iPet 2Gen
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iPet 2Gen

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  1. MichelaZ
     
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    Quarta revisione. Circa 25k.

    iPet 2Gen




    Risalì gioiosamente verso la luce per respirare: filò a tutta birra forando la superficie dell’acqua col muso argenteo, un istante nell’aria per l’arco del balzo e poi giù di nuovo, si rituffò seguendo l’inclinazione dei raggi solari che disegnarono ombre mobili sul corpo snello e potente. Due colpi vigorosi della pinna caudale bastarono per unirsi agli altri, che giocavano a inseguirsi facendosi trasportare nella scia di una barca: infine l’immersione solitaria, decisa e costante, dove il blu era più profondo e i pochi suoni avevano una qualità maestosa e persistente, richiami di altre specie, lontani, incomprensibili.

    Un suono armonioso e insistente ruppe quella sospensione, riportandola a galla dal sogno, recuperandola alla realtà. Vera allungò la mano per smorzare la sveglia: assaporò il riposo ancora per qualche minuto, poi si liberò delle coperte e iniziò la faticosa manovra per trasferirsi a forza di braccia dal letto fin sulla sedia.

    2002


    Era quasi buio ormai, la terra era ancora calda del sole del giorno; nella penombra appariva già qualche lucciola, le ultime della stagione. Lisa non le guardava.
    Fissava torva il gruppo dei suoi compagni di scuola, intenti a festeggiare e schiamazzare e ignorarla. Lanciò l’ennesima occhiata invidiosa allo scavo della piscina al centro del giardino, protetto da un telo: alla faccia del regalo di compleanno, per il mio mi sono beccata una bici, pensò, e sospirò.
    A scuola era lo stesso, i compagni adoravano Vera, i professori non ne parliamo. Però senza lei ad aiutarla negli ultimi due compiti in classe, e a spiegarle scienze e geometria per pomeriggi interi, facile che la star della terza D avrebbe ripetuto l'anno. E quella s'era degnata di ringraziarla? Ma neanche per sogno: ora che le cose andavano bene, agli occhi di Vera quelle due o tre piccole dive del primo superiore che si davano un sacco d'arie erano molto più interessanti di Lisa No-Party, a quanto pareva. Strinse i denti. Eccole lì nascoste dietro il roseto, che si sbafavano birre e Bacardi sgraffignati di straforo e ridevano come folletti maligni.
    Fece un sorriso cattivo: se fosse andata in quel momento dalla signora Sandra a dirle cosa faceva la figlia, altro che piscina in regalo, altro che vacanza-studio al college, l'avrebbe ficcata in un mare di guai!
    La meschinità di quel pensiero, e la propria invidia, e la solitudine la colpirono tutte insieme come acqua sporca. Si sentì arrossire. Così sorrise e stette buona, e continuò a stare buona e far finta che fosse uno scherzo anche quando le stelline puzzolenti di birra si misero di nuovo a fare il coro “no tette no party!” segnandola a dito, pure se dovette ricacciare indietro le lacrime.
    Però quando Vera la condusse lontano dagli altri e al grido di “ispezione!” le sollevò la maglietta fino al mento, scoprendo il nulla più totale che aveva lì sotto, quello fu davvero troppo.
    Senza emettere un fiato tirò indietro il braccio e lasciò andare una sberla coi fiocchi, un ceffone in piena regola, caricato di tutto il peso del corpo: prima ancora che arrivasse a segno una parte di lei si meravigliò della precisione micidiale che era riuscita a metterci.
    Vera volò sbattuta all'indietro e, nell'ombra della sera incipiente, sembrò sparire inghiottita dalla terra. Nel silenzio che seguì si alzò solo il suo gemito roco: Lisa alla fine la vide che giaceva contorta nello scavo della piscina, sopra un mucchio di materiali di scarto.
    I medici in seguito avrebbero detto che era stata una fortuna che avesse bevuto, perché era atterrata rilassata come un pupazzo di panno, diminuendo l'impatto; avrebbero spiegato che se lo spuntone di ferro si fosse trovato sotto la nuca anziché sotto la schiena, Vera sarebbe morta.
    Tutto questo però era di là da venire; in quel momento c'era solo la sua amica incosciente a terra tre metri più sotto, contorta come una bambola rotta, e lei stessa immobile, annichilita, muta.

    ***


    Dalla sera dell'incidente Lisa si era sempre tenuta lontana da Vera e dalla sua famiglia. Giorno dopo giorno si aspettava che qualcuno le chiedesse conto di quello che aveva fatto. Di notte, il ricordo di quando aveva rovinato la vita della sua unica amica la seguiva nel sonno.
    La telefonata della madre di Vera arrivò tre mesi più tardi, ma non fu come Lisa aveva temuto. La signora Sandra fu cauta, gentile, controllata. Si informò della sua salute, le chiese della scuola, dei compagni: le disse che capiva come quell’episodio fosse stato un trauma per lei, che sicuramente desiderava dimenticare quell'esperienza, e che non doveva sentirsi in obbligo di rivedere Vera se pensava di non farcela. Ma ora, spiegò, Vera era stazionaria, aveva subito due interventi e si stava adattando alla sua condizione: in quel momento delicato la vicinanza di un'amica sarebbe stata molto importante per lei, Lisa poteva forse passare a trovarla?
    Lentamente iniziò a farsi strada in lei la consapevolezza che la signora Sandra non le stava tendendo un tranello, né la teneva crudelmente in sospeso prima di farle cadere addosso la propria condanna: la donna non sapeva veramente cosa fosse successo alla figlia.
    Certo che sarebbe venuta, rispose esitante. Finora aveva avuto paura di disturbare, ma ora che Vera stava un po' meglio...
    «Grazie, tesoro. Grazie.» La donna sembrava sull'orlo delle lacrime. Quando riappese, Lisa scoppiò a piangere anche lei.

