La via dell'equilibrio
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La via dell'equilibrio

di Leonardo Boselli, zen, 9977 caratteri

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    Zen, 9969 caratteri, versione 1.1


    LA VIA DELL’EQUILIBRIO
    di
    Leonardo Boselli



         Il cronometro ha iniziato il conto alla rovescia. I lunghi istanti dedicati alla concentrazione sono stati annullati in un attimo, quando il cuore ha cominciato a battere in modo frenetico.
         Mi alzo e prendo fiato. Sistemo la faretra sul fianco destro, raccolgo l'arco dal sostegno e mi dirigo con calma verso la riga bianca. Piazzo i piedi ben saldi, paralleli alla linea. Da lì posso vedere a pochi passi di distanza l'avversario che mi gira la schiena, lo vedo scrollare le spalle e ruotare la testa per rilassare i muscoli del collo, poi alza il braccio sinistro impugnando l'arco.
         A mia volta dirigo lo sguardo a sinistra. Laggiù, ad alcune decine di metri, è collocato il paglione con il bersaglio; poche decine di metri che, al termine del pomeriggio, sembrano ormai chilometri.
         Quel disco giallo all'interno della corona rossa, quello è il mio obbiettivo. Quante volte l'ho inquadrato attraverso il mirino e la freccia, appena scagliata, lo ha raggiunto, come guidata da un filo invisibile. Ora però non importa più ciò che è accaduto in passato: resta solo quell'ultima serie di tiri e tutto sarà deciso.
         Le frecce vengono lanciate una dopo l'altra e c'è chi segue la loro traiettoria con il binocolo e ne determina l'esito. L'avversario ha tirato con calma e regolarità. I suoi movimenti hanno ripetuto con precisione maniacale un rigido rituale, quasi che quei tiri, indistinguibili gli uni dagli altri, non fossero che un unico, preciso, inesorabile lancio contro il bersaglio. L'errore che aspettavo, e desideravo ardentemente, non c'è stato.
         Quest'ultimo mio tiro dev'essere perfetto: la vittoria richiede dieci punti, non uno di meno. Il mio bersaglio deve essere il disco giallo all'interno della corona gialla, racchiusa dalla coppia di corone rosse. Basta anche solo intaccare il bordo di quel cerchio, ma bisogna riuscirci: nove punti servono solo a prolungare l'agonia.
         Avevo cercato di dimenticare per mesi, lunghi e dolorosi, ciò che accadde quattro anni fa. C'ero riuscito, lo avevo rimosso. Ora però lo ricordo perfettamente. Il mio vantaggio era consistente, gli avversari avevano rimontato nelle ultime serie, ma sarebbe stato sufficiente inviare un'ultima freccia all'interno delle circonferenze blu per vincere l'oro. Ricordo quella finale, ma non l'esecuzione dell'ultimo tiro, vedo solo quella freccia che perde forza e quota e colpisce il bersaglio troppo in basso.
         Com'era potuto accadere? Si sente parlare della paura di vincere, ed è una realtà: è un tarlo che ti rode e incrina la tua sicurezza proprio quando è necessario chiamare a raccolta le ultime energie. Anche tiratori di alto livello l'hanno provata: nel momento decisivo, possono colpire per errore il bersaglio dell'avversario, o semplicemente mancare il proprio. E quel solo sbaglio può compromettere un'intera carriera, può minare il fragile equilibrio interiore che permette di percepire l'allineamento perfetto.
