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Camerati

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    Camerati

    di Luca Pagnini

    ***

    12 aprile 1944


    I due uomini accanto alla fontana non dimostravano più di venticinque anni. Un terzo giovane fumava appoggiato alla Nuova Balilla 1100 nera, parcheggiata sul bordo della strada sterrata.
    Sebbene tutti indossassero abiti civili e le loro voci – e quindi il loro idioma – non fossero udibili a chi li stava osservando, la pistola mitragliatrice MP 38 a tracolla di uno dei tre e l'automobile inconfondibile lasciavano pochi dubbi sulla loro identità.
    Sotto le chiome dei castagni, i raggi del sole filtravano macchiando il terreno con forme luccicanti, repentine come folletti. Era uno splendido pomeriggio d'aprile, inaccostabile alla morte. Ma la morte non ha preferenze, né di tempo né di luogo.
    La prima raffica di mitra, partita dalla macchia, stroncò la risata di uno di quelli alla fontana. Il compagno accanto a lui scomparve nel retrostante greto dell'Arno, che in quel punto era appena un torrente.
    La seconda raffica freddò il terzo uomo mentre tentava di ripararsi dietro l'auto.
    Quando i partigiani della brigata "Faliero Pucci" si avvicinarono con cautela a controllare i corpi, ebbero la conferma di aver ucciso due tedeschi delle SS.
    Del terzo, fuggito lungo l’argine, persero le tracce nella boscaglia.



    I


    La canzone proveniente dalla radio a transistor era fastidiosa. Quel gruppo di capelloni, che le cronache dicevano originari di Liverpool, imperversava anche in Italia.
    Altero Bassi non sopportava la musica moderna, tanto meno quella inglese.
    Maledicendo la Gran Bretagna, gli Stati Uniti d’America, e tutti i loro abitanti, smorzò il volume. Anche la diffusione del rock and roll era una conseguenza della sconfitta, pensò.
    Irritato, strappò il foglietto dell’11 aprile 1964 dal calendario appeso al muro e si sedette al piccolo tavolo di legno appoggiato sotto la finestra affacciata su via Maffìa.
    La sedia impagliata si stava sfilacciando su un lato, doveva proprio sistemarla.
    Arrivato dalla Spagna tre settimane prima, era stato fortunato a trovare subito quell’alloggio a poco prezzo. Era in un vecchio fabbricato popolare, ma aveva una cucina economica a legna con buon tiraggio, un fornelletto elettrico e un acquaio. Inoltre, particolare importante, il bagno comune era in fondo al corridoio del piano e non nel cortile.
    Una stanza in San Frediano, il quartiere più malfamato e comunista di Firenze, per il momento era il massimo che si potesse permettere. Al pensiero di chi fossero i suoi vicini di casa sorrise.
    Se solo avessero immaginato.

    Nella luce brillante del pomeriggio, si accese l’ultima cicca del portasigarette e ricominciò a scrivere.

    1942



    Il mio trentottesimo compleanno lo festeggiai nella depressione di Deir el Munassib, nell'Africa nordoccidentale, tra il caldo asfissiante, le malattie, la sporcizia, la fame e la sete. La morte.
    Di fronte, oltre i campi minati, le divisioni inglesi del generale Montgomery.
    Forse festeggiare non è il verbo adatto, diciamo che sopravvissi al mio trentottesimo compleanno nelle trincee scavate dagli uomini della 185^ Divisione Paracadutisti "Folgore", di cui facevo parte.
    Da luglio, dopo la prima battaglia nei pressi di El Alamein, ci eravamo attestati in attesa che l'avanzata verso Alessandria d'Egitto riprendesse con il vigore dimostrato fino a quel momento. Era convinzione degli alti comandi – così ci dicevano gli ufficiali – che la linea anglosassone avrebbe ceduto presto. Nessuno osava dubitare apertamente di quella previsione, tanto meno del Duce che l'aveva pronosticata da mesi, però più il tempo passava, più la nostra convinzione si affievoliva.

    Nel nostro settore, il primo bene a scarseggiare fu la benzina. Già a metà settembre i rifornimenti erano stati ridotti all’osso, quindi, con la mancanza di carburante, erano diminuiti anche gli approvvigionamenti di cibo e, infine, quelli di acqua.
    La sofferenza da sete era quotidiana, e a tratti sfiorava il grottesco. Come la volta in cui l’acqua arrivò puntuale, ma su autobotti usate in precedenza per la benzina: imbevibile, i primi tempi; solo quando capimmo che a quella non ne sarebbe seguita altra per chissà quanti giorni, nessuno ne gettò più una goccia.
    Di giorno il termometro arrivava a superare i cinquanta gradi all’ombra, mentre la notte precipitava sotto i dieci. Non ho mai capito a cosa fosse dovuta quella differenza, per me assurda.
    Un mattino commisi l’errore di attardarmi nelle retrovie, all’aperto e a piedi. Il calore era tanto forte che le rocce sembravano fondersi, un'illusione ottica che mi pare si chiami "miraggio inferiore". Con i polmoni in fiamme e la netta sensazione di morire, cercai protezione sotto uno sperone di roccia. Appena il tempo di ripararmi e uno Spitfire sfrecciò a volo radente in cerca di prede facili, come ero io fino a un attimo prima. Il caldo, di solito assassino, quella volta fu provvidenziale, un vero paradosso del deserto.
    Poi c’era "el ghibli", il vento secco proveniente dal centro del Sahara. Il suo passaggio cancellava il mondo e la sabbia, scagliata a decine di chilometri l’ora, sferzava la carne come carta vetrata. Dopo una tempesta di ghibli, non esisteva pertugio che non fosse infestato dalla rena finissima del deserto. Se non altro, poi impiegavamo il tempo ripulendo le armi.

    Ammassati come topi attendevamo nell’inedia che qualcuno, tra Rommel e Montgomery, si decidesse a prendere l’iniziativa.
    Alle ventuno esatte del 23 ottobre, fummo accontentati. Nel giorno del mio compleanno, mentre assieme ai camerati brindavamo con il cordiale delle razioni, le artiglierie alleate iniziarono a martellare le nostre linee come non si era mai visto.
    La fine della campagna d’Africa era iniziata.



    II



    La mano stanca posò la penna e poi lisciò i capelli radi e brizzolati, pettinati all’indietro con la brillantina come si usava trent’anni prima.
    Nella sera incombente, la luce della lampadina da pochi watt era appena sufficiente per leggere.
    Controvoglia Altero Bassi decise di prendersi una pausa, si alzò e dopo aver indossato l’unica giacca di lana che possedeva uscì per andare al tabaccaio di via Sant’Agostino.

