Las aventuras de Martin Torcetripas - Roba da ricchi
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Las aventuras de Martin Torcetripas - Roba da ricchi

picaresco

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  1. bravecharlie
     
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    ciao VDB

    SPOILER (click to view)
    e grazie innanzitutto per aver letto commentato pur non essendo in gara. apprezzo alla massima potenza ciò che hai scritto, oramai un po' "ti conosco" e la tua schiettezza è preziosa, io non partecipo mai a USAM per avere elogi indiscriminati e a prescindere ma sempre per avere confronti. simile a quello che tu hai aperto. Provo un po' a spiegare. Innanzitutto in questo scritto io mi sono attenuto ferreamente ai canoni del romanzo picaresco del '500, che ho studiato parecchio e sul quale forse farò la tesi di laurea quest'anno; è un genere pressoché del tutto privo di introspezione del personaggio, pur ferreamente ancorato alla prima persona sfumata nel tempo passato (nel senso che chi racconta è sempre un adulto che ricorda la sua adolescenza). Ciò che conta sono le vicende esterne che travolgono il protagonista, solo alla fine si traccia un resoconto. Per farti un esempio, la rabbia di Martiìn quando si lancia addosso a Zacarias che gli rivela di essere stato abbandonato è già "troppo" per il genere, riflessioni psicologiche non sono contemplate. Poi c'è la questione dei capitoli: nel secondo (che non so se finirò) Martìn torna nello spaccio di Malpadre e trova la lettera che suo padre gli aveva affidato: dentro c'è scritto che era troppo povero per occuparsi del bambino e che dunque pregava il padrone del negozio di consegnarlo alla Casa dei monaci. Martìn tornerà a casa e la troverà vuota, i suoi saranno andati via, capirà di essere rimasto solo. Lì la sua disperazione, fino ad allora annichilita dal rapido susseguirsi degli eventi, avrà libero sfogo, sarà descritta meglio. Nel primo capitolo ho scelto di puntare più sul ritmo, per invogliare un ipotetico lettore ad andare avanti nella lettura. Martìn verrà conosciuto meglio man mano che si leggono le sue avventure, il personaggioo si svilupperà e cambierà in relazione alle cose che gli capiteranno. Forse ultimamente sto postando solo racconti in prima persona, ma ne ho scritti anche in terza e lì, magari, mi trovo meglio a "volare" dentro e fuori del personaggio, descrivendo sia le azioni che le sensazioni. Nella prima persona, a mio parere, un personaggio coinvolto in certi eventi, non si ferma troppo a riflettere quando c'è in gioco la sua vita. Vero è che ultimamente ho letto cose pressoché del tutto prive di introspezione, dove i personaggi si limitano ad agire indipendentemente da chi sono, dal loro passato e da ciò che pensano, ma la vicenda in sé ti cattura comunque (vedi "La corsa selvatica di Coltri). Pur senza rinunciare a tratteggiare il personaggio, io sono sempre portato a descrivere cose che accadono, non tanto quello che si pensa. Credo di aver raggiunto un buon compromesso in Gloomville I e II e in Six Shots, se li leggerai gradirei molto un tuo parere (anzi, lo pretendo :-) )perché lì, anche grazie allo spazio non limitato, penso di aver creato personaggi abbastanza buoni. Nel racconto, invece, continuo a prediligere l'azione quasi pura. Scusa per lo sproloquio, ma ti ringrazio davvero per lo spunto, anche di riflessione, da te aperto. L'unico dispiacere è che discussioni come questa dobbiam farle sul forum e non davanti a qualche pinta di birra; sarei capace di parlare per ore di certe cose, scambiandoci i nostri punti di vista :-)


    grazie e ciao :)
     
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29 replies since 1/12/2009, 15:38   656 views
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