         Ma non devo pensare a tutto questo, perché mi deconcentra, perché mi porta troppo vicino alla china scesa la quale non è più possibile risalire. Devo concentrare le ultime risorse e focalizzarle nel tiro, senza pensare che sarà l'ultimo, quello decisivo. Devo pensare alla procedura, ma lo devo fare svuotando la mente, senza ragionare, lasciando libero l'istinto affinato in tanti anni di duri allenamenti.
         Il cronometro continua a contare, ma non lo vedo. Mancano poche decine di secondi, ma non importa perché c'è tutto il tempo necessario, basta seguire docilmente il ritmo interno, le pulsazioni del cuore che si fanno sempre più lente. Il sangue scorre nelle arterie e raggiunge ogni parte del corpo, ogni muscolo, ogni nervo, trasporta ossigeno, cibo per le cellule, e rimuove le scorie che esse hanno prodotto durante gli sforzi prolungati.
         Guardo la mano destra: indossa la protezione per le dita che copre dall'indice all'anulare con una fessura sopra il medio per lasciare uno spazio in cui si innesterà la freccia. La protezione è segnata al livello delle seconde falangi, lì compare il solco in cui dimorerà la corda, scavato da innumerevoli trazioni. Solo quelle tre dita tratterranno la freccia durante la preparazione del tiro, ma dietro di loro lavoreranno tutti i muscoli del braccio, fino alla spalla e alla spina dorsale. Tutti coopereranno per tendere l'arco, per esercitare ancora una volta la forza necessaria per caricare di energia elastica tutto l'attrezzo. La mano sinistra, per ora, sorregge solamente l'arco, appoggiato con il suo corno inferiore sul piede sinistro.
         Ora cerco nella faretra la freccia migliore. Osservo gli impennaggi e scelgo quello che sembra intatto, che può fendere l'aria avvitandosi lungo quel binario invisibile che conduce il dardo al bersaglio. La freccia scorre nella faretra emettendo un lieve sibilo metallico nel contatto con le compagne. Con cura l'appoggio sul supporto, dietro la lamina che segnala la corretta estensione dell'arco, inserisco la cocca sulla corda e l'incisione della protezione per le dita intorno all'asta.
         Sfioro la corda, ne saggio la tensione. È la prima sosta. La preparazione dell'attrezzo è terminata, l'arco è pronto per il tiro e non resta che tenderlo. Inizia il controllo della respirazione, si ascoltano i battiti del cuore, si svuota la mente.
         Come ad un segnale convenuto, la mano sinistra impugna l'arco e lo solleva fino a quando il braccio non si allinea con le spalle, mentre la mano destra non esercita alcuna resistenza sulla corda, se non la minima necessaria per sostenere l'attrezzo in verticale.
         Con l'occhio destro posso vedere il bersaglio, la punta della freccia e il mirino, ma vedo anche la protezione per il braccio: da quanto tempo uso sempre la stessa e quanti ricordi mi si affollano nella testa. Mi viene in mente quel giorno lontano quando, da giovane arciere inesperto, non ritenni necessario indossarla e mi ritrovai alla fine dell'allenamento con numerosi lividi blu provocati dalla corda, frustate sull'avambraccio che divennero dolorose solo il giorno seguente... L'arco è pronto per la trazione e torno con la mente al presente. È la seconda sosta.
         Il respiro è tranquillo, il battito regolare. Ora la mano sinistra si apre e l'impugnatura dell'attrezzo rimane appoggiata al palmo, mentre il braccio destro inizia a tendere l'arco.
