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IL SIGNOR SUONATI
Versione 2 (15 maggio)
I - Un uomo e il suo salumaio
Ci era cascato di nuovo. Stava pesando la mortadella, assicurandosi di non esser visto mentre premeva col dito sulla bilancia, conversando del più e del meno col cliente per distrarlo dall'idea di controllare se il suo salumaio di fiducia avesse la bilancia truccata. Intento a truffare doppiamente il signor Suonati, quasi non si accorse, arrivato a un certo punto del chiacchiericcio amichevole, di pronunciare le fatidiche parole: «Desidera qualcos’altro?» Non fece in tempo a finire la frase che già si stava mordendo la lingua: come di consueto, infatti, il vecchietto fu preso da uno dei soliti attacchi. «Io… io… desidero… vorrei… voglio… Voglio dimenticare!» E iniziò a piangere e dimenarsi, come ogni volta in cui gli veniva rivolta una domanda su cosa volesse. Il salumaio tentò di calmarlo, ben sapendo che la crisi si sarebbe conclusa come sempre, con l'anziano a terra privo di sensi e lui che avrebbe dovuto portarlo a casa. «Signor Suonati?» «Eh?» «Signor Suonati, torni in sé». «Come? Cosa? Eh? Eh? Aaah!» E pum!, stramazzato in terra.
Nel quartiere tutti conoscevano il signor Suonati e, dopo aver capito come funzionavano le crisi, cercavano di evitare di porgli la fatidica domanda. Le volte che capitava, il colpevole si faceva carico di riportare a casa il poveretto, che dopo pochi minuti dall’inizio della crisi riprendeva i sensi, chiedeva alla persona che lo aveva portato sin lì cosa ci facesse in casa sua, «Ha avuto una delle sue crisi, signor Suonati», «Ah, va bene», e tornava a comportarsi come se non fosse successo nulla. Molti avevano cercato di indagare le cause del problema, ma tutto si risolveva nella domanda: «Sì, vabbè, d’accordo, ma cosa vuole dimenticare?» Anche volendo rispondere, il signor Suonati doveva per forza tornare con la mente a ciò che voleva dimenticare, e questo gli causava nuove crisi. Il classico cane che si morde la coda. In zona avevano il loro studio un paio di psichiatri, di cui uno pure famoso, di quelli che scrivono poderosi volumi su come si strizza il cervello alla gente: anche questi avevano alzato bandiera bianca, e da allora il signor Suonati era divenuto una sorta di mascotte del quartiere, come uno di quei pazzi inoffensivi che la gente di paese prende a benvolere.
Anche questa volta fu riportato a casa. Il salumaio aspettò che il suo strano cliente riacquistasse conoscenza. «Ma, ma che… E lei chi è? Guardi che chiamo le guardie!» «Sono il salumaio, ricorda? Ha avuto una crisi in negozio e l’ho riportata a casa. «Ah. Va bene». «Arrivederci, allora». «Come, arrivederci? Ma se è appena arrivato, che fa, già va via? Le offro qualcosa? Un caffè? Tè?» Così, come se niente fosse, come se il salumaio fosse andato a fargli una visita di cortesia.
II - Il fascino di improvvisarsi psichiatri
Da quando la faccenda divenne di dominio pubblico, lo spirito di grande umanità che animava i residenti del quartiere si manifestò in una serie di dibattiti e iniziative tese a trovare un rimedio per quegli attacchi nervosi. La prima proposta fu di attaccare sui muri di ciascun palazzo un volantino con la foto dello sventurato e un appunto per chi non conosceva il Suonati, affinché ci si ricordasse di non fargli manifestare un desiderio e/o una volontà. Furono stampati circa duemila volantini grazie all’interessamento di un tipografo che mise gratuitamente a disposizione le sue macchine per la stampa. Un professore di statistica calcolò che in un anno questa trovata aveva portato a una diminuzione delle crisi di circa il venticinque per cento. Ma non bastava: la gente voleva davvero bene al signor Suonati, e lo dimostrava proponendo in continuazione nuove cure e soluzioni. Un architetto, fermo sostenitore del metodo della botta in testa, asseriva che un trauma cranico di discreta entità avrebbe potuto portare alla rimozione del ricordo angosciante che causava le crisi. In parole povere, argomentava che uno shock violento sarebbe andato a sostituirsi allo shock scatenante, e tutto si sarebbe risolto con una leggera contusione guaribile in una decina di giorni. L’architetto non considerava l’età