Una valigia vuota, piena di cianfrusaglie
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Una valigia vuota, piena di cianfrusaglie

Alessandro Basile, 12K

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  1. jimmijax
     
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    Una valigia vuota, piena di cianfrusaglie

    di Alessandro Basile.





    Nascosta e seduta al bancone di un bar della stazione, Jenny aspettava impaziente il proprio cappuccino per una veloce colazione prima di prendere la coincidenza. Si accese una sigaretta, cercò con lo sguardo un posacenere a portata di mano – trovato – e a lunghi respiri provò a dimenticare tutti i chilometri che si era lasciata alle spalle. Come tante piccole fotografie stracciate, decine di stazioni dai nomi familiari - ma giusto per sentito dire - si erano susseguite nella loro inutilità gettando il passato nel nistagmo assopito. Poi qualche bisbiglio, occhi bigotti la stavano giudicando e si incupì, nella triste consapevolezza di un acerbo cinismo, scivolando nel mare dell’insofferenza: pensieri come navi di vichinghi impazziti.
    Jenny impazzì in un grido e il bar si ammutolì.
    “Va tutto bene, ragazzina?” una voce. E chi sarà stato mai? Non importa…
    I gabbiani scomparirono nella nebbia lasciando alla salmastra battigia le loro lontane grida. Il freddo dell’anonimato sembrava coprirla per bene, così tanto che le sembrò persino di vedere tra i clienti delle facce conosciute. Chi fossero lo ignorava, ma chi fossero dentro, nel loro indurito cuore, Jenny aveva la presunzione di dedurlo con infallibile perizia.
    Nella nera soddisfazione del cercare e trovare gente peggiore di sé, Jenny sbadigliava e negava altri pensieri, tanto lei, svogliata e noncurante, se ne fregava del dito accusatore del mondo che l’avrebbe giudicata. Silenziosa nel suo angolino personale, rimaneva lì. Nessuno che le si avvicinasse e neanche di questo gliene fregava qualcosa.
    Una risata di qualcuno, quanti occhi e quante voci sparpagliate nei ricordi, Jenny che si sentiva già adulta, tanto adulta da voler mollare tutto e forse scappare, scappare da quella tremenda morsa.
    Madre e padre, tutta la famiglia compreso il cane, perché non li avrebbe sopportati nemmeno disegnati. Quante gomme avrebbe dovuto consumare per riuscire a cancellare quel tratto che avrebbe voluto essere fatto a matita? Nella testa l’eco di quello psicologo incompetente.
    Scappare è come rinunciare a sé stessi per poter sopravvivere senza voler affrontare la vita. Sei solo una vigliacca, piccola Jenny!
    Scompariva il pensiero dei buoni sentimenti al rumore della lampo, e il mondo sembra più buono nello scartare il chewing gum monouso sul divano dell’Io.
    “Perché cazzo non arriva più il mio cappuccino” un calcio al bancone per Jenny, l’inesperta di sensazioni.
    La neve cadeva a fiocchi grandi così, così come nei suoi ricordi: un giardino decorato a festa, Natale, quanti regali. Jenny indaffarata nello scartare i pacchi e chi se ne frega da dove arrivano, l’importante è riceverli, scartarli, possederli, un milione di doni. Babbo Natale se la sarebbe meritata la letterina. Una lettera.
    Jenny pensò che, a dirla proprio tutta, non aveva lasciato neanche una lettera d’addio. Si era unicamente degnata di accettare l'appuntamento al quale non sarebbe andata. Un bel pacco gli aveva fatto.
    Buon per lui, che capisse una buona volta il fatto che tanto lei sarebbe sempre scappata e che era inutile inseguirla. Fuggire ha un sapore così dolce al palato che sembra l’ambrosia degli dei, tiepida e leggera. Dimenticare e farsi dimenticare.
    Il riflesso dello specchio dietro al bancone ti dice troppe verità. Non è forse vero, Jenny dai bellissimi occhi blu che si perdono nel cielo?

