Magia Segreta
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Magia Segreta

Alberto Priora - Urban Fantasy - 36 k

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    MAGIA SEGRETA
    di Alberto Priora - Urban Fantasy


    Qualcuno stava ancora fissando i movimenti dell’insegnante, impegnata nel tracciare un complicato diagramma sulla fosfolavagna, ma la maggior parte degli studenti pensava ormai solo al termine delle lezioni, e a quello che avrebbe fatto fuori dall’aula.
    C’era chi aveva lo sguardo che andava oltre la finestra, perso tra i grattacieli che si immaginavano infiniti, o che perlomeno si dicevano abbastanza numerosi da abbracciare il mondo intero numerose volte, se messi a distanza di vista uno dall’altro. C’era chi non vedeva l’ora di riabbracciare il proprio giovane amore di quella settimana. C’era chi anelava di riempirsi presto di dolci o di abbandonarsi agli ologiochi. C’era chi, semplicemente, voleva deliziarsi nella noia per tutto il pomeriggio. E poi c’era chi, come Relia, aspettava solo di correre a casa per sintonizzarsi sul nuovo episodio di Magia segreta, lo spettacolo più affascinante che venisse trasmesso; sempre ammesso che si sapesse quando e su quale canale.
    — Se noi poniamo sull’asse delle ascisse il tempo trascorso dalla fine dei confini nazionali e l’inizio della nostra grande civiltà urbana espresso in migliaia di anni e, sull’asse delle ordinate, il grado tecnologico raggiunto… — stava dicendo la Signora Rovriguez muovendo le dita sulla fosfolavagna e creando l’immagine — espresso secondo i paragradi della scala di Ballard ecco la figura che otteniamo.
    Tucca, seduta due file più avanti e tre banchi più a destra, si voltò di quel tanto che serviva a far vedere il bigliettino che stava appallottolando. Relia alzò lo sguardo verso la telecamera, che in maniera incessante muoveva il proprio obiettivo da destra verso sinistra e poi da sinistra verso destra, e annuì con decisione.
    Una pallina di carta fece una parabola quasi perfetta e atterrò sul suo banco.
    La Signora Rovriguez si irrigidì all’improvviso, e guardò di sbieco lo schermo di servizio che le mostrava le immagini riprese dalla telecamera. Relia si affrettò a mettere una mano sopra il biglietto appena arrivato e poi finse la massima attenzione possibile alla curva scintillante che si stava formando a beneficio di tutta la classe.
    L’insegnante scosse la testa e proseguì.
    Relia spostò la mano di pochi millimetri alla volta fino a far sparire la pallina nella tasca, poi iniziò a immaginare come sarebbe stata la puntata di oggi. Tucca aveva sempre delle ottime informazioni sulla programmazione di Magia segreta, anche se era stata sempre molto restia a rivelare come le ottenesse. Questo era un mistero su cui Relia aveva cercato di indagare, ma senza successo e alla fine, per non rischiare sia un litigio che di perdere la trasmissione, ci aveva rinunciato.
    — Ma cosa succede se noi intersechiamo la curva con i valori di qualità della popolazione, escludendo tutte le creature non conformi, naturalmente… — le parole della Signora Rovriguez naufragarono nelle onde della campanella di fine delle lezioni, quando tutti gli studenti si alzarono senza più l’intenzione di darle ascolto.
    — Sono notizie sicure — esclamò Tucca mentre scendevano le scale — stai tranquilla.
    — Bene. Mi scoccerebbe molto perdere il modo in cui il Principe Vampiro riesce a sottrarsi alla trappola della perfida Elfa Nera di Scandia.
    — Perché tu credi che riuscirà a liberarsi?
    — Certo che ci riuscirà. E poi è il mio personaggio preferito ed è pure così bello.
    Tucca rise e tenne aperta la porta della scuola per la sua amica. L’aria dell’esterno era calda e, come sempre, in equilibrio precario tra l’essere troppo umida e l’essere troppo inquinata. Anche se erano piuttosto distanti dalla zona industriale dove venivano prodotte le principali derrate alimentari per il distretto, si formava una cappa soffocante e qualche volta anche difficile da respirare. Forse era la conformazione del terreno, forse era la disposizione dei grattacieli, ma restava il fatto che per molti mesi all’anno il cielo assomigliava a un lenzuolo sporco. Naturalmente i simpatizzanti della Loggia dicevano che era anche colpa di qualche circolo di maghi e che se mai li avessero presi, tutti sarebbero tornati a respirare.
    Relia prese il biglietto e lo srotolò per leggerne le indicazioni. — Canale Gry 36 superiore, dalle tre alle quattro.
    — Esatto — disse Tucca sfoderando uno dei suoi sorrisi.
    — Vuoi venire a vederlo a casa mia?
    — Va bene, ma fammi avvertire i miei — Tucca prese il suo comunicatore e si assicurò di essere all’esterno della zona di blocco del segnale che interessava l’intera scuola. Diede alcune spiegazioni veloci e poi prese sotto braccio Relia. — Possiamo andare.
    Camminarono tranquille all’ombra dei grandi palazzi. A ogni semaforo sostava una pattuglia armata che sorvegliava in silenzio lo scorrere dei veicoli e il passare dei pedoni, lanciando sguardi sospettosi su chiunque, ma senza mai mettersi a controllare nessuno. Nella Piazza del Castoro Azzurro, proprio sotto la statua di quella creatura del passato, una specie scomparsa di cui si raccontavano sempre le doti magiche, incrociarono un gruppetto di Amici della Loggia. Li videro troppo tardi per cambiare strada e passare a ridosso delle case o prendere un sottopasso; cinque ragazzi di tre o forse quattro anni più grandi di loro, che sfoggiavano delle divise simili a quelle degli appartenenti alla Loggia.
    — Guarda, scommetto che sono delle streghe — disse uno di loro, indicandole con un cenno della testa — o magari delle vampire o delle licantrope.
    Un ragazzo dai capelli rossi e dal viso coperto di lentiggini, che teneva sul viso l’espressione altera da capobanda diede uno scappellotto a chi aveva parlato.
    — Vampire e licantrope escono solo di notte, idiota. Siamo in pieno giorno.
    L’altro alzò gli occhi verso il sole che si spostava pigramente dietro il velo di smog come se gli fosse necessario cercare la conferma.
    — Ma possono sempre essere delle streghe — aggiunse l’unica ragazza del gruppetto, una bionda slavata che teneva i capelli raccolti in una coda e portava sulla fronte un tatuaggio, forse solo provvisorio, che diceva Umano è meglio — e nascondere qualche magia. Anche se a ben vedere non mi pare che abbiano molto da nascondere lì sotto — aggiunse con un velo di malizia mista a scherno.
    Il rosso si spostò di due passi in modo da bloccare la strada di Tucca e Relia.
    — Avete qualche magia? — domandò con un sorriso maligno.
    — Nessuna che io sia disposta a darti — rispose Tucca scocciata.
    — Davvero?
    Gli altri membri della banda si mossero fino a circondarle. Se anche il ragazzo che aveva parlato per primo non pareva uno molto sveglio e la ragazza poteva essere un problema superabile, non così erano il capobanda e gli altri due, tutti alti e dalle spalle troppo larghe per farsi battere facilmente.
    — Io dico che siete delle streghe, e che praticate illegalmente la magia — il fiato del rosso era quasi raccapricciante e sapeva di popcorn e di salsa piccante andata a male.
    Relia mise la mano nella tasca della giacca dove teneva il coltellino che portava sempre con sé, sperando che anche Tucca avesse il suo. Erano ben poca cosa, ma forse sarebbero riuscite a farsi abbastanza largo da scappare fino ai margine della piazza.
    — Ti ripeto anche io che non lo siamo — Relia sentì dire la sua voce, ma con un lieve tremolio che tradiva quanto fosse preoccupata.
    Il ragazzo dai capelli rossi fece un passo in avanti. I suoi compagni sembrarono ondeggiare in attesa di colpire.
    — Che succede? Ci sono problemi? — esplose la voce di uno dei soldati che fino a qualche istante prima si trovava sotto al semaforo dell’incrocio; teneva il fucile a tracolla, ma le mani lo tenevano come se potesse far fuoco alla prima mosca che osasse ronzargli attorno per più di tre secondi.
    Il rosso smise di sorridere. La bocca assunse una posizione inerte come se fosse la fessura di una buca delle lettere e le mani gli scesero lungo i fianchi.
    — No. Per niente.
    — E voi, ragazze. C’è forse qualche problema?
    Tucca lanciò un’occhiata in tralice a Relia. L’esercitopolizia non vedeva molto di buon occhio gli Amici della Loggia, e non era tanto per il fatto di non essere d’accordo con la loro crociata contro la magia e contro tutte le creature che ne possedevano anche solo un pezzettino; le leggi erano chiare su questo, e l’influenza della Loggia su chi le scriveva era ormai troppo estesa perché fosse diversamente. Ma gli Amici, questi simpatizzanti a metà strada tra essere delle giovani reclute e dei normali teppisti, tendevano a controllarsi poco, a fare azioni, che definivano dimostrative, ma che molto spesso si rivelano delle esagerazioni o anche degli spiacevoli errori. Agivano in modo scoperto e plateale, poco controllabile; a differenza dei membri più freddi e quasi elusivi, che agivano nella Loggia. Era solo gente a cui bastava una specie di divisa e un distintivo per credersi chissà chi.
    Ma non era il caso di mettersi nei guai, anche ammesso che il soldato decidesse che la banda gli stava sulle palle.
    — No. Nessun problema.
    Il soldato alzò un sopracciglio che significava “Non vi credo per niente” e poi li bruciò con uno sguardo da “Allora toglietevi tutti da qui”, rimanendo immobile per attendere che tutti seguissero l’ordine.
    I cinque ragazzi arretrarono e poi sparirono oltre la statua del Castoro Azzurro. Il rosso, all’ultimo momento, lanciò un’occhiata indecifrabile a Relia che, incapace di capire se si trattasse di odio o di desiderio, rimase immobile e si costrinse a deglutire per la tensione. A quel punto Tucca la prese per mano e lo trascinò fino al porticato che stava dalla parte opposta a quella da cui erano arrivate.
    — Bastardi! — disse quando furono al riparo delle colonne, proprio davanti a un emporio che vendeva unicamente cose di plastica, che fossero scarpe, vestiti o piante da mettere sul balcone.
    — Sì. Vero.
    A quel punto si affettarono fino a casa.