    «Buonasera signor Bassi».
    «Buonasera».
    «Le solite dieci Nazionali senza filtro?»
    «Sì, grazie. Mi scusi, signora Vanna, ma ancora...» accennò lui titubante.
    «Niente pensione?»
    «Purtroppo no. A fine mese salderò...»
    «Non si preoccupi: fare credito a lei è un dovere, mi creda... Ecco le sue sigarette. Buona serata».
    «Grazie mille, signora. Arrivederci».
    Anche il fornaio e il lattaio gli facevano credito e Bassi, benché grato, non ne capiva il motivo. Forse la signora Vanna lo aveva in simpatia e aveva passato parola. O forse era per il suo aspetto mite e inoffensivo, da vecchio avvilito, sofferente e bisognoso. Guardandosi allo specchio lui stesso si sarebbe dato dieci anni in più.

    Come ogni sera da quando era arrivato passeggiò fino a piazza Santo Spirito, dove i tigli ripiantati dopo la guerra erano di nuovo alti, e si sedette su una vecchia panchina di pietra davanti al comando del Distretto Militare.
    Accesa una sigaretta, per qualche secondo osservò il fumo salire in volute dalle forme arabesche. Alcuni piccioni, impegnati a litigarsi un pezzo di pane secco, lo distrassero. Chissà come, gli venne in mente l'umanità.
    Di scatto si alzò deciso a continuare il suo viaggio nel passato la sera stessa, magari aggiungendo alla luce della lampadina quella di una candela.

    1943



    Il proclama dell'armistizio, letto alla radio da Badoglio l'8 settembre, mi sorprese a Firenze, in licenza dalla scuola di paracadutismo di Viterbo.

    Dopo la ritirata di El Alamein ero stato assegnato al 285° Battaglione "Folgore" formato in Libia con i sopravvissuti, quindi ero stato rispedito in patria ad addestrare le reclute.
    Nella disgrazia, nonostante la morte e la distruzione a cui avevo assistito, la mia fede nell’ideale fascista si era fortificata; il nemico da battere per me era sempre lo stesso.
    Quella sera le mie convinzioni furono messe alla prova.
    In strada sembrava fosse scoppiata la rivoluzione. Da un lato i civili a festeggiare quella pace effimera e vergognosa, dall’altra i militari lasciati senza guida.
    Per il momento rientrare a Viterbo era impossibile, quindi la mattina dopo mi recai al comando di distretto in Santo Spirito per ricevere indicazioni, ma nessuno me ne dette.
    Il caos era totale; le autorità militari, a quanto pareva sorprese quanto me, attendevano ordini che non arrivarono mai.
    In compenso, nel giro di poche ore, ad arrivare furono i tedeschi.

    Tre giorni dopo Benito Mussolini, che era in stato di arresto dal luglio, fu liberato.
    Il 17 settembre, mentre nascosto con mia moglie e i suoi genitori aspettavo di decidere cosa fare, il Duce annunciò da radio Monaco la costituzione della Repubblica Sociale Italiana, con Roma capitale.
    Il Re infame era fuggito, ma la vera Italia non si arrendeva. L'onore era salvo, la vittoria ancora possibile.



    III



    Altero poggiò la tazza di caffellatte sul tavolo e si accese la prima Nazionale della giornata.
    Aveva dormito pochissimo. Come preso dal delirio di una febbre malarica, all’alba stava di nuovo scrivendo.
    I mesi e gli avvenimenti correvano veloci sulla carta, impossibili da arrestare.
    Al rientro dalla Spagna, gli era sembrato tutto molto chiaro. Ora, man mano che i fatti riaffioravano alla memoria, quella certezza vacillava.
    Aveva deciso di scrivere i suoi ricordi per rinfocolare il rancore, per ritrovare la rabbia perduta da tempo e convincersi che stava facendo la cosa giusta. Ma era davvero giusta?
    Qualcuno bussò alla porta interrompendo quel flusso di pensieri ed emozioni che non riusciva più a gestire.
    «Signor Altero, la vogliono al telefono».
    «Vengo subito».

    La sola linea telefonica del palazzo era allacciata nell’abitazione della signora Faggi, al piano terra.
    Mentre Bassi entrava nella casa, molto più grande e pulita della sua, la donna lo redarguì sottovoce indicando un orologio a pendola: «Dica al suo amico che non è questa l’ora di chiamare».
    Annuendo, Altero vide che erano da poco passate le sette.
    Nervoso, afferrò l’apparecchio: «Sì?»
    «Sono io». La voce dell’ex camerata Francesco Giannetti, l’unica persona che sapesse del suo ritorno a Firenze, non aveva alcuna nota di cordialità. «Allora, sono d’accordo con il prezzo, ma vogliono la garanzia che la lista sia originale e non abbia copie».
    «Garantisco su tutto io, non serve altro. Sono l’unico, qui, a non aver mai tradito».
    Il tono della frase non ammetteva repliche.
    Dopo un breve silenzio, l'altro riprese: «Va bene. Mi rifarò vivo presto».
    Il volto di Altero si rilassò.

    1944



    Alle primissime luci dell'alba del 13 aprile, con i camerati della GNR e decine di Waffen-SS e paracadutisti della Divisione "Göering" salimmo a Vallucciole, una piccola frazione arrampicata sul versante aretino del monte Falterona, là dove nasce l'Arno.
    Durante l'ascesa pensavo al fiume e a mia moglie, alle decine di volte che avevamo passeggiato felici sui lungarni di Firenze.
    In un’altra vita.
    Poco più di un mese prima, l'11 marzo, la sua era stata interrotta da un bombardamento alleato. Cento volte le avevo detto di lasciare la nostra casa nel quartiere di Rifredi; era troppo vicina alle acciaierie Pignone, un qualsiasi altro luogo sarebbe stato più sicuro. Purtroppo la sua testardaggine fu pari al coraggio che dimostrò fino alla fine per non abbandonare i genitori, troppo anziani per spostarsi.
    Non ho più rivisto neanche il suo corpo.

    L'operazione che stavamo svolgendo venne spacciata come rappresaglia per l'uccisione di due soldati delle SS, avvenuta nel pomeriggio del giorno precedente.
    In realtà, il rastrellamento di quella parte dell'Appennino tosco-romagnolo era già stato programmato da tempo. La necessità di tenere libere e sicure le vie secondarie intorno alla "linea Gotica", che dal Tirreno all'Adriatico tagliava in due l’Italia, era preponderante su tutto e il metodo utilizzato per ottenere lo scopo non prevedeva tentennamenti. Tutti gli abitanti delle zone interessate venivano cacciati con il terrore e la violenza, i centri abitati distrutti; i banditi chiamati “partigiani”, isolati dalla popolazione rurale che intendesse aiutarli, dovevano essere annientati.
    Da quando, nell'ottobre del '43, ero entrato nella Guardia Nazionale, non era la prima volta che partecipavo ad azioni del genere; ciò che vidi quel giorno, però, superò di gran lunga qualsiasi orrore avessi incontrato in tutto il resto della guerra.
    L’ordine era quello di fare terra bruciata, e terra bruciata facemmo.


    Una smorfia di dolore vivo, come se la carne provasse ancora chissà quale sofferenza, deformò i lineamenti di Altero.
    Lo sfogo che stava vomitando su quei fogli, nelle sue intenzioni destinati al fuoco della cucina economica, lo stava sopraffacendo.
    Ma non poteva fermarsi, c’erano ancora da scrivere le cose più importanti.
    L’uomo accese l’ennesima sigaretta e proseguì.

