Il sonno della Donna del Tempo
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Il sonno della Donna del Tempo

di Polissena Cerolini

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    Il sonno della Donna del Tempo.

    La nebbia è tanto densa da sembrare compatta, Sitka si passa le mani sulle braccia, ritrovandosele bagnate. Solo la sua esperienza e il benvolere di qualche demonio permette alla piccola flotta di procedere.
    Qualche minuto di veleggiamento alla cieca e la luce giallastra del faro, finalmente, gli indica la via. Sincronizzato come un sol uomo, l’equipaggio spegne ogni lume che potrebbe tradire la propria presenza.
    Quando il ragazzo di vedetta avvisa dello sbarco imminente, Sitka è già pronto: con la spada sguainata, si è portato sulla prua. Gli occhi fissi sulle linea d’orizzonte costellata dalle fioche luci del villaggio costiero.
    I due uomini di guardia al muro di cinta vengono uccisi prima ancora dell’approdo, investiti dall’impietosa pioggia di frecce che sembravano vomitate direttamente dai flutti scuri.
    Quando i piedi dei conquistatori toccano terra, la battaglia è già vinta.
    L’avamposto viene falciato in pochi minuti, gli sparuti avversari non hanno nemmeno il tempo di dare l’allarme, le gole lacerate da mani esperte. La vita che scivola via dagli squarci prima ancora che i corpi tocchino terra.
    Anche fossero sopravvissuti, anche avessero potuto suonare il corno, sarebbe stato inutile. Nessuno nelle terre del nord può contrastare l’armata di re Markut, signore di Karta. Nessuno può fronteggiare le sue flotte, soprattutto se comandate dal suo primogenito, Sitka il coraggioso.

    Sitka e due dei suoi più fidati compagni corrono per il ripido pendio che porta alla rocca del barone. Quando scavalcano l’ultima muraglia, il crepitio impetuoso dei fuochi appiccati nel villaggio li raggiunge, come un inno all'imminente vittoria.
    Sono veloci, forti e spietati. Come sempre.
    Il guerriero si porta davanti al grande portone di legno e metallo e grida, rivolto a una delle feritoie nella parte più alta del palazzo. «Sono Sitka di Karta! Abbiamo preso il villaggio, se vuoi che ne risparmi gli abitanti, arrenditi e giura fedeltà al mio re.»
    La stessa brezza leggera che accarezza i lunghi capelli del campione, dipana la nebbia. L’aria densa e lattiginosa scivola lenta sui corpi dei guerrieri pronti all’assalto e il vecchio barone non ha scelta.
    Mentre il nuovo vassallo esce dalla rocca, seguito dalla famiglia e dalla sua piccola corte, una lunga fila di uomini e donne con i polsi legati viene indirizzata a forza su per la collina.
    Quando finalmente la foschia svanisce del tutto, lo spettacolo che il villaggio offre di sé è solo distruzione e terrore.
    I pianti dei bambini fanno eco a quelli delle donne. Tutti legati insieme, senza distinzioni o pietà.
    Il barone si avvicina al guerriero, malfermo sulle gambe ossute. Lo sguardo implorante dritto sul volto algido del conquistatore.
    «Potente Sitka, mai mi sarei opposto all’avanzata di tuo padre, come avrei potuto? Sono stato obbligato dai conti del sud, miei alleati.»
    Gli occhi color ghiaccio del guerriero, si fermano solo un istante sulla bella figlia del suo nuovo prigioniero, poi tornano sul vecchio.
    «Re Markut ti aveva offerto l’annessione spontanea e tu hai rifiutato.» Si avvicina al primo degli ostaggi, lo strattona verso di sé facendolo cadere carponi. La spada poggiata sulla nuca. «Capirai che ora la sua offerta non può essere la stessa.» Il vecchio barone si porta le mani nodose alla bocca, «ti prego, potente signore, lasciali vivere e accetterò qualsiasi condizione.»
    Sitka volta lo sguardo sulla piccola corte al seguito del barone, fermandosi sulla giovane figlia.
    «Lei è chi credo io?»

