Il trono d'ossa
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Il trono d'ossa

di Daniele Picciuti (fantasy - 39900 car.)

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  1. Daniele_QM
     
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    Per chi si ricorda del prode Lacero ne Il mistero delle vergini morte, propongo qui di seguito le nuove stravaganti gesta del mezz'elfo.
    Buon divertimento! :D


    IL TRONO D’OSSA

    di Daniele Picciuti

    Afferrò i seni morbidi con impeto selvaggio e ne addentò uno con voracità, alternando baci a leccamenti, mentre penetrava la sua donna con affondi che ricordavano la sua abilità nell’uso della spada.
    - Ancora! – gemette Violata, conficcando le unghie nella schiena del mezz’elfo, mentre lui la montava senza requie. – Dai! Dai!
    Lacero venne dentro di lei urlando e Violata si unì a lui in quell’enfasi ancestrale, attraversata da intensi brividi di piacere.
    Poi un fracasso assordante squassò la stanza e la finestra andò in frantumi, lasciando entrare le ombre della notte.
    Tre figure ammantate di nero li fissavano immobili intorno al letto. In mano stringevano delle lunghe spade ricurve.
    - Chi accidenti siete? – sbottò Lacero, restando attaccato alla sua donna con l’adrenalina che pompava sangue nelle parti basse, esasperando la sua eccitazione.
    - Sono... assassini... – mormorò la donna sotto di lui, mentre veniva, devastata dal piacere.
    Accadde in un attimo.
    La figura centrale balzò sul letto e fece balenare la lama. Lacero scattò in avanti e la sua mano si chiuse a pugno sui genitali dell’ignoto nemico. Quello urlò, bloccando a metà il suo attacco, e il mezz’elfo ne approfittò per strappargli di mano l’arma e sgozzarlo come un maiale.
    Mentre il corpo crollava addosso a Violata in un bagno di sangue, gli altri due assassini si mossero, attaccando simultaneamente. Lacero si vide arrivare i due fendenti addosso appena in tempo per riuscire a schivarli, gettandosi di lato. Franò in modo scomposto sul pavimento, sbattendo i testicoli uno sull’altro, imprecando.
    Rialzò gli occhi per controllare la posizione delle due figure mascherate, ma Violata era già balzata in piedi sul letto e aveva conficcato un pugnale nel collo di uno dei due. La sua donna aveva sempre un coltello nascosto sotto il cuscino. La amava anche per questo.
    L’altro, rimasto solo, estrasse qualcosa da una tasca e Lacero intuì che si trattava di una polvere di qualche tipo che avrebbe sortito l’effetto di paralizzarli o accecarli o rompere loro le palle in qualche altro modo.
    Sollevò la spada e la scagliò contro l’uomo in nero. L’impugnatura centrò il tizio in piena faccia e quello perse l’equilibrio, inciampando fra le lenzuola, e ruzzolò a terra gemendo.
    Violata fu su di lui in un attimo: gli camminò sopra ondeggiando con le sue nudità al pallore della luna, che, giallastra, pareva spennellata nel cielo dalla mano sadica di un pittore pazzo, e gli s’inginocchiò sopra, chiudendogli la testa tra le cosce.
    Lacero conosceva bene quella mossa, e annusando l’aria s’inebriò dell’odore dolciastro della sua femmina.
    - Chi sei? – ringhiò lei, puntando la lama nell’incavo dell’occhio del tizio, nell’unica fascia scoperta tra le bende scure che lo mascheravano.
    L’altro non fiatava.
    Lacero lo raggiunse e gli sbendò la testa, rivelando la faccia tonda di un albino.
    - È brutto forte – osservò ripugnato il mezz’elfo. – Cavagli un occhio, tanto non gli farà grossi danni.
    Ridacchiando, Violata affondò la lama nell’orbita del sicario, che lanciò al cielo un grido disumano.
    - Basta! Basta! Vi dirò tutto!
    Lacero e Violata si scambiarono uno sguardo d’intesa.
    - Questo è ragionare, - fece il mezz’elfo, chinandosi per ascoltare. – Ora canta.

    Il tizio cantò. Disse di chiamarsi Tagliagola, di essere stato assoldato per uccidere il nuovo sceriffo di Ponte Spaccato. Quando Violata, affondandogli la lama nell’occhio, gli chiese come dovesse dimostrare di aver portato a termine la missione, chi fosse il mandante e dove avrebbe dovuto incontrarlo, l’uomo perse i sensi.
    Solo quando si riebbe poterono estorcergli le informazioni restanti.
    Venne fuori che il sicario doveva portare la testa di Lacero al Passo dell’Orso Zebrato, entro sei notti da quella.
    All’udire il nome del valico, il mezz’elfo trasalì. Conosceva fin troppo bene quel posto.
    Una volta saputo tutto quel che occorreva, Violata pose fine alle sofferenze di Tagliagola, rendendo giustizia al suo nome.
    Poco più tardi qualcuno venne a bussare alla loro porta.
    Lacero andò ad aprire e si ritrovò di fronte a un piccolo drappello di concittadini dalle facce preoccupate.
    - Abbiamo sentito delle urla, - spiegò il vecchio Bonomo, il dottore del villaggio. – Ci siamo preoccupati.
    - È tutto a posto, - garantì Lacero. – Dei furfanti hanno cercato di ucciderci, ma sia io che la mia donna stiamo bene.
    Un’espressione delusa comparve sulla faccia di tutti. Da quando Lacero aveva preso il posto del vecchio sceriffo, il defunto Cordoro, la delinquenza era aumentata considerevolmente e anche il numero di lapidi che riempiva il cimitero.
    - Chiamate il becchino, - disse infine, ritirandosi per chiudere la porta. – Lascerò i cadaveri qui fuori.
    Quando richiuse l’uscio, Violata era alle sue spalle e aveva un’espressione assorta.
    In mano stringeva uno strano amuleto.
    - Guarda cos’ho trovato addosso a quell’idiota.
    Lacero afferrò lo strano oggetto, rigirandoselo tra le dita: era composto da frammenti d’osso e quello che doveva essere un diadema era in realtà un plesso solare.
    - Hai mai visto niente del genere? – fece lei meditabonda.
    Nella penombra della casa, il mezz’elfo annuì.

    II

    - Ci serve aiuto.
    Violata si scostò i capelli dalla fronte, perplessa. Non era da Lacero chiedere aiuto a qualcuno.
    - Perché?
    - Quel che ci aspetta non è una passeggiata.
    Lei intuì che il suo uomo non le stava dicendo tutto.
    - Tu sai perchè volevano ucciderti, vero?
    Il mezz’elfo annuì.
    - E non vuoi dirmelo?
    - Diciamo solo che è una vecchia storia. Un conto in sospeso.
    - Sai che verrò con te. Quindi devi dirmi di più.
    Lui le prese la testa e le infilò la lingua in bocca, baciandola intensamente.
    - Certo che verrai con me – disse poi staccandosi da quelle calde labbra. - Siamo elsa e lama io e te.
    Lei sorrise e la sua mano s’insinuò dentro i calzoni di lui.
    Era ancora coperta di sangue, ma in qualche modo questo lo eccitava ancora di più.
    - Aspetta. – Lacero girò lo sguardo verso i tre corpi sparsi nella camera. – Prima buttiamo fuori questi.

