Posts written by TETRACTYS

  1. .
    Ho appena pubblicato una nuova versione del racconto. Ho cercato di fare tesoro di tutte le critiche emerse nei primi quattro giorni, che hanno fruttato ben sei voti 2 e anche un 1. Adesso spero che i prossimi voti non siano tutti 1 ;)

    Le modifiche riguardano la sistemazione di varie incongruenze, ma soprattutto l'anticipazione del colloquio finale (che avviene tra uomini e non più tra bestie). Ora mi pare che il senso sia più chiaro.
    Comunque la morale è sempre quella: fai merenda con girella ;)
    Ma soprattutto è ancora vero che: io rinascerò... cervo a primavera :D
  2. .
    CITAZIONE (MichelaZ @ 4/5/2011, 17:41) 
    Ehm a me sì, su OpenOffice versione 3.2.1 se faccio Ctrl+z annulla l'ultimo intervento automatico (o auto-magico :) ).

    È quello che dicevo io. Annulla l'ultimo intervento, ma non disattiva i successivi.

    CITAZIONE (MichelaZ @ 4/5/2011, 17:41) 
    Per disattivare in OOo questa opzione si va su Strumenti - Opzioni di correzione automatica, da lì nella scheda Opzioni si toglie la spunta da "Applica la numerazione - simbolo"

    Grazie!
  3. .
    CITAZIONE (by-tor @ 3/5/2011, 23:31) 
    Hai provato con Annulla?
    Non so su Oo, ma su Word è l'alternativa al fulmine ed è utile anche contro il correttore automatico, quando ti cambia le parole giuste.
    In pratica quando annulli non elimini la tua digitazione, ma l'intervento automagico successivo.

    Ho provato ora: su Oo non funziona (o meglio, annulla l'ultimo intervento, ma non l'intervento automatico).
  4. .
    CITAZIONE (Gargaros @ 3/5/2011, 12:05) 
    CITAZIONE (TETRACTYS @ 3/5/2011, 11:15) 
    Allora continuate pure... sono sempre cose belle da vedere ;)

    Sei grande image

    Sì, va bene per l'imburrata, però il titolo di questo racconto non è "Il vecchio gay" ;)
  5. .
    CITAZIONE (Piscu @ 3/5/2011, 12:27) 
    ad avermi completamente "smontato" il racconto è stato il dialogo finale tra cervo e lupo. fa troppo esopo, mi aspettavo qualcosa di realistico come lo era stato fino a quel momento, invece di una fiaba. avresti potuto lasciare gli stessi concetti nei "pensieri" degli animali, senza farli conversare.

    Non male l'idea dei pensieri come sostituzione del dialogo. La preferisco all'eliminazione totale della morale conclusiva.

    CITAZIONE (Piscu @ 3/5/2011, 12:27) 
    e poi, scusa, ma chiamarlo "io rinascerò", e poi metterci un cervo fa pensare a cocciante, e la cosa non è che aiuti a mantenere il pathos... :nono:

    Touché! :asd:

    Grazie per il commento!
  6. .
    CITAZIONE (Gargaros @ 3/5/2011, 09:16) 
    E' vero Tetra, me n'ero scordato. Adesso vengono i mod e c'imburrano il culo per una bella sgroppata :zizi:

    Allora continuate pure... sono sempre cose belle da vedere ;)
  7. .
    CITAZIONE (CMT @ 3/5/2011, 09:34) 
    n realtà il problema è che
    SPOILER (click to view)
    le due storie appaiono parallele, quindi non si riesce ad associare il soldato al cervo perché pare siano vivi nel medesimo istante. Per di più la presenza di un cervo nella scena dei cinesi proprio non aiuta.
    In più è vero che il soldato chiaramente è anche un cacciatore, ma quando il cervo menziona il cacciatore non viene subito in mente il soldato.