    Il ritorno da una campagna vittoriosa è sempre un momento lieto, i soldati vogano con maggiore forza, sognando il profumo dei corpi caldi delle loro donne. Anche il vento sembra volerli aiutare, gonfiando le grandi vele nere.
    Sitka non ha contato i denari, né ha catalogato le merci: lui è un guerriero.
    La bella figlia del barone, parte del tributo, gli ha massaggiato le spalle vigorose e ha cucito le due ferite più profonde, una sul braccio e una sull’addome.
    «Sei brava, come hai imparato?»
    Lei non solleva lo sguardo dalla pelle bianca dell’uomo, «se vivi perennemente assoggettato da un padrone a un altro devi imparare a fare ogni cosa ti salvi la vita.»
    «Tuo padre ha detto che i conti erano vostri alleati.»
    «Dirà lo stesso di re Markut, al prossimo che verrà a conquistarci.»
    La nave rolla lenta, il viaggio è breve. Meno di due giorni di mare prima di tornare a Karta, la capitale.
    «Cosa farai di me quando saremo arrivati?» Lui si volta su un fianco, scoprendo due lunghe cicatrici trasversali, «non sarò io a deciderlo, tu fai parte del tributo. Il re ha chiesto personalmente di averti. Quindi credo vorrà tenerti con sé.»
    «Quando dici: il re, intendi tuo padre?» Lui si fa serio in volto, i lineamenti delicati oscurati da un ombra di sconforto. «Intendo, il re.»
    «Quindi le voci sono vere, non sarà “Sitka il coraggioso” a succedere al trono di re Markut.»
    Lui si volta su un fianco, lo sguardo di nuovo fiero, «qual è il tuo nome?»
    «Saphia, signore.»
    «Se hai sentito queste voci avrai anche appreso che non è intelligente indispettirmi.» Lei abbassa appena lo sguardo, fissando un’increspatura del lenzuolo e rimane in silenzio.
    «Ecco, così va meglio.»
    L’alito del grande drago dei venti è benevolo con i vincitori, e sospinge la flotta su onde leggere. Prima che il sole tramonti sul secondo giorno di navigazione, la costa di Karta appare all’orizzonte.
    Sitka ha indossato gli abiti migliori e il mantello da cerimonia, ha ordinato alla sua prigioniera di acconciarsi i capelli e le ha donato un caldo mantello di pelliccia. Alla prima lacrima della ragazza le concede un sorriso, delicato. Con due dita le raccoglie la goccia salata da sotto l’occhio destro, «non temere, non credo ti voglia in sposa, se è quello che temi. Quattro mogli e tre figli sono sufficienti. Vuole il tuo potere, non te.»
    «Non piango per timore, solo per nostalgia, non credo che rivedrò mio padre, né la mia famiglia.»
    Il guerriero stringe i lacci del mantello intorno al collo della ragazza. «Non posso rassicurati su questo ma se può esserti di consolazione, sappi che è abitudine del re lasciare piena libertà ai vassalli tributari. Quando le acque si saranno calmate credo che nulla impedirà a tuo padre di venirti a trovare.»

    Una folla festante accoglie i soldati vincitori, il collo di Sitka viene ornato di collane di fiori, e petali rossi vengono sparsi al suolo sul pontile. L’osanna al suo nome echeggia nella piazza e in ogni vicolo della città non si parla che del suo ritorno glorioso.
    Una nuova vittoria, un nuovo vassallo per il più potente tra i regni del nord.