    Violata scostò la tenda e osservò il becchino mentre caricava i cadaveri su un carretto, aiutato da tre uomini robusti. Da fuori veniva un’aria frizzante. A quell’ora di notte non c’era nessuno in giro, ma lei era certa che molte persone stessero osservando la scena al sicuro dietro le finestre delle proprie abitazioni.
    Lacero, disteso sul letto, la osservava silenzioso.
    Lei se ne accorse e restò a fissarlo muta, bellissima nella sua nudità. Il pallore lunare le accarezzava la pelle rendendola simile a uno specchio d’acqua contaminato dal sangue di un campo di battaglia.
    Lui le aveva spiegato come stavano le cose, anche se aveva l’impressione che non le avesse detto tutto, e ciò che li attendeva non le piaceva per niente.
    - Chi vorresti chiamare per questa cosa? – fece lei a un tratto, destando la sua attenzione.
    - Ho in mente alcuni amici.
    - Amici?
    - Beh, più o meno.
    - E dove si trovano?
    - Lontano.
    Violata esitò qualche istante prima di chiedere: - Dovrai mandare un messaggero o qualcosa del genere per avvertirli?
    - Li ho già allertati.
    Lei si staccò dalla finestra e andò a sedersi sul letto, accanto a lui.
    - Spiegami.
    Lacero si riavviò la lunga chioma argentata e la guardò con quei suoi occhi chiari, gelidi come una landa invernale.
    - Guarda.
    Le mostrò l’amuleto d’osso e lo strinse forte nel pugno, socchiudendo gli occhi.
    La sua mano venne rischiarata da una lieve luminescenza azzurra, che subito scomparve.
    Lei non era sicura di aver capito.
    - Che significa?
    - I miei amici hanno un amuleto come questo. Quest’oggetto è in grado di permettere a chi lo porta di trasmettere i propri pensieri a chiunque ne indossi uno uguale. Erano anni che non lo vedevo.
    - Che vuoi dire?
    - È mio. Questo diavolo di amuleto è mio!

    Lacero le disse che dovevano partire immediatamente. Tirò fuori lo zaino dall’armadio e vi buttò dentro alla rinfusa tutto ciò che riteneva avrebbe potuto servirgli durante il viaggio.
    - Sicuro di avermi detto tutto? – fece lei, che ne percepiva la tensione.
    - Tutto quel che ti serve sapere – rispose lui mentre richiudeva lo zaino. - Viaggeremo veloci. Portati il minimo indispensabile.
    - Che significa “veloci”?
    - Significa kevialor.

    I kevialor apparvero in un lampo di luce scarlatta, attraverso una piega dello spazio, che si deformò sventrando la notte come un budello viscido e glabro. Gli enormi zoccoli facevano tremare il terreno a ogni passo; le criniere nere e liquide parevano vorticare come capelli sparsi nell’acqua tumultuosa di un torrente; gli occhi erano perle luminescenti, sferzate di rosso e arancio, incastonate in neri mantelli di tenebra; dalle froge sbruffavano fiato gelido e a ogni crepitante nitrito l’aria stessa prendeva a tremare.
    In strada non c’erano curiosi, ma, al sicuro dietro qualche finestra, i soliti occhi indiscreti osservavano intimoriti quell’orrido scenario.
    Lacero e Violata montarono in sella, ognuno col proprio zaino, poi abbracciarono i colli nerboruti delle bestie e si prepararono al nuovo salto. Parole elfiche scaturirono dalle labbra di lui e i due stalloni balzarono nel buio, scomparendo nella notte.

    III

    L’uscio fu scosso da una serie di colpi che fecero tremare i vetri alle finestre.
    Squarcio grugnì, terminando con calma la sua zuppa di orecchie di Troll, poi tracannò un boccale di birra di mirtilli e ruttò così forte che i vetri tremarono di nuovo. Si alzò, infastidito dall’insistente bussare, e andò ad aprire.
    Comparve il volto tirato di un mezz’elfo dai capelli bianco-argento.
    - Bastardo figlio di un cane – mormorò, riconoscendolo. – Lacero? Da quale abominevole abisso sei stato vomitato?
    L’altro ghignò in modo amichevole.
    - Anche per me è un piacere rivederti.
    A Squarcio non sfuggì la femmina dietro di lui.
    - E lei?
    La tensione tra i due crebbe all’improvviso. Squarcio, come tutti i licantropi, andava pazzo per la carne umana. Quella delle femmine poi era quanto di più succulento ci fosse. Tuttavia, nonostante i suoi quasi tre metri di altezza e la possente muscolatura, sapeva che Lacero non era uno con cui ci si poteva allargare troppo. E l’espressione che aveva ora diceva proprio questo.
    - Lei è mia. Intoccabile.
    Dopo un istante di esitazione Squarcio annuì, e il mezz’elfo tornò a rilassarsi.
    - Hai ancora l’amuleto? – chiese Lacero. - Hai ricevuto il mio messaggio?
    Il licantropo non si scompose. L’amuleto d’ossa aveva brillato e lui aveva percepito il senso d’allarme nei pensieri dell’altro.
    - Sì. – Ammise. - Dunque si ricomincia?
    - Così sembrerebbe.
    - Venite. – Squarcio fece un passo indietro, per liberare il passaggio. – Mangiate qualcosa con me. Mi avanza un po’ di zuppa.

    Violata rifiutò cortesemente quella melma nauseabonda che esalava miasmi sanguigni e si sistemò su una sedia in disparte a rimirare l’arredamento interno di quella stamberga. C’erano pelli d’orso sul pavimento a far da tappeti, pelli di cervo lavorate a oscurare le finestre, teste di cinghiale sul caminetto e sull’uscio, zanne di drago in bella vista al centro del tavolo, collane di nasi e orecchie tagliati a far da corredo a piccoli quadri, per lo più ritratti di elfi e gnomi morti, appesi a quelle che sembravano unghie di troll conficcate nel muro.
    L’odore di sangue e budella che appestava casa le dava il voltastomaco.
    - Che diavolo è questa puzza? – la voce di Lacero fece eco ai suoi pensieri.
    - Oh, vuoi dire il profumo? – Squarcio pareva sadicamente divertito. – C’è il corpo di un troll nell’altra stanza. Non ho avuto il tempo per finire di scuoiarlo, così l’ho lasciato a deodorare casa.
    Violata incrociò lo sguardo del mezz’elfo, implorandolo con gli occhi di farla breve.
    - Bene, veniamo a noi. – Lacero si fece di colpo torvo. – L’altra notte un gruppo di sicari ha cercato di farmi fuori, ma come vedi hanno fallito. Avevano addosso il mio amuleto, che come ricorderai persi durante quell’ultima notte. Non può essere un caso. Se hanno cercato me, cercheranno anche voi altri.
    La faccia da lupo si contrasse in un ringhio.
    - Maledizione. Il tuo ragionamento fila. Credi che ci sia lui dietro tutto questo?
    Lacero annuì suo malgrado.
    - Temo di sì. Per quanto mi paia impossibile, dev’essere tornato. In qualche modo.
    - Uhm... hai già avvertito gli altri?
    - Solo tramite l’amuleto. Tu sei il primo che incontro. Gli altri non so dove trovarli.
    Squarcio si profuse in un sorriso sinistro.
    - Oh, con Spuntone e Vilserpe ho ancora contatti, te li trovo io. Ma di Boro non so più niente da quando ve ne siete andati insieme.
    Lacero scosse piano il capo.
    - Boro è morto. Ucciso da un Paladino qualche tempo fa, nello stesso villaggio dove risiedo.
    L’espressione del licantropo mutò in somma sorpresa.
    - Peccato. Era un gran combattente. L’hai vendicato come meritava?
    Il mezz’elfo incrociò lo sguardo della donna, che non poté esimersi dal sorridere.
    - Certamente.
    - Allora d’accordo. Spuntone e Vilserpe vivono in una baracca dall’altra parte del fiume. Si danno ancora alle razzie, come ai vecchi tempi. Se partiamo subito, saremo là prima di sera.
    Lacero si alzò fulmineo dalla sedia.
    - Non aspettiamo altro tempo allora. Ogni istante è prezioso.