         È un movimento che parte dalla spina dorsale e prosegue nella spalla, attraversa tutti i muscoli del braccio per arrivare alle tre dita che tirano la corda. La freccia scorre lentamente sul supporto e l'arco sembra lottare, sembra opporsi con tutte le forze a quella violenza, ma non è così l'arco invece collabora, immagazzina l'energia muscolare dell'arciere nei suoi corni, si piega alla volontà dell'uomo pronto a compiere il suo dovere. Alla fine esso dovrà concentrare tutta l'energia accumulata e trasferirla alla freccia... Tic! La lamina scatta. Ha seguito tutto il profilo della freccia ed è giunta alla punta. L'estensione è quella corretta, l'arco ha immagazzinato l'energia necessaria per seguire la traiettoria prevista. È la terza sosta. I muscoli mantengono semplicemente la tensione, la respirazione continua lenta ma profonda e rifornisce d'ossigeno i polmoni, mentre il cuore pompa regolarmente il sangue che, attraverso gli alveoli, si libera delle scorie e preleva l'ossigeno, poi scorre verso le cellule dei muscoli contratti e le nutre.
         Il cronometro indica i secondi restanti per concludere l'ultima serie di tiri, ma non è quello l'orologio che decide quando è il momento giusto. Attraverso l'occhio destro vedo il bersaglio, collimo il mirino con il disco giallo, attendo che il vento leggero cessi la sua ultima raffica e conto, conto i respiri e i battiti del cuore, conto e aspetto l'istante in cui la freccia riesce a trovare il suo stretto corridoio, la via verso il suo obbiettivo. È l'ultima sosta di quel pellegrinaggio... Tum! Il cuore sembra battere per l'ultima volta, la respirazione cessa, l'aria sembra immobile, il pubblico si ferma in silenzio, i pianeti interrompono la loro corsa e l'intera Galassia si arresta in quell'istante. È il momento. L'universo è appeso a quel filo sottile che lega la freccia al centro del bersaglio e passa attraverso l'arco, l'arciere, il cosmo, e da lì si ricongiunge alla terra, al paglione e al disco giallo al centro del bersaglio.
         Il cerchio si è chiuso. È il momento perfetto, già compiuto in quell'istante, prima ancora che le tre dita allentino la presa, il cuore ricominci a battere, i polmoni a respirare, il vento a soffiare e l'intera Galassia a ruotare su se stessa. Non importa più l'esito del tiro e la freccia, trasceso lo scorrere del tempo, si trova sull'arco, ma anche piantata nel bersaglio e a riposo nella faretra. Non importa più vincere, ma vivere la consapevolezza di essere al centro dell'universo e, allo stesso tempo, sapere che il centro è tutto intorno. Non interessa più nulla, se non percepire l'unità del cosmo e osservare con stupore le sorprendenti connessioni tra le sue diverse parti, il legame che attraversa ogni attimo e comunica l'intero passato, ancora vivo, al futuro, già presente. Non ne ero consapevole, ma i lunghi anni di preparazione avevano un unico scopo: poter rivivere quell'istante rivelatore in cui tutto è chiaro ed evidente, per poi ripiombare nel vorticoso flusso del tempo e avere solo esperienza del presente, dimenticare il passato, temere il futuro.
         Ora le dita allentano la presa, la corda scorre mentre i corni rilasciano l'energia accumulata e la concentrano nella freccia che si lancia verso il suo bersaglio. È un bel tiro teso e ho fatto del mio meglio perché riuscisse bene, ma ora il suo esito mi è indifferente: so già che quella freccia, la cui punta vibra e la cui asta continua ancora a ruotare su se stessa avvitata dall'impennaggio, si conficcherà nel punto stabilito da tutti gli eventi passati, darà loro un senso e attenderà, come nuovo istante cristallizzato nel tempo e nello spazio, una giustificazione dagli avvenimenti futuri.