    Mi hai chiarito il punto di vista del lettore: in effetti si può confondere, visto come è organizzato il racconto.
    Forse potrei eliminare l'altro cervo e fare un riferimento esplicito ai "peccati" che il cacciatore deve scontare. Magari si riuscirebbe a chiudere cerchio senza ricorrere alla morale zen esplicitata nel dialogo finale.
    Proverò a salvare il salvabile ;)
  8. .
    CITAZIONE (Gargaros @ 3/5/2011, 03:06) 
    Ma guarda che "discreto" non è un insulto. E' una scrittura pratica, chiara. Ma non buona, perché non si solleva dalla banalità. Fa quello che deve fare, con mestiere. Nulla più.

    Ti ringrazio per quel "con mestiere", perché quando ho iniziato a settembre, nonostante la voglia di provare a raccontare, temevo di non saper scrivere in un italiano passabile. Con più pratica, prima o poi, spero di fare qualche passo in più, ma sono troppo vecchio ormai per "volare alto" ;)

    CITAZIONE (Gargaros @ 3/5/2011, 03:06) 
    CITAZIONE (TETRACTYS @ 3/5/2011, 01:13) 
    Comincio a non capirlo più nemmeno io :cry:

    Ma è semplice:
    SPOILER (click to view)
    Cervo e lupo--->soldato e monaco

    Sono l'unico ad aver capito la storia? :asd:

    L'idea era più o meno questa. In realtà doveva essere:
    SPOILER (click to view)
    Cervo--->soldato
    e non necessariamente
    Lupo---->monaco

    Non volevo definire la questione per non essere troppo didascalico, ma, a quanto pare, la realizzazione ha lasciato molto a desiderare :muro:
  9. .
    CITAZIONE (Gargaros @ 3/5/2011, 06:41) 
    Mammamia, CMT, ma sei sempre così scolastico?

    Ehi! Vi devo ricordare io che un commentatore non deve commentare il commento di un altro commentatore? :corpa:
    (Così almeno mi hanno detto qualche mese fa: se non è vero fate pure :boh: )

    N.B. La ripetizione è voluta ;)
  10. .
    Caspita! I commenti fioccano: è il vantaggio di aver scritto un "corto". Con l'Ulisse da 40K ho dovuto aspettare tre settimane per avere i commenti che ora ho collezionato in un giorno ;)

    Ma bando alle ciance e sotto con le risposte.




    CITAZIONE (Gargaros @ 2/5/2011, 12:35) 
    Scrittura discreta, a parte qualche descrizione d’ambiente improvvisata, ma idea povera. Sa troppo di già visto e rivisto parecchie volte, mentre la morale si risolve al solito “oggi a me, domani a te”.

    Qualche appunto...

    Grazie per gli appunti. Al più presto sistemo le incongruenze. L'idea invece sarà difficile che riesca ad arricchirla, ma chissà.





    CITAZIONE (CMT @ 2/5/2011, 12:54) 
    Questo racconto l'avevi usato per la Royal Rumble giusto?
    Mi sfugge però la doppia storia: esattamente a cosa serve tutta la parte dei cinesi? Così com'è sembra fine a sé stessa e la si può tranquillamente eliminare senza che cambi niente, anzi il racconto diventerebbe più focalizzato e non avrebbe che da guadagnarci.

    Sì, come hai dedotto dalla presenza del cervo, il racconto arriva dalla RR... e quasi quasi i cinesi li elimino davvero.

    Grazie per le solite copiose e puntuali correzioni che sfrutterò al più presto.

    CITAZIONE (CMT @ 2/5/2011, 12:54) 
    Uhm... se sta strappando adesso l'erba dal suolo allora non sta ruminando, quello lo farà dopo semmai.

    Oops! Il fatto è che non rumino spesso e questo "piccolo" particolare mi è sfuggito ;)

    CITAZIONE (CMT @ 2/5/2011, 12:54) 
    CITAZIONE (TETRACTYS @ 1/5/2011, 00:39) 
    «Ho ricordato che nella vita precedente anch’io sono stato un cacciatore e tornerò ad esserlo nella successiva».

    "d" eufonica da togliere

    Su "ad esempio" e simili tendo a tenerla, ma per farti contento in questo racconto la toglierò :sunglass:






    CITAZIONE (Magister Ludus @ 2/5/2011, 13:00) 
    La storia è scritta bene e sembra stare in piedi. Tuttavia non si capisce molto il collegamento fra la parte del tibetano e quella del cervo. L'unico legame è il concetto di reincarnazione, ma per avere senso la storia avrebbe dovuto essere più lunga ed elaborata.

