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nescitgalatea
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E' un racconto che si lascia leggere bene. Premesso che condivido pienamente tutti i commenti precedenti, volevo sottolineare - mio malgrado, arrivando così tardi a commentare - una volta ancora i passaggi che lo rendono macchinoso e interrompono la fluidità.
A mio avviso soprattutto i troppi aggettivi che incastrano nella lettura senza apportare alcun valore aggiunto al testo (nella prima parte in sole quattro righe leggo: argentei, dispettoso, diafano, appuntiti, sfacciati, gelida), oltre alle descrizioni dettagliate e superflue già messe alla tua attenzione che ridimensionano il gusto della lettura.
Personalmente ho trovato il finale un po' scontato mentre la figura della morte mi è sembrata troppo evidente fin dall'inizio. Forse avrei evitato l'esilio per la colpa dell'incidente, poteva essere sufficiente un week end di caccia al tartufo di un ricco signore solitario e il suo cane, non so, mi è sembrato ridondante e non determinante, come un cucchiaino di zucchero in più, per capirci.
Non so se i cani "conoscono" le parole o le "capiscono", e se si "aprono" le verande, ma questi sono dettagli. Alcuni luoghi comuni che banalizzano: bordate furibonde; pesanti gocce di pioggia; fiuto straordinario, odori fantastici, era pazzo di terrore; guadagnato precipitosamente il mio letto - poco sopra c'è: guadagnava l'oscurità fra le piante; come un falco in cerca della preda; Super Mario guaisce sempre ma non abbaia ma, è voluto? Le ombre che si allungavano tetre e i raggi del sole che si abbassavano morenti; intessuto d'oblio; piangeva senza fiatare. Per me è due abbondante, ma sono pigra.
Grazie della tua attenzione.
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