    ***


    Le pareti candide e i suoni smorzati potevano far pensare a un convento, ma l’odore di disinfettante raccontava un'altra storia. Un vecchio in pigiama ciabattò accanto a lei, trascinandosi appresso una bombola in un carrellino.
    Lisa raccolse il coraggio ed entrò.
    «Come stai?» Non era un granché come frase di inizio: se ne rese conto, e abbassò lo sguardo. Vera la fissò a lungo prima di rispondere.
    «Meglio ora. Sai, non è solo il fisico. I medici mi hanno spiegato che quando si resta menomati la mente ne soffre quanto il corpo, e anche quella si deve rimarginare. Per parecchio tempo non ho ricordato nemmeno che cosa fosse successo.»
    Lisa ingoiò a vuoto.
    «Quando finalmente ho accettato l'idea che ho una menomazione permanente, e che sarò un’invalida per il resto della mia vita, mi è tornato in mente tutto.»
    Lisa si costrinse a rimanere immobile, ma fece un gemito basso. Non riuscì a evitarlo.
    Vera sorrise tra sé, e continuò a fissarla. «Avevo bevuto troppo, ho fatto un passo falso e sono caduta. Ma quando uno cade, non devono cadere anche i suoi amici... Se sanno dimostrare quest’amicizia. Mi capisci?»
    L'altra annuì, sentendosi ipnotizzata. Pensò di sfuggita a uccellini e serpenti.
    «Ho capito che rivangare il passato non aiuterebbe. E io avrò bisogno di aiuto adesso: di tutto il possibile.»
    Tese la mano verso Lisa, che la strinse senza pensarci.
    «Per questo ho chiesto a mia mamma di telefonarti. So che tu mi aiuterai. Moltissimo. Se no a che servono gli amici?»
    Strinse la mano di Lisa fra le proprie. Lei cercò di liberarsi, ma Vera non la lasciava andare.
    «Sì» disse alla fine. Non poté dire altro.


    2020


    Teo sputò nel patè che rimaneva, mescolò con la lama del coltello e preparò gli ultimi due crostini.
    Portò i piattini in sala da pranzo muovendosi in silenzio, arrivando alle spalle della strega e deponendole l'antipasto davanti senza che lei l'avesse sentito arrivare. La megera sobbalzò colta di sorpresa.
    «Lisa, ti decidi a insegnare a tuo figlio un minimo di rispetto con gli adulti?» Vera si mantenne immobile, le spalle diritte e il mento in alto, mentre le labbra quasi scomparivano, strette in una smorfia di disgusto mentre guardava il ragazzino.
    Teo la fissò con aria innocente.
    «Non le piacciono i crostini, signora?»
    «Non mi piacciono i bambini maleducati. Puoi ingannare tua madre, ma non me. Tu stasera rimani senza cena. E adesso vattene in camera.»
    «Lei è in casa nostra! Mia e di mia mamma!» Fece lui, girandosi verso Lisa. «Mamma, dillo tu! Non può mica venire a dirmi...»
    «Teo, basta così. Chiedi scusa a Vera e vai di là. Io e lei dobbiamo parlare.»
    Di fronte a quell'ingiustizia colossale Teo si sentì bruciare gli occhi, ma trattenne le lacrime. Neanche in mille anni si sarebbe messo a frignare davanti a quella strega. Senza dire una parola se ne andò in camera, facendo attenzione a camminare lentamente e con la testa ben alta, i pugni stretti lungo i fianchi.
    Più tardi, dopo che Vera se ne fu andata, lei bussò piano alla porta, poi come sempre entrò senza aspettare risposta.
    Lui non fece nemmeno finta di dormire.
    «Non avevo fatto niente! Ho solo portato i crostini! Mi doveva dire grazie e invece mi ha mandato in punizione e non è mica lei la mia mamma! Perché non hai detto niente?»
    Lisa fece un sospiro sfinito. Lui vide il pallore sulle guance di lei, le occhiaie profonde, e tacque.
    «Mi dispiace, amore. In quel momento non potevo litigare con lei. Tu e io dobbiamo molto a Vera, lo sai.»
    «Ancora coi soldi! Ma quando finisci di ridarglieli?»
    «Non è solo quello, Teo...»
    «Infatti non è solo quello, è anche che ha cacciato via mio papà e io non so chi è!»
    «Era una persona cattiva! Te l'ho già spiegato, era un egoista che voleva farmi smettere di studiare e tenermi chiusa in casa! Ha anche alzato le mani, un paio di volte.»
    Lui pareva aver dimenticato la collera di poco prima e la stava a sentire, bevendosi ogni goccia di quei momenti insieme. Amava ascoltare quella storia di famiglia, di vecchi pericoli ormai scampati. Lei riprese a voce più pacata.
    «Il nonno era già ammalato, e io non sapevo che fare. Avevo solo vent'anni, ero giovane giovane... Vera ha chiesto aiuto a degli amici, che l'hanno mandato via, poi mi ha dato i soldi per continuare a studiare. E nemmeno li rivuole indietro. È di questo che dovevamo discutere stasera.»
    «Come non li rivuole? Vuoi dire che non hai più il debito?» Gli occhi del bambino brillavano.
    «Il debito ce l'ho, tesoro. Solo che anziché ridare a Vera i soldi, entrerò a fare parte della società. Non sarò più una dipendente con lo stipendio fisso, ma una socia come Vera. La ripagherò col mio lavoro, capisci? Lei ha il denaro che le hanno lasciato i genitori, e conosce le persone giuste: io ho la capacità per occuparmi della parte scientifica. Faremo una cosa fantastica, insieme, vedrai.»
    Lui non pareva affatto convinto, ma non disse niente. Si mise giù e aspettò di dormire, che il giorno dopo c'era scuola.

