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LA LETTURA DEL RACCONTO E' RISERVATA AGLI ADULTI
1 Agosto 2011 Neu Nürnberg, Konnektikut. (Protettorato germanico degli Stati Uniti Orientali) Arbeit Lager 39, Frauenhaft Branche, Korridor B, Zelle 21.
Erano le ventuno (qui non esistono orologi ma sappiamo sempre l’ora) quando la vidi per la prima volta. Aveva circa vent’anni, teneva gli occhi fissi a terra e i capelli neri, lisci, sciolti sulle spalle. Mi stupii molto del fatto che a differenza di noi altre non fosse stata ancora rapata a zero. Il cortissimo pigiama a righe che le avevano costretto a indossare le lasciava scoperte le gambe, bianche e perfette, quasi fino all’inguine. Entrò nella nostra cella a piccoli passi strusciando con le ciabatte, scortata da un sergente maggiore dell’Amerika Korps Wermacht che non avevo mai visto prima e che tossiva come un appestato. Portava tra le mani, come un bouquet da sposa, un asciugamano rosa con la saponetta bianca al centro. Ovviamente piangeva. Il sergente le fece segno di posare asciugamano e saponetta sullo sgabello e poi di coricarsi nell’unico letto libero, posto sotto quello di Lola, dove aveva dormito Conny fino a tre giorni prima. La ragazza obbedì, distendendosi a pancia sopra. Dopo averle legato mani e piedi ai braccioli di ferro con gli appositi laccioli, il militare si girò a fissarci una a una soddisfatto, quasi contemplasse un lavoro perfetto e ben riuscito. Scatarrò, fece un ghigno sadico e se ne andò, richiudendo a chiave la porta della cella. Poiché ero coricata e legata anch’io, di sotto, ma nel letto a castello di fianco al suo, riuscii a osservare la ragazza solo per pochi istanti, prima che spegnessero le luci bianche. Era molto bella, sembrava un angelo. Poi alla luce blu delle lampade notturne, il suo viso regolare divenne simile a quello di una maschera di cera sulla quale riverberavano, come piccoli diamanti, delle lacrime in rapida discesa. A bassa voce finalmente le chiesi. - E tu chi saresti? La ragazza voltò il viso verso di me e rispose con un tono di voce troppo alto. - Mi chiamo Lara Wilson. Riuscii a “urlare a bassa voce” per la prima volta in vita mia. - Parla piano, perdici! Se sentono che parliamo tra noi ci puniscono. E' vietato! - Scusa! – Mormorò. - Ma perché ci legano? Che bisogno c’è? Sentii dal letto di sopra Mary Lou muoversi per tentare di trovare una posizione più comoda facendo cigolare le molle e risponderle con un tono di voce ironico, nella quale, anche se flebile, si avvertiva il marcato accento texano. - Ci legano per un sacco di motivi. Per impedirci di toccarci, di grattarci, di scopare, di suicidarci. Benvenuta all’Arbeit Lager 39. Dal letto posto sopra quello della nuova ospite, Lola smise per un attimo di russare e bofonchiò qualcosa in tedesco. Poi, dopo alcuni secondi, riprese subito. Lara, allora, tirò su con il naso e riprese a singhiozzare. - Ehi! - Le feci. - Non fare così! Calmati! Perché ti hanno portata al Trentanove? Racconta. Lara parve calmarsi un po’ e riflettere. Poi disse. - Non lo so! Giuro che non lo so! Se ci penso ancora, divento matta! - Non lo sai? - Mi girai di nuovo verso di lei cercando d'inquadrarla meglio nella penombra generata dalle lampade blu. - Sì, è così! Frequento … frequentavo … il Campus di Stanford. L’altro ieri notte degli uomini vestiti di nero hanno fatto irruzione nella mia stanza mentre dormivo. Mi hanno portata via senza dire una parola, senza interrogarmi. Niente! Non ho potuto nemmeno avvertire la mia famiglia! Ho chiesto perché mi facessero tutto questo ma non mi hanno mai risposto! - Qualcosa devi pure aver fatto, dai! Confessa! Devianze sessuali? - Le chiese Mary Lou in tono malizioso. - Niente! Ve lo giuro! - Incesto? - No! Fu il mio turno di incalzarla. - Magari allora hai sangue negro nelle vene. Sei forse una “venticinque” o una “dodici punto cinque”? La ragazza parve arrabbiarsi. - No! Sono bianca al cento per cento! Lo giuro! E riprese a piangere, sconfortata. Pensai. Bianca al cento per cento. Da quel poco che avevo visto sembrava dicesse la verità. Anche se molti tra quelli che avevano un antenato negro si facevano scolorire la pelle di nascosto nella speranza di farla franca. - E voi? - Chiese quando si calmò