Solange

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  1. alaine
     
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    Tutte le cose che richiedono un certo rigore, seguono un preciso rituale.
    Solange ignorò il ronzio del computer acceso, quello strumento rozzo e ansioso non faceva al suo caso: sarebbe stato come farsi una sveltina proprio la sera della sua tanto agognata prima volta.
    Sfilò invece con gesti misurati il blocco di appunti e la matita dal cassetto di metallo della scrivania e li portò nella sala comune.
    Si sedette composta e iniziò a fare la punta alla matita, lentamente, immergendo lo sguardo nel profondo pozzo bianco del foglio davanti a sé.
    Le parole iniziarono a piovere dalla sua mente macchiando il foglio come gocce oleose; spandendosi, esse svolsero le frasi che da li a poco lei avrebbe composto con calma, lasciandosi il tempo di pensare a contenuti e sintassi. La matita pretende il suo tempo.
    Prima di iniziare a grattare la carta, pulì attentamente le lenti degli occhiali da vista e li inforcò, espirando profondamente.
    Nella sala comune c’era puzza di gin e altri effluvi umani, ma cercò di confonderla accendendo sul tavolo un piccolo cero profumato, proprio di fianco al blocco: decise che avrebbe continuato a scrivere finché il cero non si fosse consumato.
    Poggiò la punta della la matita sulla carta e iniziò dal suo nome: sono Solange e sono la freak dei freaks.
    Aveva tanto da dire Solange, una vita intera da rigurgitare nel tempo di una candela, tempo scandito dal rigore della matita che reggeva con la sinistra: la mano del diavolo, come l’hanno sempre apostrofata in famiglia, l’unica buona per stringere una matita o qualsiasi altro manufatto.
    C’era tanta cattiveria nella sua famiglia, un circolo esclusivo di deformità nascosto in un vicolo umido del centro, dove era stata abbandonata subito dopo la nascita: la più umiliata, vessata e abusata, la serva di tutti, la cameriera degli obesi, la sguattera dei deformi, il pagliaccetto delle signore imbellettate e la puttana dei loro mariti paganti, la freak dei freaks.
    C’era cattiveria in quel circolo, descritta con minuzia di particolari dalla sua calligrafia sghemba, ma ora non c’è più: lavata via con un preciso rituale dalla mano del diavolo, l’unica in grado di stringere la lama che li ha mandati tutti all’inferno nei loro letti, partendo dal suo compagno di stanza fino al padrone del circolo, come ogni sera addormentato nella sala comune col bicchiere di gin ancora in mano.
     
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  2. alaine
     
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    Please, nell'ultimo paragrafo leggete "circo" e non "circolo".
    "circolo" va bene nel paragrafo precedente, dove ha un senso.
    Purtroppo me ne sono accorto dopo l'orario consentito.
     
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  3. MichelaZ
     
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    Dal punto di vista formale va più che bene, correttezza linguistica senza niente da dire.
    Anche come storia di base non è male: fra i tanti freak la più bistrattata un giorno si arrabbia e cerca riscatto uccidendo tutti.
    Il tono freddo e distante rende l’idea di quel che potrebbe aver provato Solange in quei momenti, quando la rabbia si era fatta tale da non far sentire più nessun altro pensiero se non portare a termine il compito di uccidere tutti; quindi la mancanza di coinvolgimento emotivo in questo caso è un pregio, non un difetto.
    Però non sono troppo convinta della scrittura: capisco il desiderio di rappresentare distanza e freddezza, ma soprattutto nella prima parte, il racconto indugia troppo nei dettagli della carta, della matita, degli occhiali...
    Inoltre lo stile mi sembra fin troppo ricercato per la situazione e il personaggio.
    Per finire, Solange pensa alla propria “agognata prima volta”, ma poi mi dici che era stata abbandonata appena nata lì, e oltre a tutto il resto si prostituiva anche...
     
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  4. alaine
     
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    Ciao Michela
    grazie di aver letto e commentato
    riguardo le tue osservazioni finali, quella lentezza e precisione nei dettagli sottolinea la "ritualità" che cito nell'incipit e la calma che coglie Solange dopo la mattanza (classica quiete dopo la tempesta) :)
    la "agognata prima volta" è appunto "agognata", perché lei il sesso lo conosce ma soprattutto quello violento, coercitivo: poi chissà, c'è tanto che non viene detto di questa Solange, un suo qualche amore circense ci può sempre essere stato, magari non corrisposto ma "agognato"... ;)
    grazie ancora!! ciao
     
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    Martin Sileno

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    Bello il soggetto dell'emarginato tra gli emarginati, il freak tra i freak, che si vendica facendo una carneficina. A mio avviso la narrazione è poco fluida, macchinosa e a tratti confusa, il che rende poco coinvolgente e convincente il racconto; secondo me dipende dai periodi troppo lunghi che utilizzi. Non ho avuto l'idea che l'ambientazione della scena fosse quella di in un circo di freak, a dire il vero nemmeno di in un circo di quelli normali. Buona la caratterizzazione del personaggio, del peso della sua deformità e delle motivazioni che introducono il movente dell'omicidio.
     