    Anche se quel cielo Jenny non lo aveva mai visto. Qualche nuvola lassù si stagliava e Jenny non se ne sarebbe nemmeno accorta. Sguardo in alto, preoccuparsi solo che quel ventilatore girasse perché faceva un gran caldo, mentre le invidiose commentavano di quanto sembrasse mezza nuda. Una finestra troppo grande, e Jenny si nascondeva, mentre fuori la neve testimoniava l’inverno.
    Jenny sbuffava che nessuno la sentiva più, meglio così.
    Smettila! A che serve mettersi in ordine quei capelli di un falso biondo?
    Quante volte le avevano detto che stava benissimo. Puttanelle che non voleva nemmeno vedere, ma le capatine in centro doveva pur farle con qualcuno.
    Jenny che non sapeva stare con gli altri sorrideva alla democratica ipocrisia, perché tenere il broncio non sarebbe servito proprio a niente.
    Nessuno ti capisce, vero?
    Che stronzi che sono gli altri, tu che ti senti tanto sola e tanto stronza.
    Quanto sei megalomane?
    Forse troppo poco!
    Ci sputi sopra a quello che sei, tu sei più in alto di tutti, perfino di te stessa.

    Smaliziata Jenny, sola al bancone, era proprio da sé stessa che voleva essere abbandonata. Fuggire? A che serve?
    Forse a aspettare quel cappuccino che non arriva mai, mentre l’inebriante profumo dei saccottini al cioccolato ti rende piacevole l’attesa.

    Inutile che stai lì a ridere nell’imbarazzo di scegliere cosa che ti fa ingrassare di meno.
    Magra come un chiodo, Jenny la modella mancata.
    Ma almeno hai qualche spicciolo per pagarti la colazione?
    Cerca nelle tasche quanto vuoi, i vecchi guardoni al tavolo dietro di te apprezzano e i ragazzi pensano a cosa ti farebbero.
    Due euro e cinquanta, magari ti ci paghi anche la merenda.
    E anche se così non fosse, basta impegnarsi un pochino e fare gli occhi dolci al barista, così le patatine alle macchinette non te le toglie proprio nessuno.
    Fritti e dolci, ma quanto vuoi ingrassare, Jenny?

    Al pensiero di tutto quel cibo nello stomaco si sentiva già male. Ma fuggire vuol dire anche soffrire, perché di certo non ci pensava proprio a voler vomitare tutto quel ben di Dio.
    Dove finisce poi Dio quando nemmeno ti ricordi dove sei?
    Jenny, mi senti?
    La valigia è sempre al suo posto?
    Sì, grazie al cielo.
    Una valigia vuota, piena di cianfrusaglie.
    Certo che un ladro, adesso, sarebbe proprio un gran bel casino.
    Che palle preoccuparsi per tutto.

    Jenny guardava incuriosita quell’adesivo che sembrava staccarsi dalla valigia. Un vecchio check-in, il codici di un aeroporto e quella vacanza in Francia non se la ricordava nemmeno così bene. Sorrideva sulla Tour Eiffel, nemmeno voleva salirci fino a lassù, ma poi perché non farlo.
    L’ascensore l’aveva proiettata verso il cielo e, una volta arrivata al paradiso del cuore, aveva fatto pace con il mondo-formica ai tuoi piedi. Urlare.
    Quando era scesa aveva comprato un souvenir, l’aveva pagato Mark.
    Mark. E chi se lo ricordava più.
    Ma allora la tua valigia ha veramente dei ricordi.
    Piena di sorprese persino per te stessa, Jenny.

    Mark era solo un piccolo tassello del cuore dalla sua complicata vita sentimentale. Un puzzle che piano piano aveva perso tutto il colore e, in uno sbiadito bianco e nero, piangeva quei vuoti che ne negavano la figura.
    Immagini sbiadite: Parigi e quell’albergo. Notte di curve e lingerie sul pavimento, nemmeno fosse un film. Jenny, che nella bambagia aspettava quell’esplosione a colori.
    Nessuno sapeva cosa fosse l’amore. Ma che importava ormai? Tanto Mark era tornato al suo paese e se lo poteva proprio scordare di rivederlo.