    L’intera città sorge intorno al porto, e proprio davanti ad esso, circondando la piazza, il maestoso palazzo reale si erge imponente, sfidando il cielo.
    Dalla scalinata principale, quella che muore sulla piazza grande, re Markut in persona si affaccenda sugli scalini.
    Il passo più veloce che l’età gli consente, dritto verso i suoi guerrieri, mentre la folla si apre a ventaglio al suo incedere.
    Sitka ha tentennato, ha deglutito sonoramente e ha mosso un passo nella direzione del vecchio re, solo quando lui lo ha superato senza guardarlo, ha abbassato gli occhi. «L’hai portata? Dov’è la Donna del Tempo?» Il guerriero si discosta, in modo che le sue spalle tornite non celino oltre la figlia del barone. «Eccola mio signore, abbiamo portato anche…» Gli occhi grigi del vecchio scintillano, accesi da nuova fiamma. Prende la ragazza per un polso e senza altro indugio si ritrae alla volta del palazzo.

    La sera ha regalato onori e festeggiamenti agli eroi, il vino ebbrezza: ma è solo la notte che concede a Sitka conforto.

    Il gallo non ha ancora cantato quando Ebiur, uno dei suoi fratelli, irrompe nella stanza circolare. «Nostro padre ha estorto la prima premonizione alla Donna del Tempo, non si partirà per la campagna contro le contee.»
    Il guerriero si è sollevato sui gomiti, il petto possente freme. «Perché?»
    «Lei dice che saremmo sconfitti, quindi nostro padre ha rimandato la partenza. Questo sarà il tuo vero problema: stasera ci sarà la cerimonia della megara,» il sorriso malevolo del ragazzo dal viso sottile, si compone tra le ombre dell’aurora, «e tu stavolta non hai una scusa per disertarla!» Sitka è veloce, il più veloce.
    Ebiur non ha il tempo di smettere di sorridere, e i suoi denti bianchi si riflettono sulla lama che il fratello gli punta alla gola, dopo averlo atterrato. «Quello che concedo al re è per suo appannaggio, e suo soltanto. Mancami di rispetto un’altra volta e non avrai più una bocca con cui deridermi.» Quando lo lascia, il ragazzo si tocca la gola e si dirige verso il pesante tendaggio che delimita la camera, «sarai tu a dovermi portare rispetto. Io succederò a quello che tu non puoi più chiamare padre. E allora vedremo di chi si canteranno le gesta.»
    Il resto della mattina lo trascorre tra le pieghe del lenzuolo e di un sonno agitato. Incubi, e ricordi forse anche peggiori, non gli concedono il riposo che agognava. Decide quindi di uscire.
    Non è abituato alla città, né al palazzo e senza accorgersene è arrivato al porto.
    La piazza centrale è stata ricoperta di sabbia ocra e gli spalti sono quasi ultimati, nel tramestio dei preparativi, scorge la Donna del Tempo. Eterea e bellissima, affacciata dal pontile.
    «Hai mentito, non ho mai perso una battaglia e gli eserciti delle contee sono piccoli e mal riforniti.» Lei non distoglie lo sguardo dal blu intenso del mare, fisso nella direzione dove dovrebbe essere casa sua.
    «Non sono io a decidere quando la magia avviene. È la predizione che viene da me, non posso invocarla.»
    «Quindi non sai davvero cosa sarebbe successo se fossimo partiti?»
    Finalmente si volta, mostrando il grande livido violaceo sotto l’occhio destro e quelle labbra perfette spaccate da un lato. «Tuo padre sa essere convincente e una bugia che non avrebbe portato dolore a nessuno è quanto ho potuto offrirgli.
    Ora diglielo, se credi. Non ha più importanza.» Inaspettatamente il guerriero si avvicina di qualche passo, le sposta, con un garbo inadatto alle sue grandi mani, i capelli dal viso. «Ho dell’unguento nelle mie stanze.»