piuttosto avanzata del Suonati, e fu solo per fortuna che un paio di uomini lo videro e riuscirono a fermarlo appena in tempo quando si appostò all'angolo del palazzo del Suonati con una robusta mazza da baseball in mano. Un altro vicino aveva sviluppato una filosofia dello spavento. Avendo in precedenza studiato la teoria dell’architetto, si trovò d’accordo con la necessità di causare uno shock, ma perfezionò l’edificio concettuale dell'illustre predecessore con l’intuizione che lo shock sarebbe dovuto essere di origine emotiva e non fisica. Per verificare la teoria, un giorno indossò un costume carnevalesco da scheletro e si appostò, ironia della sorte, proprio allo stesso angolo scelto tempo addietro dall’architetto con la mazza. Il guaio fu che questa volta nessuno si accorse dell’agguato, e quando il signor Suonati si trovò a passare da quelle parti fu colto da infarto alla vista di quell’orrenda e inaspettata apparizione. Fu infine la volta di un ragioniere, convinto che il Suonati sarebbe guarito trovandosi di fronte qualcuno che simulasse la sua stessa crisi. Un giorno il ragioniere avvicinò l'ignaro Suonati, suo conoscente, e iniziò a parlare del più e del meno con la scusa di percorrere lo stesso tratto di strada. Arrivati all’angolo famoso, un complice del ragioniere si unì ai due, salutando e urlando all’improvviso: «Cosa desidera?» Suonati: «Desidero... io… voglio… Voglio dimenticare!» Ragioniere (all’unisono, davanti agli occhi del Suonati): «Desidero... io… voglio… Voglio dimenticare!» Suonati: rantoli e pianto Ragioniere: rantoli e pianto (da vero attore) Suonati: «Eh? Eh? Cosa? Come? Eh? Ah!» Ragioniere: «Eh? Eh? Cosa? Come? Eh? Ah!» La scena si svolse davanti a diversi curiosi e andò avanti per un paio di minuti: in effetti il signor Suonati sembrava meno assente del solito, stupito forse di trovarsi di fronte qualcuno con le sue stesse crisi, finché pum!, stramazzati a terra tutti e due. Tre, contando la teoria del ragioniere.
III - Il rutilante mondo della televisione
Arrivò puntuale la televisione, anzi molti si chiesero come aveva fatto il signor Suonati a scampare per tanto tempo all’inevitabile comparsata sugli schermi. In seguito si cercò di capire chi avesse chiamato una rete nazionale segnalando quello strano signore con quello stranissimo problema, ma il responsabile, per sua fortuna, non venne mai fuori. Un giorno una troupe televisiva si presentò in casa del Suonati, ufficialmente per intervistarlo ma in realtà per provocargli una crisi da gettare in pasto al pubblico prima del TG delle tredici. L'anziano signore fece accomodare quel manipolo di uomini, i quali, senza chiedere permesso a nessuno, costruirono un vero e proprio set cinematografico nel soggiorno del nostro, che si ritrovò circondato da telecamere, gente sconosciuta e soprattutto una marea di fili, cavi e cavetti. Proprio non riusciva a capire cosa quella gente potesse volere da lui, ma l’idea di finire in televisione lo stuzzicava parecchio. In più, c’era pure quel famoso presentatore, il paladino dei deboli e degli oppressi, l’idolo del pubblico, che sembrava in realtà un po' diverso dal solito: urlava, chiamava ogni due secondi la truccatrice, lo trattava come se fosse un deficiente e si arrabbiava quando gli facevano qualche domanda. Il servizio andò in onda in diretta poco dopo mezzogiorno. Non furono fatte prove né dati consigli al signor Suonati: il cameraman quel giorno si era svegliato tardi e furono costretti ad aspettarlo negli studi per due ore, col risultato che la troupe al completo si presentò sul posto appena mezz’ora prima della diretta. Arrivò il momento fatale; il presentatore in studio, prima di lanciare il collegamento, raccontò al pubblico la storia di un vecchietto e delle sue crisi, dopodiché diede la linea all’inviato, seduto sul divano del soggiorno vicino a un Suonati sorridente ma imbarazzato e ancora all’oscuro di ciò che volesse da lui la Televisione. Durò poco. «Grazie Massimo, buongiornoatuttiamicitelespettatori, oggi ci troviamo nella casa di questo arzillo pensionato per raccontarvi la sua triste vicenda. Allora, signor Suonati, quando sono iniziate le sue… posso chiamarle crisi?» «Ehm… come… cioè…. quali