    Altro calcio al bancone.
    “Signorina, la smetta!” barista rompipalle.
    “Arriva questo cappuccino?” Jenny odiava la sua voce. Niente di strano, al registratore ci sentiamo tutti ridicoli.
    “Glielo porto subito”
    Ma l’aveva ordinato oppure no quel cappuccino? Jenny, che non si ricordava neanche il giorno del proprio compleanno.
    Compleanni e ricorrenze, tutte stronzate.

    Rivoluzionaria Jenny, che i parenti se li voleva proprio scordare. Quante torte che nemmeno toccava e un po’ le dispiaceva.
    Nonni e zie, diecimila occhi puntati su di lei che facevano a gara a chi sparare più a zero sulla sua vita. Quella vita che avrebbe dovuto fare, ma che era obbligata a eseguire nel migliore dei modi.
    Senza alternative, in gabbia si può anche morire.
    Dubbi e altri dubbi. Ci mancava solo quel barista e il ricordo di Mark.
    “Ahia” squillò Jenny, un tizio l’aveva urtata nell’avvicinarsi al bancone.
    Poverino, del resto doveva pur farsi spazio, aveva una valigia immensa, non come quella di Jenny, piccola e vuota.
    “Mi scusi, non l’ho vista” le parole di convenienza, poi quel tipo si rivolse al barman. “Senta, prendo un toast e un succo di frutta.” Che colazione orrenda, e poi tutta questa fretta nello scusarsi, sembra che la gente passi il tempo a chiedere scusa per la propria esistenza.
    Jenny, smettila di dare fastidio agli altri e cerca di combinarne una giusta ogni tanto, come dare uno sguardo al tabellone delle partenze. È troppo lontano, lo so, ma qualche sforzo lo si deve pur fare.

    Un’occhiatina di sfuggita le riuscì di farla, ovviamente non senza essere occupata da mille altri pensieri. Parole e altre parole sembravano rincorrersi che, neanche a farlo apposta, non aveva ancora deciso dove andare.
    Aveva pensato che forse la breve pausa al bar le avrebbe portato consiglio ma, a quanto sembrava, le idee ce le aveva ancora belle che confuse.
    Bastava aspettare ancora un pochino, seppur nell’infinita attesa di quel cappuccino che avrebbe dovuto arrivare subito.
    Almeno te lo sei ricordato il walkman? Sai che palle sul treno.

    “Ho dimenticato i cd da Jim” e certo Jim sarà stato ben felice di ascoltarsi tutta quella musica. Jim non lo sa che sei scappata. Dirglielo sarebbe stata una buona idea, ma le idee buone Jenny ce le aveva solo quando era troppo tardi.
    Lo verrà a sapere lo stesso. Almeno era quello che Jenny sperava, e sperava che Jim la venisse anche a cercare.
    Anche tu, Jim. Magari accorgerti che Jenny te lo voleva dire.
    Quanta fatica nel volerla abbracciare forte a te perché non fuggisse e poi avvicinarsi dolce al suo orecchio e dirle: non scappare anche se ti senti di merda.
    Non andare via e stai qui perché io non voglio. Io ti voglio qui.

    Jenny si picchiò sulla testa con quell’anello che porca puttana se faceva male. Tastarsi in testa pensando se ci fossero bernoccoli.
    Adesso basta! A cosa serve il passato?
    Sei scappata di casa e nessuno ti vuole.