    Saphia è bellissima, un corpo da dea e il profumo del mare in tempesta. Si siede su un mucchio di pelli accatastate in un angolo del pavimento e solleva il viso, porgendolo al guerriero.
    Lui le fa scorrere le dita, madide d’unguento, sulla pelle martoriata. È delicato, quanto non sarebbe mai sembrato.
    «Tu non sei come gli altri.»
    «Vuoi dire che sono debole?»
    «Voglio dire che sei caritatevole.» Non risponde, si alza e raccoglie il suo mantello dalla catasta di pelli, lo indossa facendolo roteare. Poi le porge la mano. «Dobbiamo andare. La cerimonia inizia tra poco e il re non è uomo che ami aspettare.»
    La conduce per mano per i lunghi corridoi del castello, superano la lunga scalinata, fino agli spalti centrali e quando si siede, le copre le spalle esili con il mantello.
    Qualche scalino più in alto suo padre ha già preso posto, accompagnato dalle due mogli più giovani e da Ebiur.
    Il brusio della folla che va aumentando è un sottofondo continuo, crescente, finché nella piazza trasformata in arena fa il suo ingresso il giovane Davio, il minore tra i figli del re.
    Sitka ha avuto un moto di commozione vedendo entrare quello che riteneva ancora un bambino, e nell’esplosione delle grida di incoraggiamento la sua voce ha un tremito che solo Saphia riesce a cogliere.
    Il ragazzino si sposta verso il centro dell’arena seguito da uno splendido esemplare di megara blu. L’imponente felino si struscia sulle gambe del ragazzo e lui inizia il rito. Si porta di fronte alla fiera creatura e con un gesto deciso della mano le comanda di abbassare le grandi ali per permettergli di montare, subito dopo inizia il volo.
    Agli occhi di Saphia, mai uomo e animale erano parsi più felici, due ampie evoluzioni intorno alla piazza per la gioia della folla, e al cenno del re, Davio la riporta delicatamente a terra, in uno sbuffo di polvere. La creatura abbassa il capo possente per permettere al ragazzo di smontare, poi inizia un mugolio sommesso e compiaciuto.
    «Ora figlio, rendimi fiero.»
    Il vecchio sfila dal fodero un pugnale riccamente decorato e lo lancia nell’arena conficcandolo nella sabbia.
    «Che succede? Non capisco.» Saphia cerca lo sguardo di Sitka e lo trova. Gonfio di dolore. «Adesso deve uccidere la sua megara, e mangiarne il cuore.»
    Lei si alza in piedi afferrando il braccio del guerriero, mentre il giovane Davio esita: pugnale alla mano davanti al bellissimo animale, «perché? Perché?»
    «Tutti i tuoi sentimenti di bambino: amore, compassione, paura. Sono cresciuti insieme alla megara che hai allevato per dieci anni. Uccidendola dimostri che puoi liberarti del fardello dell’amore e diventare un uomo. Mangiandone il cuore che seppellirai definitivamente la compassione, diventando un guerriero.»
    Lei non riesce a togliere gli occhi dal piccolo Davio che ora sembra ancora più giovane dei suoi tredici anni e dal coltello tenuto con mani tremanti.
    La megara si sdraia davanti al ragazzo, rotolando sulla schiena, gli concede le zampe anteriori, vogliosa di gioco.
    «Cosa aspetti, figlio? Vuoi rinunciare anche tu a essere mio figlio,» il re volta la testa di scatto, verso il seggio più basso, verso Sitka. Il volto livido dalla rabbia e un tremito nella voce, mentre lo indica. «Come il mio primogenito?»
    Saphia si volta verso Sitka, un istante. Il grido della folla la coglie di sorpresa e quando torna a guardare l’arena, la bellissima creatura giace a terra con la gola squarciata.
    «Vieni, andiamo via.» Mentre le cinge i fianchi con la destra, la voce stonata di Ebiur li raggiunge. «Non ce la fai a rimanere Sitka? Il bello viene adesso.»

