LE DIECI REGOLE DI BRIAN GARFIELD

consigli di scrittura

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  1. rehel
     
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    Bene, dopo le dieci regole di Chuck Palahniuk ecco a voi quelle di Brian Gardfield, specifiche per il genere suspence-fiction; ovvero una bella fetta di letteratura. ;)

    1) Iniziate con l’azione; spiegherete in un secondo momento.
    Si tratta di un’estensione di un famoso principio di Raymond Chandler: Quando le cose rallentano, fai entrare un uomo con una pistola. Per incoraggiare il lettore a voltare a pagina 2, dategli qualcosa a pagina 1 – conflitto, difficoltà, paura, violenza.
    Mi rendo conto che avete un sacco di sfondo che deve essere stabilito, che porti ai primi momenti di palese conflitto, ma potete farlo nel capitolo 2. Usate un flash back, se necessario. Ma nel capitolo 1, mettete in pista lo spettacolo.

    2) Rendete le cose difficili per il vostro protagonista.
    Dategli un degno antagonista e fate che le cose sembrino senza speranza. Non trovategli facili soluzioni. Più dura è l’opposizione, più ogni cosa si accanisce contro il protagonista, meglio è.
    3) Pianificate in anticipo; sarete ripagati più tardi.
    Non inserite nuovi personaggi o fatti alla fine per aiutare a risolvere il dilemma del protagonista. Egli deve arrivare alla propria soluzione basata su un conflitto che è stabilito in una fase precoce della storia.
    Nessuna cavalleria in soccorso, né improvvisi ritrovamenti di lettere rivelatrici scritte prima di morire da un personaggio che compariva al capitolo 3. (A meno che, naturalmente, non abbiate stabilito nel capitolo 4 che una tale lettera esiste, e nel seguito ci sia stata una gara tra il protagonista e i suoi nemici per vedere che avrebbe trovato prima la lettera.) Nessuna cavalleria in soccorso.
    4) Date l’iniziativa al protagonista.
    Tutta la buona scrittura drammatica si centra sul conflitto: interiore (alcolismo, complesso di edipo) o esterno (un pericoloso nemico, una forza di polizia segreta aliena). Solo nelle scadenti fiction gotiche il protagonista è abitualmente e paurosamente in balia delle forze del male che lo sballottano in giro a loro piacimento.
    Il miglior racconto è di solito quello in cui il protagonista prende misure attive per raggiungere un obiettivo impossibile contro ogni probabilità, o per evitare che le forze che lo contrastano possano sopraffare lui o i suoi cari. Il protagonista può iniziare con il reagire, ma alla fine egli deve agire di propria iniziativa.
    5) Date al protagonista una motivazione personale.
    Non più è accettabile che l’eroe possa risolvere un mistero semplicemente perché presenta un interessante dilemma logico. Più intimo è il suo coinvolgimento nella causa principale di conflitto della storia, meglio è.
    Egli stesso, o il suo obiettivo, dovrebbero essere in pericolo: la sua stessa vita o quella dei suoi cari, oppure il suo migliore amico è stato ucciso, o ancora egli è il tipo di personaggio i cui valori e principi non gli consentono di restare inerte e permettere alle ingiustizie di distruggere le persone che ha intorno.
    Qualunque sia il conflitto, se perde, il protagonista deve andare a qualcosa che gli costi terribilmente; questa è l’essenza.
    6) Date al protagonista uno stretto limite di tempo, e quindi accorciatelo.
    Questo non sempre funziona perché la logica di molte storie lo vieta; non fatene uso se rischiate di non essere verosimili. Ma quando il tempo è un fattore, e quando il breve arco di tempo in cui l’eroe deve risolvere il conflitto è quindi ridotto, avrete fatto un bel passo avanti nell’accrescere la suspense.
    7) Scegliete il vostro personaggio in base alle vostre capacità.
    Non utilizzate come protagonista un spia professionista a meno che non siate disposti a fare ricerche necessarie per creare un personaggio convincente. E ‘meglio, soprattutto quando si è agli inizi, attenersi a ciò che si conosce.
    Alcuni dei riusciti protagonisti di romanzi di suspence – molti di Eric Ambler, per esempio – sono innocenti persone ordinarie coinvolte in pericolosi intrighi. L’onesto idealista è un buon protagonista, perché la sua innocenza rende più spaventoso lo scontro coi professionisti. Tuttavia una strutturazione di questo personaggio è spesso difficile, perché, nonostante la sua ingenuità, egli deve essere intelligente e avere risorse sufficienti (e non fortuna) per prevalere sul suo nemico.