    Jenny scivolava via dagli altri e quello sgabello del bar le andava proprio stretto. Muoversi, scappare, fuggire da sé stessa.
    “Cosa fare?” mentre si faceva strada quell’idea tutta strana: alzarsi da quella scomodissima posizione e, dimenticandosi di valigia e cappotto, uscire di tutta fretta da quel vociare indistinto per poi, magari e perché no, attraversare distrattamente la strada schivando qualche auto e dirigendosi di corsa verso il fiume col fiatone, fermarsi concitata sul parapetto del ponte scolpito e perdersi nel guardare l’acqua che scrosciava il silenzio.
    Bastano due secondi per non pensare al fatto che magari qualcuno l’avrebbe vista; quei gabbiani sapranno pur nuotare, vero?
    Sorridere di follia, cadere in acqua, chiudere gli occhi e abbandonarsi alla corrente desiderando di scomparire. Stanca di tutto, avrebbe riposato la mente dileguandosi tra le onde. Cosa ci sarà stato sul fondo? Sarebbe arrivata fino al mare?

    […]

    “Il suo cappuccino, signorina” e le apparve davanti agli occhi il cappuccino che aveva ordinato, quasi fosse una magia.
    Jenny, ma cosa fai? Sogni a occhi aperti?
    So che vuoi tornare a casa.
    Per quei cd Jim è corso subito da te.
    Quando hai preso l’autobus per la stazione non hai voluto vederlo ma ti rincorreva, ti chiamava, ti diceva: “Fermati, Jenni.”
    Quella valigia è vuota apposta, fai ancora in tempo per quell’appuntamento.

    Jenny scrollò la testa come per risvegliarsi da un brutto sogno e fermò d’un tratto tutti i pensieri. Fece un profondo respiro a occhi chiusi e, espirando in un sorriso, ringraziò il barista con un bisbiglio. Prese due bustine di zucchero e, con certosina attenzione, distribuì sulla schiuma quei leggeri cristalli d’avorio.
    Era come se il tempo si fosse gonfiato come un palloncino e fosse diventato eterno. Tutti avevano messo di correre. Jenny aveva tutto il tempo che voleva e voleva fare tutto.
    Forse fuggire vuol dire aspettare quel cappuccino che sembra non arrivare mai.

    Edited by jimmijax - 2/3/2011, 20:38
     
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  2. Magister Ludus
     
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    Il racconto non porta da alcuna parte, nel senso che non si legge una storia dietro. Un testo del genere avrebbe potuto andar bene, sfoltito del superfluo, in un romanzo, ma non in un racconto.

    Vengono poi introdotti dei personaggi senza che il lettore riesca a capire chi siano. Nella storia c'è solo questa Jenny, che deve avere un bel po' di problemi, ok, questo ci sta, ma chi è? Cosa fa? Dove sta andando?

    Si segue a fatica, ci sono troppe ripetizioni e parti superflue e confuse. Voto 1.

    Le mie segnalazioni:

    CITAZIONE
    pensieri come navi di vichinghi impazziti.
    Jenny impazzì in un grido e il bar si ammutolì.

    Oltre al fatto che c'è una ripetizione, “impazzire in un grido” che significa?

    I gabbiani scomparirono nella nebbia lasciando alla salmastra battigia le loro lontane grida: sta al mare? O è una metafora? Perché poco prima sta nel bar di una stazione.

    CITAZIONE
    Scompariva il pensiero dei buoni sentimenti al rumore della lampo, e il mondo sembra più buono nello scartare il chewing gum monouso sul divano dell’Io.

    Che cosa significa questo periodo?
    chewing gum monouso: non ne esistono di diversi
    CITAZIONE
    Babbo Natale se la sarebbe meritata la letterina. Una lettera.
    Jenny pensò che, a dirla proprio tutta, non aveva lasciato neanche una lettera d’addio.

    Lettera ripetuto 3 volte.

    mentre le invidiose commentavano di quanto sembrasse mezza nuda: quanto sembrasse cosa?

    Quante volte le avevano detto che stava benissimo. É una domanda

    il codici di un aeroporto: refuso

    ma poi perché non farlo. É una domanda

    E chi se lo ricordava più. É una domanda

    Tutti avevano messo di correre: refuso
     
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  3. Ryan79
     
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    ciao,

    SPOILER (click to view)
    fino a tre quarti del racconto confesso che ti avrei bollato con un 1 anche abbastanza frettoloso, ma poi le ultime righe mi hanno fatto riconsiderare il tutto e avrei messo 3, in quanto lo svolgimento che sembrava campato per aria trova un suo senso compito proprio nel finale. Faccio quindi media e metto un 2.