    F  I  N  E



    Edited by TETRACTYS - 21/2/2011, 12:19
     
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  2. federica68
     
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    bello bello bello

    è un'idea semplice ma mi pare che tu l'abbia gestita al meglio delle sue possibilità, il potenziale di questo racconto/non racconto era tutto nello stile che doveva riuscire a tendere l'attesa del lettore insieme alla corda di quell'arco e fare sì che la sua immaginazione "vedesse" quella freccia attraversare spazio e tempo e tu ce l'hai fatta egregiamente, a mio parere

    ah! i bei tempi dello zen e il tiro con l'arco...

    un bel 4 tondo e pieno non te lo leva nessuno!
     
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  3. Dieguito_85
     
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    Carino.
    Diciamo che più che un racconto "di trama", è un racconto dipinto: la fotografia di una scena. Non un capolavoro, ma leggibile.
    Alcune osservazioni:
    <<quel disco giallo all'interno della corona rossa, quello è il mio obbiettivo>>: direi meglio: <<quel disco giallo all'interno della corona rossa è il mio obiettivo>> oppure <<il mio obiettivo è quel disco giallo all'interno della corona rossa>>

    <<ma non devo pensare a tutto questo, perché mi deconcentra, perché mi porta troppo vicino alla china scesa la quale non è più possibile risalire>> Ci vorrebbe una virgola, secondo me: <<troppo vicino alla china, scesa la quale...>>

    <<Tutti coopereranno per tendere l'arco, per esercitare ancora una volta la forza necessaria per caricare di energia elastica tutto l'attrezzo.>> Ripetizione: il secondo "tutto" lo toglierei (inutile).

    <<il vento a so‑ffiare>>: refuso?

    direi: 2,5. Arrotondiamo a 3.
     
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    CITAZIONE (federica68 @ 1/2/2011, 13:51) 
    è un'idea semplice ma mi pare che tu l'abbia gestita al meglio delle sue possibilità, il potenziale di questo racconto/non racconto era tutto nello stile che doveva riuscire a tendere l'attesa del lettore insieme alla corda di quell'arco e fare sì che la sua immaginazione "vedesse" quella freccia attraversare spazio e tempo e tu ce l'hai fatta egregiamente, a mio parere

    Grazie per l'apprezzamento! Visto che c'era ancora posto ho provato a proporre un racconto diverso dal solito che avevo nel cassetto da parecchio tempo. C'è anche qualcosa di autobiografico e perciò temo che chi non ha praticato il tiro con l'arco si perda nella parte iniziale. Comunque farò tesoro dei consigli dei "non praticanti" ;)




    CITAZIONE (Dieguito_85 @ 1/2/2011, 14:26) 
    Carino. Diciamo che più che un racconto "di trama", è un racconto dipinto: la fotografia di una scena. Non un capolavoro, ma leggibile.

    Sono contento che ti abbia fatto questa impressione. In effetti sono stato ispirato da un arciere dipinto da Utagawa Kunisada, oltre che dalla mia esperienza personale nella pratica di questo sport in cui la concentrazione e il controllo sono fondamentali.

    CITAZIONE (Dieguito_85 @ 1/2/2011, 14:26) 
    Alcune osservazioni:

    Grazie per le segnalazioni. Ho inviato la versione che avevo nel cassetto un po' di corsa e non ho ancora potuto revisionarla per adeguare lo scritto agli standard di USAM. Nella versione 1.1 apporterò le tue preziose correzioni. Grazie!
     
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  5. princ3ss
     
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    SPOILER (click to view)
    -Il mio bersaglio deve essere il disco giallo all'interno della

    corona gialla, racchiusa dalla coppia di corone rosse.-
    Già prima spieghi quale è il tuo obbiettivo. Questa ulteriore

    spiegazione confonde un po' e la trovo inutile.

    -Avevo cercato di dimenticare per mesi, lunghi e dolorosi, ciò

    che accadde quattro anni fa. C'ero riuscito, lo avevo rimosso.

    Ora però lo ricordo perfettamente. Il mio vantaggio era

    consistente, gli avversari avevano rimontato nelle ultime serie,

    ma sarebbe stato sufficiente inviare un'ultima freccia all'interno

    delle circonferenze blu per vincere l'oro. Ricordo quella finale,

    ma non l'esecuzione dell'ultimo tiro, vedo solo quella freccia

    che perde forza e quota e colpisce il bersaglio troppo in

    basso.-
    Rivedrei questo pezzo che trovo stentato e poco comprensibile

    -troppo vicino alla china scesa la quale non è-
    troppo vicino alla china, scesa la quale non è

    -Tutti coopereranno per tendere l'arco, per esercitare ancora

    una volta la forza necessaria per caricare di energia elastica

    tutto l'attrezzo.- tutti tutto, ripetizione nella stessa frase

    -alcuna resistenza sulla corda, se non la minima necessaria per

    sostenere l'attrezzo in verticale.
    alcuna esclude tutto!
    La mano destra non esercita resistenza sulla corda, tranne

    quella indispensabile per reggere l'attrezzo (arco) in verticale.