un poco. - Perché siete qui? Che cosa avete fatto? Sospirai. Lei che mi baciava il ventre e poi scendeva giù piano piano. - Mary Lou viene da Dallas ed è, o meglio era, polidattila. - Risposi al posto suo. - E che significa? Mary Lou le spiegò. - Significa che alla nascita avevo sei dita sia alle mani sia ai piedi, cara! Neanche io lo sapevo. Colpa dei miei genitori, che porci! Scoparsi tra cugini carnali! Erano dei pentecostali ortodossi, sai? Spiega tutto! Le dita in più me le devono aver tagliate appena nata. Se non era per quello stupido esame del sangue che mi hanno fatto quando mi hanno beccata a rubare in un supermercato, sarei ancora fuori di qui. - Poi aggiunse a voce un po’ troppo alta. - Porci nazisti! - Parla piano, Mary Lou, perdici! Ci vuoi rovinare? - La ammonii. - Che vadano a farsi fottere! Rotti in culo! Cercai di cambiare subito conversazione. Mary Lou era pericolosa quando s’infervorava. Ripresi a parlarle sottovoce. - Lara! Sopra di te, invece, c’è Lola. E' una negra. - Oh! - Fece la ragazza, sorpresa. - Una negra? E come mai sta qui? - Fa parte del pacchetto di schiave negre selezionate dalla Volkswagen per l’inseminazione artificiale. Poveretta, è gonfia di progesterone che quasi scoppia! Ma è sana come un pesce! Sai, qui al 39, c’è anche un centro statale di ginecologia avanzata. La Volkswagen paga il servizio al governo, così nel 2030 avrà già belli e pronti altri sani e forzuti schiavi per le sue fabbriche di auto avveniristiche. Furbo, no? Proprio in quel momento Lola borbottò qualcosa in tedesco. - Non ho capito! Che cosa ha detto? - Chiese Lara. - Oh! Nel sonno, Lola parla sempre di cose da mangiare. Sognerà dei dolci. Non badarci. - Temi piuttosto le sue scorregge! Sono atomiche! Sei proprio in zona pericolo! - Aggiunse Mary Lou, ridacchiando. - Mary Lou! E piantala! - Le dissi, senza riuscire a trattenere anch’io una risata. Mi prudeva il naso ma non sapevo come grattarmi. Il peggio era quando mi prudeva l’ano o la vagina. La nuova ragazza non rispose. Si agitò sul letto. Pareva riflettere. Poi si rivolse a me. - E tu? Come ti chiami? Che hai fatto? Io che le baciavo il sesso a lungo, lentamente. Lei che urlava al momento dell’orgasmo. - Mi chiamo Nozomi, sono mezza giapponese e mezza tedesca. - E sei qui per questo? - No, sono una Alfa Mischling. Il mio meticciato non è soggetto per legge all’internamento coatto nei campi di lavoro. Fosse solo per quello sarei libera, anche se, come Alfa Mischling, non mi è concesso il diritto a ricoprire cariche pubbliche, laurearmi e avere figli. - E allora perché ti hanno internato? - Sono lesbica. - Oh! - Fece lei. - Nozomi è una “Lezzie”, Mon Amour! Ah, se potessi me la farei anch’io, anche se preferisco a dir la verità gli uomini con la patta dura tra le gambe! Ma voglio un vero maschio texano con gli stivali non questi mosci nazisti da due soldi! - Disse Mary Lou, ridacchiando. Sorrisi alla battuta. Lara tacque come per afferrare il concetto. Poi mi chiese. - Come ti hanno scoperta? Lei che mi fissa negli occhi blu cobalto, intensamente, dopo l’ennesimo orgasmo, l’ultima notte prima del tradimento. - Ero l’amante segreta della figlia di pezzo grosso della Gestapo. Condannata prima del principio, se così si può dire. Mi sono innamorata della ragazza sbagliata. Del resto sono sempre stata una ragazza sbagliata. Lara allora ricominciò a tirare su col naso. - Capisco. E' molto triste. Mi dispiace davvero, Nozomi. Io comunque non sono lesbica e non ho devianze sessuali di alcun tipo! E sono a posto, sono bianca! Non ho tare genetiche in famiglia. Non so davvero perché sono qui! Credo che impazzirò! - Non è così semplice impazzire, cocca! - Disse Mary Lou. - Io ci provo ogni minuto di ogni ora di ogni giorno. Ma proprio non ci riesco. Spero tanto avrai più fortuna di me. La nuova ragazza riprese allora a piangere, più intensamente. - Mary Lou? - Che vuoi, Nozomi? - Sentii che tentava inutilmente di trovare una posizione più comoda nel letto sopra il mio, deformando le molle. - Ti ho mai detto che quando vuoi, sai essere proprio una perfetta stronza? Dovevi proprio dirle certe cose? - Certo! E' meglio che afferri subito la realtà delle cose, cara la mia “sorella”. Nessun futuro. Mai più. Che si rassegni!