    Non ha smesso di piangere finché non sono arrivati agli appartamenti di Sitka, e anche lì ha dovuto fare appello a tutta la sua forza per riuscire a farlo. Il guerriero è alla finestra, le urla della folla arrivano ovattate e distorte ma è chiaro che Davio ha appena mangiato il cuore della megara. Chiude le pesanti tende scure e si appoggia al muro umido.
    «È per questo che non chiami “padre” il re. Perché non hai ucciso la tua megara?»
    «Sufi, si chiamava così. Me l’avevano consegnata che non aveva ancora gli occhi aperti.» Il suo bel viso dai lineamenti delicati si illumina di un sorriso, cullato dall’onda dolce del ricordo, ma solo per un momento, «sono stato sciocco. Conoscevo la legge. Ho perso tutto: l’onore, il rispetto, l’amore di mio… del re. E non l’ho nemmeno salvata.
    Quando mi sono rifiutato di ucciderla, il re lo ha fatto per me.»
    «Questo che vuol dire, che non sei degno di essere chiamato “uomo”?»
    I rumori dalla piazza vanno scemando, il rituale deve essere giunto al termine, Ebiur avrà un contendente per la successione.
    «Comunque si è assicurato che potessi essere un guerriero.»
    Non le permette altre domande, spostandosi verso l’uscita. «Davio, adesso avrà bisogno di me. Tu rimani qui, se vuoi stare tranquilla. Il re non entra nei miei appartamenti.»

    Ebiur però non è ancora re, e quando piomba nelle stanze del fratello la trova addormentata. La sveglia stringendole il collo con la destra. «Voglio sapere chi sarà a succedere al trono.» Lei tossisce, cercando di prendere fiato. «Non posso decidere delle mie visioni.»
    La presa si fa più forte, «non stai parlando con quel rammollito di mio fratello, Donna del Tempo. Se non rispondi alle mie domande, il ricordo di quello che ti ha fatto mio padre ti sembrerà piacevole!»
    Annuisce e quando la lascia inizia a massaggiarsi il collo. «Prima di esaudirti, ho una domanda per te. Se tuo fratello non ha mangiato il cuore della megara, perché è un guerriero?»
    Ebiur si è seduto sulla catasta di pellame e si è tolto gli stivali. «E chi ha detto che non lo ha fatto? Dopo sei giorni di digiuno nelle prigioni, quel cuore putrefatto deve essergli sembrato dolce come il nettare! Ora parla.»
    «Cosa mai dovrebbe dirti?» Sitka è apparso sulla soglia come una visione, alto e imponete. La mano poggiata sull’elsa della spada. Si è avvicinato al fratello di qualche passo, abbastanza da colpire i suoi piedi nudi con lo stivale.
    «Se non sei il re, non hai potere su di me. Quindi esci, o sfidami.»
    Nessun’uomo dotato di ragione si sognerebbe di sfidare il più potente guerriero delle terre del nord. Il condottiero di mille battaglie, il conquistatore. E suo fratello Ebiur non è uno sciocco.
    «Ti ha fatto del male?»
    «Non potrai proteggermi per sempre, domani non sarai nemmeno qui. Ho visto le vostre prossime battaglie, in sogno.
    Che io lo comunichi o meno a tuo padre, domani partirai con tutta la guarnigione. Andrete a est, nelle terre dei Michieri.» Si solleva sulle punte per arrivargli alle labbra e sfiorarle con le proprie. «E vincerai.»
    «Come sai che le tue visioni sono esatte?»
    Saphia aggrotta le sopracciglia, poi il viso si fa pensieroso. «Non lo so in effetti, semplicemente non è mai accaduto nulla di diverso da quello che ho sognato.»
    «Potrei non partire, e tutto il futuro cambierebbe. Potrei decidere di non andare.»
    «Cosa ti farebbe tuo padre?»
    «La stessa cosa che farebbe a te per una previsione sbagliata.»

    La luna ha salutato i picchi innevati ed è salita alta nel cielo, illuminando i resti della megara. Rischiarando le acque calme del mare, riflettendo sulla prima neve della stagione, donando una tenue luce perlata al corpo nudo di Sitka.
    Le dita sottili della donna ricorrono la linea netta dei muscoli del suo torace, accarezzano le spalle tornite, le braccia muscolose e cariche di vene.
    Sta per dire qualcosa ma lei gli poggia un dito sulle labbra, «non ora. Questa notte è nostra, tuo padre annuncerà solo domani, chi sarà a succedergli. E allora tuo fratello Davio, il futuro re sarà in pericolo. Ma solo domani, adesso concediti del tempo e concedilo a me.»