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  6. alaine
     
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    Grazie Gdn del tuo commento.
    La scena in effetti non si svolge in un tendone ma nei locali privati dove vivono i "freaks" al di fuori dello spettacolo, perciò non hai l'idea del circo in senso classico.
    Visti i limiti di lunghezza e di tempo, ho fatto delle scelte privilegiando la cura del personaggio, che è il cuore (e il senso) del racconto.
    Ciao :)
     
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    Amante Galattico

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    Ciao
    Buono il soggetto, nel senso che anche se semplice è ben delineato nel monologo/ricordo della protagonista narrante. Sono però perplesso a livello di struttura, nel senso che impieghi ben metà del racconto a introdurre la situazione, un po' troppo. Anche perché hai in pratica sacrificato l'ambientazione, che è solo riportata nelle parole della narrante e resa troppo anonima.
    C'è poi il problema di come riesca a eliminate tutti in maniera così semplice, forse una soluzione troppo comoda e sbrigativa.
    Il ritmo è lento, non è un problema, però considerato il soggetto riferito fa perdere un poco di tensione al tutto.
     
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  8. alaine
     
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    Ciao Oltrebla,
    grazie anche a te per le osservazioni.
    Ho incentrato il racconto sul dramma personale e credo che se non avessi speso tutti quei dettagli all'inizio, il lettore non sarebbe entrato in empatia col personaggio e sarebbe rimasta una figura molto anonima.
    Sul fatto che si possa silenziosamente tagliare la gola a tanta gente (parlo genericamente di "lama", ciascuno poi interpreti come preferisce. E quanta gente? 5? 50? non lo dico) mentre dorme, non penso sia difficile "operativamente": lo è magari "emotivamente" ma a quel punto il pesante conflitto del personaggio è già stato spiegato e non penso sia una soluzione di comodo.
    E' solo il mio punto di vista da autore, per quel che conta. ;)
    Grazie del confronto!! Ciao
     
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  9. Selene B.
     
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    E' scritto discretamente. Mi è sembrato però che tu faccia durare troppo la parte introduttiva (sono in tutto solo 2500 battute!), prima di far capire di cosa stai parlando, e poi riveli tutto in poche righe. Diciamo che, secondo me, un crescendo di piccole rivelazioni sarebbe stato meglio.
     
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  10. alaine
     
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    @ Selene: si, è così, pensavo a un "effetto cascata" improvviso nel mezzo di un placido torrente... ;)
    E' la calma del rituale introduttivo che crea il maggior contrasto con la mattanza finale.
    Grazie del tuo intervento! Ciao
    PS a che pagina ti trovo nei "365 cattivi"?
     
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  11. Selene B.
     
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    Alaine: la pagina non me la ricordo, ma il racconto si intitola "Una domenica d'estate". E tu a che pagina sei? (forte quell'antologia!)
     
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  12. alaine
     
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    Idem per me, non ricordo la pagina, però siamo in ordine alfabetico per nome quindi mi trovi facilmente (Matteo, non alaine). ;)
    Ho pubblicato "Propagazione subliminale di essenze creative" (anzi, per chi avesse piacere di "ascoltare" il racconto dalla voce di un attore, può vedere il filmato: dura 2-3 minuti soltanto): http://lagunaweb.splinder.com/post/24239271/letture-cattive
    Magari diciamolo che è un'antologia per beneficienza... :)
     
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  13. Frank Colton
     
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    A mio avviso hai avuto un'ottima idea, ma purtroppo non condivido come tu abbia gestito gli spazi per sviscerare la storia, nel senso che la scena impiega troppo tempo a prendere forma e a delineare gli accadimenti. Ti ammiro invece tanto per l'immediatezza del tuo stile: sei diretto e molto accattivante, ho letto delle righe parecchio fluide considerando anche i margini di tempo disponibili per costruire la storia.
     
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  14. alaine
     
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    @ Frank: ti ringrazio davvero molto per le tue osservazioni!
    Anche tu come altri hai posto l'accento sulla gestione della prima parte del racconto, evidentemente si sta rivelando un punto debole.
    Era mia intenzione porre l'accento sulla ritualità con la quale Solange inizia ad elaborare quello che ha fatto e la ritualità richiede tempo.
    Questa lentezza, nelle mie intenzioni, dovrebbe rafforzare di molto la violenza (volutamente non esplicitata) della parte finale, che a quel punto dovrebbe colpire con immediatezza. Trovo che le implicazioni della violenza subita negli anni da Solange non necessiti di troppo spazio, ho preferito far posto alla sua sensibilità e al conflitto interiore.
    Grazie del tuo commento, come gli altri sarà fonte di riflessione.
     
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  15. Frank Colton
     
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    Beh Alain, sicuramente, se avessi avuto maggiore spazio per centrare bene i tempi narrativi (intesi non come verbali ma come il giusto peso alle fasi della storia) sicuramente il tuo racconto sarebbe stato nettamente più bello, almeno per me. Per questo ti esorto a non desistere, ma continua.
     
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24 replies since 27/6/2011, 21:47   290 views
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