    Comincio a non capirlo più nemmeno io :cry:

    CITAZIONE (Magister Ludus @ 2/5/2011, 13:00) 
    Ti segnalo...

    Grazie per le segnalazioni!




    CITAZIONE (rehel @ 2/5/2011, 16:06) 
    Mi è venuto un dubbio, più che un dubbio, forse una battuta... non è che centri la vecchia canzone:
    E io rinascerò, cervo a primavera... :azz:

    Come pensi che mi sia venuto in mente questo racconto? ;)
    Nella RR ci doveva essere un cervo, beh Cocciante viene subito in mente. Volevo mettere come sottotiolo proprio "cervo a primavera", tra parentesi ovviamente, ma sarebbe stato troppo ;)

    Grazie per il commento.




    CITAZIONE (MichelaZ @ 2/5/2011, 17:10) 
    Il racconto è ben scritto: niente da dire su punteggiatura, linguaggio, sintassi.
    Lo stile è pulito, chiaro e scorrevole: non dà adito a errori o dubbi.
    Rimane la domanda, comunque non rilevante, se quello nel cervo sia lo spirito del monaco tibetano incontrato all’inizio della storia o se sia semplicemente un’altra manifestazione della verità, relativamente al racconto, in cui credeva.

    È una pecca che mi hanno fatto notare tutti. Nonostante la revisione dopo la RR non sono ancora riuscito a sistemarla.

    CITAZIONE (MichelaZ @ 2/5/2011, 17:10) 
    Si ha un po’ una caduta verso la fine, col dialogo fra gli animali...

    Nella RR qualcuno l'aveva apprezzato, ma è una questione di gusti. Il gusto preponderante è che stoni ;)

    Grazie anche a te per il commento e l'attenta lettura.




    CITAZIONE (Dieguito_85 @ 2/5/2011, 20:01) 
    Per me la scrittura non è per niente discreta. Anzi, direi più che buona. La tecnica descrittiva, l'uso sintattico e la scelta lessicale (a parte qualche ovvietà, che ho imparato a mie spese, come "dolore lancinante") sono veramente buone, secondo me.

    Grazie! Sono contento che la scrittura sia accettabile. Diciamo che in questi primi mesi di froum è stato il mio obbiettivo primario. Per quanto riguarda le storie, invece, sperimento pochi alti e molti bassi. Questo, a quanto pare, è un basso ;)

    Grazie anche per il commento sulla trama.
  11. .
    Ma proprio tanti! ;)
  12. .
    È un vero peccato giudicare questo racconto senza riconoscere la citazione da "Gli uomini vuoti" di T.S. Eliot.
    In effetti, a una prima lettura, neppure io avevo compreso il senso del racconto, ma dopo aver letto la poesia ho incominciato a intravedere una pallida luce in fondo al tunnel. Quindi mi riservo di votare dopo aver lasciato decantare questo intreccio di citazioni biografico-letterarie.
  13. .
     
    Il racconto che segue è stato pubblicato il 5 maggio
    sulla base dei primi sette utilissimi commenti.
    Spero di aver interpretato in modo corretto
    i suggerimenti. Grazie ancora a tutti!
    Il racconto originale è in fondo.


     

    Zen, 9004 caratteri, versione 3.0


    IO RINASCERÒ
    di
    Leonardo Boselli




         Arrancava, un passo dopo l’altro, tra gli scheletri degli alberi, tormentato dal vento che soffiava a raffiche e sollevava gelidi mulinelli di neve. I lupi che lo inseguivano da ore non si preoccupavano più di rimanere sottovento; il loro odore si intensificava: lo poteva percepire con chiarezza, acre e selvatico, nell’aria resa pura dal freddo.
         Aveva perso molto sangue. I movimenti si erano fatti lenti e ogni passo che affondava nella neve gli provocava forti dolori.
         Si guardò intorno. Mentre scrutava fra cespugli spogli e tronchi in letargo, all’improvviso si delinearono, nella penombra del crepuscolo, le sagome di un branco di lupi che ansimavano fiutando le tracce. Nella semioscurità, i loro occhi fiammeggiavano famelici.
         Spaventato, spiccò un salto, ma fu subito artigliato dalla morsa gelata della neve fresca. Dopo alcuni tentativi, disperò di riuscire a liberarsi.