    Relia passò i polpastrelli sulla serratura e attese che la porta si sbloccasse. L’appartamento che divideva con i suoi genitori, anche se loro non c’erano mai, si trovava al quindicesimo piano di un vecchio palazzo dalla facciata percorsa da un numero talmente elevato di arcate da risultare ridicole. L’architetto, che probabilmente aveva sofferto di qualche disturbo non codificato dalla medicina della sua epoca, si era divertito a sovrapporre a ogni parete chiusa serie di archi e, all’interno di questi, archi più piccoli e archetti. Che gli archi fossero necessari oppure no, che fossero gradevoli oppure no, non era stato un criterio; tanto che il risultato, visto da lontano, faceva assomigliare l’edificio alla superficie increspata di un lago messa in verticale. Quando l’umidità dell’aria era agitata dal vento, si creava un effetto quasi nauseante.
    Si preparano qualcosa da mangiare e poi si stesero sul divano davanti allo schermo. Relia si mise in grembo la console dei comandi e iniziò a manovrarla in cerca della frequenza giusta. Le trasmissioni erano così tante, provenienti da ogni parte di quel globo urbanizzato, che superavano il numero delle frequenze esistenti, forse anche quello delle frequenze possibili. Era però vero che ognuno aveva i propri canali preferiti e, soprattutto, i propri spettacoli preferiti. Si tratta va solo di trovarli.
    Magia segreta non era mai sullo stesso canale, mai sulla stessa frequenza e mai alla stessa ora. Poteva sparire per settimane e poi essere trasmesso per tre giorni di seguito. Non c’erano repliche, mai. Non c’era modo di registrarlo, perché il segnale viaggiava assieme a un disturbo che lo impediva. Non c’era modo di capire dove venisse girato e da dove venisse trasmesso. Il Governo ci aveva provato, poi aveva rinunciato per pensare ad altro, limitandosi ad alzare le spalle alle proteste della Loggia.
    Relia fissò le coordinate definitive del sistema e lo schermo allungò le sue parti facendole scorrere attorno a loro fino a circondare l’intero divano.
    Erano le tre meno dieci minuti. Tucca le sorrise e poi si riempì la bocca di biscotti in maniera quasi oscena; Relia scosse la testa, disturbata ancora dal pensiero del brutto incontro che avevano fatto. Solo con lo sguardo, stava seguendo sullo schermo una partita di una qualche lega minore di palla urbana che si stava svolgendo, forse a migliaia e migliaia di chilometri di distanza, in quella che sembrava una fabbrica dimessa, ma già trasformata in cantiere.
    — Ehi, una volta li ho visti giocare da casa mia — disse Tucca — erano sullo svincolo. Non tutti i veicoli si erano fermati, dovevi vederli.
    Senza nessun preavviso, mentre una delle tre squadre in gioco stava facendo avanzare i propri attaccanti verso la porta avversaria, sistemata strategicamente dietro un cumulo di grossi tubi arrugginiti, iniziarono a scorrere i titoli di testa di Magia segreta.
    — Eccoci! — esclamò Tucca, sputacchiando in giro briciole di biscotti.
    — Shhh!
    Intorno a loro era sceso il crepuscolo. Il cielo era quasi sgombro di nubi e la luce anneriva le poche rimaste da sotto l’orizzonte. Il luogo sembrava sulle prime essere una foresta, quell’agglomerato di alberi ormai scomparso; ma non appena le riprese allargarono il campo, si rivelò essere un parco stretto tra una fila di alti edifici e una serie di ponti che superavano un ampio canale. Il Principe Vampiro, bello e giovane, con i suoi corti capelli neri e lo sguardo che faceva tuffare il cuore, era al centro dell’azione. Aveva una sciabola nella mano destra e l’orlo del mantello in quella sinistra, sollevato come se fosse una specie di scudo, ma destinato a servire per nascondere le proprie mosse agli avversari. Attorno a lui c’erano i mutanti che lo avevano preso in trappola al termine della scorsa puntata, creature deformi e brutali nel movimenti, armate di picche e clave. Oltre di loro, a guidarli, l’Elfa Nera di Scandia, con la sua pelle scura ornata di gioielli e la lunga chioma d’argento. La donna sorrideva, deliziata di aver messo alle strette il suo nemico, euforica per l’averlo diviso dai suoi alleati, raggiante per il gusto della vittoria imminente.
    — Sono orrendi! — disse Tucca atteggiandosi a uno dei mostri immondi.
    — Fai silenzio, che devo sentire cosa dice. Potrebbero essere le sue ultime parole.
    — E se lo fossero. Di chi ti innamorerai dopo, se uccidono il tuo bel principe?
    Non sarebbe stata la prima volta che uno dei protagonisti di Magia segreta rimaneva ucciso, ma finora era successo solo con personaggi minori.
    Il Principe Vampiro, Darken era il suo nome, infilzò il mutante più vicino, che incautamente aveva fatto un passo avanti di troppo. La creatura rigurgitò sangue di colore amaranto e crollò al suolo.
    — Non hai scampo, Darken — disse l’Elfa, facendo tintinnare i suoi braccialetti di ossa umane — non hai più scampo. Non dovevi rifiutarmi; chissà, forse ti avrei anche risparmiato dopo la nostra unione.
    — Permettimi di dubitarne.
    — Davvero?
    Il vento faceva frusciare le chiome degli alberi. Il cerchio dei nemici si fece più stretto di un passo.
    — Non sei una creatura capace d’amore.
    — Perché tu lo sei? — rispose l’Elfa, trattenendo a stento le risate.
    — Più di quanto tu creda.
    — E allora ti sfido. Dimostralo. Trova una lei che sia disposta a sacrificarsi per amore per te e ti risparmierò. Ti do due giorni. Altrimenti… — l’Elfa fece una rapida serie di gesti nell’aria e l’intero cerchio dei mutanti parve illuminarsi per un istante — saprò dove cercarti senza dover fare il minimo sforzo, e non ti risparmierò una seconda volta.
    Un attimo dopo l’Elfa di Scandia e i suoi soggetti erano spariti.
    — Visto? — commentò Tucca —È salvo. Puoi stare tranquilla, adesso.
    — Già — rispose Relia affondata nel divano. Sentiva il suo cuore battere forte.
    Il resto dell’episodio vide Darken impegnato a cercare i suoi compagni e alleati. Mancava solo una manciata di minuti alle quattro, quando il Principe Vampiro, impegnato a spiegare agli altri i termini della sfida che incombeva su di lui, alzò la testa e parve fissare il vuoto a davanti a sé. La sua espressione, che era stata cupa e preoccupata fino a quel momento, parve distendersi in un grande sorriso. I suoi occhi parvero brillare.
    — Credo che sia il momento di raggiungermi, Relia. Solo tu mi puoi salvare dalla morte definitiva, Relia dagli occhi verdi. Ti aspetto al quarto corvo grigio, accanto ai binari. Vieni, per favore.
    Magia segreta terminò con quelle parole. C’era un’altra partita di palla urbana, ma che fosse dall’altra parte del mondo o nel cortile dietro il palazzo non aveva nessuna importanza. Relia si accorse di tremare e che era incapace di smettere.