    Nelle abitazioni trovammo solo vecchi, donne e bambini. Gli uomini erano tutti in guerra, prigionieri e deportati, o alla macchia.
    In tanti furono uccisi subito nelle case, nei loro letti; altri furono prima raggruppati nella piazzetta del villaggio. Alcuni vecchi, che si reggevano a mala pena in piedi, vennero giustiziati sulle scale di casa.
    Le donne urlavano e piangevano, quasi tutte cercando di riparare i bambini e le bambine in abbracci inutili. Qualcuna ci insultava, molte ci pregavano di avere pietà. Ma quel giorno, la pietà si tenne lontana da Vallucciole.
    Nessuno fu risparmiato.
    Vidi un soldato delle SS lanciare in aria un fagotto, come fosse un pallone, e poi colpirlo con una raffica della sua MP 38 prima che ritoccasse terra. Per fortuna, pensai, la madre del neonato avvolto lì dentro era già stata uccisa.

    Con noi di Firenze, c’erano anche i camerati di Forlì e di Arezzo. Mentre i paracadutisti della "Göering" distruggevano tutto con i lanciafiamme, il comandante del plotone romagnolo ebbe l’idea di far saltare in aria la canonica in cui erano rinchiuse una ventina di persone, tra le quali il prete.
    Visto che ce la siamo portata dietro, usiamola, disse riferendosi alla dinamite.
    Dopo che le cariche furono piazzate, qualcuno scommise sull’esito dell’esplosione.
    Vinse chi aveva puntato sul crollo completo: la detonazione fece sbuffare calcinacci e polvere dalla base dei muri perimetrali, come se un gigante avesse soffiato dall’interno; dopo un paio di secondi dall’onda d’urto, con un movimento rallentato, i muri collassarono su se stessi, seguiti dal tetto rimasto quasi intatto fino a quando non toccò il suolo.
    Il cumulo di macerie lasciava pochi dubbi sulla presenza di eventuali sopravvissuti; con efficienza teutonica, un paracadutista scatenò la lingua di fuoco che imbracciava e i dubbi furono azzerati.
    Era guerra, continuavo a ripetermi, solo guerra.



    IV



    «Alle sei, davanti a San Miniato».
    «Ci sarò».
    Chiudendo il telefono, Altero sentì lo stomaco contrarsi.
    Salutò frettoloso la signora Faggi e risalì nel suo monolocale dove vomitò un grumo di bile.
    Alle sei, dopo lo scambio concordato con il Giannetti, sarebbe stato finalmente ricco e libero.
    Ricco e libero, si disse più volte per convincersi.
    Della ricchezza in realtà non gli importava, era la libertà dalla vendetta ciò che desiderava di più.
    O almeno così credeva, da quando aveva ritrovato quel vecchio documento stropicciato.

    1945



    Dopo otto mesi di assedio, a metà aprile la linea Gotica cadde.
    Il giorno 21, gli angloamericani erano in procinto di entrare anche a Bologna.
    Prima di lasciare la città dovevamo distruggere gli archivi della GNR e tutti quei documenti che non era opportuno cadessero nelle mani degli alleati né, soprattutto, in quelle dei partigiani.
    Come il ritornello di una brutta canzone, stavamo rivivendo quanto accaduto nei primi giorni dell’agosto ’44 a Firenze, anche se in quell’occasione si trattò di un trasloco eseguito in fretta, ma senza abbandonare quasi nulla. I tedeschi avevano fatto saltare tutti i ponti sull’Arno – tranne Ponte Vecchio che però venne ostruito demolendo i palazzi sulle vie di accesso – per guadagnare tempo. Firenze insorse per mano dei partigiani l’11, quando ormai le truppe alleate erano a pochi chilometri dalla città e io, con il resto del comando fiorentino della Guardia Nazionale, in Emilia.

    A Firenze resisteva ancora un briciolo di speranza, a Bologna era solo una disfatta.
    Mentre gettavamo i documenti nel falò al centro della stanza che era stata del Federale felsineo, un foglio sfuggì alle fiamme posandosi accanto al mio piede. Lo raccolsi, ma il rumore di spari provenienti dal piano inferiore mi allarmò; lessi soltanto una parola: Vallucciole. Senza indugiare misi il foglio in tasca e scappai con gli altri camerati.
    Anche a Bologna l'insurrezione popolare stava anticipando l'arrivo delle truppe regolari.
    Sul camion che ci trasportò oltre il Po, mi ricordai del documento, lo presi e lessi: quella che avevo davanti era la lista ufficiale, bollata e firmata dal Console della Milizia di Firenze, con indicati tutti gli appartenenti alla GNR che avevano partecipato alla strage del 13 aprile '44.
    Non so perché quel giorno decisi di conservarlo.
    Dopo vent'anni passati a nascondermi, è arrivato il momento di scoprirlo.



    V



    Camminando svelto Altero raggiunse il piazzale di Porta Romana da via de' Serragli. Sotto l'enorme bastione che si ergeva a difesa della città dalla metà del '500, valutò se procedere a piedi oppure prendere l'autobus. Decise per la seconda opzione, ma prima di recarsi alla fermata entrò nella tabaccheria accanto al caffè Petrarca e, oltre le solite Nazionali, comprò una busta in cui introdusse i fogli con i suoi ricordi e il vecchio documento originale.
    Il bigliettaio sull'autobus aggrottò la fronte quando Bassi gli sorrise radioso.