    L’altra faccia di questa medaglia, naturalmente, è il protagonista criminale di professione; è facile identificarsi con lui perché è un emarginato, un cane sciolto, un uomo con il suo spirito di sopravvivenza contro la società opprimente. Ma le insidie di questo genere sono infide, e meno che non si conoscano le procedure criminale e non ci si senta a proprio agio a competere con Anthony Burgess e Richard Stark, è meglio evitare.
    8.) Conoscete la destinazione prima di partire.
    Le debolezze principali di molte storie di suspense che sono altrimenti avrebbero avuto successo è l’illogico e deludente anticlimax che il lettore sperimenta alla fine. Non è sufficiente creare conflitti intriganti e rispettare tutte le altre norme, se non avete un finale che mantiene la promessa dei capitoli precedenti.
    Non è necessario legare tutti i fili sciolti, ma il climax dovrebbe risolvere il conflitto principale in un modo o nell’altro. (Negli ultimi anni, al fine di evitare il cliché tradizionale di virtù-trionfante o ironica-caduta, molti romanzieri hanno fatto ricorso a finali oscuri che i lettori non riescono a decifrare. Mi auguro che la moda sia in via d’estinzione; qualunque siano le ragioni alla base, dimostra pigrizia nel pensare e infuria il lettore.)
    La miglior chiave per una buona terminazione è sapere che cosa accadrà alla fine prima di iniziare a scrivere il libro.
    Sia che scriviate un quadro preliminare, sia che no, si dovrebbe sapere dove il viaggio si concluderà, e come.
    9) Non correte dove gli angeli hanno paura a camminare.
    In sostanza, voglio dire che è consigliabile tenere in conto non solo ciò che i professionisti fanno, ma anche che cosa evitano di fare. I migliori scrittori non saltano sui carri dei vincitori, ma ne costruiscono di nuovi.
    Il Pro non scrive un romanzo sulla più grande rapina del mondo a meno che non sia convinto di essere in grado di scrivere una storia con un’innovazione unica e importante. Altrimenti rischia un confronto impietoso con i classici del subgenere. “Perché preoccuparsi, se non è come teso come Rififi e non è come divertente come The Hot Rock?”
    Tuttavia questo non deve significare che ogni scrittore debba obbedire ad avvisi del tipo: “La spy fiction è morta” o “i romanzi storici sono out in questa stagione.” Non esiste un genere morto perché la fantasia umana è illimitata, e non vi è mai una mancanza di nuove idee, nuovi intrighi, nuovi talenti.
    La questione è: “L’idea è abbastanza forte e abbastanza importante da rendere la storia sufficientemente diversa da quelle precedenti per meritare la pubblicazione?” Se un romanzo è abbastanza buono, troverà un editore sia se si tratta di un hard-boiled, un western, una spy story, un’avventura storica, o un romanzo su mostri con un occhio da Marte. Se non è abbastanza buono, l’editore può respingerlo dicendo che è fuori moda, ma questo è solo un eufemismo.
    10) Non scrivere nulla che non vorresti leggere.
    Questo suona evidente, ma ho incontrato molti giovani scrittori che avevano deciso che volevano aprirsi la strada attraverso romanzi gotici o western, solo per apprendere le basi, perché tali categorie sembravano facili da imitare. Sciocchezza. Se iniziate in questo modo, finirete male.
    Ora, se vi piace leggere western, scrivete un western. Ma non scrivete di un genere che disprezzate. Se non vi piace il gotico ma insistete nello scriverne uno, il vostro disprezzo verrà fuori; non si può nasconderlo. Non dico che non si possa vendere libri in questo modo; Dio sa che la gente lo fa, troppo spesso. Ma se a farvi godere fino a fondo sono storie di mare – anche se non sapete niente di vita nautica – fareste meglio a tentare di scrivere una storia di mare, perché ci riverserete entusiasmo.

    Mi pare che ci sia una concordanza con le altre scritte da Chuck Palahniuk, in particolare tutti e due puntano il dito sull'evitare di scrivere senza sapere dove si andrà a parare alla fine, e io condivido in pieno. :sospysi:
     
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  2. Piscu
     
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    beh, scrivere senza sapere in quale direzione si procede va bene per un diario... ma di sicuro non per chi vuole scrivere qualcosa che venga letto!

    non so, da una parte mi sembrano consigli utili, ma dall'altra mi sembrano quasi scontati.
     
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  3. ~ValeriaNitto~
     
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    per creare una storia interessante devono esserci molti ostacolo-reazione. E ognuno di questi deve sempre essere più incisivo rispetto al primo, un crescendo che culmina nel climax.
     