    -L'arco è pronto per la trazione e torno con la mente al

    presente. È la seconda sosta.-
    L'arco è pronto per la trazione: è la seconda sosta.

    -La freccia scorre lentamente sul supporto e l'arco sembra

    lottare, sembra opporsi con tutte le forze a quella violenza, ma

    non è così l'arco invece collabora, immagazzina l'energia...-
    La freccia scorre lentamente sul supporto e l'arco sembra

    opporsi dapprima a quella violenza, poi invece collabora,

    immagazzina l'energia...

    Tetra, ho fatto fatica a leggerti qui. Le descrizioni accuratissime (e questo è buono) mi hanno portata al parossismo interpretativo quasi. Poi, dopo questa lunga attesa di far centro, di raggiungere quel bersaglio che tanto si ambisce... ecco, quasi una frattura: nulla più importa e la parte zen, meditativa e cosmica prende il sopravvento. Magari capita davvero così negli arcieri, non so e in questo caso hai detto a giudizio. L'insieme mi appare appesantito in modo uniforme.


    Voto 2
     
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  6. Magister Ludus
     
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    Mi dispiace, Tetra, ma stavolta il tuo racconto non mi ha appassionato. :)

    Ho faticato a continuare a leggere, per quanto sia corto, perché è tutto un descrivere che poi alla fine non porta a nulla. Dopo averlo letto, mi sono chiesto di cosa parlasse.

    Capisco che sia stato un esperimento e va bene sperimentare :)

    Per me è massimo un 2.

    Ti segnalo:

    CITAZIONE
    Quante volte l'ho inquadrato attraverso il mirino e la freccia, appena scagliata, lo ha raggiunto, come guidata da un filo invisibile.

    questa sembrerebbe una domanda.
    CITAZIONE
    Quel disco giallo all'interno della corona rossa
    [...]
    Il mio bersaglio deve essere il disco giallo all'interno della corona gialla, racchiusa dalla coppia di corone rosse.

    dove si trova questo disco, dentro la corona rossa o quella gialla?

    CITAZIONE
    perché mi porta troppo vicino alla china scesa la quale non è più possibile risalire

    dopo china metterei una virgola.

    CITAZIONE
    ma non è così l'arco invece collabora

    idem, dopo arco

    CITAZIONE
    inserisco la cocca sulla corda e l'incisione della protezione per le dita intorno all'asta.

    non ho capito questa frase.

    La lamina scatta: c'è una lamina che scatta nell'arco?

    so‑ffiare: refuso
     
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  7. VanderBan
     
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    SPOILER (click to view)
    Off Topic (ma fino a un certo punto):
    CITAZIONE
    temo che chi non ha praticato il tiro con l'arco si perda nella parte iniziale.

    non solo...
    CITAZIONE
    mi dirigo con calma verso la riga bianca. Piazzo i piedi ben saldi, paralleli alla linea.

    Scusa qualcosa non mi fila nella posizione dei piedi, chi pratica (appunto) li dispone perpendicolarmente alla linea di tiro, o mi sono perso qualcosa io ogni qual volta che faccio qualche tiro? ^__^
    End OT
     
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  8. Selene B.
     
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    SPOILER (click to view)
    L'idea è interessante, ma complessa da realizzare. Due osservazioni:
    c'è un èpunto in cui (quando lui percepisce che è il momento giusto) avrei detto che la freccia era già stata scoccata, invece poi sembra che il protagonista debba ancora tirare...Non ho capito bene.
    Per essere un tiratore "zen" sono secondo me troppi i pensieri a vuoto e le "chiacchiere" interiori, che sono poi l'antitesi della concentrazione. Vero che per arrivare alla concentrazione bisogna lasciare prima che la mente divaghi come vuole, però qui, essendo un racconto, mi sarei aspettata un equilibrio diverso tra il vagare della mente e il controllo. Spero che tu mi abbia capito, anche se non sono stata molto chiara...
    Nel complesso voto 2, abbondante per il coraggio dell'esperimento, ma al 3 non ci posso arrivare.
     