    — Sai cosa dovrei dirti?
    Relia stava in un angolo del divano; teneva le gambe piegate e le ginocchia sotto il mento. Si sentiva come se una delle stelle del cielo, quelle che si vedevano nitide solo di rado, fosse scesa e le avesse girato attorno, invitandola a raggiungerla.
    — Te lo dico anche se non mi rispondi — incalzò Tucca — Dico che è impossibile. È semplicemente impossibile. Gli spettacoli non chiamano la gente vera e non ti conoscono per nome.
    — No? Forse è la magia. Sai anche tu che Magia segreta non è uno spettacolo normale, che non è uno spettacolo come tutti gli altri. Come ti spieghi tutte le altre cose. È uno spettacolo magico.
    L’amica sospirò. — Magico finché non li trovano e non gli sparano.
    — Non è così che si eliminano i vampiri.
    — Allora fino a quando non li impalettano, li friggono o non gli fanno quello che serve. Il fatto che il governo abbia smesso di cercare Magia segreta, non significa che lo abbia fatto anche la Loggia. Lo sappiamo. Avremo anche diciassette anni, ma non siamo delle stupide; non è questo che ci siamo sempre dette?
    — Già. Però…
    — Però cosa? So che stai pensando di andare. Ma anche ammesso che esista un posto con quattro cornacchie…
    — Corvi.
    — Come?
    — Il quattro corvo grigio diceva l’indicazione; non cornacchie. Sono cose diverse.
    Tucca si strinse le mani una con l’altra. — Corvi, va bene. Corvi. Dicevo: anche ammesso che un posto del genere esista e tu sia in grado di trovarlo, poi cosa succede? Una riunione di tutte le Relie con gli occhi anche solo moderatamente un po’ verdi? Sai in quanto avranno visto l’episodio?
    — Era per me. So, sento, che il messaggio era per me e che solo io potevo sentirlo.
    — E io allora? Mi chiamo Relia, per caso? Ti pare che questi occhi siano verdi? — disse Tucca sbattendo le ciglia per attirare lo sguardo sui suoi occhi marroni.
    — Eri vicina a me. Sei rimasta coinvolta.
    — Vedo che hai una risposta per tutto. Ci rinuncio.
    Rimasero a lungo in silenzio. Fuori il sole stava tramontando, e le arcate del palazzo crearono giochi di ombre all’interno dell’appartamento. I giochi poi si spensero e cedettero il posto a un buio appena sfiorato dalle luci provenienti dagli altri edifici.
    Solo più tardi Relia domandò: — Non vai a casa.
    — No, ho detto che forse restavo qui a dormire. Domani è anche vacanza. Però se vuoi me ne vado.
    Relia scosse la testa. — I binari si riferiscono a un treno. Quindi o una ferrovia o una metropolitana.
    — Sai quante ferrovie e metropolitane ci sono nel mondo? È impossibile.
    — Non ci sarebbe stato messaggio, non ci sarebbe stata richiesta se fosse impossibile. Credo che sia molto più vicino di quanto si possa pensare.
    Relia riprese la console di comando e si collegò alla megarete, evocando una mezza dozzina di pagine di ricerca.
    — Non può essere così semplice.
    — Perché no? Se il messaggio era solo per me, non può essere così difficile da trovare, vedrai. E poi, si tratta di magia.