    2025


    «Non ho capito. Che vuol dire trasferire dati nella mente?» Erano in sala, e Teo ripassava cinese con poca convinzione, interrompendosi di tanto in tanto per chiacchierare con la madre.
    «Vediamo se riesco a spiegarmi.» Lisa parlava senza guardare il figlio, gli occhi fissi sull’ologramma di fronte a sé. Si trattava della mano di un primate, modificata per ottenere un grado di rotazione del pollice simile a quello umano. L’immagine tridimensionale girava silenziosamente su sé stessa, aprendosi e chiudendosi. Lei digitò un paio di numeri sul tastierino luminoso, e l’ologramma rispose con un movimento più fluido. Soddisfatta, alzò finalmente lo sguardo verso Teo.
    «Abbiamo trovato l'architettura di codifica dei dati a bassissimo livello, cioè abbiamo trovato il codice con cui ricordi e esperienze vengono conservati nella mente di alcuni esseri viventi. È come la sequenza di 1 e 0 che serve a conservare i dati nei computer: siamo in grado di leggere questo codice da alcune creature e replicarlo in altre, operando a livello base.»
    «Ma scusa, a che vi serve spostare i ricordi?»
    «Be’, pensa al concetto di “mente”. L'attività dell'encefalo è al novanta percento rumore di fondo. Capisci? La respirazione che avviene senza che tu ci pensi, il battito del cuore, la digestione, tanto per fare degli esempi. Tutto questo non può essere replicato, né servirebbe a niente. In realtà quello che fa di te la persona che sei è la tua consapevolezza, i tuoi ricordi, il senso di te stesso; le cose che hai appreso e le scelte che operi di conseguenza. È questa piccola parte di dati che noi riusciamo a replicare.»
    Teo la fissava con gli occhi spalancati, il libro di cinese del tutto dimenticato. «Vuoi dire che io potrei esistere in una lucertola e in me stesso, contemporaneamente?»
    Lisa si fece scappare una risata.
    «Assolutamente no, Teo, non è così che funziona. Tanto per cominciare la Replication non si può fare sugli esseri umani. Questa operazione di lettura oggi come oggi è estremamente rozza. Sarebbe come passare al setaccio ogni molecola di un muro di mattoni: alla fine sapresti tutto di quel muro, ma l'avresti ridotto a un mucchio di briciole. Mi capisci? Tentare un'operazione simile su un essere umano oggi significherebbe ridurlo a un idiota irrecuperabile.»
    «Però potrei passare il mio... la mia essenza nella lucertola, e esisterei ancora, sarebbe come se avessi cambiato corpo!»
    «Non puoi eseguire la Replication su una persona, non è legale» ripeté lei paziente, «e certamente non puoi usare una lucertola. Innanzitutto la struttura mentale del ricevente dev'essere assimilabile a quella di origine, anche se non necessariamente identica. I tuoi pensieri non potrebbero mai essere ospitati in un encefalo di lucertola, capisci? Proprio come puoi passare dati da un computer con Linux a uno con Status, o il contrario, ma non puoi passare dati direttamente da un computer a un foglio di quaderno. Però potresti replicare una coscienza umana con un'approssimazione accettabile in un animale sufficientemente intelligente; un bonobo, per esempio.»
    Sulla fronte liscia del ragazzo si disegnò una ruga diritta di collera. «E il bonobo che ne penserebbe?»
    Lei si sforzò di non perdere la pazienza. Da un po' di tempo a scuola Teo frequentava alcuni compagni con idee piuttosto radicali sull'etica e sulla difesa dell'ambiente. La preside gliene aveva parlato quando lei era andata a prenderlo, dopo quella prima bravata del laboratorio di biologia: l'aveva anche avvertita che a quindici anni i ragazzi attraversano una fase di profondo idealismo, di affermazione della propria identità che si esprime anche nel conflitto coi genitori. Come se lei avesse avuto bisogno di farselo dire dalla preside, rifletté con amarezza.
    «Teo, il bonobo non ne penserebbe niente, perché la sua coscienza non esisterebbe più. Sarebbe sovrascritta, per rimanere nella metafora. Però ho qualche idea su cosa ne penserebbe un malato terminale, o una persona in coma.»
    La ruga di collera si distese, mentre lui assimilava quell'idea cercando delle risposte valide.
    «E comunque stiamo parlando di teorie: per ora la Replication è legale solo su organismi relativamente semplici, in cui è anche difficile testare esattamente il livello delle esperienze e della consapevolezza. Adesso basta chiacchiere, forza, dammi una mano, apparecchia.»
    Così lui preparò la tavola, raccontandole del pomeriggio a basket, lei scaldò la cena ascoltandolo per metà o per niente, riflettendo su quanto fosse ancora facile disinnescare certi conflitti, consapevole che quella pace era destinata a durare molto poco. Suo figlio stava crescendo. Le piacesse o no.