    IV

    Lacero non poté evocare un kevialor anche per il suo amico. Pur robusti, questi potenti stalloni non erano in grado di sopportare il peso di un licantropo corazzato. Squarcio, dal canto suo, non aveva intenzione di montare un cavallo: primo, perché la tentazione di azzannarlo al collo sarebbe stata troppo forte; secondo, era pur sempre un quadrupede ed era in grado di stare dietro ai kevialor, almeno quanto bastava per non lasciarsi seminare.
    Attraversarono il ponte sul fiume Ormano quand’era ormai il tramonto, attraversando una cascata di pagliuzze rossastre che dorava le acque donandole i colori di un campo di granturco.
    La baracca dei loro compari si trovava in cima a un colle boscoso sul quale, man mano che s’inerpicavano, calavano le ombre della sera, disegnando tenebre laddove prima v’erano sprazzi di luce. Si lasciarono gli alberi dai rami nodosi alle spalle, immettendosi su un viale di ciottoli che portava dritto alla casupola di roccia grezza e legno marcio.
    Lacero e Violata smontarono da cavallo, ma attesero che fosse Squarcio a precederli sulla soglia.
    Una serie di colpi irruenti scosse l’intera costruzione, tanto da far scivolare giù dal tetto un mucchietto di foglie ingiallite.
    - Figli di una gran cagna! – tuonò il licantropo, con quella voce che pareva estratta a forza da una miniera di carbone. – Sono io, Squarcio!
    L’uscio venne aperto e, al di là, due occhi gialli su un volto squamato di rosso e nero emersero dal buio.
    - Vilserpe! – lo salutò il licantropo, spostandosi per mostrargli coloro che recava con sé.
    L’essere sulla porta, una specie di uomo-rettile rigettato da chissà quale cuore di tenebra, mostrò tutta la sua sorpresa.
    - Non ci posssso credere! – sibilò, andando ad abbracciare Lacero. – Ssssei proprio tu! Quanto tempo è passssato!
    Il mezz’elfo ricambiò lo slancio dell’altro con una pacca sulle spalle.
    - Molto tempo – ammise. – Troppo forse. Sai perché siamo qui?
    L’altro si ritrasse un momento, fissandolo dalla fessura delle sue pupille.
    - Per l’amuleto, giussssto? L’abbiamo vissssto.
    - E Spuntone? Dov’è quel troncabudella?
    Un rumore di foglie secche e rami spezzati lo fece sussultare.
    - Sono qui.
    Tutti si girarono verso il limitare del bosco. Una figura ben piazzata li osservava a braccia conserte. Vestiva un abito mimetico e portava una schiera di pugnali in un lungo fodero che teneva a tracolla. Gli occhi erano piccoli e ben distanziati, celati sotto sopracciglia folte; le orecchie erano strette e appuntite, arrossate alle estremità; il naso, largo e taurino, presentava un anello d’oro nel mezzo; sulla testa, priva di capigliatura, aveva un unico corno color avorio che sporgeva dalla fronte alta.
    Era un mezzo demone, così andava dicendo in giro, anche se Lacero aveva sempre sospettato che fosse in realtà mezzo centauro, per via di quelle unghie dure e marroni che aveva sulle dita e della sua voce, che quando emetteva suoni prolungati sembrava un nitrito.
    - Spuntone! – il mezz’elfo avanzò verso di lui con la mano tesa. – Sei sempre in forma, vedo.
    L’altro gliela strinse senza enfasi.
    - Faccio quel che posso. Che ci fate qui? E chi è la donna?
    - Lei è con me – precisò immediatamente Lacero. – Siamo qui per il Negromante.
    L’altro sbuffò.
    - Ho sentito il messaggio. – Infilò una mano sotto la casacca e gli mostrò l’amuleto. – Mi sembra assurdo. Il Negromante è morto.
    Lacero scosse la testa.
    - No, in qualche modo è tornato. Ci sta dando la caccia.
    Spuntone non sembrava molto convinto.
    - Mi pare un’assurdità. Andiamo dentro e parliamone con calma.

    Lacero raccontò di nuovo la storia dell’aggressione e alla fine, così com’era successo con Squarcio, l’impressione fu che in qualche modo il Negromante avesse trovato il modo di tornare dalla morte e dare inizio alla sua vendetta.
    Mentre il suo uomo parlava, Violata catalizzò la sua attenzione sul nuovo ambiente. Anche questa, come la casa di Squarcio, pareva una collezione di orrori senza fine. Vi era un’intera parete dedicata ai trofei di caccia: teste di volpi, conigli, lupi, orsi, cinghiali si alternavano in un susseguirsi di sguardi vacui che ispiravano un’insana tristezza. Un’altra parete era riservata invece ai volti dei nemici più importanti uccisi in battaglia o in qualche sporco agguato: facce di gnomi, elfi, nani, uomini, troll, orchi e altre strane razze che le erano sconosciute, penzolavano flosce come maschere di vera pelle conciate alla perfezione da un diabolico marionettista.
    L’odore della conciatura era ancora vivido nella stanza.
    - C’è solo una possibilità. – La voce del mezz’elfo vibrava cupa nella baracca. – Dobbiamo tornare nella sua tana e distruggere il Trono d’Ossa. Se lui è tornato, lo ha fatto per mezzo del trono.
    Le facce dei suoi compagni erano maschere di stupore.
    - E credi che, distruggendolo, finirà? – La domanda di Vilserpe valeva più di tutto l’oro di quel dannato mondo.
    - Credo di sì. – Il mezz’elfo ostentava certezze che non aveva. – Sapete quanto grande sia il potere del trono. È forse l’artefatto oscuro più potente mai costruito.
    - Se ti aiuteremo, che guadagno ne avremo? – Spuntone non si smentiva mai.
    - Tanto per cominciare, eviterete che qualcuno vi cerchi per ammazzarvi, com’è successo a me.
    - Questo non mi preoccupa! – esclamò Squarcio in un impeto di superbia.
    - E poi non dimenticate i tesori – ricordò infine Lacero. – L’ultima volta siamo scappati in preda al panico, schiacciati a metà tra l’esercito dei Paladini e la follia del Negromante. Non abbiamo fatto in tempo a prendere niente.
    Spuntone aveva un’aria meditabonda.
    - Non credi che i Paladini abbiano portato via tutto?
    - No. Non ricordate? L’intera grotta crollò, chiudendo l’accesso al covo. Nessun Paladino vide mai quei tesori all’in fuori di quelli che restarono seppelliti vivi.
    Violata mandò giù un sorso della sua tisana di ortiche e posò la tazza sul tavolo, concedendosi di sbatterla in modo da ottenere l’attenzione su di sé.
    - Voi che ci facevate là?
    Seguirono brevi attimi di silenzio. Prima della partenza, Lacero le aveva spiegato per sommi capi quale fosse il pericolo che stavano correndo, ma non si era soffermato su quel particolare.
    - Facevamo parte del corpo di guardia del Negromante.
    La risposta di Spuntone non la sorprese più di tanto. Ormai aveva capito che il suo uomo aveva un passato fin troppo burrascoso.
    - Quando vorresssste partire? – domandò Vilserpe, rimboccandosi con meticolosità le maniche della sua casacca viola. – Il Passsso dell’Orsssso Zebrato è a cinque giorni di cavallo da qui, giorno più, giorno meno.
    Il mezz’elfo annuì.
    - Partiamo subito. Secondo il sicario che abbiamo torturato, il mandante aspetta che gli venga consegnata la mia testa tra cinque notti da ora. Non possiamo rischiare di mancare l’appuntamento.
    - Perché? – obiettò Squarcio. – Sappiamo dove si trova il covo del Negromante. Che fretta c’è?
    Lacero si girò verso Spuntone.
    - Vuoi spiegarglielo tu?
    Il mezzo demone grugnì, infastidito.
    - Se manchiamo all’appuntamento, lui si insospettirà. Penserà che i suoi sicari abbiano fallito e prenderà ulteriori precauzioni. Ma se ci presentiamo all’ora dell’appuntamento, saremo attesi e non desteremo sospetti. Sarà più facile coglierlo di sorpresa e ucciderlo.
    Squarcio bofonchiò qualcosa, abbandonandosi sulla sedia.
    - Bene, ragasssssi. – Vilserpe si alzò, lasciando svolazzare la sua lunga veste. – Vado a preparare le nosssstre cosssse.
    Spuntone lo seguì nell’altra stanza, lasciando i tre ospiti da soli.
    Il licantropo si stiracchiò le possenti braccia, quindi si alzò dalla sedia, dirigendosi verso la porta.
    - Dove vai? – fece Lacero, senza perderlo di vista.
    - A prendere una boccata d’aria. Qua dentro c’è un’aria viziata.
    Il mezz’elfo si sporse verso la sua donna, sussurrandole qualcosa all’orecchio.
    Violata non disse nulla, limitandosi ad assentire.
    Poi Lacero si alzò e raggiunse il licantropo all’esterno.
    Lasciata sola nella stanza, Violata rimase a fissare la collezione di maschere sulla parete, stretta tra la morsa dell’incertezza e quella dell’eccitazione, convinta che il futuro avrebbe riservato ancora grosse sorprese.

