LE METAMORFOSI DI UN VELOCIPEDISTA
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LE METAMORFOSI DI UN VELOCIPEDISTA

FANTASTICO

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  1. RobertoBommarito
     
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    Ciao,

    SPOILER (click to view)
    Questo racconto mi arriva un po' come un dipinto nostalgico di un certo modo di vivere e interpretare la vita con un senso di entusiasmo, di avventura, che non c'è più.

    La frase:
    QUOTE
    Parlo dell’inizio del Novecento, quando “l’ottomobile”, come spesso ne veniva storpiato il nome, era più che altro un sogno, una sfida lanciata contro un futuro incerto e nebuloso. Quando la benzina era chiamata “essenza” e il dispositivo sonoro per segnalare il proprio arrivo era il klaxon, dal nome di chi l’aveva inventato.

    comunica questo senso di nostalgia egregiamente. Le auto non erano solo auto, come ogni altra novità di quei tempi. Ma rappresentavano una nuova frontiera.

    Ho avuto però dei problemi a immedesimarmi con il racconto. Credo che una storia come questa prenda molto un appassionato di motori. Ma per chi invece non condivide la stessa passione i tantissimi dettagli possano risultare stancanti, specialmente se vengono subito proposti in apertura. Prendi per es:

    QUOTE
    Era l’aprile del 1901. Un mercoledì mattina alle 11,30, proveniente da Ancona, giunse un’automobile a vapore di proprietà di una società spagnola. In origine il veicolo era sbarcato nelle Puglie e aveva risalito l’adriatico, ma poi, causa l’interruzione di un ponte, aveva ripreso il suo tragitto per mare sino a prendere terra nel porto marchigiano, dove aveva fatto rifornimento di carbone. In seguito, il suo costruttore, l’ingegnere Bernasconi di Milano, assistito da un apprendista, un fuochista e un macchinista, aveva spinto il veicolo alla buona media di 25 chilometri orari verso nord. Il locomotore pesava la bellezza di otto tonnellate e trainava una carrozza dove potevano trovare posto almeno 30 persone.

    Ho messo in corsivo tutti quei piccoli dettagli che rischiano di creare distanza fra il narratore e la storia. O che, per lo meno, hanno avuto questo effetto su di me. La frase è un po' troppo descrittiva. E lo è anche il racconto in generale.

    Fin dalla prima frase:
    QUOTE
    A quel tempo solo due automobili percorrevano solitarie la città

    Si avverte un'impostazione di narrazione quasi, direi, "fiabesca". E allo stesso tempo lontana. E questo è un bene, perché la storia in effetti parla di un tempo lontano (e, ripeto, credo che uno dei pilastri di questo racconto sia una vena di nostalgia), ma allo stesso tempo mi mostra poco. Poco di immediato. Guardavo tutto attraverso un cannocchiale.

    É un genere di racconto, credo, che per chi non condivide la passione per i motori, trasmette sì un senso di "poesia" di un modo di vivere che non c'è più, ma non riesce a prendere del tutto. Metto un due pieno, ma non arrivo al tre per quello che forse è un eccesso di dettagli e un'impostazione troppo descrittiva.
     
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38 replies since 1/10/2010, 06:53   541 views
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