    ***


    Teo non si dava pace.
    Sua mamma continuava a propinargli quella storiella di quanto fosse bella la società con Vera: lui non ci aveva creduto quando aveva dieci anni, e di certo non ci credeva ora. Erano entrambi schiavi di quell’arpia, e questo era tutto.
    Con uno sbuffo impaziente sedette alla scrivania e fece quel che faceva sempre quando non capiva qualcosa: lo cercò su Google.
    Tralasciò i primi risultati (il sito ufficiale della BioPow, col logo della zampata fluorescente, che gli dava sui nervi solo a vederlo, e il link di Google Real con la visita virtuale) e cliccò sulla voce di Wikipedia, a metà della pagina.

    WikiCindy apparve sul monitor, stiracchiandosi, e gli fece un sorriso accattivante. «Bentornato nell'area di consultazione, Teodoro il Magnifico.»
    Lui non si sentiva in vena per le spiritosaggini che di solito riservava all’avatar. «Menù.»
    «Le opzioni sono: Notizie, Filmati Olo, Filmati 3D, Filmati flat, Immagini, Biblioteca olfattiva. La Biblioteca tattile è disabilitata, la tua periferica risulta non attiva.» La WikiAssistant snocciolò le scelte con voce sexy, arricciolandosi una ciocca di capelli e facendo gli occhioni.
    «Notizie.»
    Uno sgabellino da segretaria si materializzò accanto a Cindy, che vi cadde seduta con una certa grazia, sfoderando una cartellina blu. «La BioPow S.p.A., comunemente conosciuta come BioPow, è una delle più importanti aziende di ricerca del mondo nel campo della genetica e della PetProduction. La sede principale è a Roma, ma possiede altre sedi distaccate in Italia, Giappone, Norvegia....»
    «Avanti.»
    «Ho Prodotti, Storia, Slogan e Curiosità.»
    «Prodotti.»
    Cindy sfogliò la cartellina. «I suoi prodotti principali sono gli animali domestici geneticamente personalizzati delle linee PersonalPet e PersonalTeddy, gatti e cani privati di denti e unghie per permettere ai bambini di manipolarli in sicurezza, e la linea di bio-arredamento LiveHome, ibrido fra habitat marino e oggetto di arredamento. Nel 2018 inizia la produzione estensiva di PersonalPet nelle varianti CyberPet, mammiferi con innesti inorganici, GuardPet, felini specificamente modificati per fungere da ausilio nella difesa di case e terreni, e FluoPet, esemplari di boa e panterophis guttatus con pattern di colore contenente luciferina, in grado di emettere bioluminescenza.»
    «Avanti, che ‘sta roba la conosco tutta.»
    «Storia» recitò docilmente l’avatar. «Anni ‘10. La storia di BioPow S.p.A. inizia nel 2015, quando l'imprenditrice Vera Allevi e la biologa Lisa Diacono lanciano sul mercato italiano il primo PersonalPet, un gatto di razza Norvegese delle Foreste, realizzato su richiesta dell'imprenditrice Marina Berlusconi, manipolato geneticamente in modo da avere una colorazione azzurra brillante su tutto il corpo. L'esemplare, chiamato Neytiri dall'acquirente, fu venduto all'epoca per ottantamila euro. Nello stesso anno, nonostante le accese polemiche seguite alla produzione di quel primo PersonalPet, realizzarono per l'atelier degli stilisti Dolce&Gabbana a Milano il primo pezzo della linea LiveHome, un divano realizzato in resina trasparente semiflessibile, allestito internamente come un acquario tropicale. Dopo un inizio brillante ma controverso...»
    «Ricerca. Replication» Fece lui soffocando uno sbadiglio.
    Accanto allo sgabellino apparve uno schedario del secolo passato, di quelli con le lettere stampigliate sui cassetti di metallo. L’animazione aprì la “R” ed estrasse un foglio. Accavallò le gambe con aria seducente e riprese a parlare. «Il 2022 è l'anno in cui viene annunciato il primo successo nella Replication su Sandy e Dimmy, due esemplari di Meriones Unguiculatus» cinguettò. «In quello stesso anno l’imprenditrice Vera Allevi viene accusata di portare avanti sperimentazioni illegali tentando la Replication umana, accusa risoltasi poi in un nulla di fatto. Voci correlate: decreto 652/2024 sulla definizione dell'identità, comunemente chiamato decreto clona-ricchi.»
    «No, lascia stare. Curiosità.»
    «Curiosità. Le due figure di spicco della BioPow, la fondatrice Vera Allevi e la ricercatrice capo Lisa Diacono, hanno un percorso personale strettamente intrecciato fin dall'incidente che ha costretto la signora Allevi su una carrozzella all'età di tredici anni. "Lisa da allora mi è stata sempre vicina. È stata come una sorella per me. La BioPow non sarebbe mai nata senza il suo impegno totale e instancabile", ha dichiarato la signora Allevi in un'intervista. Sull'amicizia storica che lega le figure di Vera Allevi e Lisa Diacono è stato realizzato un episodio del telefilm "Ranki school". Sembra che la celebre battuta "Comandare è meglio che fottere, controllare è meglio che comandare" sia stata suggerita dalla stessa Allevi.»
    La citazione era stata pronunciata con la voce dell’attrice che aveva interpretato Vera nel telefilm. Teo l'aveva vista quella puntata, anche se "Ranki School" era una cosa da femmine, e l'attrice non era neanche per metà brutta e acida come la persona reale.
    Ripensando a quella frase sull’impegno totale fece un sorriso amaro, e batté l’indice sul monitor. WikiCindy si dileguò con un saluto civettuolo, e lui si distese sul letto, abbassando le luci.
    Quel letto era il regalo di sua mamma per i quindici anni: il materasso-habitat, di un blu scurissimo, contenente acqua arricchita, ospitava una miriade di minuscoli pesci tropicali g-mod, che proiettavano le proprie sagome luminose sulle pareti buie della stanza creando un piccolo universo. La stessa temperatura interna dell’acquario garantiva l’inutilità delle coperte. Sfiorò l’interruttore sul lato e la superficie divenne lentamente opaca, rinchiudendo lo splendore dei pesci al suo interno.
    Lui scivolò nel sonno, la mente ancora piena di tutti quei colori.