    V

    I kevialor viaggiavano veloci, sfrecciando in una nube di tenebra che non consentiva a nessuno di vedere il paesaggio al di fuori degli occhi allenati degli stalloni. Vilserpe e Spuntone, che avevano insistito per prendere i propri destrieri, erano rimasti indietro, così come Squarcio, costretto a dar fondo a tutte le proprie energie per tener testa ai cavalli.
    Di tanto in tanto il mezz’elfo rallentava l’andatura, in modo da consentire agli altri di riguadagnare terreno, ma non si fermava mai abbastanza da essere raggiunto. Violata aveva ormai capito che, tutto sommato, a lui non andava molto a genio la compagnia dei suoi vecchi compari.
    La notte prendevano alloggio in qualche locanda, mentre gli altri si accampavano fuori a una certa distanza, al riparo in qualche radura in mezzo al bosco, consumando provviste rimediate cacciando sul posto qualche piccola preda.
    - Perché non mangiano e dormono in una locanda, come noi? – Aveva chiesto la prima volta lei, meravigliata.
    - Le loro facce sono su molti manifesti in diverse regioni, - le aveva chiarito Lacero. – Finirebbero per essere identificati e i soldati piomberebbero sul posto per arrestarli. Sanno che è meglio tenersi lontani dai luoghi frequentati.
    - E tu? Non sei ricercato come loro?
    Lacero le rivolse un sorrisetto sardonico.
    - Sono più furbo. Non mi sono mai fatto beccare.
    - Nemmeno a Ponte Spaccato.
    - Già. Tant’è che ora sono sceriffo.
    Scoppiarono a ridere all’unisono, prima di avvinghiarsi l’uno all’altra e sprofondare tra le lenzuola.
    Quella notte, e le seguenti, nel letto dei due amanti si consumò il fuoco della passione, mentre fuori, per gli accampati all’addiaccio, il tempo sembrava non passare mai.
    Cinque giorni dopo, all’incedere del crepuscolo, cavalcando in una tenue luce bluastra, i cinque avventurieri giunsero al Passo dell’Orso Zebrato.
    Si trattava di una stretta gola che attraversava due costoni di roccia che svettavano verso il nulla, perdendosi tra nebbie fittissime. I kevialor e gli altri destrieri marciavano a passo d’uomo, preceduti dal licantropo, che procedeva solenne in testa alla fila.
    Lacero cercò di ricordare dove fosse l’ingresso del covo del Negromante, studiando con attenzione le pareti di roccia, fino a individuare un gruppo di massi che si protendeva come una lingua verso l’interno della gola.
    - Ci siamo!
    L’apertura doveva essere ancora ben sepolta sotto chissà quanti strati di macerie.
    Il mezz’elfo si scambiò occhiate fugaci coi suoi compari, che tra le ombre della notte imminente parevano spettri di un tempo perduto.
    - Non capisco. – Lacero controllò con attenzione tutto il perimetro di quella lingua rocciosa. – Non vedo alcun passaggio.
    - Forse il Negromante ne ha creato un altro, - azzardò Spuntone. – O magari ne esisteva già un secondo e nessuno di noi lo sapeva.
    Il mezz’elfo non sembrava convinto.
    - L’avremmo saputo. Siamo stati con lui per tanto tempo. Almeno uno di noi se ne sarebbe accorto.
    Vilserpe si avvicinò silenzioso come una piuma.
    - Non potressssti ussssare le tue abilità per ssssgombrare il passssaggio?
    Violata si mise in mezzo ai due, sorpresa.
    - Quali abilità?
    Lacero fulminò il compare con un’occhiata, poi tirò a sé la donna, allontanandola dalle rocce.
    - Ora vedrai.
    Il mezz’elfo si dispose frontalmente rispetto alla frana e allargò le braccia pallide, come a formare una croce. Nell’ombra della sera, la pelle bianchiccia e i capelli d’argento, in contrasto con la sua casacca nera, sembravano manifestazioni spettrali, cerchiati da un’aura di crescente intensità.
    Le sue labbra si schiusero e una nenia incomprensibile si librò come una canzone verso il cielo.
    - S’itadin lyr a’kaliah! E’shemol bu’r n’isam de’vol! S’itadin n’isam de’vol!
    La distesa di pietre vibrò intensamente. Una dopo l’altra le rocce si sollevarono da terra, levandosi nel cielo crepuscolare, e ricaddero lontano.
    Al loro posto era comparso l’ingresso di una caverna.
    - Gran bel lavoro! – esclamò Squarcio. – Chi ha una torcia?
    In tutta risposta qualcosa fiammeggiò tra le mani di Vilserpe, che sollevò in aria una fiaccola con aria soddisfatta.
    - Chi fa sssstrada?
    Lacero si fece avanti.
    - Da' qua! – disse, strappandogli di mano la torcia.
    Si girò un momento verso la sua donna, immobile davanti alla soglia.
    - Tu chiudi la fila.
    Silenziosa, Violata annuì.