    Il cancello di San Miniato al Monte era aperto. Con la sigaretta accesa tra le labbra, Altero salì la scalinata fino alla terrazza in cui si estendeva il sagrato antistante la basilica e si voltò ad ammirare il panorama.
    Vent'anni in esilio, pensò con rammarico, vent'anni esatti a fuggire.
    «Fausto Lisi, perché sei tornato?»
    La voce di Giannetti, alle sue spalle, sorprese Altero Bassi due volte. Era dal 1945 che non si sentiva chiamare con il suo vero nome.
    «Lo sai», rispose senza voltarsi.
    L'altro lo affiancò. Più alto e massiccio di lui, sembrava anche molto più giovane. Rare rughe incorniciavano il bel viso aggraziato da un paio di baffi, sottili e neri.
    «No, intendo il motivo vero».
    «Forse per l'onore», o forse per espiare, si disse Altero, senza sapere bene cosa.
    «Quale onore? Di certo con la storia della lista hai smosso un casino, ma l'onore... Ci sono dei nomi lì sopra che non vogliono, non devono essere disturbati. Carriere politiche si reggono sulla brevità della memoria, lo sai. Dovevi restare in Spagna...»
    «Dove ho vissuto con l’elemosina dei franchisti!» proruppe Altero, gettando la cicca e afferrando il bavero del trench di Giannetti, «Abbandonato al mio destino proprio dai camerati», la parola suonò come un insulto, «mentre loro, voltagabbana della peggiore specie, si ingrassavano al trogolo della democrazia!»
    «Non riavrai l'onore vendendo la lista al miglior offerente». Francesco era calmo.
    Altero lasciò la presa: «Forse no, ma almeno pagheranno un prezzo per la loro viltà. E io otterrò giustizia».
    Ma giustizia per chi? Nella mente di Altero una nuova, possente consapevolezza stava prevalendo.
    Per qualche minuto i due contemplarono il tramonto.
    «Quelli non si fidano. Non ti lasceranno andare via». Il tono di Giannetti adesso era sconsolato.
    «Non importa», bisbigliò Altero. Fulminee e nitide, le immagini che da anni cercava di scacciare lo trafissero. Come in trance, udì la sua voce mormorare: «Sono stanco di sognare quegli sguardi, quelle grida. I pianti, l'odore... sogno persino l'odore dei corpi bruciati». Destato dalla presenza del vecchio amico, lo guardò. «Erano tutti innocenti, Francesco... Tutti».
    Finalmente sapeva cosa fosse giusto fare.
    Sorpreso da quell'improvviso capovolgimento, Francesco Giannetti tacque.
    Alla fine fu Altero a parlare.
    «Addio camerata Giannetti».
    Ora i due uomini si guardavano negli occhi.
    «Ma... la lista? I soldi?»
    «Non importa, non importa più niente».
    Con un ultimo sguardo Altero ammirò la sua Firenze tingersi di arancio, quindi si diresse al negozio di souvenir della basilica e comprò un francobollo. Con mano sicura scrisse sulla busta "ANPI - Firenze" e imbucò il suo atto di giustizia nella grossa cassetta rossa appesa lì accanto.
    Davvero libero si avviò nel crepuscolo, uscendo dalla porta medievale su via delle Porte Sante, senza notare le due sagome scure che lo seguirono.


    Fine




    Note:
    GNR – Guardia Nazionale Repubblicana
    ANPI – Associazione Nazionale Partigiani d’Italia


    Gli avvenimenti relativi a Vallucciole sono tutti purtroppo realmente accaduti, compresa l'uccisione dei tedeschi nell'antefatto. Tutto il resto, tranne ovviamente gli eventi storici, è solo frutto di fantasia.


    Edited by black cat walking - 8/6/2011, 19:05
     
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  2. Fini Tocchi Alati
     
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    Ehilà, Luca!
    Un bel racconto veloce veloce, letto d'un fiato, che secondo me avrebbe meritato uno maggior livello di approfondimento nella seconda parte.
    In effetti,l devo dire che la parte iniziale mi pare migliore, mentre il finale mi sembra un po' sbrigativo.
    Tutta la seconda parte è molto più veloce e per questo meno coinvolgente, e in questo ho notato un piccolo squilibrio.
    La scrittura è buona, pulita e con qualche bella immagine.
    Non ho trovato particolari lampi, però ho letto con piacere, aiutato da un ritmo serrato e dai paragrafi corti e veloci che si succedono rapidamente.

    Insomma, in definitiva ti becchi un buon 3.
     
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  3. Redrum_7
     
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    Ciao Luca,
    Bel racconto, curato nell'inquadramento storico che fa da sfondo alla storia. La prima parte forse si dilunga troppo rispetto alla rapidità della seconda. Lo stile è buono e sembra quasi di vedere le immagini che descrivi, dando un senso molto cinematografico. Sicuramente è una storia che renderebbe bene anche ampliandola, ma già così ha un bell'effetto.
    Applausi per la frase "Alcuni piccioni, impegnati a litigarsi un pezzo di pane secco, lo distrassero. Chissà come, gli venne in mente l'umanità.", mi è piaciuta proprio.
    Invece non mi è piaciuto l'uso di "refrain", perché non scrivere direttamente "ritornello"? A mio avviso la parola in inglese stona un po' con le atmosfere del racconto.

    In ogni caso, bella prova, voto 3. :)
     
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  4. black cat walking
     
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    Grazie ad Attilio e grazie a Gianluca! :D
    Buffo che abbiate rilevato lo stesso "problema" - inizio lento e finale veloce - ma lo abbiate valutato in maniera diametralmente opposta :lol:

    Corro subito a togliere il refrain, Redrum ha ragione da vendere! :sisi:
     
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  5. Piscu
     
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    buono, anche se all'inizio mi ero aspettato qualcosa "di più" (ho anche pensato che il protagonista potesse essere stato uno di quelli che avevano liberato mussolini per portarlo a salò). la storia dell'eccidio ha sicuramente una sua forza, però si conclude in modo insapore, e non si capisce cosa cercasse davvero il vecchio, e se davvero pensa di averlo ottenuto.

    poco altro da dire, la scrittura è buona, l'accuratezza storica immagino sia adeguata, l'alternanza tra diario e narrazione funziona, e gli scorci di Firenze suggestivi.


    segnalo solo:

    "gli venne in mente l'umanità."
    mi suona male come frase. puoi dire magari "gli vennero in mente le battaglie dell'umanità", o "gli venne in mente che erano simili a persone", ma fatico a pensare come a una persona possa "venire in mente" l'umanità in termini così generici.


    un tre pieno.
     
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  6. black cat walking
     
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    CITAZIONE (Piscu @ 4/6/2011, 00:18) 
    buono, anche se all'inizio mi ero aspettato qualcosa "di più" (ho anche pensato che il protagonista potesse essere stato uno di quelli che avevano liberato mussolini per portarlo a salò). la storia dell'eccidio ha sicuramente una sua forza, però si conclude in modo insapore, e non si capisce cosa cercasse davvero il vecchio, e se davvero pensa di averlo ottenuto.

    poco altro da dire, la scrittura è buona, l'accuratezza storica immagino sia adeguata, l'alternanza tra diario e narrazione funziona, e gli scorci di Firenze suggestivi.


    segnalo solo:

    "gli venne in mente l'umanità."
    mi suona male come frase. puoi dire magari "gli vennero in mente le battaglie dell'umanità", o "gli venne in mente che erano simili a persone", ma fatico a pensare come a una persona possa "venire in mente" l'umanità in termini così generici.


    un tre pieno.

    Intanto grazie per lettura, commento e giudizio. :)
    L'appunto sul finale fa il pari con quelli di Gialuca e Attilio, ne terrò conto.
    Sulla frase invece devo dire che l'immagine metaforica è indefinita perchè così volevo che fosse. Non starò qui a spiegare cosa intendevo di preciso, sebbene per me sia chiaro, perchè l'intento è volutamente poetico. Ogni lettore ci troverà quindi qualcosa di diverso, fino ad avere anche due opinioni "opposte", come la tua e quella di Gianluca, che ci stanno entrambe.

    Grazie e a presto! ^_^
     
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  7.  
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    Non è male, ma ci sono un paio di scelte a livello di struttura che potrebbero essere diverse e, forse, migliori.