    2026


    Vera sostava accanto al bordo della grande piscina d'acqua salata attrezzata nella sede della BioPow, poco fuori Roma. Guardava Toller nuotare, seguiva le evoluzioni gioiose di quel corpo argenteo dentro e fuori dall'acqua, persa nei propri pensieri.
    Una volta, prima dell'incidente, era andata con suo padre a Rangiroa, in Polinesia: avevano fatto un'immersione, la prima di un certo impegno per lei, nelle acque calme attorno alla barriera corallina. Lì aveva incontrato i delfini per la prima volta: le erano parsi più grandi di quanto avesse immaginato, e più alieni, coi musi piegati in un sorriso perenne.
    Dapprima intimorita, dopo qualche minuto aveva iniziato a nuotare con loro: non avrebbe mai dimenticato la sensazione di potenza, di possibilità che aveva provato nei pochi momenti in cui era stata parte di quel gruppo magnifico. Nella realtà c'era stato il suono dell'aria nel boccaglio, delle bolle che sfuggivano alla respirazione: ma nei suoi ricordi c'era sempre silenzio, c’era pace, e leggerezza, finalmente.

    Lisa la raggiunse, ricordandosi di arrivarle di lato e non alle spalle.
    «Sei in ritardo».
    «Mio figlio. Ha sabotato un'altra volta il laboratorio di biologia a scuola. Ormai è la terza volta, dovrò ripagare qualche migliaio di euro fra attrezzature e computer. La preside sostiene che si tratta di una richiesta di attenzioni.»
    «Quel ragazzo finirà in galera. Sei troppo indulgente con lui, da sempre.» Guardò Lisa e fece un sorriso divertito. «Evidentemente ha preso da suo padre.»
    Lei si irrigidì e fece per rispondere: Vera attese.
    «Sei pronta?» le chiese lei alla fine, rinunciando alla replica.
    «Sono pronta da vent'anni» rispose l'altra a bassa voce, voltandosi a guardare il delfino nell'acqua limpida.

    ***


    «Al mare? Dici sul serio?»
    Lisa sorrise al figlio. Vederlo tanto incredulo le fece male, ma non lo mostrò. «Certo. È una vita che non facciamo una vacanza insieme, tu e io.»
    «Otto anni» rispose lui in fretta, e iniziò a molleggiarsi sulle punte dei piedi. Da bambino faceva così quand'era eccitato e contento: rivedere quel gesto ora che era alto quasi un metro e novanta e faceva il duro le strappò una risata, sincera stavolta. Sorrise anche lui, un po' incerto.
    «Però devo tornare tra una settimana, abbiamo una partita.»
    «Certo che dobbiamo tornare per la partita. Non me la voglio perdere stavolta.»
    Lui aggrottò le sopracciglia, poco convinto, ma lei non disse niente. Ci voleva tempo per recuperare tutto quello perso fino a quel giorno.