    Il sole del mattino li trova abbracciati, avvolti in una spessa coperta di pelliccia. «Svegliati Saphia, voglio partire prima che le navi da guerra siano pronte.»
    «Per andare dove?» Lui sorride, «dicono che a sud oltre il mare, ci siano terre dove splende sempre il sole. Potremmo andarci insieme.»
    Il timido pallore del mattino ha già rischiarato la stanza, Saphia ha raccolto in una sacca di cuoio le sue poche cose. «Dobbiamo portare Davio con noi, ho sognato la sua morte, non può restare qui. Ebiur nasconderà una serpe grigia nel suo letto.»
    Seguendo le indicazioni del suo uomo, Saphia si dirige a un piccolo porticciolo nascosto da una fitta vegetazione spontanea. Da anni viene usato solo per le barche da pesca ma Sitka vi ha fatto ormeggiare una piccola e veloce nave. I suoi guerrieri avrebbero eseguito qualunque suo ordine e attrezzare una piccola nave da trasporto non era certo un compito difficile.

    La veloce imbarcazione lascia il porto in silenzio, mentre metà della guarnigione è impiegata nella ricerca dei tre fuggiaschi.

    Saphia apre gli occhi di colpo, solo pochi istanti per capire se è giorno o ancora notte, poi i delicati colori pastello della sua stanza la rassicurano.
    Un forte e inaspettato odore di bruciato invade l’aria.
    Repentina si leva dalle coltri, per correre alla finestra, metà del villaggio sta bruciando e la luce del faro è spenta.
    Raggiunge la sala grande in pochi minuti, il tempo di indossare la veste, suo padre il barone, è seduto davanti al grande portone, pensieroso.
    Si affaccia da una delle feritoie, mentre un bellissimo guerriero dai capelli neri sta gridando le condizioni di resa a suo padre.
    «Saphia mia pupilla, credo che l’esercito di re Markut sia arrivato fino a noi, che gli dei ci proteggano che cosa mai possiamo fare? Il tempo non ha parlato con te?»
    Lei ha la voce calma, sorride al padre e gli sfiora la spalla, rassicurandolo.
    «Lasciali passare.»

    Polissena Cerolini


    Edited by Polissena C. - 13/8/2011, 09:10
     
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  2. federica68
     
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    User deleted


    ciao comincio da te :-)

    ti dico subito che il racconte necessita di un pesante lavoro di revisione
    ci sono delle sviste e molti, troppi errori franchi sia nei dialoghi che nella gestione della punteggiatura, che ti segnalo più sotto. Non te li segnalo tutti perchè in parecchi casi sono ripetuti per tutto il racconto e non avrebbe avuto senso riportarli uno per uno.

    a volte fai un uso improprio di verbi e aggettivi, inadatti al contestoci sono maolte frasi fatte, molte immagini stra- abusate (un sol uomo, mille battaglie, ecc ecc)

    e alla fine si vede che... opps era tutto un sogno (fra l'altro anticipato smaccatamente dal titolo).
    un sogno da novella cassandra, ok, una premonizione, ma pur sempre un sogno e il tutto si avvita su se stesso, e allora che senso ha avuto il racconto?

    no, non ci siamo. Proprio quando la faccenda si fa interessante, i due fuggono e ci si potrebbe aspettare un qualche colpo di scena, ecco qui, "no, ci siamo sognati tutto"

    non gira, mi spiace

    ti consiglierei di trovare un altro espediente, meno abusato e più coinvolgente per il lettore

    di seguito le segnalazioni (alcune sono di massima e servono solo a segnalare gli errori ricorrenti nel racconto)