         Il fuoristrada s’inerpicava con rapidità lungo la strada di montagna. Il sergente Wang, un veterano di grande esperienza, si divertiva a scalare le marce e ad affrontare con decisione ogni tornante di quell’interminabile salita, mentre il tenente Xian, un giovane ufficiale di prima nomina, sentiva crescere dentro di sé un forte senso di nausea.
         «Ci vuole ancora molto?» chiese preoccupato.
         «No, signor tenente, ormai siamo arrivati».
         I boschi della regione erano piuttosto fitti, ma a tratti si aprivano ampie radure illuminate dal sole. Era il luogo ideale per nascondersi e il fuggitivo che stavano inseguendo lo sapeva bene.
         Dopo un’ultima serie di curve, il sergente arrestò il veicolo lungo il ciglio della strada, accanto a un cartello che indicava la distanza dal confine di stato, e disse: «Ecco, l’elicottero lo ha perso in questo punto».
         Il tenente ne approfittò per scendere e si ritrovò a un passo dal precipizio. Il senso di vertigine che provò nel vedere la parete a picco sotto di sé gli prese lo stomaco; con un paio di conati, si liberò della colazione del mattino.
         «È una vista che toglie il fiato, non è vero?» commentò divertito il sergente, poi estrasse il suo fucile di precisione dal bagagliaio e se lo mise a tracolla.
         Il tenente respirò ampie boccate d’aria pura. Dopo aver rifiatato, prese a sua volta un fucile e seguì il sottufficiale che si era inoltrato nella boscaglia.
         «Qui ci sono molte tracce fresche», disse il sergente.
         Alcuni rami spezzati segnalavano il passaggio di un uomo, o forse di un animale di grossa taglia, mentre la linfa stillante indicava che la rottura era avvenuta da poco.
         In quel momento un elicottero sorvolò i due militari: stava pattugliando il bosco tra la strada e la linea di confine alla ricerca del fuggitivo.
         «Muoviamoci!» ordinò il tenente. «Non deve avere molto vantaggio».
         I due soldati seguirono le impronte e, spostandosi di corsa attraverso il fitto sottobosco, raggiunsero una radura. La traccia nell’erba era fin troppo evidente, ma puntava in una direzione sbagliata: non era quella la via più breve per il confine.
         Il sergente Wang imbracciò il fucile e, attraverso il mirino telescopico, si mise a osservare con attenzione gli alberi in lontananza, mentre l’ufficiale muoveva qualche passo nell’erba alta della radura.
         A un tratto il tenente Xian sentì un rumore di vetri infranti sotto l’anfibio destro, si piegò e raccolse un paio d’occhiali rotti. Mentre li provava, disse con soddisfazione: «Non ha scampo. Ora è come cieco!»
         Iniziarono a correre seguendo l’erba calpestata e si addentrarono nuovamente nel bosco. Persero le tracce quando giunsero al letto d’un torrente, quindi salirono su uno sperone roccioso da cui si poteva dominare la rada boscaglia. Il tenente si mise a osservare la zona con il binocolo.
         «Vede qualcosa, signore?»
         «Nulla. È come pescare un ago nel mare».
         Poi si fermò e disse: «C’è un grosso cervo che pascola lungo il crinale».
         Il sergente puntò il fucile e guardò l’animale attraverso il mirino. Era un magnifico esemplare che pascolava tranquillo. I passaggi ripetuti dell’elicottero non sembravano averlo troppo infastidito. Abbassava la testa per strappare con la lingua lunghi ciuffi d’erba e ogni volta la rialzava mostrando fiero un elaborato palco di corna ramificate.
         «È davvero una bella bestia. Purtroppo non siamo qui per cacciare, non cervi comunque».
         Mentre il tenente pronunciava quelle parole, l’animale voltò di scatto la testa e smise di masticare, come se avesse avvertito un rumore sospetto, e fissò allarmato un cespuglio che gli era poco distante.
         Il sergente cercò in quella direzione e inquadrò un punto tra le frasche dove si notava un lembo di stoffa arancione.
         «L’ho trovato!» disse, e aggiunse ironico: «È come se avesse un bersaglio tatuato sul petto».
         «Bene! Gli ordini sono chiari: dobbiamo catturarlo vivo o morto».
         «Allora non è il caso di correre rischi», concluse il sergente, mentre regolava l’alzo della sua arma.
         Prese la mira con calma e sparò. Il colpo risuonò per tutta la valle e spaventò il cervo che si addentrò a testa bassa nella boscaglia.
         Quando raggiunsero il fuggitivo, lo trovarono ancora vivo, seduto a gambe incrociate e appoggiato con la schiena a un albero. Indossava il suo abito arancione da monaco, che portava anche in quell’estrema occasione con l’autorevolezza propria di un lama tibetano.
         Il tiro non era stato preciso: il proiettile aveva colpito il petto dell’uomo, però non aveva centrato il cuore, e il sangue usciva copioso dalla ferita macchiando di rosso la veste arancione.
         Il monaco, che aveva il capo reclinato e respirava a fatica, era ancora cosciente, quindi il tenente Xian gli sollevò la testa e rimase stupito nel vedere un volto che appariva sereno.
         Quindi il sergente Wang, contrariato per il centro mancato, chiese al moribondo: «Non hai paura di morire?»
         Sostenuto dalle forze residue, l’uomo rispose che non temeva più la morte e il sottufficiale, incuriosito, gliene domandò il motivo.
         «Ho ricordato che nella vita precedente anch’io sono stato un cacciatore e tornerò a esserlo nella successiva».
         Dopo aver risposto, un’altra illuminazione attraversò il monaco con un fremito, tanto che, con qualche difficoltà, tra colpi di tosse, si mise a ridere.
         «E ora che ti prende?» chiese il sergente indispettito.
         «Ho scoperto che nella prossima vita tu sarai un cervo» rispose e, mentre il sorriso gli si spegneva sul volto, esalò l’ultimo respiro.
         «Un fanatico in meno», disse il tenente Xian, mentre sistemava gli occhiali rotti sul naso del monaco. Poi aggiunse divertito: «Secondo il suo credo, non tarderà a reincarnarsi».
         «Ma noi saremo ancora qui ad aspettarlo» fu l’ironico commento del sergente, per nulla impressionato dalle rivelazioni del monaco.