    Infatti è chiaro da subito (tra titolo e alternanza tra punto di vista e diario) che il protagonista è lo scomparso del prologo) e come collasseranno assieme le parti della storia, eppure tendi a essere un poco recalcitrante nel dare le informazioni. Provi a "celare" la cosa orientando i pensieri del Bassi attuale verso la neutralità, glissando la sua consapevolezza con quel "tornare alla memoria". Non è troppo plateale come meccanismo, sia chiaro, eppure penso che sarebbe stato meglio mettere le carte in tavola tutte fin da subito (visto che poi Bassi si rivela persona lucida) ed evitare quel percorso obbligato del farsi tornare in mente le cose scrivendo che mi fare un pochino forzato. Che non vuol dire che non funzioni la parte del diario, ma non sono convintissimo di come presenti la cosa. Se infatti è un ricordo così tremendo, non è chiaro il meccanismo mentale di Bassi che prima contatta, poi ritratta... o meglio è poco convinvente che sia l'atteggiamento di Giannetti a fargli scattare il rifiuto.
    In ogni caso non è chiarissimo.

    Un'altra è la casualità del foglietto: proprio quella lista gli è capitata in mano? Anche qui siamo a un paio di centimetri dall'allarme forzatura.

    Terza cosa, sempre di struttura, ma sempre legata a quel voler introdurre a sorpresa, il fatto che Giannetti è introdotto solo tardi, a metà racconto.

    Comunque è scritto bene e scorrevole (anche se eliminerei o raddrizzerei qualche inciso) e con un buon ritmo, anche se la parte iniziale e centrale è più lucida della parte finale. Il tema è sentito e ben descritto, così come sei riuscito a catturare lo spirito di ambientazione dell'epoca.
    Poi c'è il finale ambiguo che è logico, ma forse meritava anche qualche riga di più.

    Quindi metto un 3, magari non strapieno, ma un 3 ci sta

    VARIE
    -"san Frediano" "piazza santo Spirito" - minuscolo?
    -"Non ho mai capito a cosa fosse dovuta quella differenza assurda." - essendo il clima del posto così, si tratta di un dato di fatto... vero che può riferirsi alle ragioni metereologiche vere e proprie, ma è come non capire perché al polo fa freddo. Trasformerei la frase in un commento più che in una domanda indiretta
    -"Il 17 settembre ,... il Duce annunciò da radio Monaco la costituzione della Repubblica Sociale Italiana, con Roma capitale." - ci ho messo un poco a digerirla la frase, infatti non mi suonava dal punto di vista storico perché erano le intenzioni di Mussolini, ma non quello che è accaduto realmente... dato che è un ricordo di parte, la cosa ci sta, ma dato che sembra presentato come un ricordo di come le cose sono andate davvero, considera che la frase come è messa potrebbe creare un minimo di incertezza nel lettore
     
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  8. zelaph111
     
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    Storicamente ben inquadrato e ricco di particolari.
    Durante la lettura ho notato due stili differenti. Quello del diario con frasi lunghe ed pieni, colme di particolari che potrebbero, a mio avviso anche essere diluiti. Sono stato costretto più volte a tornare indietro e rileggere qualche frase per capirne il senso. Le molte virgole spezzano le frasi e hanno reso faticosa la lettura.
    La parte della storia presente invece la trovo molto più fluida e ben impostata.
    Come hanno scritto gli altri il finale è affrettato. Potresti dedicarcoi un pò di tempo per renderlo paragonabile al resto.

    In conclusione il racconto mi è piaciuto per la parte storica ben presentata,
    però non mi sento di mettere più di 2 per i motivi sopra elencati.

    Alla prossima :)
     
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  9. black cat walking
     
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    @ Alberto
    CITAZIONE
    Non è male, ma ci sono un paio di scelte a livello di struttura che potrebbero essere diverse e, forse, migliori.

    Ok, vediamo. :)

    CITAZIONE
    Infatti è chiaro da subito (tra titolo e alternanza tra punto di vista e diario) che il protagonista è lo scomparso del prologo)

    Qui mi fermo subito, perchè il protagonista non è affatto lo scomparso del prologo. Quello è un tedesco, è scritto, ma anche se restasse il dubbio, nelle memorie di Bassi l'unica traccia che c'è dell'agguato è un accenno: se fosse stato lui lo scampato l'avrebbe certamente sottolineato e avresti ragione (perchè celarlo?).
    E questo porta al secondo punto: il diario non è un diario ma un memoriale scritto a posteriori e non durante gli eventi. Ecco perchè non è tutto svelato subito, perchè ciò che viene scritto è ciò che il protagonista ricorda via via che scrive.

    CITAZIONE
    Provi a "celare" la cosa orientando i pensieri del Bassi attuale verso la neutralità, glissando la sua consapevolezza con quel "tornare alla memoria". Non è troppo plateale come meccanismo, sia chiaro, eppure penso che sarebbe stato meglio mettere le carte in tavola tutte fin da subito (visto che poi Bassi si rivela persona lucida) ed evitare quel percorso obbligato del farsi tornare in mente le cose scrivendo che mi fare un pochino forzato. Che non vuol dire che non funzioni la parte del diario, ma non sono convintissimo di come presenti la cosa.

    Quindi non glisso ma la sua presunta neutralità in realtà è solo un avvicinarsi al "punto" e il percorso non era obbligato, ma solo una scelta narrativa.

    CITAZIONE
    Se infatti è un ricordo così tremendo, non è chiaro il meccanismo mentale di Bassi che prima contatta, poi ritratta... o meglio è poco convinvente che sia l'atteggiamento di Giannetti a fargli scattare il rifiuto.

    Non è l'atteggiamento, ma il ricordo che riaffora con forza.

    CITAZIONE
    In ogni caso non è chiarissimo.

    Alla luce di quanto sopra, spero mi aiuterai a capire dove sono i punti che ti hanno sviato.

    CITAZIONE
    Un'altra è la casualità del foglietto: proprio quella lista gli è capitata in mano? Anche qui siamo a un paio di centimetri dall'allarme forzatura.

    Questa può essere, però in quanti romanzi si sono lette "coincidenze" che sembravano forzate? Certi avvenimenti possono sembrare strani, ma questo in particolare non è poi così eccezionale, mi pare.
    Abbiamo già fatto questo discorso su un altro mio racconto della RR, a quanto pare o sono io troppo "fatalista" o te troppo "scettico". ;)

    CITAZIONE
    Terza cosa, sempre di struttura, ma sempre legata a quel voler introdurre a sorpresa, il fatto che Giannetti è introdotto solo tardi, a metà racconto.

    Come sopra: io non ho voluto tenermi nascosto nulla. Quella che te chiami sorpresa è solo un ricordo che affiora dopo gli altri, in una successione cronologica, tutto qui. Giannetti è quindi solo un personaggio che appare quando, secondo me, doveva apparire.

    CITAZIONE
    Comunque è scritto bene e scorrevole (anche se eliminerei o raddrizzerei qualche inciso) e con un buon ritmo, anche se la parte iniziale e centrale è più lucida della parte finale. Il tema è sentito e ben descritto, così come sei riuscito a catturare lo spirito di ambientazione dell'epoca.
    Poi c'è il finale ambiguo che è logico, ma forse meritava anche qualche riga di più.

