quali si parla di racconti avvenuti molto tempo addietro, e magari volendo rendere un certo tono, un certo senso del tempo passato.

    CITAZIONE
    E poi sono rimasto parecchio disturbato da certi particolari su dei bambini; di tortura, diciamo. Che posso dire: non mi sono piaciuti. Non voglio certo fare il bacchettone di turno, ma hanno contribuito a fare calare il mio interesse per questa storia.

    Non mi sembra di essere entrato in particolari che possano disturbare. Ma se il killer ammazzava degli anziani, che cambiava? :)
    Nessuno ha il diritto di essere ammazzato. E' solo una storia.

    Si tratta di una mia sensibilità personale; tutto qui. -_-
    Se ricordi bene, un altro tuo racconto mi aveva colpito in maniera particolare. (in senso più positivo)
    :)
     
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  15. Piscu
     
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    buon racconto e abbastanza intensa l'idea di base, però alcuni punti dello svolgimento non sono all'altezza di queste potenzialità. in particolare, il protagonista rimane molto vago come personaggio: non lo si riesce a inquadrare, a capire le sue motivazioni e a condividere le sue sensazioni. si empatizza molto, molto di più con l'ignoto bambino sottoposto alla tortura, che però muore poco dopo. è vero che il protagonista stesso diventa vittima, e in effetti non fa niente di eorico, ma rimane un personaggio scialbo, che non aggiunge valore alla storia.

    inoltre, ho trovato forzata la spiegazione della perversione di mathias, giustificata con un qualche "trauma infantile" che è sempre un jolly troppo comodo quando si parla di mostri assassini di varia natura. sarebbe stata interessante una ragione originale per cui raccoglie le lacrime, ma in assenza di questa meglio non spiegare niente e lasciar pensare che sia "solo" un maniaco qualunque.

    mi sarebbe piaciuta una descrizione più accurata della maschera che cattura le lacrime, ma forse si sarebbe caduti nel simil-splatter.



    risolvendo il problema del protagonista verrebbe un gran bel racconto. così siamo sul 3-.
     
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20 replies since 1/3/2011, 00:05   197 views
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