         La morsa del gelo, più affilata di una tagliola, gli aveva afferrato le zampe. Urlò la sua impotenza e il bramito giunse lontano. Ne sentì rimbombare l’eco tra le rocce e gli alberi addormentati.
         A quel verso i lupi si eccitarono, affondarono il muso nella neve macchiata di sangue, mostrarono le zanne e ringhiarono arruffando il folto pelo della groppa. La loro frenesia raggiunse il parossismo e si avventarono sulle sue zampe posteriori.
         Il cervo, scalciando, sollevò nuvole di neve e li respinse, poi compì un ultimo faticoso salto, ruotò la testa e colpì con i suoi poderosi palchi i predatori più imprudenti, che per inesperienza si erano esposti troppo. Un paio di loro si ritirarono: guaivano leccandosi le ferite. Ma fu una vittoria di breve durata, perché presto tornarono all’attacco.
         Il capobranco, un enorme lupo dal manto grigio, scatenò i gregari più feroci. Dopo una serie di assalti ripetuti, il cervo fu azzannato al collo e, immobilizzato, si rovesciò nella neve. Le sue zampe scalciavano disperatamente, ma a vuoto.
         I canini serrati sulla trachea lo soffocavano; avrebbe voluto reagire ma gli mancavano le forze. Si stava arrendendo, e mentre la vita lo lasciava, si ricordava di ogni momento trascorso.
         Ciò che gli tornava alla mente era sorprendente: dai tristi inverni alla faticosa ricerca del cibo nascosto dalla neve, ai concitati duelli nei prati primaverili per la conquista delle femmine, fino al giorno in cui aveva mosso i primi passi tra le zampe della madre; per poi scoprire memorie cancellate dai decenni e dai secoli, altre reincarnazioni, remoti desideri da reprimere, vecchi peccati da scontare, e tutti gli uomini che aveva braccato e ucciso nella vita precedente.
         Mentre assisteva alle epoche trascorse, l’esistenza acquistava un nuovo significato e l’estenuante lotta per la sopravvivenza diventava priva di senso. Alla fine decise di arrendersi.
         Il capobranco, che vittorioso si era avvicinato al suo muso e aveva scoperto le zanne in quello che poteva sembrare un ghigno di scherno, rimase stupito dalla serenità del cervo e se ne chiese il motivo, ma fu una curiosità di breve durata. Dopo aver annusato l’odore invitante della sua preda, lasciò che i compagni la sbranassero.
         Mentre quel corpo veniva dilaniato, lo spirito l’abbandonò e si mise a cercare un’altra forma da animare per completare il cammino della sua esistenza.