crisi? Di che crisi parla?» «Beh, insomma, mi riferisco al suo problema: sappiamo che quando le viene posta una certa domanda lei… perde i sensi, ecco… e poi non ricorda più niente». «Ma no, guardi, ci deve essere un errore, forse uno scambio di persona». «Su, non sia timido davanti alle telecamere! Non vorrà farmi credere che se io le chiedo: "Cosa desidera?" lei non…» Troppo tardi. «Io… io desidero… voglio… io… io… io voglio dimenticare!» (forse un po' più plateale del solito, ma insomma, c’era la TV!) «Oddio, cos’ho fatto, mi spiace… Presto, correte, quest'uomo si sente male! Signor Suonati, signor Suonati… oddio, mi scuso col pubblico a casa, ma non era assolutamente mia intenzione… Portate un bicchiere d'acqua, presto!» «Eh? Eh? Cosa? Come? Eh? Ah!» (più rantoli e pianto) E pum!, stramazzato sul divano privo di sensi, collegamento interrotto a regola d’arte e parola al conduttore da studio che passa la palla al solito psicologo per la predica su come il mondo di oggi, degrado, crollo dei valori, crisi, bla bla bla. Intanto il giornalista stava già scendendo le scale diretto verso la sua macchina, mentre il resto della troupe smontava il set in fretta e furia. Solo la truccatrice rimase vicino al signor Suonati, incurante di tutti quei «Marisa, guarda che noi ce ne andiamo», e prima di andarsene si assicurò che avesse riacquistato i sensi e si sentisse bene.
IV - Un pomeriggio d’estate
Il signor Suonati guarì in un sereno pomeriggio d’estate. Gli era venuta voglia di andare alla villa comunale per vedere il tramonto, come faceva con sua moglie tanti anni prima. Si mise quindi il vestito buono della domenica, uscì dal suo palazzo, superò col solito timore il famoso angolo e dopo circa un’ora arrivò al parco. Il sole iniziava a toccare l’orizzonte, e le mamme urlavano ai loro pargoli di smettere di giocare e raggiungerle, ché era ora di andare a casa. Al signor Suonati piaceva molto quello spettacolo tipicamente estivo, amava la pigrizia di quei giorni interminabili e un po' malinconici. Ma soprattutto amava i bambini. A lui non era mai toccata la fortuna di averne uno, ma gli piaceva parlottare e magari mettersi a giocare un po' con quegli ometti. Quel giorno vide un bimbo intento a ficcare le mani nella terra, assorto in chissà quale fantasia e incurante degli strilli della madre che da cinque minuti minacciava a squarciagola di venire lì e prenderlo di peso. Gli si avvicinò per dirgli di affrettarsi e gli pose con delicatezza una mano sulla spalla, spalancando il suo sorriso. Il bambino però si voltò contrariato verso di lui, e con una punta di innocente cattiveria, accompagnando le sue parole biascicate con un gesto della mano, gli disse: «Ma che vuoi, signore?» Iniziò la crisi, con rantoli e pianto, mentre alcune mamme si affrettavano a raggiungerlo per prestargli soccorso. «Io voglio… voglio… io voglio dimenticare». E il giovinetto, colpito ma non spaventato da quel signore che urlava, ma urlava, se così si può dire, con una certa serenità, gli chiese una cosa semplicissima, così semplice che non era mai venuta in mente a nessuno: «Ma perché vuoi dimenticare, signore?» «P… perc… perché…» E a questo punto nella mente del poveretto iniziò una vera e propria tempesta di emozioni: da una parte chiedeva a se stesso perché volesse dimenticare, dall'altra per rispondersi doveva argomentare anche il cosa volesse dimenticare, cosa che ovviamente lo faceva sprofondare nella crisi. Iniziò così una lunga serie di cortocircuiti cerebrali che fece più o meno così: «Perché vuoi dimenticare?» «Eh?» «Gli hai detto che vuoi dimenticare, e il piccoletto ti ha chiesto perché!» «Eh? Eh?» «Va bene, calmo, una cosa alla volta, senza farci prendere dal panico: che cosa vuoi?» «Aaah!» «Eh?» «Lo dico io eh!» «E perché lo devi dire tu?» «Non lo so, lo vuoi dire te?» «Si, lo voglio dire io. E te che vuoi?» «Io.. io... voglio dimenticare!» «Eh? E perché vuoi dimenticare?» «P... perchè... Aaah!» «Aaah!» Il signor Suonati non fece in tempo a rispondere al bambino. Rantoli. Pianto. Pum. Si accasciò a terra, perse i sensi e non li riacquistò mai più. E finalmente dimenticò.
Edited by Ryan79 - 15/5/2011, 11:57
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