    I motivi della mia scelta sono su forma e contenuto.

    Sulla forma non ci siamo proprio, sia perché non fai alcuna distinzione tra narratore e pensieri della ragazza (magari un corsivo avrebbe aiutato), sia perché in casi di flusso di coscienza sarebbe meglio usare la prima persona. Jenny che parla tra sè e sè avrebbe creato molta più empatia e ti avrebbe risparmiato l'uso di certe definizioni di cui hai sovraccaricato il racconto e che ho trovato molto forzate, quasi ostentate (uno per tutti: sorrideva alla democratica ipocrisia)

    Il contenuto invece l'ho trovato buono. Mi piace come hai tratteggiato le incertezze di una ragazzina presumo sui 18/19 anni con tutti i tormenti adolescenziali molto meno patinati dei vari Dawson's Creek che hanno inquinato fiumi di ragazzi.
    Splendida l'ultima parte dove Jenny (l'ultima volta hai messo jenni,occhio) ci ripensa un po' su e valuta se tornare sui propri passi, esattamente come farebbe chiunque al posto suo. Anche il fatto di non dire con certezza se poi sia tornata indietro mi è piaciuto, anzi forse lo avrei spinto ancora di più fermandomi al puno in cui lei è estremamente dubbiosa su cosa fare della propria vita. Io addirittura avrei pensato a un finale dove si gioca la vita a testa o croce (testa vado, corce torno, cose così) e stacco conclusivo con la moneta che volteggia in aria.

    In defintiva ho apprezzato molto l'dea, poco la realizzazione...
     
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  4. jimmijax
     
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    QUOTE (Magister Ludus @ 4/3/2011, 21:54) 
    Il racconto non porta da alcuna parte

    il racconto è una classica tranche de vie, vedila come vuoi

    QUOTE
    Vengono poi introdotti dei personaggi senza che il lettore riesca a capire chi siano. Nella storia c'è solo questa Jenny, che deve avere un bel po' di problemi, ok, questo ci sta, ma chi è? Cosa fa? Dove sta andando?

    evidentemente, se non è spiegato, è perché non c'è bisogno perchè inutili o non funzionali al racconto

    QUOTE
    Si segue a fatica, ci sono troppe ripetizioni e parti superflue e confuse. Voto 1.

    le parti superflue hanno un perché nel flusso di coscienza, cmq ho capito

    grazie per i refusi, per il chewingum il monouso vuol dire che si usa una volta e non che ha un solo utilizzo... :)


    QUOTE (Ryan79 @ 5/3/2011, 12:13) 
    ciao,

    SPOILER (click to view)
    fino a tre quarti del racconto confesso che ti avrei bollato con un 1 anche abbastanza frettoloso, ma poi le ultime righe mi hanno fatto riconsiderare il tutto e avrei messo 3, in quanto lo svolgimento che sembrava campato per aria trova un suo senso compito proprio nel finale. Faccio quindi media e metto un 2.

    I motivi della mia scelta sono su forma e contenuto.

    Sulla forma non ci siamo proprio, sia perché non fai alcuna distinzione tra narratore e pensieri della ragazza (magari un corsivo avrebbe aiutato), sia perché in casi di flusso di coscienza sarebbe meglio usare la prima persona. Jenny che parla tra sè e sè avrebbe creato molta più empatia e ti avrebbe risparmiato l'uso di certe definizioni di cui hai sovraccaricato il racconto e che ho trovato molto forzate, quasi ostentate (uno per tutti: sorrideva alla democratica ipocrisia)