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  4. MichelaZ
     
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    È pensabile secondo voi iniziare un libro con solo un'idea molto nebulosa di dove andrà a parare, idea che magari ti si chiarisce anche presto, ma non subito?
     
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  5. melantropo
     
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    CITAZIONE (MichelaZ @ 1/3/2011, 23:01) 
    È pensabile secondo voi iniziare un libro con solo un'idea molto nebulosa di dove andrà a parare, idea che magari ti si chiarisce anche presto, ma non subito?

    La fortuna, nell'atto creativo, è che ognuno può crearsi le proprie regole (ce ne fosse una sola, basterebbe seguirla e saremmo tutti Chandler, o King, o chi per essi).

    Da come dici, se l'idea è nebulosa e si chiarirà presto, perché non attendere che quel "presto" accada, così da sapere in definitiva dove andare a parare prima di inziare la stesura, in modo da evitare millemila ripassi per aggiustare le incongruenze dettate dall'inconosciuto?

    Tolta questa considerazione, puoi attendere che quel "presto" accada trascorrendo il tempo a scrivere. :)
     
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  6. Philo Beddoe
     
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    Io sono per la scrittura libera, senza scalette. Basta avere l'idea base del racconto e qualche conoscenza su il/la o i protagonisti: tutto si approfondirà durante la scrittura e questo metodo permette di raggiungere l'obiettivo che secondo me deve avere lo scrittore: divertirsi, come se stesse leggendo un libro.
    Le cose premeditate a mio avviso tolgono il piacere dello scrivere: se so già quali sono i punti di snodo, le sorprese, i colpi di scena e il finale, che scrivo a fare? Si possono conoscere giusto il finale e un paio di situazioni intermedie, giusto per evitare di scrivere troppe cose che poi si dovranno cancellare, ma premeditare proprio tutto non fa per me.
    E poi, c'è sempre la revisione ;)
     
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  7. MichelaZ
     
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    CITAZIONE (melantropo @ 2/3/2011, 08:40) 
    Da come dici, se l'idea è nebulosa e si chiarirà presto, perché non attendere che quel "presto" accada, così da sapere in definitiva dove andare a parare prima di inziare la stesura, in modo da evitare millemila ripassi per aggiustare le incongruenze dettate dall'inconosciuto?

    Per due ragioni: la prima è che se aspetto che sia chiaro tutto prima di iniziare, non inizio. La seconda è che quando mi viene in mente qualcosa da scrivere, lunga o breve che sia, non conosco ancora bene i personaggi, li scopro man mano che vado avanti; quindi iniziare è indispensabile sotto questo aspetto.

    Ho chiesto cosa ne pensavate perché leggendo in giro qua e là in queste discussioni ho trovato opinioni decise nel sostenere che muoversi in questo modo porta a fare solo confusione, e volevo sentire cosa ne pensavate voi :)

    Philo mi conforti :)
     
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  8. Magister Ludus
     
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    @Michela: tu hai letto On writing del Re? :)

    Lo sto terminando e lui dice una cosa a proposito della scaletta/trama, ecc. Che parte da una situazione e la porta avanti, tirando fuori la storia pian piano, anche attraverso i personaggi. Solo in pochissimi casi ha progettato prima.
     
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  9. Philo Beddoe
     
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    Esatto, King non vuol sentir parlare di trama o scalette. Crea una situazione e la sviluppa scrivendo. E sappiamo benissimo cos'ha tirato fuori nel corso della sua carriera ;)

    @Michela: io solo scrivendo scopro le potenzialità della storia (se ne ha), conosco i miei personaggi e mi vengono in mente sviluppi di trama e punti di svolta.
    La staticità della progettazione mi inaridisce il cervello (già parecchio arido di suo :D)
     
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  10. MichelaZ
     
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    L'ho letto due volte e lo sto rileggendo la terza... :)

    Sì, ho letto quella parte con interesse. Lui sostiene che nel suo caso, quando è partito da una trama/scaletta precostruita ha ottenuto delle storie rigide che lo hanno lasciato insoddisfatto.

    @Philo, in effetti funziona allo stesso modo per me :)

    Però qui la sanno tutti più lunga di me, quindi se qualcuno sostiene che procedere un po' alla volta è un cattivo sistema, io sto a sentire.
    Beh forse col tempo, acquisendo gli strumenti del mestiere, si riesce anche a vedere un po' più in là quando si presenta un'idea...