    ***


    Toller giocava nell'acqua screziata dal sole: si interruppe quando vide l'umana avvicinarsi al bordo della vasca, e si fece avanti per ricevere la propria razione di pesce.
    Dietro l'umana ne comparve un altro che Toller non conosceva. Sembrava un umano giovane però, quasi un cucciolo ancora: quello si accucciò sul bordo e si mise a fissarla.
    «Posso dargli il pesce?»
    «Certo che puoi.»
    Toller non capiva le parole (a parte "pesce", quello lo capiva perfettamente), ma riconosceva il divertimento e l'affetto nelle voci dei due esseri umani. Fece una capriola in acqua, per allegria e impazienza, e l'umano giovane rise e le buttò il pesce.
    «Ma sei sicura che possiamo portarci via gli animali dal laboratorio?»
    «Non gli animali, solo quel ratto. Te l'ho detto, non possiamo usarlo nemmeno per il gruppo di controllo. Non va bene, per un sacco di ragioni. Piuttosto che sopprimerlo, me lo porto a casa.»
    «Chissà che direbbe quella strega di Vera se sapesse che manometti i campioni!» fece lui, mezzo ridendo e mezzo preoccupato.
    «Oh, non te l'ho raccontato? Vera ha avuto una specie di collasso, poverina. Deve aver lavorato troppo, davvero. L'hanno trovata nel suo ufficio che fissava il vuoto e perdeva un filo di bava sopra le carte della scrivania.»
    Teo buttò un altro pesce al delfino, mentre Lisa guardava sorridendo il ratto nella gabbietta. L'animaletto ricambiava lo sguardo coi piccoli occhi scintillanti come goccioline di petrolio, gonfiando il pelo, e mordeva le sbarre. Azione del tutto inutile, naturalmente, non sarebbe mai riuscito a uscire.
    «Dovremo metterlo in riga, questo ratto, sai Teo. Ha veramente un pessimo carattere. Però se riesci a dargli una disciplina può diventare un ottimo animale domestico. I ratti sono fra gli esseri più intelligenti al mondo.»

    Edited by MichelaZ - 21/4/2011, 00:00
     
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  2. marramee
     
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    Mi hai fregato!
    Quando stavo per dire "Bello, sì, ma prevedibile" mi hai lasciato a bocca aperta con un finale davvero a sorpresa.
    Un racconto che vive di ciò che non è detto, ma solo sott'inteso, e che quindi spinge il lettore a ragionare, a immaginarsi scenari e stati d'animo appena accennati.
    Forse non è un capolavoro, forse potrebbe essere ancora migliorato, però quando si finisce di leggere un racconto e ci si sente soddisfatti, vuol dire che quel racconto ha lasciato qualcosa.
    Quindi emotivamente voto quattro, senza stare tanto a pensare.
     
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  3. MichelaZ
     
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    Grazie! Mi fa veramente piacere :)
    Sì che dev'essere sistemato, lo sto rivedendo infatti.
    Ce la fai a indicarmi cosa non ti ha convinto troppo? Mi saresti di grande aiuto :)
     
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    Losco Figuro

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    Un buon racconto anche se la narrazione è a tratti troppo frammentata e il primo dialogo tra Lisa e suo figlio dà un po' di infodump.
    Voto 3
     
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  5. MichelaZ
     
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    User deleted


    Grazie mille del suggerimento, infatti quella parte va cambiata... :)

    Edited by MichelaZ - 2/4/2011, 15:27
     
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  6. marramee
     
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    Sì, anch'io ho notato che quel punto scricchiolava (ma è anche il punto che mi aveva fatto credere di "sapere già come andava a finire").
     
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    "Ecate, figlia mia..."

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    Non è ironico che uno dei racconti migliori di questo mese abbia avuto il minor numero di visite (e presumo anche di letture)?

    I miei più vivi complimenti, Michela, hai scritto una cosa che ho trovato cradevolissima non solo nella lettura, ma anche per costruzione. E mi trovo d'accordo con Marramee: ero pronto a bocciarlo per la scontatezza, ma il finale a sorpresa (con ben due sorprese, per altro!) ha completamente capovolto il mio giudizio. Inoltre dicevo la lettura: è chiaro che tu sappia scrivere, o che sappia correggere, visto che non ho trovato errori e la prosa scorre via armoniosa e piana, senza brutte frasi o passaggi di dubbio effetto.

    Qualche appunto però lo vorrei fare:

    CITAZIONE
    Due colpi vigorosi della pinna caudale bastarono per unirsi al gruppo degli altri

    Cioè non è il suo gruppo? Non ho ben capito, qui.

    CITAZIONE
    2002

    Era quasi buio ormai, la terra era ancora calda del sole del giorno; nella penombra si vedeva già qualche lucciola, le ultime della stagione. Lisa non le vedeva neppure, aveva ben altro a cui pensare.

    Abbiamo appena lasciato un'introduzione senza date che ci fa vedere una Vera paralitica. Secondo me devi specificare che il paragrafo seguente è un flashback, o che quello che apre il racconto sia un flashforward. Perché se non lo fai il lettore continuerà a immaginare una Vera paralizzata, e resterà fregato più avanti, con l'incidente. A me ha spiazzato e credo succederà a tutti.

    CITAZIONE
    E quella s'era degnata di ringraziarla? Ma neanche per sogno: ora che le cose andavano bene quelle due o tre piccole dive del primo superiore che si davano un sacco d'arie erano evidentemente molto più interessanti di Lisa No-Party. Strinse i denti. Eccole lì nascoste dietro il roseto, che si sbafavano birre e Bacardi sgraffignati di straforo e ridevano come folletti maligni

    Ecco un'altra cosa che io aggiusterei: prima parli della sola Vera, poi però di punto in bianco "le dive" raddoppiano o triplicano. Io introdurrei il gruppo con uno stacco meno netto, parlando prima di Vera e poi allargando alle altre il suo comportamento antipatico.

    CITAZIONE
    Lisa raccolse il coraggio e entrò.

    "ed", su.