    Il contenuto invece l'ho trovato buono. Mi piace come hai tratteggiato le incertezze di una ragazzina presumo sui 18/19 anni con tutti i tormenti adolescenziali molto meno patinati dei vari Dawson's Creek che hanno inquinato fiumi di ragazzi.
    Splendida l'ultima parte dove Jenny (l'ultima volta hai messo jenni,occhio) ci ripensa un po' su e valuta se tornare sui propri passi, esattamente come farebbe chiunque al posto suo. Anche il fatto di non dire con certezza se poi sia tornata indietro mi è piaciuto, anzi forse lo avrei spinto ancora di più fermandomi al puno in cui lei è estremamente dubbiosa su cosa fare della propria vita. Io addirittura avrei pensato a un finale dove si gioca la vita a testa o croce (testa vado, corce torno, cose così) e stacco conclusivo con la moneta che volteggia in aria.

    In defintiva ho apprezzato molto l'dea, poco la realizzazione...

    grazie per la tua attenta lettura e analisi, hai capito dove volevo arrivare e le tue precisazioni sul narratore mi fanno pensare, ma la scelta della terza persona è obbligata dal tono che volevo dare, perché volevo uno spettatore esterno che la descrivesse lasciando l'alone di mistero dietro jenny e i suoi pensieri, dando anche la possibilità di un'eventuale presunzione da parte del narratore stesso... cercherò di pensare ad una impaginazione più chiara, i corsivi forse sono una buona idea :)

    grazie anche per avermi detto che non sembra dawson, pensavo di aver esagerato :)
    per il finale con la moneta lo trovo più un finale "maschile" :) ma il cappuccino doveva pur arrivare, alla fine
     
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  5. Ryan79
     
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    SPOILER (click to view)
    prego per l'analisi... ma lo sai che c'hai ragione? solo un maschio potrebbe essere così coglione (nel senso buono) di giocarsela con la moneta.. le donne bene o male ragionano mooooolto di più (pure troppo :( )

    :P
     
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  6. Virgart
     
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    ciao,
    Ho faticato a giungere alla fine.
    Non per la storia in sé, ma per il modo in cui è stata sviluppata.
    Credo di aver capito che la protagonista riflette sul suo passato fallimentare, ma, soprattutto all'inizio, sembra che tu voglia trovare per forza la frase a effetto. Il risultato è la mancanza di un filo conduttore. sembrano tanti pensieri messi li, confusi.

    Il finale è un po' criptico: Jenny capisce e si redime o si lascia trascinare nel gorgo?

    Non posso darti più di uno.

    Virgilio
     
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  7. Dieguito_85
     
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    Allora, concordo con chi ha detto che la scrittura è pesante e difficile. Sopratutto nella parte iniziale, c'è un eccesso di aggettivi che distoglierebbe qualsiasi lettore dall'intento di avvicinarsi a questo racconto. Parte iniziale: da cambiare. scrittura pomposa, aggettivi infiniti, ricerca di frasi a effetto.
    Col prosieguo della storia, migliori nella scrittura. Ma questa storia è un po' campata in aria, anche se poi a me non è dispiaciuta: mi piaccioni i personaggi con approfondimenti psicologici.
    Ma diciamo che questo racconto è solo psicologia. Non c'è dialogo, non c'è azione, ma solo un'accurata psicanalisi. Che, ripeto, non mi dispiace.
    Voto 2.
     
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  8. jimmijax
     
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    che la lettura sia difficile, dal momento che è una psicanalisi simbolica campata per aria, certo, vi do ragione, l'intento era proprio quello, trovo barboso star lì a raccontare la solita storiella, per le frasi ad effetto, la ricerca non c'è, io scrivo così perché è così che interpreto i dettagli della realtà (soggettiva e oggettiva), il finale non è un finale ma l'epilogo del pensiero espresso durante il racconto (e il cappuccino che arriva alla fine è il simbolo), posso capire che tutto ciò che scrivo pretenda una interpretazione e sopratutto un lavoro di interpretazione tendente a capire cosa sia nascosto in ogni singola parola (dando al lettore anche la libertà di immaginare senza star lì a dire se aveva un orologio swatch o un rolex e se il caffé era lavazza o segafredo), certo farne un'esegesi adesso sarebbe abbastanza lungo, potrei magari aggiungerla a posteriori, voglio solo che si sappia che il tutto è voluto e misurato, sono comunque lunsingato dall'interesse per il personaggio e per l'amaro in bocca che possa dare non sapere come vada realmente a finire (che proiettando un po' ci si puo' arrivare, gli elemento ci sono tutti e cmq non era l'obiettivo (il racconto è una simulazione di pensiero, tutto qui)) per me è un traguardo importante.