    La nebbia del mattino avvolgeva i palazzi e si insinuava nelle strade come le dita fredde all’interno di un guanto. Era un giorno festivo e c’era poca gente in giro, assonnata o pigra. Le pattuglie di soldati stavano controllando, come sempre, gli incroci.
    Relia non era mai stata in quella zona del distretto. Tucca, che ogni tre passi scuoteva la testa e ripeteva mormorando che quella rimane una follia, neppure. Avevano preso una delle tante linee della metropolitana che attraversano il sottosuolo della megalopoli, che si incrociano, si interrompono, riprendono e ondeggiano attraverso il terreno come un enorme sistema nervoso. Alcune sono nuove, altre sono vecchie; alcune sono affollate, altre sono abbandonate. Ve ne sono di dimenticate, residui del passato che si è preferito murare dietro qualche porta o separare con qualche grata perché era più economico del doverle riadattare a standard più moderni. Adesso sono lì da qualche parte, malandate come i neuroni di un malato di demenza progressiva, trascurate come un parente anziano che si preferisce dimenticare.
    Relia si muoveva con passo veloce. Aveva raccolto in una coda i capelli dalle molteplici sfumature di rosso e avvolto con una tuta protettiva la sua corporatura esile, ancora in bilico nel passaggio da ragazza a donna. Tucca aveva fianchi meno stretti, un corpo più atletico e più formato, gli occhi e i capelli più comuni.
    Si fermarono davanti a un edificio deserto, in passato una gigantesca cattedrale di vetro, marmo e cemento, e adesso un enorme dinosauro abbattuto e lasciato a morire. La facciata era piena di buchi, così tanti da farla sembrare, nella sua alternanza di fessure e rientranze, lo spirito eterno del Braille.
    Davanti alla grande stazione, il posto in cui si incrociavano linee di superficie e linee sotterranee, Relia consultò le mappe che aveva scaricato nel suo comunicatore.
    — Il posto è questo.
    — Se ne sei sicura tu? — rispose con una venatura sarcastica Tucca.
    — Sono sicura. Vedrai.
    Relia studiò il grande portone che era sbarrato all’esterno, ma certamente anche all’interno. Anche se non stava passando quasi nessuno, avrebbe dato troppo nell’occhio se due ragazzine si mettevano a scardinare delle assi; era meglio cercare un altro ingresso.
    Si spostarono fino a raggiungere, oltre l’angolo, il lato destro. Alcune casse erano state ammucchiate sotto una delle finestre, il cui vetro era stato infranto chissà quanto tempo prima.
    — Forza. Passiamo da qui — disse Relia senza aspettare che la sua amica accettasse di seguirla o meno.
    Il grande atrio della stazione era immerso nella penombra. La luce del mattino penetrava attraverso i grandi lucernari del soffitto e dipingeva ombre infide e misteriose in angoli pieni di vetri e di spazzatura accumulata col tempo. Una serie di enormi statue ingombrava l’ambiente: gli architetti, non contenti di riempire le balconate di gargoyle, avevano eretto, accanto a ogni scala che scendeva verso i binari della metropolitana, enormi corvi di pietra grigia, che puntavano i loro becchi verso l’ingresso principale.
    —Visto? — disse Relia dirigendosi verso la statua più vicina, una scultura alta quasi quattro metri, impettita e altera.
    Passarono sotto di essa e si diressero poi verso le altre, fino a raggiungere la quarta. Tucca lanciò uno sguardo preoccupato alla scalinata che spariva nel buio, i gradini consumati da generazioni di piedi.
    — Pensi di andare di sotto?
    — Pensi che mi fermi arrivata a questo punto? Abbiamo trovato i corvi e sappiamo che ci sono i binari. Il messaggio era vero e non intendo rinunciare adesso — Relia prese dalla tasca una torcia elettrica e la accese, poi la passò a Tucca.
    — Tieni, io ho la mia.
    Un fascio di luce artificiale si tuffò nel buio del sottosuolo e aprì loro la strada. Più in basso riposavano binari dimenticati, panchine per i viaggiatori in attesa, distributori automatici antidiluviani, immersi nell’oscurità e nel silenzio, cristallizzati in un freddo abbraccio di abbandono. Quando scesero l’ultimo gradino sembrò loro di essere come in un universo differente, lontanissimo da quello della superficie.
    — Relia, sei sicura di quello che stiamo facendo? — sussurrò Tucca facendo resuscitare con il suo fascio di luce oggetti affogati nel tempo.
    — Lo scopriremo tra poco.
    Fecero alcuni passi, fino a raggiungere la linea dei binari che, mezzo metro più in basso, spariva in due direzioni opposte, inabissandosi nelle gallerie. Provarono a esplorarle, con le torce, ma oltre una decina di metri la luce veniva come inghiottita dal buio.
    Tese, fuori dal loro ambiente abituale, non si accorsero di nulla fino all’ultimo istante; non lo sentirono avvicinarsi, ammesso che un normale umano fosse in grado di accorgersi di un vampiro che scivolava, quasi navigava, nell’oscurità più completa. Così Darken, il Principe Vampiro fu su di loro.