    .
  9. ~ValeriaNitto~
     
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    SPOILER (click to view)
    CITAZIONE
    Laggiù, ad alcune decine di metri, è collocato il paglione con il bersaglio; poche decine di metri

    ripetizione "metri"

    lo trovo carino ma non mi esalta molto come racconto, mi dispiace.

    voto: 3 (perchè è scritto bene :-))
     
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    CITAZIONE (princ3ss @ 1/2/2011, 16:10) 
    Tetra, ho fatto fatica a leggerti qui. Le descrizioni accuratissime (e questo è buono) mi hanno portata al parossismo interpretativo quasi. Poi, dopo questa lunga attesa di far centro, di raggiungere quel bersaglio che tanto si ambisce... ecco, quasi una frattura: nulla più importa e la parte zen, meditativa e cosmica prende il sopravvento. Magari capita davvero così negli arcieri, non so e in questo caso hai detto a giudizio. L'insieme mi appare appesantito in modo uniforme.

    Grazie per l'attenta revisione! Non vedo l'ora di trovare il tempo di sistemare tutto.
    Credo che nessun arciere abbia esperienze esistenziali di questo tipo, ma chi può dirlo con certezza? ;)





    CITAZIONE (Magister Ludus @ 1/2/2011, 16:43) 
    Ho faticato a continuare a leggere, per quanto sia corto, perché è tutto un descrivere che poi alla fine non porta a nulla. Dopo averlo letto, mi sono chiesto di cosa parlasse.
    Capisco che sia stato un esperimento e va bene sperimentare :)

    Quando sperimento in cucina i danni che provoco sono maggiori :D

    Grazie anche a te per l'attenta revisione. Appena possibile rettifico e miglioro.

    CITAZIONE (Magister Ludus @ 1/2/2011, 16:43) 
    La lamina scatta: c'è una lamina che scatta nell'arco?

    Sì. Quando si posiziona la freccia sull'arco, la si fa passare dietro una lamina posta subito prima del sostegno. Quando l'estensione è quella corretta, la lamina scivola sulla punta della freccia ("scatta") così l'arciere arresta la trazione e si appresta al tiro. Senza questo accorgimento, sarebbe molto più difficile decidere quando terminare la trazione.




    CITAZIONE (VanderBan @ 1/2/2011, 17:41) 
    Scusa qualcosa non mi fila nella posizione dei piedi, chi pratica (appunto) li dispone perpendicolarmente alla linea di tiro, o mi sono perso qualcosa io ogni qual volta che faccio qualche tiro? ^__^

    Considera un solo piede: è perpendicolare o è parallelo alla linea lungo la quale si dispongono gli arcieri?




    CITAZIONE (Selene B. @ 2/2/2011, 08:47) 
    c'è un èpunto in cui (quando lui percepisce che è il momento giusto) avrei detto che la freccia era già stata scoccata, invece poi sembra che il protagonista debba ancora tirare...Non ho capito bene.

    Diciamo che in quel momento il racconto è entrato nella dimensione dell'eternità (ehi! detta così sembra una cosa seria ;) ) e ogni istante è contemporaneo agli altri, gli eventi trascendono il tempo. Insomma, qualcosa del genere, ma devo provare a rileggere quel punto per bene, magari hai ragione tu :blink:

    CITAZIONE (Selene B. @ 2/2/2011, 08:47) 
    Per essere un tiratore "zen" sono secondo me troppi i pensieri a vuoto e le "chiacchiere" interiori, che sono poi l'antitesi della concentrazione. Vero che per arrivare alla concentrazione bisogna lasciare prima che la mente divaghi come vuole, però qui, essendo un racconto, mi sarei aspettata un equilibrio diverso tra il vagare della mente e il controllo.