    thx a tutti :)
     
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  9. Ryan79
     
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    SPOILER (click to view)
    Secondo me era solo una crisi isterica momentanea a al 100% la ragazza se ne torna a casetta :D
     
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  10. VanderBan
     
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    SPOILER (click to view)
    Ho trovato la lettura difficile, ostica, non per i singoli periodi, ma per la successione di essi
    Scrittura emotiva la tua, necessiterebbe di un lettore in sintonia con il tuo “io”
    Concepisci la storia come una ricerca di interpretazione di ciò che è superfluo interpretare, così facendo, costringi chi legge a proseguire, anche se più si va avanti e meno si trovano riscontri con quanto detto in precedenza, come una lunga scala a pioli in cui si toglie il tassello appena superato dal piede per inserirlo sopra la testa, per proseguire l’ascesa.
    L'interesse che si crea per il personaggio lascia un po’ l'amaro in bocca rispetto a quello che non sapremo mai di lei.
    Il finale, che non è un finale, è una mera attesa di una coincidenza che forse si può anche non prendere, ma che di certo non si può perdere.

    Per le ragioni di cui sopra mi trovo nell'incapacità di sintetizzare il tuo racconto in un voto.
     
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  11. Black _ Dahlia
     
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    Ciao jimmijax,
    SPOILER (click to view)
    più che di una storia, si tratta di un flusso di coscienza. Non vedo una trama vera e propria e questo, purtroppo, è un grande difetto. Lo stile a tratti si fa interessante, ma resta un po' troppo esasperato e comunque non riesce a supplire alla mancanza di una base. Si potrebbe benissimo trattare di un prologo (ti consiglio, infatti, di ampliarlo scrivendo un seguito), ma non si può accostare il tuo lavoro, così com'è concepito adesso, a un racconto a tutti gli effetti. Il lettore prosegue nella speranza che succeda qualcosa, ma si ritrova alla fine con l'amaro in bocca perché non gli viene regalato niente. In questo momento, non vado oltre il 2.

    A rileggerti! ;)
     
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  12. rehel
     
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    Forse sono un codardo, ma ho gettato la spugna dopo poco. Forse colpa del nistagmo assopito o della democratica ipocrisia , che vorrei tanto qualcuno mi mostrasse come è fatta.
    VdB ha sintetizzato in maniera egregia ( da par suo, mi sento di dire) il disagio di riuscire a condensare in un numero una prova così particolare.
    Sorry, non voto.
    :)
     
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  13. Olorin
     
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    Ciao jimmijax,

    magari ti sembrerò brutale, però devo dire che ho trovato il tuo racconto difficile da leggere e poco coinvolgente e questo non per il tema o la storia, bensì per la tecnica che secondo me 'non' hai utilizzato.
    Un modo così realistico di rappresentare un flusso di coscienza, fatto di pezzi e stralci di immagini, pensieri che saltano di palo in frasca con solo un sottile filo conduttore a tenerli vagamente uniti, già di per sé rende ardua l'impresa di far sì che il lettore non si perda per strada, se poi il 'punto di vista' salta da una parte all'altra, col narratore che parla per la protagonista, poi si rivolge a lei come se fosse al di fuori, arrivando a stare persino dentro la comparsata di Jim, be' allora diventa davvero un'impresa eroica.
    Inoltre ci sono molti passaggi dove offri al lettore la tua interpretazione (di Jenny) e non la descrizione delle situazioni, per cui se in qualche caso non ci si trova semplicemente in accordo con tali sensazioni, altre volte addirittura non le si comprendono e di conseguenza neanche i presupposti.