    VI

    Il cunicolo era largo e il chiarore della fiaccola riusciva a illuminare al meglio il loro cammino.
    Incontrarono diversi bivi, ai quali Lacero seppe ogni volta dove svoltare. Era trascorso molto tempo dall’ultima volta che aveva percorso quella ragnatela di gallerie, ma aveva vissuto là sotto per oltre sei anni e ricordava tutto alla perfezione, come se non fosse mai andato via.
    Di tanto in tanto s’imbattevano nei resti di un cadavere dalle vestigia blu e argento, i colori dei Paladini, o in quelli di un adepto del Negromante, abbigliato in abiti scuri. L’odore che si sentiva era quello della morte misto ai gas della putrefazione.
    Durante la battaglia epocale che aveva visto soccombere il loro Signore, molte erano state le vittime su entrambi i fronti. Alla fine, loro erano fuggiti, lasciando il Negromante alla mercé del nemico, appena in tempo per non essere schiacciati dalla frana che aveva richiuso il passaggio.
    Quando varcarono la soglia della caverna principale, il bagliore della fiamma si propagò a poco a poco in tutta la sala, fino a mostrare una distesa di corpi scheletrici riversi gli uni sugli altri in mezzo a montagne di macerie. E poi, in cima a una larga scalinata, lo videro.
    Il Trono d’Ossa.
    - Incredibile – mormorò Squarcio. – Non è cambiato niente.
    Il suono di una lama sfoderata sferzò l’aria.
    Lacero balzò di lato, estraendo a sua volta, e lo stesso fece il licantropo, facendo volteggiare la sua mazza ferrata alla stregua di un giocoliere.
    Vilserpe e Spuntone tenevano le loro spade in posizione di guardia, pronti a incrociare il metallo in qualsiasi momento. I loro sguardi tradivano un profondo rancore.
    - E così era una trappola, - mormorò il mezz’elfo. – Come immaginavo.
    Lo stupore attraversò per un momento gli occhi dei due compari.
    - Lo immaginavi? – Spuntone sembrava scettico. – E come avresti fatto a immaginarlo?
    Il sorriso di Lacero tagliò in due la penombra.
    - Tanto per cominciare, era ben strano che un sicario potesse portare con sé quell’amuleto, col rischio che io lo collegassi al Negromante. Un professionista l’avrebbe lasciato a casa, a meno di ricevere ordini precisi. Sapevate benissimo che non sarebbero usciti vivi da casa mia e contavate che io trovassi l’amuleto e vi cercassi per allertarvi.
    Vilserpe reclinò il capo, sorpreso.
    - Ma è quello che hai fatto!
    - Certo. Sul momento il vostro piano ha funzionato.
    - Ma? – lo esortò Spuntone. – Dove abbiamo sbagliato?
    - La tua collezione personale di maschere.
    Un pesante silenzio serpeggiò in mezzo a loro.
    - Che vuoi diiireeee? – esclamò, emettendo un verso simile a un raglio.
    Il mezzo centauro veniva di nuovo alla luce.
    - Appesa a una di quei chiodi c’era la faccia del tuo compare! – Il dito indice del mezz’elfo saettò in direzione di Vilserpe. – Credevate che non me ne accorgessi?
    Spuntone fece un passo indietro, stordito.
    - N-non è possibile...
    Vilserpe si girò, furibondo, e lo afferrò per un braccio, puntellando lo sguardo nel suo.
    - Come hai potuto, razza d’idiota?
    Il mezzo centauro ruotò gli occhi intorno, cercando di sfuggire a quel tono accusatorio.
    - Mio Signore... sono desolato. Voi non ve ne siete accorto in tutto questo tempo. Non credevo che lui, in mezz’ora, potesse farci caso.
    Lacero arretrò di un passo, scambiandosi uno sguardo d’intesa con Squarcio.
    Quel giorno, quando si era accorto della maschera, era uscito fuori, per parlare con il licantropo.

    - L’hai vista la maschera di serpente? – domanda Lacero, arrivando subito al nocciolo.
    - Per la bava del lupo, certo che l’ho vista! – L’espressione del compare è la stessa che sente di avere lui sulla faccia.
    - È una trappola.
    - Pensi che sia lui? – fa Squarcio, non per preoccupazione, quanto per curiosità.
    - Direi di sì.
    Il licantropo si volge a scrutarlo in fondo agli occhi.
    - Che cosa vuoi fare?
    - Andiamo avanti, - risponde Lacero, determinato. - Ho un’idea, ma mi occorre il tuo aiuto.
    L’altro sorride.
    - Illuminami.


    Vilserpe si scostò da Spuntone, che fremeva dalla voglia di rimediare alla propria stupidità, e avanzò verso il mezz’elfo.
    - Se hai capito tutto questo, ormai avrai capito chi sono.
    Prima che Lacero potesse rispondere, la figura dinanzi a lui fece volteggiare le braccia e una scia di luce scarlatta la circondò per qualche istante, mutandone i lineamenti, fino a sostituire l’aspetto di serpente con quello umano di un vecchio decrepito.
    Il Negromante era lì, un mucchio d’ossa sotto uno strato di pelle raggrinzita, gli occhi enormi e infossati in orbite scure, che faticava a reggersi in piedi.
    - Solo una cosa non mi è chiara, - mormorò Lacero. – Perché avete ucciso Vilserpe?
    - Quello sciocco aveva paura! – biascicò lo stregone, la voce esile, filtrata da centinaia di anni di vita dedicata alla morte. – Scoprimmo che voleva abbandonarci, che voleva avvisarti del mio ritorno.
    - E così – il mezz’elfo ruotò gli occhi su Spuntone, - gli hai staccato la faccia. Non hai resistito, vero?
    - Taaaciiiii! – ancora una volta il centauro che era in lui prese il sopravvento. – Ziiittoooo!!!
    Ormai erano ai ferri corti.
    Lacero reclinò il capo, preparandosi a combattere.

    - Non capisco una cosa. – Squarcio nutre ancora qualche dubbio. – Perché è venuto a cercarti? Era uno stregone potentissimo, non dovrebbe avere difficoltà a tornare nel suo covo. A che gli serviamo?
    Il mezz’elfo non ha difficoltà a rispondere. Nella sua testa, tutto è molto chiaro ora.
    - Hai detto bene: era. In ogni caso, il potere che è in grado di esercitare agisce solo sui morti. È stato capace di assumere le sembianze di un defunto, ma non ha potere sugli elementi. Se l’accesso al suo covo è ancora bloccato, gli occorre qualcuno che sappia dominare l’elemento terra.
    I due rimangono un istante a fissarsi, compagni che riscoprono un’amicizia che ormai credevano sepolta da tempo.
    - E quindi ha cercato te.


    Spuntone si scagliò in avanti e la sua lama balenò nella penombra, abbattendosi sul mezz’elfo. Lacero scartò di lato e la fiaccola disegnò una scia che fece danzare le ombre nella caverna.
    Con la mano libera estrasse la spada e fermò il secondo affondo del mezzo centauro. Incrociarono le lame, guardandosi con un odio stratificato da anni di conflitti.
    Erano sempre stati loro i pupilli del Negromante e, durante i loro servigi, Lacero aveva sempre ottenuto maggiori favori rispetto a lui. Da questo nasceva l’astio di Spuntone.
    - Il nostro Signore non voleva credere che tu l’avessi abbandonato! – sussurrò il mezzo centauro, mentre cercava di spingere via l’avversario. – Ma alla fine ha capito chi tra noi gli era più fedele!
    Le spade cozzarono di nuovo e Lacero gli rifilò un calcio sugli stinchi, approfittandone per spostarsi.
    - Squarcio! – chiamò. – Da che parte stai?
    Il licantropo osservava la scena silenzioso.
    Poi, lentamente sollevò la mazza ferrata e volse il capo verso il Negromante.
    - Devo proprio ucciderlo?
    Il vecchio stregone annuì, poi, come folgorato da una rivelazione, si guardò intorno, in modo sempre più frenetico.
    - Che succede? – fece Squarcio.
    - Maledizione! La donna! Trova la donna!

    VII

    Doveva ammetterlo. Il suo compagno era un individuo astuto.
    Al riparo dietro le ombre della caverna, si mosse silenziosa intorno alla scalinata, che aveva forma piramidale. Una volta fuori dalla vista degli altri, avrebbe potuto salire indisturbata fino in cima, dove incombeva il Trono d’Ossa.
    Ripensò a quel giorno, quando, seduti al tavolo in casa dei suoi compari, Lacero le aveva sussurrato all’orecchio.