    CITAZIONE
    Proprio come puoi passare dati da un computer con Linux a uno con Status, o il contrario, ma non puoi passare dati direttamente da un computer a un foglio di quaderno.
    Però potresti replicare una coscienza umana con un'approssimazione accettabile in un animale sufficientemente intelligente; un bonobo, per esempio.»

    Se vai a caporigo in un discirso diretto, devi metterci ancora le virgolette o le caporali:

    Proprio come puoi passare dati da un computer con Linux a uno con Status, o il contrario, ma non puoi passare dati direttamente da un computer a un foglio di quaderno.
    «Però potresti replicare una coscienza umana con un'approssimazione accettabile in un animale sufficientemente intelligente; un bonobo, per esempio.»


    CITAZIONE
    Teo non si dava pace.
    Sua mamma continuava a propinargli quella storiella di quanto fosse bella la società con Vera

    Io eviterei. Va bene nel discorso diretto, ma credo non sia corretto dire "sua mamma"... Però potrei sbagliare io...

    CITAZIONE
    Da bambino faceva così quand'era eccitato e contento: rivederglielo fare ora che era alto quasi un metro e novanta e faceva il duro la fece ridere

    Varia il glossario, quando è necessario:

    Da bambino faceva così quand'era eccitato e contento: rivederlo ripetere quel movimento, adesso che era alto quasi un metro e novanta e s'atteggiava a duro, la indusse a ridere.

    Tanto per esempio.

    A parte questi suggerimenti, che puoi anche trascurare, non ci sono errori. E visto la trama e quel finale, ti do

    Voto: 4
     
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  8. MichelaZ
     
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    Grazie mille per aver letto il racconto, e per i tuoi suggerimenti :)
    Hai ragione, sono tutti giusti: provvedo a correggere secondo queste indicazioni.
    Le virgolette quando vado a capo sono una cosa che mi scordo sempre... :P mi sa che non lo imparerò mai.

    In merito a "Sua mamma", non so come si dica in termine tecnico, ma è un modo di riportare indirettamente il pensiero di Teo: è lui che pensa "Mia mamma"... se fosse il narratore a parlare non sarebbe elegantissimo in effetti, in questo caso l'ho utilizzata, credi che possa andare?

    Grazie anche per il bel voto :)
    Comunque la prima stesura era ben diversa, ho approfittato tantissimo dei commenti che mi hanno lasciato nella Royal Rumble, che hanno fatto miracoli.
    Chi ti commenta un racconto ti fa un grosso favore davvero.
     
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    CITAZIONE (MichelaZ @ 12/4/2011, 00:37) 
    In merito a "Sua mamma", non so come si dica in termine tecnico, ma è un modo di riportare indirettamente il pensiero di Teo: è lui che pensa "Mia mamma"... se fosse il narratore a parlare non sarebbe elegantissimo in effetti, in questo caso l'ho utilizzata, credi che possa andare?

    Francamente non lo so, ho anche qualche dubbio che dire "mia mamma" o "sua mamma" sia errato... Nei libri che ho letto ho sempre trovato "mia o sua madre"... Boh, informati prima di correggere.

    Riguardo ai pensieri, se un personaggio pensa (e tu questo lo sai benissimo) usi il corsivo ed "entri in lui", ma quando scrivi da narratore, non puoi giustificare ogni cosa col fatto che narri seguendo quello che pensa lui. Se ci fosse questa scappatoia, allora non esisterebbe più la critica perché ogni cosa sarebbe possibile e ammessa :ninja:

    CITAZIONE
    Chi ti commenta un racconto ti fa un grosso favore davvero.

    Dipende da chi commenta, però. Non prenderli tutti per oro colato, fidati :asd:
     
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    Davvero molto bello! Stavo già pregustando...

    SPOILER (click to view)
    ... il finale in cui la strega viene replicata nel delfino e riesce finalmente a godersi la piscina che si era persa a causa dell'incidente in gioventù quando, invece, compare il ratto.
    Ci sono rimasto malissimo, quindi l'hai proprio azzeccata.
    Non ho molto da aggiungere perché la storia è ben costruita e i personaggi sono credibili.
    Forse l'ambientazione romana può sembrare fuori luogo, perché una storia simile si è più abituati a immaginarla in un contesto statunitense, però la scelta impreziosice il racconto e non lo rende scontato.

    Mi viene in mente una frase di Bing Crosby: "Di cantanti come Frank Sinatra ne nasce solo uno in un secolo. Peccato che sia nato nel mio". Beh, di racconti come questo ne compare solo uno ogni parecchi USAM. Peccato che sia capitato proprio in questo USAM ;)

    Voto: 4.
     
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    Tetra, mi sa che il finale sia molto più ingarbugliato di come hai intuito...

    SPOILER (click to view)
    La "strega" in verità si trasferisce in Lisa, mentre questa viene messa nel topo!


    Però non vorrei aver frainteso io... L'autrice cosa ci dice?
     
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  12. MichelaZ
     
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    Caspita Tetractys, ti ringrazio tantissimo :)
    Detto da uno come te fa ancora più piacere! :sisi:

    "Ogni dieci secondi" era un pugno nello stomaco... ma bellissimo.

    CITAZIONE (Gargaros @ 12/4/2011, 01:07) 
    Tetra, mi sa che il finale sia molto più ingarbugliato di come hai intuito...