    Terrò conto di tutto.

    CITAZIONE
    Quindi metto un 3, magari non strapieno, ma un 3 ci sta

    Thanks. :)

    VARIE
    CITAZIONE
    -"san Frediano" "piazza santo Spirito" - minuscolo?

    Controllerò.
    CITAZIONE
    -"Non ho mai capito a cosa fosse dovuta quella differenza assurda." - essendo il clima del posto così, si tratta di un dato di fatto... vero che può riferirsi alle ragioni metereologiche vere e proprie, ma è come non capire perché al polo fa freddo. Trasformerei la frase in un commento più che in una domanda indiretta
    -"Il 17 settembre ,... il Duce annunciò da radio Monaco la costituzione della Repubblica Sociale Italiana, con Roma capitale." - ci ho messo un poco a digerirla la frase, infatti non mi suonava dal punto di vista storico perché erano le intenzioni di Mussolini, ma non quello che è accaduto realmente... dato che è un ricordo di parte, la cosa ci sta, ma dato che sembra presentato come un ricordo di come le cose sono andate davvero, considera che la frase come è messa potrebbe creare un minimo di incertezza nel lettore

    Ci penserò sopra su entrambe.


    @ Zelaph
    CITAZIONE
    Durante la lettura ho notato due stili differenti. Quello del diario con frasi lunghe ed pieni, colme di particolari che potrebbero, a mio avviso anche essere diluiti. Sono stato costretto più volte a tornare indietro e rileggere qualche frase per capirne il senso. Le molte virgole spezzano le frasi e hanno reso faticosa la lettura.
    La parte della storia presente invece la trovo molto più fluida e ben impostata.

    I due stili sono ovviamente voluti: uno è un narratore esterno, l'altro il diretto interessato che scrive delle memorie (nel suo stile un po' prolisso) in cui i particolari fanno parte del suo modo di ricordare e, per lui, evidentemente sono degni di essere riportati. :)

    Grazie per lettura e commento.
     
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    CITAZIONE (black cat walking @ 5/6/2011, 22:40) 
    Qui mi fermo subito, perchè il protagonista non è affatto lo scomparso del prologo. Quello è un tedesco, è scritto, ma anche se restasse il dubbio, nelle memorie di Bassi l'unica traccia che c'è dell'agguato è un accenno: se fosse stato lui lo scampato l'avrebbe certamente sottolineato e avresti ragione (perchè celarlo?).
    E questo porta al secondo punto: il diario non è un diario ma un memoriale scritto a posteriori e non durante gli eventi. Ecco perchè non è tutto svelato subito, perchè ciò che viene scritto è ciò che il protagonista ricorda via via che scrive.

    Premesso che ho un livello di intuizione pietoso, è anche vero che dici tedeschi, ma solo di due, aggiungendo che non si sentivano parlare e che erano in abiti civili (italiani). Il terzo infatti non è identificato quindi.
    Naturalmente mi sarebbe bastato leggere tutte le date per capire il vero legame col resto del racconto che mi sono bellamente perso (e l'accenno/frase l'ho letta, ma per come era messa non l'ho collegata anche al prologo). Invece ho cercato il legame più facile.
    Sì, è un memoriale legato alla lista, un memoriale che ha uno scopo evidente. Eppure - questo vale anche per come ho visto le altre parti del racconto, il comportamento e le riflessioni di Bassi - mi è rimasta questa impressione del trattenere qualcosa a me lettore. Ovvio che può essere una visione soggettiva e infatti non ci sono grossi elementi trattenuti e tutto è ben amalgamato, eppure io questa sensazione l'ho avuto (giusta o sbagliata che fosse).

    Ovvero, così come si capisce subito che lui è un "conservatore" in un mondo che gli cambia attorno (e questi dettagli sono indicati bene con ottima sintesi), c'è questa tensione col suo reale passato che è lì lì per manifestarsi, ma che è tenuta dietro le quinte fino all'ultimo momento. Ecco, su questo non sono "d'accordo", probabilmente è questo che ha sviato la mia attenzione dal resto dei ricordi/memoriale, che invece ho apprezzato. Capisco, ad esmepio, che la frase "Era dal 1945 che non si sentiva chiamare con il suo vero nome". Faccia effetto, eppure proprio perché sta ripercorrendo i ricordi, vuoi che non gli affiori la cosa prima? E' il narratore onniscente che lo chiama Altero Bassi, quindi non è così onniscente, ma è chiaro al lettore che è qualcuno che si sta "nascondendo". Altro elemento è la sua ironia di fascista accanto ai comunisti? Lui lo sa, perché non dirlo anche a noi? [volendo è l'atteggiamento che mi ha convinto che era il tizio scomparso].

    Ovvio che sono/possono essere modo di impostare gli elementi che noi vediamo diverso. Io non lo farei (almeno consciamente), tu sì. Questo vale anche per la casualità del foglietto, appunto perché casualità e non scelta [se fosse andato a cercare quella lista, forse non avrei sentito la cosa] o per l'introduzione di Giannetti che io avrei anticipato nei pensieri di Bassi, visto che il memoriale lo fa proprio per lui.

     
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  11. black cat walking
     
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    @ Bla bla
    CITAZIONE
    Premesso che ho un livello di intuizione pietoso, è anche vero che dici tedeschi, ma solo di due, aggiungendo che non si sentivano parlare e che erano in abiti civili (italiani). Il terzo infatti non è identificato quindi.
    Naturalmente mi sarebbe bastato leggere tutte le date per capire il vero legame col resto del racconto che mi sono bellamente perso (e l'accenno/frase l'ho letta, ma per come era messa non l'ho collegata anche al prologo). Invece ho cercato il legame più facile.

    Punto chiarito. :)

    CITAZIONE
    Sì, è un memoriale legato alla lista, un memoriale che ha uno scopo evidente. Eppure - questo vale anche per come ho visto le altre parti del racconto, il comportamento e le riflessioni di Bassi - mi è rimasta questa impressione del trattenere qualcosa a me lettore. Ovvio che può essere una visione soggettiva e infatti non ci sono grossi elementi trattenuti e tutto è ben amalgamato, eppure io questa sensazione l'ho avuto (giusta o sbagliata che fosse).