    Darken aveva un aspetto giovanile, anche se, nella realtà di Magia segreta, aveva più di cento anni. Alto, slanciato, con lunghi capelli neri che gli scendevano fino alle spalle e occhi scuri che brillavano ogni volta che era necessario. Bello e affascinante, carismatico nella sua eleganza e nel suo ardore.
    Era comunque un vampiro e i vampiri, anche a chi non aveva la mente oscurata dalla paura irrazionale di tutto quello che era magico o anche solo odorava di magia, incutevano un timore ancestrale.
    Relia fece un balzo all’indietro, mentre Tucca cercò per terra un qualunque oggetto che potesse servirle a difendersi, per quanto fosse ridicolo il concetto di usarlo.
    — Sono felice che tu abbia risposto alla mia chiamata — disse allargando la bocca in un sorriso, ma senza svelare i canini con cui era solito mordere le sue vittime.
    Relia era combattuta. In parte era contenta, si poteva anche dire sedotta, del fatto di poter incontrare l’eroe delle sue fantasie, di vederlo dal vero e non confinato su di uno schermo, per quanto avvolgente a 360 gradi; ma in parte era terrorizzata da sé stessa, dall’aver intrapreso quello strano cammino in cerca di un personaggio che doveva essere finzione, del protagonista di uno spettacolo trasmesso in tutto il mondo, di una chimera che poteva non solo non esistere, ma semplicemente essere molto diversa da quello che si immaginava.
    Eppure era lì: davanti a lei. L’aveva evocata e lei era apparsa.
    Tucca sollevò una bottiglia rotta e la tenne davanti a sé, costringendosi a sembrare minacciosa.
    — Non avete nulla da temere da parte mia. Soprattutto tu, Relia — disse Darken.
    Tucca non sembrò molto convinta e non accennò ad abbassare la sua arma improvvisata.
    — Non sono ancora sicura che sia tutto vero — rispose Relia.
    — Lo è. Se guardi dentro di te, scoprirai che lo è.
    — Ma perché? E perché io?
    Il vampiro spostò la testa di lato e allargò le braccia in un gesto che sembrava voler abbracciare il buio della stazione sotterranea.
    — Esistono in questo mondo, e sono sempre esistite fin dai tempi in cui tutto era molto diverso, creature magiche, diverse dagli uomini. La maggior parte ha sempre scelto di condurre la propria esistenza in segreto, stando separata. Gli uomini le hanno sempre guardate con sospetto, mescolando attrazione e paura, incapaci di comprenderle e decidendo, molto spesso, di condannarle. Ci sono stati tanti conflitti; anzi ce ne è uno anche adesso, con chi da la caccia alla magia mentre gli altri stanno a guardare. Eppure ci sono dei momenti in cui è destino che ci siano degli incontri, forse per provare a comprendersi un poco, forse per scoprire che non è possibile. Come adesso. Come noi.
    Relia rimase a fissarlo, incapace di rispondergli, ma anche di accettare quello che diceva.
    — Se avevo dei dubbi che fossimo ancora all’interno di Magia segreta, adesso non ne ho più. E direi che non è neppure uno degli episodi migliori — Tucca aveva abbassato il collo di bottiglia e stava scuotendo la testa.
    — Sei convinta che Magia segreta sia un semplice spettacolo?
    — Dovrebbe essere qualcosa d’altro?
    Darken rise divertito muovendo la testa all’indietro. — Magia segreta è ben più di uno spettacolo. È la vetrina di quello che accade in luoghi che sono vicini a voi eppure incredibilmente lontani, il ponte per un mondo che non conoscete, ma che sta sotto di voi, intorno a voi, in luoghi che non sapete raggiungere. Credete che maghi, streghe, licantropi e tutte le altre razze magiche se ne stiano semplicemente rintanate in qualche scantinato in attesa della notte?
    — Non è così? — osò chiedere Relia-.
    — No, mia cara. Non è per niente così. Venite ve lo mostrerò.
    Prese per mano Relia e la condusse verso il buio. Tucca fece per protestare, ma quando illuminò il punto in cui stavano andando, si accorse che si stavano dirigendo verso una porta di metallo. Non potendo lasciare da sola l’amica, li seguì, prima giù per una scala che parve scendere all’infinito, tra sgocciolii di acqua, rifiuti tanto antichi da non essere più neppure riconoscibili e piccole creature che fuggivano solo per poi fermarsi a osservarli con i loro occhietti.
    E poi, come passando un confine non indicato, una linea invisibile, si trovarono altrove, in un mondo che era vicino e lontano assieme: un mondo di sale segrete, un mondo di cortili sotto cieli impossibili, un mondo di corti composte da strani personaggi, un mondo di differenti colori e usanze, un mondo in cui la magia pulsava e scorreva incessante, un mondo con le sue lotte e le sue contraddizioni. Ed era quello che Relia aveva visto in Magia segreta e anche molto di più.
    Quando tornarono era scesa la notte nel mondo degli uomini e gli occhi di Relia erano pieni di tutta quella magia e della cortesia e della passione del suo ospite. Lui l’aveva accompagnata, l’aveva stretta, l’aveva sfiorata, l’aveva portata in trionfo e l’aveva amata. Poteva lei tirarsi indietro?
    Una luce soffusa, quasi una scarsa penombra, aveva invaso l’atrio della grande stazione abbandonata quando i tre riemersero dalla scalinata e si ritrovarono tra le statue a forma di corvo.
    — E adesso? — chiese Relia. Il viso di Darken, pallido per sua natura, era di fronte a lei, pieno di promesse e anche di speranze.
    In quel momento tutto il salone parve esplodere di luce. Potenti riflettori incrociarono i loro fasci e riempirono ogni angolo; le ombre che li avevano abitati fino ad allora vennero spazzate via come per l’arrivo di un tifone, le sagome furono costrette a rivelare tutti i loro segreti e loro tre si trovarono circondati.
    Attorno a loro c’erano una decina di membri della Loggia, con le loro uniformi, i loro simboli e le armi spianate; e poi tronfi e soddisfatti, i cinque Amici della Loggia che avevano avuto la sfortuna di incontrare il giorno di prima.
    — Un ottima caccia: due giovani streghe e un famoso vampiro — disse quello che poteva essere un ufficiale dell’organizzazione dedita a perseguitare la magia con incessante caparbietà.
    Darken snudò i canini, mentre Tucca si stringeva impaurita a Relia.
    — Non abbiamo fatto nulla! — disse quest’ultima.
    — Nulla? — tuonò l’uomo — Come potete dire di non aver fatto nulla. Un vampiro è il male incarnato, una minaccia per gli uomini e voi, invece, non siete che feccia traditrice. La vostra colpa è di aver tradito l’umanità. È un piacere per noi eliminarvi; è la nostra sacra missione che ce lo chiede.
    Relia vide un sorriso divertito disegnarsi sulla bocca del ragazzo dai capelli rossi, che se ne stava con le braccia conserte a osservare la scena. I suoi occhi rispecchiavano un odio profondo.
    Le armi puntavano su di loro e non c’era niente dietro cui ripararsi o nascondersi. Relia sentì Darken irrigidirsi: era sul punto di lanciarsi in uno scontro impari e quasi certamente inutile, ma non era nella sua natura arrendersi senza combattere.
    Qualcosa iniziò a fluire dalle scale che portavano ai binari al piano inferiore; erano sagome scure e veloci, che in gran numero si stavano portando alle spalle degli appartenenti alla Loggia senza che questi si accorgessero di nulla.
    —Non vorrete togliermi la mia preda personale, spero? — echeggiò una voce femminile — Sarebbe una scortesia inaudita. E io non amo le scortesie.
    Relia alzò lo sguardo. Sopra una delle statue di corvo stava accucciata l’Elfa Nera di Scandia; in ogni mano una sciabola luccicante. La sua pelle scura, più nera del nero, pareva quasi assorbire la luce artificiale portata dagli uomini, prendendola senza poi rilasciarla.
    Il primo dei militanti della Loggia venne preso alle spalle da uno dei mutanti, che lo azzannò al collo strappandogli le carni con tale velocità che riuscì appena a gridare prima di soccombere. Gli altri iniziarono a sparare al primo bersaglio che vedevano, senza rendersi conto di essere già stati circondati e che la strategia migliore sarebbe stata quella di raccogliersi al centro per cercare di fermare l’assalto e non di rimanere separati e vulnerabili.
    L’Elfa di Scandia balzò nell’aria e, per un istante, parve quasi volare; poi, come cavalcando la luce e ignorando le raffiche dirette verso di lei, si abbatté sull’ufficiale incrociando le lame sul suo collo; l’uomo morì e la sua testa ruzzolò, mantenendo un’espressione incredula, ai piedi di Relia.
    Il caos fu di breve durata; sorpresi e in inferiorità numerica, tutti i membri della Loggia furono massacrati. I mutanti erano troppi e per uno che cadeva, un altro prendeva il suo posto risalendo dal buio del sottosuolo. Il rosso venne trafitto da una picca mentre cercava di saltare oltre la vetrata che portava all’esterno in un inutile tentativo di fuga; i suoi compagni non ebbero scampo e finirono a sanguinare nella polvere trafitti e spezzati.
    Quando fu tornato il silenzio l’Elfa Nera avanzò in direzione di Darken e delle ragazze, mentre i suoi servitori si allargavano a formare un cerchio e la facevano passare.
    — Come vedi, non è stato molto difficile trovarti — la sua voce assomigliava allo scorrere di un fiume sotterraneo.
    — Non puoi aspettarti che ti ringrazi per essere intervenuta.
    — No, non me lo aspetto. Quello che mi aspetto è di riscuotere il premio della mia sfida, una sfida che stai per perdere. E, come ben sai, quel premio è la fine della tua esistenza — disse l’Elfa puntando le sue armi contro il vampiro.
    Darken snudò la sua spada, fissando la sua avversaria con attenzione e poi attaccando per primo. L’Elfa Nera parò con facilità e contrattaccò, costringendo il vampiro ad arretrare fino ad avere le spalle contro una delle grandi statue. Il suo modo di combattere assomigliava a una danza, elegante e spietata nei movimenti; un vortice di lame che affondavano nei punti più imprevedibili, che erano sempre sul punto di colpire i posti meno difesi.
    Il Principe Vampiro tentò ancora di forzare la guardia dell’Elfa di Scandia, ma inutilmente; poi, mentre il suo volto prendeva un’espressione di rabbia che gli contorceva i lineamenti, abbandonò la spada e sfoderò gli artigli per lanciarsi sulla sua nemica. Lei fu più rapida nei movimenti e riuscì a scansare il suo attacco e insieme a trapassarlo con entrambe le armi. Mentre Darken cadeva al suolo, l’Elfa Nera piroettò su sé stessa e gli fu addosso, bloccandolo sul terreno.
    — So che la ferite ti stanno solo indebolendo e che, se ti lasciassi il tempo, ti riprenderesti. Ma, vedi, non ho alcuna intenzione di farlo — puntò le punte delle lame sul suo petto, entrambe all’altezza del cuore.
    Relia era rimasta a guardare fino a quel momento. I mutanti non si erano avvicinati a lei e a Tucca, e non si sentiva direttamente in pericolo. Ma adesso il Principe Vampiro, il suo Darken, era steso al suolo e minacciato di morte. Sentiva che era il suo momento, che doveva intervenire per salvarlo.
    Fece un passo in avanti, verso di lui e poi incrociò il suo sguardo e si fermò. Rivisse quella giornata, rivisse le giornate della sua vita e immaginò sé stessa in un futuro incerto, sempre che avesse un futuro e che l’Elfa Nera non glielo strappasse. E così rimase immobile, con l’amore che provava incapace di manifestarsi nel concreto.
    L’Elfa Nera di Scandia sorrise di un sorriso che richiamò la notte e affondò le sciabole nel cuore del vampiro. Il viso di Darken, i suoi occhi scuri e profondi, si trasformarono in polvere assieme al suo corpo.
    Relia rimase immobile. Forse le lacrime volevano uscire, ma le tenne dentro di sé.
    — Potete andare. Non ho nulla contro di voi — disse l’Elfa mentre i mutanti scendevano di nuovo verso il loro mondo.
    — Eri sicura di vincere la sfida, vero? — la accusò Tucca. — Eri sicura che un vampiro non avrebbe trovato l’amore?
    L’Elfa scosse la testa e nel farlo i suoi capelli d’argento parvero una cascata. — Non ho mai dubitato che un essere umano potesse provare amore per un vampiro.
    — E allora?
    — Ero sicura che non avrebbe mai avuto il coraggio di dimostrarlo.
    Voltò le spalle e se ne andò, lasciando la grande stazione nel silenzio.