2 Agosto 2011. La giornata trascorse via come al solito. Sveglia alle sei. Una frugale colazione e via. Prima al gabinetto, poi nude sotto la doccia, dieci minuti, con i nazisti che come al solito ci fissavano, ghignando, sbavando, fumando e commentando. Infine, a squadre di quattro, una squadra per cella, nella zona produttiva del campo, reparto tessile. In programma cento striscioni del Partito Nazista da cucire a macchina per il cinquantesimo anniversario dell’Arianizzazione del Nord America. In assoluto silenzio per dieci ore di fila. Lara si ferì alle mani due volte. La prima avvenne di mattina. Fu strigliata, schiaffeggiata, medicata velocemente e in malo modo e mi fu obbligato di spiegarle di nuovo e meglio il lavoro. La seconda, di pomeriggio, quasi si troncava un dito con l’orlatrice. Allora fu presa a scudisciate da Magda, la kapò più stronza che sia mai esistita sulla faccia della terra, una detenuta comune di cui si diceva avesse ucciso i figli. Poiché ritenuta responsabile del suo nuovo infortunio, fui pestata anch’io a suon di sberle e calci, alcuni dei quali mi arrivarono anche al basso ventre. Oltre a ciò, altri avvenimenti da ricordare della giornata? Ah, beh! Un solo intervallo alle dieci e trenta per andare in bagno, cinque minuti. Pausa alle tredici di mezz’ora per il pranzo. Un altro intervallo alle 17.00 per andare in bagno, cinque minuti. Pausa alle 20.00 per la cena, mezz’ora. Alle 20,45, di nuovo in bagno, quindici minuti. Alle 21.00 di nuovo in cella, senza doccia. Alle 21.05, legate al letto e oscuramento, di nuovo le luci blu. Stessa vita da due anni, domeniche incluse. Stessa vita, in prospettiva, fino alla morte.
- Non posso farcela! Ed è solo il primo giorno! - Disse Lara, frignando. - Oh, Dio! Dio! Dio, è un incubo! Aiutami! - Parla piano, cretina! - Le intimò Mary Lou. - Non posso farcela! - Ripeté Lara per l’ennesima volta a voce più bassa. Sospirai e pensai a quante volte mi ero posta la stessa questione. Invece ero ancora là. A ventiquattro anni la mia vita era conclusa. Fino alla vecchiaia a cucire striscioni e divise per i nazisti. E potevo ritenermi anche fortunata. Il lavoro in fabbrica era molto, molto peggio, quello nei campi … non ne parliamo. Certo, almeno di fuori avrei potuto vedere il cielo, il sole, respirare l’aria pura! - Cerca di non pensarci. Ti abituerai, Lara. Vedrai. - Le dissi. Lola ora cantava una nenia in tedesco. Dai gesti che ci aveva fatto nel corso della giornata (Lola non conosceva una sola parola d’inglese) ci aveva fatto capire che era molto contenta del fatto che avrebbe avuto presto il suo primo figlio. Povera ragazza, da generazioni la sua razza non aveva conosciuto altro che questa vita! Non poteva letteralmente immaginarne una diversa. Ai negri non veniva dato nemmeno un cognome. Un nome e una sigla, tutto qui. Per lei tutto ciò che vedeva, che aveva attorno, era la normalità. Per certi versi, sospettavo che fosse persino felice. Questa cosa mi faceva sentire ancora più male. Lara interruppe i miei pensieri. - E quella che stava qui, prima di me? E' morta? Avvertii quasi della speranza nel suo tono di voce. - Conny? - Le rispose Mary Lou. - Da quello che abbiamo capito, è passata a far parte delle Donatrici. - Che vuol dire “Donatrici”? Non mi andava molto di spiegarle che “Donatrici” significava “Donatrici di Organi”. Conny ormai era fuori di testa da tempo. Soffriva di disturbi ossessivi compulsivi fin dai dodici anni. Non poteva più lavorare in modo efficiente. - Niente d’interessante. Lascia perdere. Dormi adesso! Ovviamente Lara ricominciò invece subito a piangere. Dopo cinque minuti di silenzio stavo quasi per addormentarmi quando sentii aprirsi le porte della cella. Le luci furono accese. Erano un militare in camice bianco, un ufficiale medico e un’infermiera. Inoltre c’era anche