    Giusto, vediamo...
    CITAZIONE
    Ovvero, così come si capisce subito che lui è un "conservatore" in un mondo che gli cambia attorno (e questi dettagli sono indicati bene con ottima sintesi), c'è questa tensione col suo reale passato che è lì lì per manifestarsi, ma che è tenuta dietro le quinte fino all'ultimo momento. Ecco, su questo non sono "d'accordo", probabilmente è questo che ha sviato la mia attenzione dal resto dei ricordi/memoriale, che invece ho apprezzato. Capisco, ad esmepio, che la frase "Era dal 1945 che non si sentiva chiamare con il suo vero nome". Faccia effetto, eppure proprio perché sta ripercorrendo i ricordi, vuoi che non gli affiori la cosa prima? E' il narratore onniscente che lo chiama Altero Bassi, quindi non è così onniscente, ma è chiaro al lettore che è qualcuno che si sta "nascondendo". Altro elemento è la sua ironia di fascista accanto ai comunisti? Lui lo sa, perché non dirlo anche a noi? [volendo è l'atteggiamento che mi ha convinto che era il tizio scomparso]. Ovvio che sono/possono essere modo di impostare gli elementi che noi vediamo diverso. Io non lo farei (almeno consciamente), tu sì. Questo vale anche per la casualità del foglietto, appunto perché casualità e non scelta [se fosse andato a cercare quella lista, forse non avrei sentito la cosa] o per l'introduzione di Giannetti che io avrei anticipato nei pensieri di Bassi, visto che il memoriale lo fa proprio per lui.

    Ho capito... in realtà io non avevo intenzione di tenere nascosto nulla, ma semplicemente il narratore non è onniscente e avendo il pdv del lettore scopre i dettagli via via che Bassi li ricorda. Anche la questione del nome emerge alla fine solo perchè è in quel momento che qualcuno chiama Bassi, mentre fino a lì non era sembrato (al protagonista) importante riportare nel memoriale tale notizia che, se ci pensiamo, in realtà per lui può essere non affatto rilevante, come invece potrebbe anche esserlo, ma una scelta vale l'altra e quindi... sì, forse è tutto solo un modo diverso di impostare gli elementi. :)
    Grazie comunque per il parere, mi hai aperto una visione che non avevo minimamente considerato.
    Potenza dei pdv. ;)
     
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  12. B. Bacardi
     
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    per il buon ritmo narrativo e storia interessante, sebbene abusata, avrebbe meritato un 3 questo racconto, ma costretto a un 2 per le troppe incongruenze.
    ci sono dei punti narrativi oscuri che andrebbero risolti, oppure sono io a non comprenderli a pieno.
    1 -
    CITAZIONE
    La prima raffica di mitra, partita dalla macchia, stroncò la risata di uno di quelli alla fontana. Il compagno accanto a lui cadde e scomparve nel retrostante greto dell'Arno, che in quel punto era appena un torrente.
    La seconda raffica freddò il terzo uomo mentre tentava di ripararsi dietro l'auto.
    Quando i partigiani della brigata "Faliero Pucci" si avvicinarono con cautela a controllare i corpi, ebbero la conferma di aver ucciso due tedeschi delle SS.
    Del terzo persero le tracce nella boscaglia

    qui descrivi una raffica di mitra destinata ai due alla fontana, a uno ne è stroncata la risata (si presume morto) e il secondo, lì vicino, non subisce danno? molto improbabile visto che è una raffica quella sparata a loro, e sparisce nell'Arno che in quel punto è poco più di un greto, un torrente?
    letta così sembra morto anche il secondo tedesco alla fontana, ma forse intendevi che cade, o si butta al riparo poiché dovrebbe essere il sopravvissuto. dunque, il giovane nazi si butta al riparo della ripa e resta nascosto agli assalitori potendo quindi sfuggire alla morte, mentre anche l'altro vicino alla macchina viene falciato da un'altra raffica.
    credo che sia questo che s'intenda e sarà la testimonianza di quel sopravvissuto a fare compiere un massacro di rappresaglia come quello di via Rasella a Roma, così come descritto però, sembra che tutti e tre i tedeschi siano morti.

    2 -
    CITAZIONE
    Anche il fornaio e il lattaio gli facevano credito e Bassi, benché grato, non ne capiva il motivo. Forse la signora Vanna lo aveva in simpatia e aveva passato parola. O forse era per il suo aspetto mite e inoffensivo, da vecchio avvilito, sofferente e bisognoso. Guardandosi allo specchio lui stesso si sarebbe dato dieci anni in più.

    questo fatto andrebbe approfondito o tralasciato, mai sentito di una persona che nessuno conosce e arrivata da pochissimo, tre settimane, abbia questo credito. più tardi, al momento della telefonata, la signora Faggi lo tratta anche sin troppo male e comunque gli fa adoperare il suo telefono per ricevere chiamate.
    In tutto questa, e la precedente descrizione con l'introduzione di Bassi, cap- II, ripeti cinque o sei volte la parola sera, potresti farne a meno o cercare delle situazioni diverse che la presentino.
    3 - siamo nel '64 e negli anni '50, tutti, la brillantina era di gran moda come pure il tipo di pettinatura.
    4 - concludo facendoti notare quanto siano differenti le due persone Bassi che presenti, durante la guerra non ha reagito nemmeno all'uccisione del neonato usato come un piattello, mentre poi conclude la sua storia con un patriottismo degno di un eroe.
    comunque, non è che avrebbe poi molto da ricattare gli altri con una semplice lettera che nessuno può verificarne la veridicità, inoltre sarebbe come allungare una corda per impiccare se stesso.
    queste sono mie osservazioni personali, nulla di più.
    Ciao.
     
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  13. black cat walking
     
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    @ Bacardi
    Intanto grazie per la lettura e il commento.
    CITAZIONE
    per il buon ritmo narrativo e storia interessante, sebbene abusata, avrebbe meritato un 3 questo racconto, ma costretto a un 2 per le troppe incongruenze.

    Non contesto il voto, perchè è normale che ognuno metta ciò che ritiene più giusto; sulle incongruenze invece devo obiettare.

    CITAZIONE
    1-
    CITAZIONE
    La prima raffica di mitra, partita dalla macchia, stroncò la risata di uno di quelli alla fontana. Il compagno accanto a lui cadde e scomparve nel retrostante greto dell'Arno, che in quel punto era appena un torrente.
    La seconda raffica freddò il terzo uomo mentre tentava di ripararsi dietro l'auto.
    Quando i partigiani della brigata "Faliero Pucci" si avvicinarono con cautela a controllare i corpi, ebbero la conferma di aver ucciso due tedeschi delle SS.
    Del terzo persero le tracce nella boscaglia

    qui descrivi una raffica di mitra destinata ai due alla fontana, a uno ne è stroncata la risata (si presume morto)

    ...infatti...
    CITAZIONE
    e il secondo, lì vicino, non subisce danno? molto improbabile visto che è una raffica quella sparata a loro

    ...per niente improbabile invece. Non so se hai esperienza di armi (e di raffiche), ma ti posso assicurare che una raffica sparata contro due bersagli è certa di colpire solo il primo, perchè il secondo è facilmente saltato dallo "sventagliamento", ovvero: un mitra spara diversi colpi al secondo (in base al tipo), il primo colpo andrà nella direzione della mira, mentre già il secondo sarà un po' spostato e il terzo sarà di sicuro fuori bersaglio per lo spostamento dell'arma causato dal rinculo.
    Ecco allora che il secondo tedesco, forse ferito (non è infatti detto se è stato colpito o no)...
    CITAZIONE
    , e sparisce nell'Arno che in quel punto è poco più di un greto, un torrente?