    Relia e Tucca tornarono alla loro vita solo per breve tempo, poi partirono, separate, per altre zone del mondo ormai trasformato in un’enorme e complicata città, una metropoli dagli infiniti segreti, dalle infinite speranze e dalle infinite delusioni. Non sarebbero potute restare, perché nei giorni e nelle settimane che seguirono i loro volti, le loro storie, le loro parole, apparvero agli occhi di tutti proprio in quella Magia segreta che aveva catturato le loro vite.
     
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  2. Help1712
     
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    Bello.
    E' la prima parola che mi viene in mente. La storia non è male, un mix tra un futuro fantascientifico e una visione fantasy stile Harry Potter. Non male davvero, così come la scrittura, scorrevole. I dialoghi, forse, in alcuni punti un pò legnosi.

    Però ho un grosso appunto da farti, ed è stato l'ago della bilancia per il tuo voto. Troppe parole. Descrivi minuziosamente cose che, onestamente, non sono affatto basilari per la storia (per esempio il palazzo dove abita Relia).
    Fossi in te proverei a dare una bella sforbiciata in questa selva di parole; la storia ne gioverebbe e basta.
    A malincuore ti do un 2, il che, credimi, è un peccato!

    Spero tu non me ne voglia... :)
     
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  3.  
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    CITAZIONE (Help1712 @ 2/3/2010, 18:31)
    ...
    A malincuore ti do un 2, il che, credimi, è un peccato!

    Spero tu non me ne voglia... :)

    No figurati. Non è che il voto debba essere per forza la semplice somma delle parti ;)
    Grazie per la lettura

    Il racconto era stato scritto per un progetto (il Sanctuary) ma non era stato selezionato; sono il primo a dire che mi sono mosso in tipi di racconti a cui sono poco avvezzo, quindi la mia prima cosa è capire cosa funziona e cosa meno.
    So anche che spesso devio dalla semplice storia per lavorare sui personaggi o sull'ambientazione (che però credo fosse un requisito del progetto)...
    quindi dici che un problema è che ho appesantiti troppo? Oddio, non è che trama che avevo organizzato fosse poi un intrico labirintico...
     
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  4. Help1712
     
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    CITAZIONE
    quindi dici che un problema è che ho appesantiti troppo? Oddio, non è che trama che avevo organizzato fosse poi un intrico labirintico...

    Non dal punto di vista della trama, quella, ribadisco, è chiara, lineare e mi è anche piaciuta molto! :P

    con "appesantito" mi riferisco ad alcune descrizione troppo minuziose e non necessarie. Non so se mi sono spiegato? :)
     
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  5. Piscu
     
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    mi piace molto l'ambientazione, questa commistione di futuro fantascientifico e fantasy urbano. anche se non è del tutto chiaro se sia un'evoluzione del nostro mondo (possibile, visto che dici che sono sempre esistite creature "diverse") o un altro "universo", credo che tu l'abbia tratteggiato molto bene, e credo che come contesto potresti sfruttarlo anche per lavori più ampi.

    mi ha convinto un po' meno la storia. cioè, capisco il fantasy e la componente "magica" ma il fatto che questa elfa cattiva risparmi il suo avversario solo se gli dimostrerà di poter essere amato sa troppo di favoletta. se si tratta di creature reali, e non fatine brillantine, non si ridurrebbero mai a un accoro del genere nel corso di una guerra. inoltre non mi ha soddisfatto per nulla la spiegazione che l'elfa dà alla fine: "sapevo che non avresti avuto il coraggio di dimostrarlo"... bah, e cosa avrebbe dovuto fare allora relia?

    infine, quella sorta di epilogo mi pare aggiunto giusto per dare un finale, ma aggiunge poco. sarebbe stato quasi meglio finire al paragrafo precedente.



    qualche segnalazione:

    "non così erano il capobanda"
    "a fare azioni, che definivano dimostrative"
    "per l’averlo"
    queste mi sembrano tutte forme non sbagliate ma poco "eleganti"

    "Si tratta va "
    "osò chiedere Relia-."
    "Un ottima"
    refusi

    "domandò: — Non vai a casa."
    beh, se domandò, ci vorrebbe il punto interrogativo

    "c’erano una decina di membri"
    qui non sono mai sicuro neanch'io, ma il soggetto non è "decina" e quindi andrebbe al singolare?

    "l’uomo morì e la sua testa ruzzolò"
    mi pare superfluo aggiungere che l'uomo muore se la sua testa ruzzola. inoltre messa in questa sequenza pare che la testa ruzzoli perché l'uomo è morto, piuttosto che il contrario.

    "Avevano preso una delle tante linee della metropolitana che attraversano il sottosuolo della megalopoli, che si incrociano..."
    anche qui non sono sicuro, ma quando cominci a descrivere passi al presente. ora, essendo una parte "fuori narrazione" può anche andare bene, però mi viene sempre qualche dubbio.



    sono indeciso tra due e tre. premio il contesto e metto il voto più alto, con l'appunto che se questa storia non mi ha preso del tutto l'ambientazione sarebbe ottima per altri racconti.
     
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  6.  
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    Ehm... questo mese hai battuto il tuo record dei refusi, mi sa che ti è sfuggito qualcosina in rilettura... ^__^;
    OK, passiamo ad altro... non sono sicuro che mi convinca questo "urban-science-fiction", e devo dire che a tratti sembra che non convinca troppo neanche i tuoi personaggi (vedi ad esempio quando Darken spiega alle ragazze cose che a rigor di logica dovrebbero già sapere, visto che ne hanno perfino parlato prima). Né mi convince il racconto nell'insieme, dà l'idea che ci sia troppa carne al fuoco e non ne venga fuori molto, la storia e il contesto non si armonizzano veramente ma sembrano incrociarsi e basta. Il risultato è che la mescolanza fantascienza/fantasy appare un po' forzata, e alla fine si ha la sensazione che rapportando il tutto a un'ambientazione più contemporanea e meno futuristica il racconto potrebbe solo guadagnarci.
    Voto 3 ma non è un 3 pieno.

    CITAZIONE (Alberto Priora @ 1/3/2010, 15:21)
    E poi c’era chi, come Relia, aspettava solo di correre a casa per sintonizzarsi sul nuovo episodio di Magia segreta, lo spettacolo più affascinante che venisse trasmesso; sempre ammesso che si sapesse quando e su quale canale.

    Uhm... credo che lo spettacolo resti affascinante a prescindere dal fatto di sapere quando e su quale canale venga trasmesso. Se il "quando e dove" voleva riferirsi al "sintonizzarsi" iniziale, non si aggancia molto bene.