    - È una trappola. – Quelle parole la fanno sussultare. – Vilserpe è morto, c’è la sua faccia appesa tra le maschere. Quello che si spaccia per lui è il Negromante. Non so se anche Squarcio sia implicato. Ora provo a indagare, ma tu stai in guardia. Poi ti spiegherò cosa voglio fare.
    Dopo che Lacero è uscito, Violata si alza, senza far rumore, e si avvicina alla macabra collezione.
    Dopo aver cercato un po’, la vede, una faccia di serpente molto simile a quella dell’individuo che si è spacciato per Vilserpe. A quel punto però è curiosa e cerca ancora, controllando con attenzione le altre maschere.
    E la vede. La faccia di un troll.
    Uno come tanti, certo, se non fosse che la pelle è visibilmente fresca e riporta alcune lesioni non del tutto rimarginate. E l’odore che emana, l’ha già sentito. È lo stesso che c’era in casa del licantropo.
    Così capisce. Ma è tardi per avvertire Lacero. Glielo dirà più tardi, quando sosteranno per la notte in una locanda e saranno liberi di parlare.
    Nel frattempo, occorre che faccia finta di niente, anche se non sarà facile.
    Ancora una volta sono soli contro tutti.


    Quando finalmente giunse in cima, Violata si soffermò a studiare il trono immerso nell’ombra. Si trattava di una struttura composta interamente da ossa umane amalgamate tra loro per mezzo di qualche sostanza collante. Lo schienale era costituito da un largo torace – forse appartenuto a un troll – e da un costato le cui punte davano verso l’esterno; la seduta era composta in larga parte da un grosso bacino e qualche omero a sostegno. I braccioli erano stinchi e clavicole e terminavano con una coppia di teschi che guardavano verso l’esterno. Sulla sommità dello schienale infine svettava il teschio di un demone.
    Richiamata alla realtà dall’azione concitata che stava avendo luogo ai piedi della scalinata, decise di non perdere altro tempo: girò intorno al trono e vi prese posto.
    Non appena si fu seduta, un’ellisse di luci vermiglie saettò intorno a lei, danzando sulle pareti rocciose come fosse il parto di una mente folle, per poi accendere a giorno l’intera caverna.
    Avvertì un intenso potere pervadere le sue membra e nella sua testa si formarono immagini di tetri abissi infernali che vomitavano demoni e morti perché si prostrassero a lei.
    La sensazione di dominio sui morti la penetrò con la stessa veemenza del suo amante nelle calde notti di passione.
    Ogni remora si volatilizzò dal suo cuore, lasciando posto a un appagamento senza eguali.
    Lacero le aveva suggerito cosa fare, ma adesso era diverso.
    Adesso lei sapeva cosa fare.
    - Svegliatevi! – gridò alle ombre della caverna. – Sorgete!

    Lacero franò sul pavimento sotto i colpi di Spuntone, che si faceva sempre più pericoloso. Squarcio e il Negromante erano scomparsi. Si erano accorti della scomparsa di Violata ed erano andati a cercarla.
    La lama del mezzo centauro si abbatté su di lui feroce. Lacero rotolò su un fianco e colpì l’avversario con la fiaccola, per allontanarlo. Spuntone gemette per il calore e arretrò, mentre il mezz’elfo tornava lesto in piedi.
    Un attimo dopo un pugnale saettò nell’ombra, conficcandoglisi nella spalla destra. Lacero si lasciò scappare un lamento, facendo un passo indietro.
    Spuntone aveva lasciato la spada per dedicarsi alle sue armi preferite.
    Il set di coltelli da lancio che si portava sempre dietro lo aveva reso famoso in gran parte della regione con l’appellativo di “demonio lanciatore”.
    Lacero lo trovava ridicolo, ma lui ne era sempre andato fiero.
    Un altro lancio, che stavolta il mezz’elfo riuscì a schivare balzando di lato.
    Poi un altro e un altro. E un altro. Schivato il primo, ricevé il secondo coltello su un fianco e il terzo nel braccio sinistro.
    Non poteva andare avanti così.
    Fu allora che iniziarono le luci. Si volsero entrambi verso il Trono d’Ossa e videro la donna, seduta come una regina dei dannati, a comandare i morti. Udirono la sua voce e subito dopo, nella caverna, i cadaveri iniziarono a muoversi, riprendendo vita.
    Quelli che un tempo erano stati due paladini sorsero in difesa di Lacero, avventandosi su Spuntone con le braccia ossute protese in avanti.
    Altri due pugnali saettarono in quel bagliore vermiglio, centrando i due redivivi in mezzo agli occhi.
    Mentre questi si accasciavano al suolo, altri giungevano dalle gallerie.
    Lacero ne approfittò per levarsi di torno. Mentre correva su per la scalinata, gli giunse l’eco delle urla di Spuntone, sopraffatto dalla marea di morti tornati dalla tomba.
    Arrivò in cima un attimo prima di veder comparire Squarcio alle spalle del trono.
    - Fermati! – gli intimò, mentre anche Violata si avvedeva del pericolo. – Ormai il Negromante ha perso i suoi poteri. Unisciti a noi invece!
    Il licantropo esitò. Si volse indietro, dove aveva lasciato il vecchio stregone, che arrancava sui gradini con difficoltà; poi scrutò cupo la donna seduta sul trono.
    - Eravamo amici una volta! – gli rammentò Lacero. – Quanti Paladini abbiamo ammazzato quel giorno? Ci siamo salvati la vita l’un l’altro e ne siamo usciti vivi. Perché ora vuoi combattere contro di me?
    Squarcio era quanto mai cupo. Non riusciva a decidersi.
    - I licantropi hanno un codice – disse infine. – Quando servono qualcuno, è per sempre.
    - Sei scappato anche tu quel giorno, - gli ricordò il mezz’elfo.
    L’altro annuì, imbarazzato.
    - Perché credevo che il nostro Signore fosse stato ucciso. Perché credevo di essere libero dalla parola data.
    Lacero gettò uno sguardo ai piedi della scalinata: orde di non-morti stavano salendo verso di loro.
    - Uccidete il vecchio! – la voce di Violata echeggiò improvvisa nella caverna.
    Squarcio si girò di nuovo verso il Negromante, così come Lacero. Lo stregone si affannò per accelerare il passo, ma incespicò nella veste viola e crollò sulle scale gemendo.
    Tentò di rialzarsi, ma braccia ossute lo afferrarono, trascinandolo giù.
    Il Negromante urlò, imprecò, maledì Lacero e Squarcio con tutto il fiato che aveva in gola, ma la moltitudine di morti lo seppellì sotto di sé, dilaniandolo fino a farlo a pezzi.
    Di lui, non restarono che poche membra disseminate sulle scale.
    - Allora?
    La voce del mezz’elfo scosse il licantropo da quella macabra contemplazione.
    - Per la bava del lupo... – tornò a voltarsi verso il compare. – Adesso sono libero. Finiamola qua.
    Violata si sporse dalla seduta.
    - Scusate, pensate che possa alzarmi ora? O rischiamo di essere attaccati anche noi?
    Lacero la guardò contrariato.
    - Che fretta hai?
    - Prova tu a star seduto su questi spuntoni d’osso!
    Il suo uomo sbuffò, infastidito.
    - Ordina loro di riposare. Così potrai alzare il tuo bel culo sodo.
    - Ehi! Il culo te l’ho appena salvato!
    Lacero scoppiò in una sonora risata.
    - Hai ragione, scusa.
    - E adesso? – La voce di Squarcio calamitò la loro attenzione. – Che intendete fare?
    Il mezz’elfo assunse un’aria scaltra.
    - Abbiamo il dominio sui morti. Possiamo formare un esercito e marciare sulle terre dei Paladini, per esempio. – Negli occhi aveva una luce sinistra. – O possiamo cercare il tesoro, spartirlo in parti uguali e poi richiudere il varco. E ognuno per la sua strada.
    Violata gli sfiorò il braccio.
    - Tu che vorresti fare?
    Lacero si abbassò e la baciò sulle labbra.
    - Quello che vuoi fare tu.
    Violata fece scorrere le dita sul bracciolo ossuto, fino ad accarezzare il teschio.
    Il dominio sui morti.
    Sorrise.