    ...sì, scompare alla vista degli assalitori, perchè cade sulla riva (greto) dell'Arno, che lì è proprio un torrente.

    CITAZIONE
    letta così sembra morto anche il secondo tedesco alla fontana, ma forse intendevi che cade, o si butta al riparo poiché dovrebbe essere il sopravvissuto. dunque, il giovane nazi si butta al riparo della ripa e resta nascosto agli assalitori potendo quindi sfuggire alla morte, mentre anche l'altro vicino alla macchina viene falciato da un'altra raffica.
    credo che sia questo che s'intenda e sarà la testimonianza di quel sopravvissuto a fare compiere un massacro di rappresaglia come quello di via Rasella a Roma, così come descritto però, sembra che tutti e tre i tedeschi siano morti.

    Non è solo letta così, è scritta così. :)
    Dov'è quindi l'incongruenza?

    CITAZIONE
    2 -
    CITAZIONE
    Anche il fornaio e il lattaio gli facevano credito e Bassi, benché grato, non ne capiva il motivo. Forse la signora Vanna lo aveva in simpatia e aveva passato parola. O forse era per il suo aspetto mite e inoffensivo, da vecchio avvilito, sofferente e bisognoso. Guardandosi allo specchio lui stesso si sarebbe dato dieci anni in più.

    questo fatto andrebbe approfondito o tralasciato, mai sentito di una persona che nessuno conosce e arrivata da pochissimo, tre settimane, abbia questo credito. più tardi, al momento della telefonata, la signora Faggi lo tratta anche sin troppo male e comunque gli fa adoperare il suo telefono per ricevere chiamate.
    In tutto questa, e la precedente descrizione con l'introduzione di Bassi, cap- II, ripeti cinque o sei volte la parola sera, potresti farne a meno o cercare delle situazioni diverse che la presentino.

    Mai sentito di tanto credito? Forse è inusuale, ma di certo non impossibile: dalle mie parti a quei tempi (ma anche negli anni '70) era una cosa più che normale fare credito, perchè nei quartieri poveri era facile imbattersi in persone anziane in difficoltà, anche se appena conosciute, e nessuno (o ben pochi) se la sentiva di abbandonarli. Tra l'altro, Bassi stesso si stupisce di tanta bontà, ma ciò non toglie che potesse accadere.
    Il fatto che la signora lo tratti male, è dovuto all'ora mattutina; che invece gli facesse usare il suo telefono, in palazzi dove spesso ce n'era uno solo, era assolutamente la normalità. Neanche queste mi paiono quindi incongruenze.
    Per quanto riguarda la "sera" ne ho contate tre ma mai vicine. Le altre tre in realtà sono due "buona sera" e un "buona serata", i saluti si ripetono anche a breve distanza, c'è poco da fare. Vedrò comunque di trovare dei sinonimi.

    CITAZIONE
    3 - siamo nel '64 e negli anni '50, tutti, la brillantina era di gran moda come pure il tipo di pettinatura.

    Vero, ma nei '50 era un stato ritorno di moda della pettinatura degli anni '30. La mia non è un'inesattezza, potevo scrivere in entrambi i modi e sarebbe andata bene ugualmente, anche questa non mi pare davvero un'incongruenza.

    CITAZIONE
    4 - concludo facendoti notare quanto siano differenti le due persone Bassi che presenti, durante la guerra non ha reagito nemmeno all'uccisione del neonato usato come un piattello, mentre poi conclude la sua storia con un patriottismo degno di un eroe.
    comunque, non è che avrebbe poi molto da ricattare gli altri con una semplice lettera che nessuno può verificarne la veridicità, inoltre sarebbe come allungare una corda per impiccare se stesso.

    E' vero, sono differenti, e infatti il racconto gira su quello, è dov'è lo strano? Sono passati vent'anni, un uomo cambia, a volte anche molto più drasticamente.
    L'atto di "patriottismo" (ma io direi, e lo dico nel racconto, di giustizia) è un po' il fulcro del finale ed è una svolta (la svolta) nella storia; potrà non piacere, ma non ci trovo nulla di incongruente.
    Anche sul fatto che la lettera non possa essere sufficiente a ricattare nessuno, è una tua opinione che rispetto, ma scusa, credi davvero che un politico nazionale non sarebbe stato rovinato, negli anni '60, da un documento originale che lo poneva tra gli esecutori di una strage nazi-fascista? Può essere, ma anche qui non mi puoi dire che questo sia un elemento incongruente.
    Infine: effettivamente Bassi la corda la allunga, e lo sa benissimo, tanto è vero che il finale è aperto. Comportamento avventato, il suo? Può essere. Stupido? Anche. Incomprensibile? Forse, ma non certo incongruente con il resto.

    CITAZIONE
    queste sono mie osservazioni personali, nulla di più.

    E ti ringrazio di averle riportate. :)

    Ciao!
     
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  14. B. Bacardi
     
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    Ciao, Black Cat.
    continua a sfuggirti come può essere interpretata la tua descrizione.
    CITAZIONE
    La prima raffica di mitra, partita dalla macchia, stroncò la risata di uno di quelli alla fontana. Il compagno accanto a lui cadde e scomparve nel retrostante greto dell'Arno, che in quel punto era appena un torrente.
    La seconda raffica freddò il terzo uomo mentre tentava di ripararsi dietro l'auto.
    Quando i partigiani della brigata "Faliero Pucci" si avvicinarono con cautela a controllare i corpi, ebbero la conferma di aver ucciso due tedeschi delle SS.
    Del terzo persero le tracce nella boscaglia

    la raffica è indirizzata ai due: e io leggo che muoiono entrambi, al primo viene stroncato la risata, e il secondo "Cadde"...
    quando si parla di guerra, il verbo "cadere" fa supporre che muoia. quindi, leggo che il secondo muore rotolando nel greto dell'Arno poiché anche questo è reso visibile dalla tua descrizione di quanto accade.

    per gli altri punti, hai spiegato bene e potrebbero passare, ma non sono troppo convinto e resto titubante.
    Il racconto non è male, sono io che sono uno spaccacaz.. capelli, pure quelli con la Linetti.
    Ciao.
     
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  15. black cat walking
     
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    CITAZIONE
    la raffica è indirizzata ai due: e io leggo che muoiono entrambi, al primo viene stroncato la risata, e il secondo "Cadde"...
    quando si parla di guerra, il verbo "cadere" fa supporre che muoia. quindi, leggo che il secondo muore rotolando nel greto dell'Arno poiché anche questo è reso visibile dalla tua descrizione di quanto accade.

    Ok, adesso ho capito, questa finezza sul "cadere" mi era davvero sfuggita. :)
    Proverò a cambiare.

    CITAZIONE
    per gli altri punti, hai spiegato bene e potrebbero passare, ma non sono troppo convinto e resto titubante.

    Beh, già l'averti fatto passare dal "critico" al "titubante", mi pare un buon risultato. Magari se rileggi adesso il tutto, passi all'entusiasta! :D

    Grazie e alla prossima!
     
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25 replies since 31/5/2011, 23:20   367 views
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