    CITAZIONE (Alberto Priora @ 1/3/2010, 15:21)
    in equilibrio precario tra l’essere troppo umida e l’essere troppo inquinata.

    La frase è bella ma come può esserci un equilibrio tra due cose che non sono mutualmente esclusive (l'aria potrebbe benissimo essere troppo umida E troppo inquinata).

    CITAZIONE (Alberto Priora @ 1/3/2010, 15:21)
    Anche se erano piuttosto distanti dalla zona industriale dove venivano prodotte le principali derrate alimentari per il distretto, si formava una cappa soffocante e qualche volta anche difficile da respirare.

    La cappa è difficile da respirare? :huh:

    CITAZIONE (Alberto Priora @ 1/3/2010, 15:21)
    Un ragazzo dai capelli rossi e dal viso coperto di lentiggini, che teneva sul viso l’espressione altera da capobanda diede uno scappellotto a chi aveva parlato.

    Serve una virgola dopo "capobanda"

    CITAZIONE (Alberto Priora @ 1/3/2010, 15:21)
    un tatuaggio, forse solo provvisorio, che diceva Umano è meglio

    La scritta non sarebbe meglio metterla in corsivo o tra virgolette?

    CITAZIONE (Alberto Priora @ 1/3/2010, 15:21)
    farsi abbastanza largo da scappare fino ai margine della piazza.

    Refuso, ma non so quale, o "ai margini" o "al margine"

    CITAZIONE (Alberto Priora @ 1/3/2010, 15:21)
    esplose la voce di uno dei soldati che fino a qualche istante prima si trovava sotto al semaforo dell’incrocio;

    "trovavano", il soggetto è giocoforza "soldati"

    CITAZIONE (Alberto Priora @ 1/3/2010, 15:21)
    a fare azioni, che definivano dimostrative, ma che molto spesso si rivelano delle esagerazioni o anche degli spiacevoli errori.

    La virgola dopo "azionI" è di troppo, trasforma quel che segue in un inciso ma non può esserlo.

    CITAZIONE (Alberto Priora @ 1/3/2010, 15:21)
    Era solo gente a cui bastava una specie di divisa e un distintivo per credersi chissà chi.

    Direi "bastavano"

    CITAZIONE (Alberto Priora @ 1/3/2010, 15:21)
    rimanendo immobile per attendere che tutti seguissero l’ordine.

    Direi "eseguissero"

    CITAZIONE (Alberto Priora @ 1/3/2010, 15:21)
    A quel punto Tucca la prese per mano e lo trascinò fino al porticato

    Refuso: "la" trascinò

    CITAZIONE (Alberto Priora @ 1/3/2010, 15:21)
    A quel punto si affettarono fino a casa.

    Refuso: "affrettarono" (almeno spero :lol:)

    CITAZIONE (Alberto Priora @ 1/3/2010, 15:21)
    Si preparano qualcosa da mangiare e poi si stesero sul divano

    Refuso: "prepararono"

    CITAZIONE (Alberto Priora @ 1/3/2010, 15:21)
    Si tratta va solo di trovarli.

    Ti è scappato uno spazio di troppo.

    CITAZIONE (Alberto Priora @ 1/3/2010, 15:21)
    quell’agglomerato di alberi ormai scomparso; ma non appena le riprese allargarono il campo, si rivelò essere un parco stretto tra una fila di alti edifici e una serie di ponti che superavano un ampio canale.

    O c'è una virgvola di troppo, dopo "campo", o ne manca una dopo "ma"

    CITAZIONE (Alberto Priora @ 1/3/2010, 15:21)
    Aveva una sciabola nella mano destra e l’orlo del mantello in quella sinistra, sollevato come se fosse una specie di scudo,

    "fosse stato"

    CITAZIONE (Alberto Priora @ 1/3/2010, 15:21)
    creature deformi e brutali nel movimenti,

    Refuso: "nei"

    CITAZIONE (Alberto Priora @ 1/3/2010, 15:21)
    — Visto? — commentò Tucca —È salvo. Puoi stare tranquilla, adesso.

    Manca uno spazio dopo il trattino

    CITAZIONE (Alberto Priora @ 1/3/2010, 15:21)
    Sai in quanto avranno visto l’episodio?

    Refuso: "quanti"

    CITAZIONE (Alberto Priora @ 1/3/2010, 15:21)
    Solo più tardi Relia domandò: — Non vai a casa.

    Non dovrebbe esserci un punto interrogativo? :huh:

    CITAZIONE (Alberto Priora @ 1/3/2010, 15:21)
    — Non ci sarebbe stato messaggio, non ci sarebbe stata richiesta se fosse impossibile.

    "fosse stato"

    CITAZIONE (Alberto Priora @ 1/3/2010, 15:21)
    — Se ne sei sicura tu? — rispose con una venatura sarcastica Tucca.

    Perché è una domanda? :huh:

    CITAZIONE (Alberto Priora @ 1/3/2010, 15:21)
    Anche se non stava passando quasi nessuno, avrebbe dato troppo nell’occhio se due ragazzine si mettevano a scardinare delle assi;

    "si fossero messe"

    CITAZIONE (Alberto Priora @ 1/3/2010, 15:21)
    Relia prese dalla tasca una torcia elettrica e la accese, poi la passò a Tucca.
    — Tieni, io ho la mia.

    Tutta questa tecnologia e non hanno niente di meglio di una banale torcia elettrica? ^___^;;

    CITAZIONE (Alberto Priora @ 1/3/2010, 15:21)
    anzi ce ne è uno anche adesso, con chi da la caccia alla magia

    Refuso: "dà"

    CITAZIONE (Alberto Priora @ 1/3/2010, 15:21)
    — Non è così? — osò chiedere Relia-.

    Trattino di troppo.

    CITAZIONE (Alberto Priora @ 1/3/2010, 15:21)
    E poi, come passando un confine non indicato, una linea invisibile, si trovarono altrove, in un mondo che era vicino e lontano assieme: un mondo di sale segrete, un mondo di cortili sotto cieli impossibili, un mondo di corti composte da strani personaggi, un mondo di differenti colori e usanze, un mondo in cui la magia pulsava e scorreva incessante, un mondo con le sue lotte e le sue contraddizioni.

    Questa cosa mi pare troppo "mostrata", specie la parte finale.

    CITAZIONE (Alberto Priora @ 1/3/2010, 15:21)
    i loro simboli e le armi spianate; e poi tronfi e soddisfatti, i cinque Amici della Loggia che avevano avuto la sfortuna di incontrare il giorno di prima.

    Serve una virgola dopo "poi"

    CITAZIONE (Alberto Priora @ 1/3/2010, 15:21)
    — Un ottima caccia: due giovani streghe e un famoso vampiro

    Refuso: "Un'ottima"

    CITAZIONE (Alberto Priora @ 1/3/2010, 15:21)
    — So che la ferite ti stanno solo indebolendo

    Refuso: "le"

    CITAZIONE (Alberto Priora @ 1/3/2010, 15:21)
    puntò le punte delle lame sul suo petto, entrambe all’altezza del cuore.