    F  I  N  E



    Vecchia versione (2.0)
    SPOILER (click to view)
     

    Zen, 8727 caratteri, versione 2.0


    IO RINASCERÒ
    di
    Leonardo Boselli




         Arrancava un passo dopo l’altro tra gli scheletri degli alberi, flagellato dal vento che soffiava a raffiche e sollevava gelidi mulinelli di neve. I lupi che lo inseguivano da ore non si preoccupavano più di rimanere sottovento; il loro odore si intensificava: lo poteva percepire con chiarezza, acre e selvatico, nell’aria resa pura dal freddo.
         Aveva perso molto sangue. I movimenti si erano fatti lenti e ogni passo che affondava nella neve gli provocava dolori lancinanti.
         Si guardò intorno. Scrutò tra i rami e i cespugli spogli, avvolti dalla nebbia che aleggiava sulla neve, e all’improvviso, nella penombra del crepuscolo, tra i tronchi in letargo, si delinearono le sagome di un branco di lupi famelici che ansimavano fiutando le tracce. I loro occhi fiammeggiavano nell’oscurità.
         Il suo ultimo passo fu artigliato nella morsa gelata della neve fresca e disperò di riuscire a liberarsi ancora una volta.


         Il fuoristrada s’inerpicava con rapidità lungo la strada di montagna. Il sergente Wang, un veterano di grande esperienza, si divertiva a scalare le marce e ad affrontare con decisione ogni tornante di quell’interminabile salita, mentre il tenente Xian, un ufficiale di prima nomina, sentiva crescere dentro di sé un forte senso di nausea.
         Chiese preoccupato: «Ci vuole ancora molto?»
         «No, signor tenente, ormai siamo arrivati».
         I boschi della regione erano piuttosto fitti, ma a tratti si aprivano ampie radure illuminate dal sole. Era il luogo ideale per nascondersi e il fuggitivo che stavano inseguendo lo sapeva bene.
         Dopo un’ultima serie di curve, il sergente arrestò il veicolo lungo il ciglio della strada, accanto a un cartello che indicava la distanza dal confine di stato, e disse: «Ecco, l’elicottero lo ha perso in questo punto».
         Il tenente ne approfittò per scendere e si ritrovò a un passo dal precipizio. Il senso di vertigine che provò nel vedere la parete a picco sotto di sé gli prese lo stomaco e, con un paio di conati, si liberò della colazione del mattino.
         «È una vista che toglie il fiato, non è vero?» commentò divertito il sergente, poi estrasse il suo fucile di precisione dal bagagliaio e se lo mise a tracolla.
         Il tenente respirò ampie boccate d’aria fresca. Dopo essersi ripreso, imbracciò a sua volta il fucile e seguì il sottufficiale che si era inoltrato nella boscaglia.
         «Qui ci sono molte tracce fresche», disse il sergente.
         Alcuni rami spezzati segnalavano il passaggio di un uomo, o forse di un animale di grossa taglia, mentre la linfa ancora fresca indicava che la rottura era avvenuta da poco.
         In quell’istante un elicottero sorvolò i due militari: stava pattugliando il bosco tra la strada e la linea di confine alla ricerca del fuggitivo.
         «Muoviamoci!» ordinò il tenente. «Non deve avere molto vantaggio».