il sergente con la tosse del giorno prima. Si chinarono su Lara e le scoprirono il pigiama, come per visitarla. - Che volete? Lasciatemi! - Protestò lei. Come risposta, il medico le mise una specie di morsetto in bocca e senza dirle altro prese una siringa da una valigetta e le prelevò qualche centimetro cubo di sangue. Poi senza dire altro, le tolsero il morsetto dalla bocca e se ne andarono. - Perché mi hanno preso il sangue? E' già la terza volta in due giorni! Che vogliono da me? - Chiese Lara, piangendo a dirotto. A quella domanda non potemmo darle alcuna risposta.
3 Agosto 2011 Il giorno volò via come il precedente e come il precedente ancora. Nessuna varianza. L’unica novità è che presi le botte da Magda perché mi assopii un po’ subito dopo pranzo. La sera, alle 21.05, di nuovo la stessa situazione. - Lara? - Le feci. Il mistero di quella ragazza, confesso, m’intrigava. Del resto non avevo troppi passatempi su cui riflettere. - Forse la tua famiglia ha qualche aggancio con la Resistenza? - No. Che cosa dici! - Rispose. La sua voce era strana. Si vedeva che stava crollando. Ne avevo viste di ragazze cambiare personalità. Dopo un po’, diventavano tutte degli automi, dei robot vuoti, senza cervello. Lei stava facendo passi straordinari verso la follia. Per certi versi glielo auguravo. In questo senso, sia io sia Mary Lou eravamo delle eccezioni. Delle eccezioni sfortunate. - Nozomi? - Mi fece Mari Lou. - Che cazzo di domanda le fai? Sono venti anni che non si sente parlare più della Resistenza, né in America né in nessun altro posto al mondo. Inoltre, fosse stata presa per altre ragioni politiche, non l’avrebbero certo mandata qui. Già, ammisi a me stessa. Mary Lou aveva ragione. E allora perché l’avevano messa da noi? Stavo per addormentarmi quando, dopo un tempo indeterminato di dormiveglia, sentii nuovamente aprirsi la cella. Capii al volo chi era entrato e cosa voleva. Era quello che io chiamavo Fritz, era evidentemente il suo turno. Ero contenta. Lui era uno che aveva gusti un po’ più canonici. L’altro caporale, che io chiamavo Otto, era molto più pericoloso e gli piacevano le cose sadiche, per lo più rapporti anali con dolorose varianti. Puntò una torica elettrica prima su di me poi su Lara. Ovviamente non l’aveva puntata mai su Mary Lou o su Lola. Mary Lou era assai poco attraente, e per quanto riguardava Lola, pur essendo molto bella, c’erano gravi punizioni ad avere rapporti sessuali, di qualunque genere, con le negre. Perciò lasciavano in pace anche lei e quindi, in genere, si sfogavano sempre con me. Del resto ero una delle più belle di tutto il Braccio. Ma stavolta Fritz rimase nel dubbio. Me o Lara? Lara o me? Lara era anch’essa molto bella e rappresentava una novità. Io, dal canto mio, sapevo che gli piacevo, ero la sua preferita. Qualche volta avevo avuto persino dei privilegi per questo motivo. Per esempio mi aveva regalato di nascosto persino una tavoletta di cioccolata svizzera che, da stronza egoista, non avevo diviso con le mie compagne di cella. Sembrava tuttavia stesse optando per la novità. Già le aveva alzato il pigiama e le stava mettendo le mani sui seni, piccoli ma ben fatti. Lara s’irrigidì tutta. Aveva paura persino di fiatare per quanto era terrorizzata. Sapeva benissimo cosa le stava per accadere. L’orrore della cosa l’aveva resa muta. Decisi di non perdere altro tempo. Mi rivolsi a Fritz. - Mein leiber! Lascia stare la ragazza. Prendi me, caro. Me! Me! Ich liebe dich! Ich liebe dich!. Non vuoi? - Cercai di dirgli con tutta la sensualità possibile. Alla fine si girò verso di me, mi sorrise, alzò le spalle e si avvicinò. Con gli uomini ci sapevo fare. Non fossi stata lesbica avrei vissuto la mia vita senza troppi patemi. Mi sciolse i legacci, mi fece alzare e mi portò fuori, alla branda del preposto di notte. La sua.