    Qualche esempio di tutto quanto sopra più altro ancora:
    CITAZIONE
    cercò con lo sguardo un posacenere a portata di mano – trovato

    Molto più efficace sarebbe stato un: “poi cominciò a guardarsi freneticamente intorno, finché la sua mano si allungò per afferrare il posacenere sul tavolo accanto…”.
    CITAZIONE
    provò a dimenticare tutti i chilometri che si era lasciata alle spalle

    Insisto, a mio parere sarebbe meglio che questo intento fosse trasmesso attraverso una descrizione di qualche atteggiamento/azione/espressione, piuttosto che servita fredda sul tavolo del lettore.
    CITAZIONE
    … di vichinghi impazziti.
    Jenny impazzì…

    Impazziti/impazzì
    CITAZIONE
    lasciando alla salmastra battigia le loro lontane grida

    Forse era ‘lanciando’? Secondo me quel ‘le loro lontane grida’ è davvero ostico da metabolizzare.
    CITAZIONE
    Il freddo dell’anonimato sembrava coprirla per bene

    Fatico ad associare il freddo col coprire. Fose avvolgere?
    CITAZIONE
    Quante gomme avrebbe dovuto consumare per riuscire a cancellare quel tratto che avrebbe voluto essere fatto a matita?

    A mio parere potresti sostituire ‘avrebbe dovuto consumare’ con ‘sarebbero state necessarie’ in modo da evitare i due ‘avrebbe’ in così rapida successione.
    CITAZIONE
    nello scartare il chewing gum monouso sul divano dell’Io.
    “Perché cazzo non arriva più il mio cappuccino” un calcio al bancone per Jenny, l’inesperta di sensazioni.
    La neve cadeva a fiocchi grandi così, così come nei suoi ricordi: un giardino decorato a festa, Natale, quanti regali. Jenny indaffarata nello scartare i pacchi e chi se ne frega da dove arrivano, l’importante è riceverli, scartarli,

    CITAZIONE
    Jenny pensò che, a dirla proprio tutta, non aveva lasciato neanche una lettera d’addio. Si era unicamente degnata di accettare … omissis… inutile inseguirla. Fuggire ha un sapore così dolce al palato che sembra l’ambrosia degli dei, tiepida e leggera. Dimenticare e farsi dimenticare.

    Qui il narratore è in totale simbiosi con Jenny
    CITAZIONE
    Il riflesso dello specchio dietro al bancone ti dice troppe verità. Non è forse vero, Jenny dai bellissimi occhi blu che si perdono nel cielo?

    Poi qui commenta come se stesse narrando dall’esterno.
    Subito dopo poi, torna a raccontare dall’interno. Questi cambi che si susseguono per tutto il racconto e che per quanto mi riguarda, hanno l'effetto di rendere lettura confusa, mi sono sembrati troppo evidenti.
    CITAZIONE
    il codici

    Refuso
    CITAZIONE
    fino a lassù

    ‘fin lassù’ non ti sembra più agevole?
    CITAZIONE
    aveva fatto pace con il mondo-formica ai tuoi piedi

    ‘suoi’ piedi
    CITAZIONE
    Un’occhiatina di sfuggita le riuscì di farla

    Secondo me ‘di darla’
    CITAZIONE
    Tutti avevano messo di correre

    ‘Smesso’

    Per me sarebbe un 1 e un po'.
    Aspetto di sapere se qualche aspetto grossolano mi sia sfuggito, nel qual caso non voterei ;) .
     
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  14. Peter7413
     
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    User deleted


    Ola!
    Ammetto i miei limiti, ma mi sono fermato dopo la parte iniziale.
    Non dico altro, che sia bello o brutto, verboso o complicato. Mi limito a non votare e a chiederti scusa. Forse la mia negligenza è dettata dal fatto di essere arrivato all'ultimo a dover leggere tutti i racconti...
    Alla prossima!
     
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13 replies since 2/3/2011, 10:26   137 views
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