    In effetti tutti quei pensieri in poche decine di secondi sono da record mondiale. Volevo uno stacco netto tra il flusso di coscienza (in divenire quindi) e l'intuizione della totalità dell'esistenza: potrei aver esagerato -_-





    CITAZIONE (~ValeriaNitto~ @ 2/2/2011, 09:09) 
    lo trovo carino ma non mi esalta molto come racconto, mi dispiace.
    voto: 3 (perchè è scritto bene :-))

    Grazie per l'apprezzamento sulla scrittura!
     
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  11. Olorin
     
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    Devo purtroppo riscontrare che il racconto non mi ha coinvolto, nonostante l'argomento trattato sia affascinante. A mio parere è troppo lungo e ci sono troppi contenuti, troppe considerazioni ed elucubrazioni che appaiono poco realistiche rispetto al momento illustrato (quella in merito al cuore che spinge il sangue nelle arterie e va a ripulire ecc… è un esempio di quello che voglio dire).
    Pur trattando di una disciplina con cui nello specifico non ho mai avuto direttamente a che fare, io credo che più o meno tutti coloro che hanno praticato sport a livello agonistico, si siano trovati a vivere un momento simile a quello che descrivi (il calcio di rigore decisivo nella finale del torneo, la seconda palla di servizio sul match ball dell’avversario, ecc…) e sinceramente io non sono riuscito a immedesimarmi nella descrizione che hai fatto delle dinamiche inetriori che si verificano in quei momenti.
    E' un racconto scritto in maniera estremamente precisa, ma a mio parere – e qui sta tutta la discutibilità di quel che vado ad affermare – con stile, forma e soprattutto ritmo solo a tratti adeguati al soggetto.

    Direi 2

    Edited by Olorin - 2/2/2011, 13:31
     
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  12.  
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    CITAZIONE (Olorin @ 2/2/2011, 13:05) 
    E' un racconto scritto in maniera estremamente precisa, ma a mio parere – e qui sta tutta la discutibilità di quel che vado ad affermare – con stile, forma e soprattutto ritmo solo a tratti adeguati al soggetto.

    Grazie per le ampie considerazioni. Devo meditarci sopra parecchio perché è difficile modificare la struttura attuale senza snaturare tutto, ma vedrò cosa posso fare nel weekend.
     
    .
  13. VanderBan
     
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    CITAZIONE
    Considera un solo piede: è perpendicolare o è parallelo alla linea lungo la quale si dispongono gli arcieri?

    ah, ecco!
    al singolare mi torna, però se leggo al plurale e confronto i piedi con una linea, non so perché, ma mi immagino che dire che sono paralleli mi viene che sono equidistanti dalla linea e se sono perpendicolari che uno è più vicino e l'altro più lontano. Ma sarà solo un mio problema di letura. È che non ti ci vedevo a tirare con l'arco come un Serpico che spara a due mani contro il bersaglio.
     
    .
  14.  
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    CITAZIONE (VanderBan @ 3/2/2011, 13:26) 
    È che non ti ci vedevo a tirare con l'arco come un Serpico che spara a due mani contro il bersaglio.

    In effetti si perderebbe un bel po' di estensione ;)
     
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  15. kaipirissima
     
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    ciao voto 4
    SPOILER (click to view)
    Cos’è un trattato di tiro con l’arco?
    Porca vacca, interessante, ma un po’ antinarrativo.
    Un finale filosofico che riavvolge il racconto. mi piace.


    So che può sembrare una scemenza ma dopo aver parlato di disco giallo all’interno della corona rossa, dire inquadrare attraverso il mirino mi sembra sbagliato, se mettessimo puntato?

    In una frase mi sembra che il pubblico con il binocolo possa determinare l’esito della direzione della freccia. È possibile?

    ho dimenticato due "correzioni" le farò domani. comunque il voto non cambia


    Voto 4
     
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26 replies since 1/2/2011, 12:27   321 views
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