Tornai dopo mezz’ora circa. Fritz, soddisfatto, mi legò di nuovo e se ne andò senza dire altro, chiudendo la porta. Cercai di ingoiare in fretta il resto dello sperma che avevo ancora in bocca. Oltre ad avere un elevato valore nutritivo, avevo sentito dire che faceva bene alla pelle. - Nozomi? - Mi fece Lara ancora una volta con voce troppo alta. - Ssssshhh, parla piano, cazzo! - Scusami! Ti ha …? E si arrestò. - Sì. Mi ha scopata. - Le dissi senza scompormi. - Non preoccuparti, ci sono abituata. Lo fanno spesso. Fritz è il più buono, a volte gli basta persino un pompino. L’altro, Otto, è molto peggio, ti assicuro. Stasera ti ha detto bene, ma prima o poi, anche tu … - Tacqui. Avevo detto troppo e me ne rammaricai. Lei riprese a piangere. - Non c’è speranza per noi! Nessuna! Pensai a lei. Karla. Bella come il sole, bianca, i capelli lunghi e biondi. Lei, ariana purosangue, io euroasiatica dalla pelle olivastra. Noi, unite in un lungo amplesso. Non c’era mai stata la speranza. Eppure ero certa che Karla mi aveva amato e che mi amava ancora. Mi avrebbe amato per sempre, era la sua condanna. Ne ero certa, come io avrei amato per sempre lei, anche se, forse in un momento di confusione o di debolezza, mi aveva tradito. Era questa l’unica forza che mi mandava avanti. Il mio segreto. Il mio ricordo. Il suo ricordo. Il mio rimpianto. Il suo rimpianto. E la mia vendetta. La mia dolce presenza, costante, persistente, indelebile, nel suo cuore. Per sempre. - Pensa a dormire adesso.
4 Agosto 2011 Passai la solita giornata lavorativa, soffrendo come tutte per il gran caldo. Quel giorno c’erano almeno quaranta gradi e si sentivano. Subito dopo l’ora di pranzo dei medici vennero a portare via Lola. Intuii che presto l’avrebbero inseminata e lei era raggiante di felicità. Lara aveva gli occhi spenti, si stava esaurendo a poco a poco, come una batteria. Sarebbe crollata presto. Mi chiesi per l’ennesima volta perché non le avessero ancora tagliato i capelli a zero. Quello era un altro mistero nel mistero. Ma c’era dell’altro. Sembrava inoltre che tutti, compreso Magda la Kapò, compreso Fritz il caporale, compreso il sergente maggiore catarroso, la guardassero strano. Nessuno la picchiava più, anche se continuava a fare errori. Picchiavano sempre me o Mary Lou al suo posto. Anzi, si tenevano quasi lontano da lei. Quasi la temevano. Non riuscivo proprio a capire quale fosse davvero il mistero che nascondeva. Del resto, non lo sapeva anche lei. Magari mentiva, ma anche se fosse, a che scopo? Non avevo proprio le idee chiare in proposito. Quella sera, un’ora dopo le luci blu solo io e Lara eravamo ancora sveglie. Lola non c’era più, il suo letto era vuoto, non avevano mandato ancora nessuna a occuparlo. Mary Lou invece ronfava come una cavalla. Parlai con Lara del più e del meno, sottovoce, per un po’. A un tratto lei mi fece: - Nozomi? - Sì? - Sei mai stata innamorata? - Lo sono tuttora. Lei tacque per un po’. - Di una ragazza, vero? - Sì. Tacque ancora. Intuii il suo imbarazzo. Era la prima volta che aveva a che fare con una come me. Poi disse: - Sai, avevo un ragazzo fuori di qui. Vincent. Avevamo grandi progetti per il futuro. Una volta voleva fare l’amore ma io non me la sono sentita. Sai, volevo concedermi solo quando ero pronta. Magari dopo il matrimonio. Ho avuto un’educazione un po’ all’antica. Sì, ti confesso, sono ancora vergine. Oh, avessi detto sì, Nozomi! Avrei saputo cosa vuol dire amare ed essere amate! E adesso? Come posso vivere così? Senza amore? Tu come fai? Sospirai. Gli occhi di Karla, così pieni d’amore. Il giorno prima del tradimento. - Mantieni vivi i ricordi più belli e cerca di vivere in essi. - E vale la pena vivere di soli ricordi? - Se hai amato, sì. Scoprii con stupore che avevo preso silenziosamente a piangere. Da quando non piangevo? Me l’ero scordato. - Senti, adesso dormiamo, fa molto caldo. - Conclusi. Mi appisolai quasi subito. Dopo aver pianto ancora un po’. Sempre in assoluto silenzio.