    Edited by Daniele_QM - 16/3/2010, 02:57
     
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    Losco Figuro

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    Un buon racconto anche se non mi convince del tutto la ripresa a posteriori di eventi precedenti (né soprattutto l'uso del presente per questi ultimi).
    Voto 3.

    CITAZIONE (Daniele_QM @ 1/3/2010, 01:32)
    avrebbe sortito l’effetto di paralizzarli o accecarli o rompergli le palle in qualche altro modo.

    Pignoleria: sarebbe "rompere loro le palle" :rolleyes:

    CITAZIONE (Daniele_QM @ 1/3/2010, 01:32)
    Violata fu su di lui in un attimo: gli camminò sopra ondeggiando le sue nudità

    Ondeggiare è intransitivo.

    CITAZIONE (Daniele_QM @ 1/3/2010, 01:32)
    - Chi sei? – ringhiò lei, puntando la lama nell’incavo dell’occhio de tizio,

    Refuso: "del"

    CITAZIONE (Daniele_QM @ 1/3/2010, 01:32)
    Lacero ondeggiò la lunga chioma argentata

    Come sopra, ondeggiare è intransitivo

    CITAZIONE (Daniele_QM @ 1/3/2010, 01:32)
    L’uscio venne aperto e al di là, due occhi gialli su un volto squamato di rosso e nero, emersero dal buio.

    Entrambe le virgole sono di troppo. Al più potrebbe stare tra due virgole "al di là"

    CITAZIONE (Daniele_QM @ 1/3/2010, 01:32)
    Lacero raccontò di nuovo la storia dell’aggressione e alla fine, così com’era successo con Squarcio, l’impressione finale

    eviterei "fine/finale", tanto più che se è "alla fine" va da sé che sia finale

    CITAZIONE (Daniele_QM @ 1/3/2010, 01:32)
    all’in fuori di quelli che restarono seppelliti vivi.

    "all'infuori"

    CITAZIONE (Daniele_QM @ 1/3/2010, 01:32)
    I kevialor viaggiavano veloci, sfrecciando in un nube di tenebra che non consentiva a nessuno di vedere il paesaggio al di fuori degli occhi allenati degli stalloni.

    Un po' contorta questa frase.

    CITAZIONE (Daniele_QM @ 1/3/2010, 01:32)
    Prima che Lacero potesse rispondere, la figura dinanzi a lui fece volteggiare le braccia e una scia di luce scarlatta lo circondò

    "la" circondò, è "figura" il soggetto

    CITAZIONE (Daniele_QM @ 1/3/2010, 01:32)
    per qualche istante, mutandone i lineamenti, fino a sostituire l’aspetto di serpente con quelli umani di un vecchio decrepito.

    "con quello umano"

    CITAZIONE (Daniele_QM @ 1/3/2010, 01:32)
    Il Negromante era lì, un mucchio d’ossa sotto uno strato di pelle rattrappita,

    "rattrappita" è improprio parlando di pelle, al più "raggrinzita"

    CITAZIONE (Daniele_QM @ 1/3/2010, 01:32)
    Erano sempre stati loro i pupilli del Negromante e durante i loro servigi, Lacero aveva sempre ottenuto maggiori favori rispetto a lui.

    Serve una virgola dopo "e"

    CITAZIONE (Daniele_QM @ 1/3/2010, 01:32)
    - Squarcio! – chiamò. – Da che parti stai?

    Refuso: "parte"

    CITAZIONE (Daniele_QM @ 1/3/2010, 01:32)
    Poi, lentamente si sfilò da tracolla la mazza ferrata e volse il capo verso il Negromante.

    Ma non l'aveva già presa prima la mazza ferrata? :huh:

    CITAZIONE (Daniele_QM @ 1/3/2010, 01:32)
    Udirono la sua voce e subito dopo nella caverna, i cadaveri iniziarono a muoversi, riprendendo vita.

    Serve una virgola dopo "dopo"

    CITAZIONE (Daniele_QM @ 1/3/2010, 01:32)
    Arrivò in cima un attimo prima che vedesse comparire Squarcio alle spalle del trono.

    Direi "di veder comparire", così sembra che lo abbia visto qualcun altro

    CITAZIONE (Daniele_QM @ 1/3/2010, 01:32)
    Il Negromante urlò, imprecò, maledì Lacero e Squarcio con tutto il fiato che aveva in gola, ma la moltitudine di morte lo seppellì sotto di sé,

    "di morti" forse? :huh:
     
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  3. Daniele_QM
     
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    Grazie CMT per le tue segnalazioni, tutte più che corrette. Ho sistemato! ;)
     
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  4. marramee
     
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    Ciao,
    letto! Niente male, mi è piaciuto più del Mistero delle vergini morte, forse perché là gli avvenimenti erano troppo accelerati, mentre qui hanno il giusto ritmo. La storia perde un pizzico di comprensione a causa del fatto che ha un'ambientazione e un passato appartenente al tuo mondo fantasy che ancora non conosco del tutto, ma resta comunque scorrevole. Non mi dispiace l'idea di mischiare il fantasy con un pizzico di giallo, come avevi già fatto nel precedente.
    Un tre abbondante.
     
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  5. Piscu
     
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    buon racconto, migliore del suo antecedente. forse sarebbe stato utile un piccolo riassunto per riprendere confidenza coi personaggi e le situazioni che vengono riprese, ma dopo la prima parte non è un grosso problema e ci si ambienta bene.

    ci sono però alcuni punti della trama che mi rimangono poco convincenti. o meglio, è il piano del negromante a sembrarmi poco razionale. possibile che un essere capace di ritoranre dalla morte non avesse modo di ritornare al suo covo? e poi, perché non si sbarazzano dei due proprio nel momento in cui l'accesso alla caverna viene aperto? inoltre la presenza della testa di serpente tra i trofei mi pare un errore troppo grossolano per essere credibile. infine, il negromante non interviene affatto nella battaglia finale, quando ci si aspetta da un personaggio del genere un certo potere.



    per la struttura esprimo qualche dubbio sui flashback in corsivo. non che non fuznionino, ma secondo me avresti dovuto introdurli un po' prima perché non figurassero troppo "artificiali" all'interno della narrazione, visto che compaiono solo nella fasi finali.



    nonostante qualche dubbio, il tre ci sta tutto.
     
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  6. Daniele_QM
     
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    CITAZIONE (Piscu @ 3/3/2010, 16:29)
    buon racconto, migliore del suo antecedente. forse sarebbe stato utile un piccolo riassunto per riprendere confidenza coi personaggi e le situazioni che vengono riprese, ma dopo la prima parte non è un grosso problema e ci si ambienta bene.

    In realtà non è necessario aver letto il primo, in quanto, a parte un paio di riferimenti di passaggio, non vi sono implicazioni con quei fatti.
    CITAZIONE
    ci sono però alcuni punti della trama che mi rimangono poco convincenti. o meglio, è il piano del negromante a sembrarmi poco razionale. possibile che un essere capace di ritoranre dalla morte non avesse modo di ritornare al suo covo?

    Il negromante ha poteri sulla morte e sui morti, ma la sua magia si limita a questo. Quello che gli occorreva era un mago elementale (o tutt'al più un telecinetico) capace di manipolare la roccia per liberare il passaggio.
    CITAZIONE
    e poi, perché non si sbarazzano dei due proprio nel momento in cui l'accesso alla caverna viene aperto?