    CITAZIONE
    Solo l’eco dei corni e il benvolere di qualche demonio, permette alla piccola flotta

    non si mette mai la virgola tra soggetto e verbo. Ripeti spesso questo errore, quindi non è una semplice svista che è capitata in questo singolo passaggio

    sull'uso dei corni in questo passaggio, se stanno tentando un attacco di sorpresa, difficile che usino i corni per orientarsi... se la nebbia è così fitta come dici, vedrebbero il faro solo quando sarebbero troppo vicini a terra, e nel frattempo le sentinelle li avrebbero già sentiti arrivare da un bel pezzo... non ci sta proprio



    CITAZIONE
    sulle linea d’orizzonte

    svista



    CITAZIONE
    I due uomini di guardia al muro di cinta vengono uccisi prima ancora dell’approdo, investiti dall’impietosa pioggia di frecce che sembravano vomitate direttamente dai flutti scuri.

    ma non erano già sbarcati e non avevano già ucciso le altre sentinelle, prima?


    CITAZIONE
    <<sono Sitka di Karta! Abbiamo preso il villaggio, se vuoi che ne risparmi gli abitanti, arrenditi e giura fedeltà al mio re.>>

    i dialoghi vanno sempre iniziati con la maiuscola, e ho dei dubbi sull'uso delle << che non sono nè caporali nè virgolette, nè nulla di predefinito... imposta le virgolette per i dialoghi, o il trattino, o quello che vuoi (nel programma ce ne sono diverse, di soluzioni), ma non si usano le freccette...

    usi anche altrove, praticamente in quasi tutto il pezzo, le minuscole per iniziare i dialoghi, a volte anche quando li inizi con i nomi propri...


    CITAZIONE
    La stessa brezza leggera che lascia ondeggiare i lunghi capelli del campione,

    atttenzione all'uso dei verbi adatti al soggetto: la brezza non "lascia" ondeggiare... potrà "fare" ondeggiare, o altro, ma non "lasciare". Sono i capelli semmai che si "lasciano" muovere dalla brezza, ma la brezza non "lascia" ondeggiare nulla



    CITAZIONE
    Gli occhi color ghiaccio del guerriero, si fermarono solo un istante

    di nuovo l'errore della virgola fra soggetto e verbo, come anche altre volte più sopra, ma qui la domanda è: per quale motivo passi dalla narrazione al presente a quella al passato remoto per poi tornare a quella la presente??






    CITAZIONE
    <<ulà lo stesso di re Markut

    ulà??

    CITAZIONE
    Quindi credo vorrà tenerti con se.>>

    sé, non se dubitativo





    CITAZIONE
    ad esso

    D eufonica!!! vanno eliminate le d tra dopo A e dopo E quando la parola successiva inizia con vocale diversa, e lasciate quando inizia con la stessa vocale
    lo so che a scuola insegnano diversamente...

    CITAZIONE
    Sitka ha tentennato, ha deglutito sonoramente e ha mosso un passo nella direzione del vecchio re, solo quando lui lo ha superato senza guardarlo, ha abbassato gli occhi.

    la punteggiatura non va in questo passaggio, dopo "re" ci va una pausa diversa dalle altre. Rileggi ad alta voce



    CITAZIONE
    <<nostro padre ha estorto la prima premonizione alla donna del tempo,

    prima hai usato le maiuscole...




    CITAZIONE
    nostro padre ha rimandato la partenza, Questo però

    punteggiatura


    CITAZIONE
    che delimita la camera <<sarai tu a dovermi portare rispetto

    punteggiature prima dei dialoghi, qui e altrove
    CITAZIONE
    scorge la Donna del Tempo. Eterea e bellissima, affacciata dal pontile.

    per quale motivo una prigioniera se ne va in giro da sola per la città?






    CITAZIONE
    <<sufi, si chiamava così.

    se è un nome proprio ci va la maiuscola...



    CITAZIONE
    <<davio, adesso avrà bisogno di me.

    e anche qui



    CITAZIONE
    Nessun’uomo

    non ci va l'apostrofo qui...