    Edited by MichelaZ - 2/3/2011, 21:27
     
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  11. melantropo
     
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    C'è sempre la pratica, Michela: se il tempo non è un requisito importante, permettiti di approcciare due scritti, il primo secondo progetto, l'altro seguendo... dove ti porta la penna.
    Vedi tu, all'atto pratico, qual è il sistema migliore, quale ti ha fatto risparmiare tempo/fatica/incongruenze ecc...
     
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  12. Magister Ludus
     
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    CITAZIONE (melantropo @ 2/3/2011, 21:19) 
    C'è sempre la pratica, Michela: se il tempo non è un requisito importante, permettiti di approcciare due scritti, il primo secondo progetto, l'altro seguendo... dove ti porta la penna.
    Vedi tu, all'atto pratico, qual è il sistema migliore, quale ti ha fatto risparmiare tempo/fatica/incongruenze ecc...

    Bell'idea, la proverò su un racconto.

    EDIT: oddio... tanti anni fa io scrivevo così, partendo dal titolo addirittura e da una vaga idea, e è meglio che non leggiate quella roba :woot:
     
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  13. melantropo
     
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    Tra l'altro ho avuto modo di sperimentare entrambi i sistemi, com'è ovvio: acquisire una sempre maggiore consapevolezza tecnica ti assicuro non significa tralasciare il trasporto emotivo, e il piacere per la scrittura.

    Il senso è: chi progetta il romanzo prima di iniziare la stesura non è freddo, ma solamente procede con maggiore chiarezza, focalizzando il lavoro sui fini della storia, lasciando intatti tutti gli elementi di gratificazione legati alla stesura.
    La rigidità non esiste, non deve esistere: progettare non significa togliersi la sorpresa di scoprire cose nuove, di riequilibrare personaggi o dare risalto a storie inizialmente considerate di minor conto, a trovare perle narrative all'interno di scene profondamente pensate e "amate", e via dicendo.

    A mio parere è l'esperienza che detta quanto uno possa progettare. Citate King.
    Io credo che lui abbia talmente esperienza e tecnica da sapere già in partenza dove andare a parare, e se anche non ha una scaletta, un progetto scritto, un trattamento, ma possiede l'Idea, allora il romanzo "si scrive da sé".
    E questo, in maniera sacrosanta, è la maniera di procedere di King, non quella "che va bene per tutti".

    Per assurdo quindi, e chiudo, agli inizi è meglio progettare, e la maturità porterà tecniche, aggiustamenti, metodologie assodate e quant'altro.

     
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  14. Alessanto
     
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    CITAZIONE (Magister Ludus @ 2/3/2011, 19:47) 
    @Michela: tu hai letto On writing del Re? :)

    Lo sto terminando e lui dice una cosa a proposito della scaletta/trama, ecc. Che parte da una situazione e la porta avanti, tirando fuori la storia pian piano, anche attraverso i personaggi. Solo in pochissimi casi ha progettato prima.

    Riflettiamo un po', però, sui suoi finali. Li trovate sempre all'altezza di ciò che ha creato? Io, a dire il vero, no. Guardate "L'ombra dello scorpione" per sua stessa ammissione era in un vicolo cieco (dopo 500.000 cc scritti) siamo certi che il modo in cui ne sia uscito non fosse migliorabile?
     
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  15. ~Astrid~
     
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    In più, non so se da qualche parte l'abbia scritto o meno, ma una saga complessa come la Torre Nera non credo sia nata dal semplice dispiegarsi dei suoi personaggi, anche perché ne entrano di importanti in corso d'opera, alcuni vengono persi e ripresi... mi sembra un meccanismo molto strano se scaturito dalla semplice "corrente", senza la mano di un artefice dietro ben consapevole a priori delle proprie scelte.

    Poi che, invece, in un racconto come The Mist si possa fare, è tutt'altro paio di maniche. Ma King contravviene troppo spesso ai suoi principi e non mi stupirei se l'avesse fatto anche nel caso sopracitato. Personalmente non sono mai arrivata in fondo a uno scritto serio, ma sapere dove vado a parare continua a sembrarmi il minimo sindacale; per avere una forte motivazione i protagonisti devono avere una meta. Non è detto che la raggiungano, ma se non sanno nemmeno dove vanno, da cosa si origina la storia?

    Un canovaccio è estremamente necessario e anche il controllo su ciò che si sta facendo.
    Poi, intendiamoci, King dice che non si deve avere in mente un finale, e qualche pagina prima - o dopo, ho letto On Writing molto tempo fa - afferma che per Misery volesse l'epilogo con il libro in pelle umana, finale che ha cambiato per motivazioni sue.
    Allora il finale ce l'aveva in mente, altro che no.
     
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14 replies since 26/1/2011, 17:28   188 views
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