    In linea teorica, al buio, dovrebbe essere più facile sorprendere un avversario.
    CITAZIONE
    inoltre la presenza della testa di serpente tra i trofei mi pare un errore troppo grossolano per essere credibile.

    tieni presente il clima sempre al limite del grottesco del racconto. Spuntone era un arrogante stupido. L'errore è in linea con lui.
    CITAZIONE
    infine, il negromante non interviene affatto nella battaglia finale, quando ci si aspetta da un personaggio del genere un certo potere.

    E' vero, ma la maggior parte del suo potere risiedeva nel trono stesso, su cui non si è mai seduto. Inoltre era tornato da poco, non era ancora nel pieno delle forze. E poi sarebbe stato un cattivo prevedibile in quel caso, no?


    CITAZIONE
    per la struttura esprimo qualche dubbio sui flashback in corsivo. non che non fuznionino, ma secondo me avresti dovuto introdurli un po' prima perché non figurassero troppo "artificiali" all'interno della narrazione, visto che compaiono solo nella fasi finali.

    Lo so, è stata una mia scelta precisa, quella di tenermi i fb alla fine, per dare alla storia un taglio giallo. Capisco che sia stato un azzardo, ma mi piace rischiare qualche esperimento ogni tanto.

    Grazie anche a te e marramee per i commenti. :)

     
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  7. Peter7413
     
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    Eccomi!
    Allora, primo contatto con il tuo mondo fantasy e devo dire che è stato più che positivo.
    Mi piace questo fantasy sporco e molto pulp. Tutta la prima parte del racconto è molto ben riuscita e trovo molto innovativo anche il rapporto fra Lacero e Violata.
    Il tutto può funzionare con l'unica pecca del pubblico di riferimento. Il fantasy si è rilanciato in questi anni grazie al pubblico dei giovanissimi, che però, per ovvie ragioni, non può essere il tuo target. Anche il pubblico femminile temo ne rimanga tagliato fuori, ma è da valutare. Ti sottolineo questo solo in una prospettiva di pubblicazione: in pratica ottime idee, ma il difficile sarà trovare un editore disposto a rischiare.
    Tornando al racconto qui in esame devo farti notare che dopo la parte iniziale scoppiettante subentra una certa stanchezza e si nota anche una minore brillantezza. Il momento della ricerca dei compagni è banalotto e il finale è rovinato da un sottoutilizzo del personaggio del Negromante.
    Detto questo il mio voto si attesta su un 3 bello pieno soprattutto grazie alla bontà della innovazioni che proponi in ambito fantasy. Attento però che devi lavorare di cesellatura su tutto il testo, dev'essere in ogni punto brillante come all'inizio.
    Appena riesco vado a leggerti anche l'altro racconto.
    :)
     
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  8. Daniele_QM
     
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    Grazie Peter. Devo dire che questo fantasy è innovativo anche per me. Finora i miei scritti in questo senso erano molto più classici. ;)
     
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  9. Peter7413
     
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    CITAZIONE (Daniele_QM @ 8/3/2010, 15:40)
    Grazie Peter. Devo dire che questo fantasy è innovativo anche per me. Finora i miei scritti in questo senso erano molto più classici. ;)

    Beh, allora secondo me è una strada che dovresti continuare a percorrere, ha un che di innovativo. Se hai bisogno di letture io sono qui. ;)
     
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  10. Daniele_QM
     
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    In effetti sto pensando a una serie di avventure di questa strana coppia. Una specie di Bonnie e Clyde in stile fantasy! :D
     
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  11. Sakura2
     
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    Intrigante questo racconto! Molto buona soprattutto la prima parte, in cui mi sembra che tu ti riesca a discostare dai soliti canoni del fantasy.
    Metto un 2 perchè secondo me la seconda parte poteva essere molto più rifinita...
     
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  12. Daniele_QM
     
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    CITAZIONE (Sakura2 @ 15/3/2010, 16:43)
    Intrigante questo racconto! Molto buona soprattutto la prima parte, in cui mi sembra che tu ti riesca a discostare dai soliti canoni del fantasy.
    Metto un 2 perchè secondo me la seconda parte poteva essere molto più rifinita...

    Potresti spiegarmi più dettagliatamente cosa intendi per "più rifinita"? ti riferisci a un'attenzione nel linguaggio, nella sintassi, o nella storia in sé? O altro?
     
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  13. Evy_BlackTinfoil
     
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    Tornata!
    E' il primo racconto tuo che leggo e ammetto che, pur non essendo amante del fantasy, non mi dispiace affatto.

    Solo qualche piccolo appunto:
    SPOILER (click to view)
    CITAZIONE
    Ma se ci presentiamo nell’ora dell’appuntamento, saremo attesi e non desteremo sospetti.

    Secondo me suona meglio "all'ora".
    CITAZIONE
    - Bene, ragazzzzzi. – Vilserpe si alzò, lasciando svolazzare la sua lunga veste.

    Qui hai istigato la glottologa: perché la "z"? Non è una sibilante...
    CITAZIONE
    sfrecciando in un nube di tenebra

    Refuso: in una nube
    CITAZIONE
    - qua! – disse, strappandogli di mano la torcia.

    "Dà" è la terza persona singolare del verbo "dare". Il tuo invece è un imperativo tronco (definiamolo così), quindi la forma corretta è "da' ".
    CITAZIONE
    La sensazione di dominio sui morti la penetrò con la stessa veemenza del suo amante nelle caldi notti di passione.

    Refuso: nelle calde notti
    CITAZIONE
    Mentre correva su per la scalinata, gli giunse l’eco delle urla di Spuntone, sopraffatto dalla marea di morti risorta dalla tomba.

    Refuso: morti risorti

    Aggiungo una cosa, anche se è già stata detta. Anch'io sono poco convinta dall'uso del presente nei flashback...

    Voto 3.

    A presto!
     
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  14. Daniele_QM
     
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    Ciao Evy, grazie per le segnalazioni.
    Quanto al corsivo per i flashback, è una mia prerogativa. Trovo che rendano meglio lo stacco con il narrato. :)
     
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  15. Sakura2
     
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    CITAZIONE (Daniele_QM @ 15/3/2010, 17:20)
    CITAZIONE (Sakura2 @ 15/3/2010, 16:43)
    Intrigante questo racconto! Molto buona soprattutto la prima parte, in cui mi sembra che tu ti riesca a discostare dai soliti canoni del fantasy.
    Metto un 2 perchè secondo me la seconda parte poteva essere molto più rifinita...

    Potresti spiegarmi più dettagliatamente cosa intendi per "più rifinita"? ti riferisci a un'attenzione nel linguaggio, nella sintassi, o nella storia in sé? O altro?

    Intendo dire che c'è una sorta di scollamento tra come costruisci tutta la prima parte del racconto, anzi, i primi 3/4, e l'ultima parte (la battaglia finale e la risoluzione, ovvero l'ultima scena). Nella prima parte, si sente la tensione e, nonostante i dettagli un po' troppo macabri per i miei gusti, crei un'atmosfera cupa che mi piace. Andando avanti, costruisci bene la curiosità attorno a questo misterioso trono d'ossa e al negromante... solo che alla fine, tutto si risolve con toni più ironici, che secondo me stonano e depotenziano il racconto. Io sceglierei il tono dark, un po' alla Allan Poe, fino alla fine, rifinendo anche il linguaggio della scena finale in questo senso (le battute tra la donna e l'elfo sono giocate in toni troppo leggeri). La coerenza del tono, delle immagini e del linguaggio è fondamentale per un racconto ben riuscito... Ciao!!
     
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20 replies since 1/3/2010, 01:32   449 views
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