         I due soldati seguirono le impronte e, spostandosi di corsa attraverso il fitto sottobosco, raggiunsero una radura. La traccia nell’erba era fin troppo evidente, ma puntava in una direzione sbagliata: non era quella la via più breve per il confine.
         Il tenente Xian imbracciò il fucile e, attraverso il mirino telescopico, si mise a osservare con attenzione gli alberi in lontananza, mentre il sottoposto muoveva qualche passo nell’erba alta della radura.
         A un tratto il sergente Wang sentì un rumore di vetri infranti sotto l’anfibio destro, si piegò e raccolse un paio d’occhiali rotti. Mentre li provava, disse con soddisfazione: «Non ha scampo. Ora è come cieco!»
         Iniziarono a correre seguendo l’erba calpestata e si addentrarono nuovamente nel bosco. Persero le tracce quando giunsero al letto d’un torrente, quindi salirono su uno sperone roccioso da cui si poteva dominare la rada boscaglia. Il tenente si mise a osservare la zona con il binocolo.
         «Vede qualcosa, signore?»
         «Nulla. È come cercare un ago in un pagliaio».
         Poi si fermò e disse: «C’è un grosso cervo che pascola lungo il crinale».
         Il sergente imbracciò il fucile e guardò l’animale attraverso il mirino. Era un magnifico esemplare che ruminava tranquillo. I passaggi ripetuti dell’elicottero non sembravano averlo troppo infastidito. Abbassava la testa per strappare con la lingua lunghi ciuffi d’erba e ogni volta la rialzava mostrando fiero un elaborato palco di corna ramificate.
         «È davvero una bella bestia. Purtroppo non siamo qui per cacciare, non cervi comunque».
         Mentre il tenente pronunciava quelle parole, l’animale voltò di scatto la testa e smise di ruminare, come se avesse avvertito un rumore sospetto, e fissò allarmato un cespuglio che gli era poco distante.
         Il sergente cercò in quella direzione e inquadrò un punto tra le frasche dove si notava un lembo di stoffa arancione.
         «L’ho trovato!» disse, e aggiunse ironico: «È come se avesse un bersaglio tatuato sul petto».
         «Bene! Gli ordini sono chiari: dobbiamo catturarlo vivo o morto».
         «Allora non è il caso di correre rischi», concluse il sergente mentre regolava l’alzo della sua arma.
         Prese la mira con calma e sparò. Il colpo risuonò per tutta la valle e spaventò il cervo che si addentrò a testa bassa nella boscaglia.
         Quando raggiunsero il fuggitivo, ne trovarono il cadavere seduto a gambe incrociate, appoggiato con la schiena a un albero. Indossava il suo abito arancione da monaco, che portava anche in quell’estrema occasione con l’autorevolezza propria di un lama tibetano.
         Il tiro era stato preciso: il proiettile lo aveva centrato nel cuore e l’uomo era morto sul colpo. Il tenente Xian gli sollevò la testa e si sorprese nel vedere un volto che appariva sereno.
         «Un fanatico di meno», disse il sergente Wang, mentre sistemava gli occhiali rotti sul naso del monaco.
         «Beh, secondo il suo credo, non tarderà a reincarnarsi».
         «Ma noi saremo ancora qui ad aspettarlo» fu l’ironico commento.
         Nel frattempo, dopo aver trovato un angolo più tranquillo, il cervo aveva ripreso a brucare l’erba.