    Oddio, "puntò le punte" è oribbile! @__@
     
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    Non ci posso credere. Ma cosa ho letto???
    Devo cambiare metodo in qualche modo o i refusi mi uccideranno :muro:
     
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  8. Daniele_QM
     
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    Dunque, i refusi te li ha già segnalati il sempre solerte CMT - erano in effetti molti. La storia non è male, come pure l'ambientazione, resa piuttosto bene. Trovo che in alcuni punti tu ti sia dilungato troppo sulle descrizioni. La scena migliore è stata quella della piazza, tra gli Amici della Loggia e le due ragazze. Molto credibile.
    Diversamente, la puntata di Magia Segreta in cui l'Elfa dà il suo ultimatum a Darken (della serie "se nessuno ti ama ti ammazzo") è una lama a doppio taglio: ovvero, regge finché ci dici che è una trasmissione. Nel momento in cui realizziamo che così non è, che si tratta di vita vera, automaticamente diventa un evento improbabile. A meno che tu non volessi creare delle regole per quel mondo, diverse da quelle nostre. Regole alla "Shreck" per capirci, ma in quel caso avresti dovuto spendere un po' di parole per tramsetterle al lettore (invece non ci mostri cosa accade alle due ragazze nel momento in cui varcano la linea immaginaria e si trovano proiettate in quel mondo parallelo. Lo riassumi in modo vago.)
    La battuta finale dell'Elfa mi sta bene ma, ripeto, solo se reinventi le regole del loro mondo, il loro modo di pensare e di vedere le cose (mi rendo conto che non è semplice). In caso contrario, mi sentirei di suggerirti di cambiare radicalmente la trama (ma non so bene cosa suggerirti).
    Sarebbe un tre meno meno. Quindi tre. :)
     
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    Dopo rispondo sulle argomentazioni... considerate che era stato scritto per il progetto Sanctuary di Asengard e che c'erano alcune "regole".

    Ringrazio CMT (e mi cospargo di cenere per la vergogna per i refusi).

    Segnalo che NON correggerò il racconto in questa sede, perché è giusto che venga valutato per come è, e che gli errori io li paghi e li paghi salati!
    Mi sembra più corretto così.
     
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  10. Peter7413
     
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    CITAZIONE (Alberto Priora @ 3/3/2010, 15:22)
    Dopo rispondo sulle argomentazioni... considerate che era stato scritto per il progetto Sanctuary di Asengard e che c'erano alcune "regole".

    Ringrazio CMT (e mi cospargo di cenere per la vergogna per i refusi).

    Segnalo che NON correggerò il racconto in questa sede, perché è giusto che venga valutato per come è, e che gli errori io li paghi e li paghi salati!
    Mi sembra più corretto così.

    E perché scusa?
    Il regolamento USAM ti impone di correggerli, è perfettamente lecito.
    Addirittura, se ho ben capito, il regolamento imporrebbe la votazione di tutti solo alla fine, il 20 del mese se non sbaglio, in modo da permettere all'autore di vedere giudicato il racconto nella sua forma finale. Poi, vabbeh, è impossibile, consoliamoci con la possibilità di vederci giudicate le correzioni da chi ancora non ha letto.
    Però correggi! Altrimenti non ti leggo!
    :D
     
    .
  11. Daniele_QM
     
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    CITAZIONE (Alberto Priora @ 3/3/2010, 15:22)
    Segnalo che NON correggerò il racconto in questa sede, perché è giusto che venga valutato per come è, e che gli errori io li paghi e li paghi salati!
    Mi sembra più corretto così.

    Tranquillo, tanto quando voto un pezzo, difficilmente mi lascio influenzare dai refusi, a meno che non siano sfondoni grammaticali e sintattici ricorrenti.
     
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  12.  
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    CITAZIONE (Alberto Priora @ 3/3/2010, 15:22)
    Dopo rispondo sulle argomentazioni... considerate che era stato scritto per il progetto Sanctuary di Asengard e che c'erano alcune "regole".

    Ho letto dopo questa cosa, che non avrebbe cambiato la sostanza del mio giudizio ma che spiega parecchie cose. ^_^

    CITAZIONE (Alberto Priora @ 3/3/2010, 15:22)
    Segnalo che NON correggerò il racconto in questa sede, perché è giusto che venga valutato per come è, e che gli errori io li paghi e li paghi salati!
    Mi sembra più corretto così.

    Concordo con chi ha detto che invece lo dovresti fare. Del resto io di certo non voto in base ai refusi, a meno che siano davvero uno sproposito, e credo di non essere l'unico.
     
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  13. marramee
     
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    Ciao,
    letto il racconto.
    Dovrei dire che andrebbe un po' asciugato, troppe descrizioni non necessarie, ma siccome è la stessa cosa che dicono sempre dei miei racconti, e io oltretutto di descrizioni non ne metto mai, non infierisco. Anzi, non ho ancora capito esattamente quale ritmo andrebbe tenuto in un racconto e cosa lo debba differenziare da un romanzo.
    Quindi baso il mio giudizio esclusivamente sulla storia. Mi pare di aver capito dai commenti che si svolge in un mondo "imposto", e questo spiega l'ambientazione "strana", però non mi aiuta a capirla. A differenza di altri tuoi racconti qui i personaggi sono più piatti e privi di spessore, quasi da fumetto. Anche la trama del programma che invade la reatà (se così si può dire), non si scosta molto da un fumetto. Il finale avrebbe avuto più senso se tu avessi dedicato alla protagonista e ai suoi sentimenti la stessa cura che metti nel descrivere i luoghi, invece la storia d'amore che avrebbe potuto essere il fulcro di tutto non esiste proprio.
    In definitiva è un racconto scritto con cura (refusi a parte), ma non è riuscito a coinvolgermi emotivamente. Incerto tra il due e il tre, voto tre per la tua indubbia capacità di scrivere, ma di certo hai fatto racconti molto più belli.
     
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  14. Diz-buster
     
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    Eccomi.

    Credo che questo racconto abbia in se numerosi pregi:
    Una sottile ironia pervade ogni descrizione, cosa che credo sia il marchio di fabbrica dell'autore.
    Il fatto di non prendersi sul serio raggiunge molteplici obiettivi:
    innanzitutto aiuta a stemperare la storia , che fluisce via come un cocktail Campari; nello stesso tempo è lo strumento per stagliare un mondo deforme, un mondo dove le distorsioni hanno avuto la meglio su una evoluzione logica e armonica.
    Allo stesso scopo servono le divagazioni che, non appesantiscono, ma aiutano a calarsi nella storia (ad es. Il negozio che vende solo cose di palstica... :sisi: )
    Il fatto di voler tagliare il superfluo viene clamorosamente evidenziato nel modo in cui viene liquidato, in due righe, il viaggio nel mondo alternativo, proprio perchè non funzionale alla vicenda.
    Infine credo che questo sia un racconto scritto per i lettori, al contrario di altre storie lette sul forum, chiuse in se stesse e prive di quei ponti comunicazionali assolutamente necessari al pubblico.
    ;)
     
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  15. Peter7413
     
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    Non hai corretto i refusi, ma ti ho letto lo stesso! ;)
    Dunque, tutto molto bello fino all'ingresso nel mondo di Darken. Fino a quel punto per me era un 4 pieno. Il contesto era molto buono e l'idea di Magia Segreta non era niente male. In più sei arrivato fino a quel punto raccontando con sapienza, poi qualcosa si è rotto.
    Secondo me ti sei giocato troppo in fretta la permanenza di Relia e Tucca nel mondo magico, tutto ha subito un'accellerata ingiustificata. Carina la battaglia finale, ma sbagliato o comunque non ben giustificato il motivo per cui l'Elfa Nera avrebbe potuto risparmaire la vita a Darken.
    Bello il finale con le ragazze costrette a fuggire dalle loro realtà perché ormai mostrate nel programma pirata.
    In definitiva metto un 3 bello pieno e ti consiglio di intervenire per correggere i punti deboli perché mi sembra che il mondo che hai delineato abbia delle belle potenzialità. Un'idea più che ottima insomma!
    Alla prossima!
     
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20 replies since 1/3/2010, 15:21   374 views
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