    SPOILER (click to view)
    La "strega" in verità si trasferisce in Lisa, mentre questa viene messa nel topo!


    Però non vorrei aver frainteso io... L'autrice cosa ci dice?

    Ehm no no... è buona la prima, come ha inteso Tetractys!
    (Infatti ero andata a rileggere perché cercavo di capire quale fosse la doppia sorpresa!) :uhm:
     
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    Ma allora non ha senso image

    Abbiamo:

    SPOILER (click to view)
    Lisa che si sente in colpa per quello che ha fatto e vorrebbe rimediare (prova ne è che si lascia dominare come una schiava), finanche dare il suo corpo a vera

    Vera che vorrebbe vendicarsi... o meglio, questo non ci viene detto, ma chiunque se lo aspetterebbe, visto il suo carattere e visto il torto subito

    Vera che sogna i delfini, e che quindi non potrebbe mai farsi mettere in un topo

    abbiamo il carattere ribelle del topo alla fine, nel quale sembra scorgersi proprio Lisa...

    Abbiamo quella frase "Comandare è meglio che fottere, controllare è meglio che comandare" di vera, che sembra avere un controllo massiccio anche su Lisa, fino a spingerla a fare il gesto più estremo..


    Come l'ho letto io, ho visto questo...

    Inoltre questo brano

    «Al mare? Dici sul serio?»
    Lisa sorrise al figlio. Vederlo tanto incredulo le fece male, ma sorrise lo stesso. «Certo. È una vita che non facciamo una vacanza insieme, tu e io...»
    «Otto anni» rispose lui in fretta, e iniziò a molleggiarsi sulle punte dei piedi. Da bambino faceva così quand'era eccitato e contento: rivederglielo fare ora che era alto quasi un metro e novanta e faceva il duro la fece ridere, in modo sincero stavolta. Sorrise anche lui, un po' incerto.
    «Però devo tornare tra una settimana, abbiamo una partita...»
    «Certo che dobbiamo tornare per la partita. Non me la voglio perdere stavolta.»
    Lui aggrottò le sopracciglia, poco convinto, ma lei non disse niente. Ci voleva tempo per recuperare tutto quello perso fino a quel giorno: e ora lo avevano, pensò.


    può avere anche un'altra interpretazione, dal punto di vista di Vera...

    Boh, credo di aver sopravvalutato la trama...
     
    .
  14. MichelaZ
     
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    CITAZIONE (Gargaros @ 12/4/2011, 01:31) 
    Ma allora non ha senso image

    Abbiamo:

    SPOILER (click to view)
    Lisa che si sente in colpa per quello che ha fatto e vorrebbe rimediare (prova ne è che si lascia dominare come una schiava), finanche dare il suo corpo a vera

    Vera che vorrebbe vendicarsi... o meglio, questo non ci viene detto, ma chiunque se lo aspetterebbe, visto il suo carattere e visto il torto subito

    Vera che sogna i delfini, e che quindi non potrebbe mai farsi mettere in un topo

    abbiamo il carattere ribelle del topo alla fine, nel quale sembra scorgersi proprio Lisa...

    Abbiamo quella frase "Comandare è meglio che fottere, controllare è meglio che comandare" di vera, che sembra avere un controllo massiccio anche su Lisa, fino a spingerla a fare il gesto più estremo..


    Come l'ho letto io, ho visto questo...

    Inoltre questo brano

    «Al mare? Dici sul serio?»
    Lisa sorrise al figlio. Vederlo tanto incredulo le fece male, ma sorrise lo stesso. «Certo. È una vita che non facciamo una vacanza insieme, tu e io...»
    «Otto anni» rispose lui in fretta, e iniziò a molleggiarsi sulle punte dei piedi. Da bambino faceva così quand'era eccitato e contento: rivederglielo fare ora che era alto quasi un metro e novanta e faceva il duro la fece ridere, in modo sincero stavolta. Sorrise anche lui, un po' incerto.
    «Però devo tornare tra una settimana, abbiamo una partita...»
    «Certo che dobbiamo tornare per la partita. Non me la voglio perdere stavolta.»
    Lui aggrottò le sopracciglia, poco convinto, ma lei non disse niente. Ci voleva tempo per recuperare tutto quello perso fino a quel giorno: e ora lo avevano, pensò.


    può avere anche un'altra interpretazione, dal punto di vista di Vera...

    Boh, credo di aver sopravvalutato la trama...

    Il senso è che Lisa s'è stufata: Vera non aveva nessuna intenzione di finire nel ratto. Lisa ha accettato di tutto da Vera nel corso degli anni, poi ha "fatto il pieno" e quando ha avuto finalmente lei il potere, perché vera si è affidata a lei per l'intervento, convinta di dominarla totalmente, lei s'è presa la rivincita...:)

    PS credo che s emandi un PM a qualche amministratore, puoi cambiare ;)
     
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    CITAZIONE (MichelaZ @ 12/4/2011, 01:40) 
    PS credo che s emandi un PM a qualche amministratore, puoi cambiare ;)

    Ma va là, perché ho capito male? :asd:

    Diciamo che la trama sarebbe più complessa come l'ho vista io, ma anche così è buona.
     
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37 replies since 2/4/2011, 01:00   479 views
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