         La morsa del gelo, più affilata di una tagliola, gli aveva afferrato le zampe. Urlò la sua impotenza e il bramito giunse lontano. Ne sentì rimbombare l’eco tra le rocce e gli alberi addormentati.
         A quel verso i lupi si eccitarono, affondarono il muso nella neve macchiata di sangue, mostrarono le zanne e ringhiarono arruffando il folto pelo della groppa. La loro frenesia raggiunse il parossismo e si avventarono sulle sue zampe posteriori.
         Il cervo, scalciando, sollevò nuvole di neve e li respinse, poi compì un ultimo faticoso salto, ruotò la testa e colpì con i suoi poderosi palchi i predatori più imprudenti, che per inesperienza si erano esposti troppo. Un paio di loro si ritirarono: guaivano leccandosi le ferite. Ma fu una vittoria di breve durata, perché presto tornarono all’attacco.
         Il capobranco, un enorme lupo dal manto grigio, scatenò i gregari più feroci. Dopo una serie di assalti ripetuti, il cervo fu azzannato al collo e, immobilizzato, si rovesciò nella neve. Le sue zampe scalciavano disperatamente, ma a vuoto.
         I canini serrati sulla trachea lo soffocavano; avrebbe voluto reagire ma le forze lo abbandonavano. Si stava arrendendo e mentre la vita lo lasciava, si ricordava di ogni momento trascorso.
         Ciò che gli tornava alla mente era sorprendente: dai tristi inverni alla faticosa ricerca del cibo nascosto dalla neve, ai concitati duelli nei prati primaverili per la conquista delle femmine, fino al giorno in cui aveva mosso i primi passi tra le zampe della madre; per poi scoprire memorie cancellate dai decenni e dai secoli, altre vite, vecchi peccati da scontare, remoti desideri da reprimere.
         Mentre assisteva alle epoche trascorse, l’esistenza acquistava un nuovo significato e l’estenuante lotta per la sopravvivenza diventava priva di senso. Alla fine decise di arrendersi.
         Il capobranco, che vittorioso si era avvicinato al suo muso e aveva scoperto le zanne in quello che poteva sembrare un ghigno di scherno, stupito dalla serenità del cervo, ordinò ai gregari di allentare la presa e chiese: «Non hai paura di morire?»
         Sostenuto dalle forze residue, gli rispose che non temeva più la morte e il lupo, incuriosito, gliene domandò il motivo.
         «Ho ricordato che nella vita precedente anch’io sono stato un cacciatore e tornerò ad esserlo nella successiva».
         Dopo aver risposto, un’ultima illuminazione lo attraversò con un fremito.
         «E ora che ti prende?»
         «Sono contento, perché ho scoperto che nella prossima vita tu sarai una preda», e avrebbe riso di gusto, se avesse potuto farlo.
         In genere i lupi non si lasciano impressionare da dubbi esistenziali: il capobranco, infatti, sembrò divertito dalla rivelazione e, dopo aver soddisfatto la sua curiosità, lasciò che i compagni sbranassero il cervo.
         Mentre quel corpo veniva dilaniato, lo spirito l’abbandonò e si mise a cercare un’altra forma da animare per completare il cammino della sua esistenza.


    F  I  N  E



    Edited by TETRACTYS - 5/5/2011, 01:06
  14. .
    CITAZIONE (Nozomi @ 28/4/2011, 23:47) 
    Scusate, dimenticavo: un saluto a Overhill (che mi pare non sia stato ammesso a causa della brevità). Un saluto da sorcina a sorcino! :lol: Adoro Renato Zero! :wub:

    Overhill è nell'elenco e quindi devi collocarlo nella tua classifica, infatti non mi pare ci fosse un limite inferiore ai caratteri da utilizzare. Inoltre, se desideri usufruire del bonus, ti conviene allungare alcuni commenti che sono inferiori ai 400 caratteri richiesti (è un peccato aver commentato tutto e perdersi il bonus per poche parole da aggiungere).
  15. .
    CITAZIONE (Settore2814 @ 26/4/2011, 17:06) 
    Personalmente ogni scritto che realizzo finisce SEMPRE nel cestino, virtuale o meno...
    Semplicemente, quando inizio a scrivere qualcosa dopo un pò mi fa schifo e diviene mertievole dell'eliminazione.
    Qualcun'altro ha/aveva un problema simile? E se sì, come lo avete risolto?

    Capita anche a me la stessa cosa!
    Come l'ho risolto?
    Invece di buttare il racconto nel cestino... lo pubblico su questo forum :D
724 replies since 4/8/2010
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