Forse un’ora dopo, o in tarda notte, non saprei dirlo, aprirono per l’ennesima volta la cella. Erano in quattro, due medici e due ufficiali. Uno era addirittura un generale delle SS, lo riconobbi dalle mostrine. Un generale delle SS, lì, nella nostra cella! Stavo quasi per esclamare per la sorpresa ma mi trattenni. Si chinarono su Lara e le sciolsero i laccioli cominciando a parlare freneticamente tra loro in tedesco stretto. Il generale fissò la ragazza e aprì la bocca, quasi fosse sorpreso dalla rivelazione del medico, il quale fece segno di sì, serio, con la testa. - Cosa volte da me? - Protestò Lara. - Oh, dove mi portate? Ma che volete? Nozomi! Mary Lou! Aiutatemi! Ma in meno di dieci secondi erano tutti usciti e avevano richiuso la porta della cella, portandosela appresso. Mary Lou fu a prima a commentare l’avvenimento, con un tono crudo nel suo accento texano. - Che scema! Chiederci di aiutarla! Ma sì, perché non siamo scese a prenderli a calci nel culo? Fissai il letto vuoto vicino al mio e il cuore mi si gonfiò di nostalgia. - Hai sentito? - Mi fece ancora Mary Lou. - Che dicevano? Tu conosci il tedesco meglio di me! Io non li ho capiti bene! - Mah, non ho capito molto anch’io, Mary Lou! - Ero sincera e confusa. Cercai di riannodare in modo logico le poche parole certe che avevo compreso. - Hanno detto qualcosa su uno Zoo. Privat Führer Berlin Zoologischen garten! - Uno zoo privato del Führer? - Una cosa così? Sembra che la portino là, a Berlino. Proprio in Germania. Penso di aver capito bene. Mary Lou scoppiò a ridere. - Ho capito! E che c’entra? La portano in uno zoo, adesso? Perché? - Non lo so! - Scossi la testa. - Ma hanno detto anche dell’altro. Ho sentito dire le parole “Letze juden erde”, una cosa del genere. - E che cazzo vuol dire? Aspetta … “L’ultima …”? - “L’ultima juden nel mondo”. Anna Lou tacque come per afferrare il concetto. Poi fece traballare le reti del letto, agitandosi. - Nozomi? Scusami, tu che sei più intelligente e istruita di me: che vorrebbe dire “juden”? Cos’è? Una perversione? Una tara genetica? Che razza di malattia ha quella ragazza per meritare tutta quest’attenzione? E anche se fosse perché portarla allo zoo? Non le risposi. Avevo un vago ricordo nella mente, qualcosa di molto lontano, forse un’oscura leggenda sentita da piccola. Una specie di eco ma non riuscivo proprio a focalizzarla. Ma non venne a galla. Non la ricordavo. - Non lo so, Mary Lou. Ti giuro che non lo so. Non so davvero cosa significhi quella parola. - Forse Lara si trasformerà in qualche animale! Spero almeno che questa “juden” non sia una malattia contagiosa! - Concluse Mary Lou. Dopo un po’ la mia compagna di cella riprese a ronfare. Io, invece, stavo lì ancora, sveglia, a tentare di ricordare. Dovevo ricordare. Per qualche motivo che non ancora capivo bene, ricordare era molto importante. Era forse l’unica cosa rimasta da fare.
Edited by Nozomi - 1/8/2011, 00:33
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