    CITAZIONE
    cariche di vene.

    cariche?

    credo che ne abbia un numero uguale a quelle di ogni altro essere umano... che siano in rilevo è un altro discorso e l'aggettivo non credo proprio che possa essere "carico" in questo contesto


    metto un 1 non volermene...



    devi aver fatto confusione con il sondaggio, controlla e chiedi ai mod

    inoltre devi autovotarti
     
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    Federica ti ringrazio del lavoro certosino, oculato e attento. Mi permetto di rispondere a qualcosa: per i caporali ad esempio, so che non sono quelli che uso, so di usare i segni di maggiore e minore, ma ahimè non riesco a trovarli -amata macchina da scrivere- e non amo l'uso dei trattini o delle virglette, però se tu potessi illuminarmi te ne sarei eternamente grata!
    Dico davvero!
    Sul discorso dei morti al muro di cinta:
    i morti erano al faro, il muro di cinta, che è più arretrato,è stato investito dalle frecce, quindi li hanno semplicemente trovati già morti! Comunque lo cambio, se non lo hai capito, vuol dire che non è chiaro.
    Per i corni, li fanno tacere prima ancora di vedere le luci del faro, e se la fisica non è un opinione la luce viaggia più velocemente del suono, ergo dal faro non potevano averli sentiti.

    L'uso delle eufoniche -e qui potrei comprarmi una lite :muro: - non è vietato, ne è sconigliato l'abuso.
    Per il resto hai pienamente ragione, la distrazione è una compagna crudele, la fretta anche peggiore!
    Probabilemente devo aver copiaincollato una delle versioni non riviste corrette, che i nomi si scrivono con la maiuscola lo so, mannaggietta! :azz:


    ulà di re Markut è bellissimo! ahahah!! che rimbambita!
     
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    scusate, ma se da regolamento è possibile modificare i racconti fino al 20, perchè non ci riesco?
     
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    CITAZIONE (Polissena C. @ 1/8/2011, 20:08) 
    ne è sconigliato l'abuso.

    Poveri conigli! :lol:
     
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  6. federica68
     
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    CITAZIONE (Polissena C. @ 1/8/2011, 20:08) 
    per i caporali

    io ho open office, ma credo che basti digitare il tasto apposito (quello sopra al 2) per avere le virgolette di default, se poi le vuoi sostituire con le caporali, dovrebbe esserci una qualche funzione di selezione automatica e sostituzione automatica ogni volta che il programma trova le virgolette di default, un po' come gira gli accenti e mette le maiuscole dopo i punti...

    prova poi chiedi a chi ha word





     
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    Evviva! finalmente si è chiarito l'arcano e magari ora lo scriverò prima del testo non so...
    Non sono totalmente rimbecillita, ma sapete alle volte l'età. Ho controllato il file originale e le maiuscole c'erano tutte, quindi mi sono detta, cosa mai accade, qui?
    Ho provato a rieditare il testo, con il risultato di ritrovarmele di nuovo minuscole, quindi deve esserci una qualche forma di formattazione automatica, che io ignoro e riporta tutto in minuscolo dopo questi segni << >>,vi pregherei perciò di non prendermi per illetterata e considerare che la mia pecca più grande è la poca dimesticheza con in blog/forum/siti!
     
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  8. federica68
     
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    CITAZIONE
    i morti erano al faro, il muro di cinta, che è più arretrato,è stato investito dalle frecce, quindi li hanno semplicemente trovati già morti! Comunque lo cambio, se non lo hai capito, vuol dire che non è chiaro.
    Per i corni, li fanno tacere prima ancora di vedere le luci del faro, e se la fisica non è un opinione la luce viaggia più velocemente del suono, ergo dal faro non potevano averli sentiti.

    non ci siamo comunque
    è un discorso tattico: c'è la nebbia, gli attaccanti non possono sapere a quanta distanza si trovano da terra, quindi non ha nessun senso che suonino i corni. Se li fanno tacere molto prima, (a parte che non gli serve suonarli in mare aperto), ma vuol dire che sanno di essere distanti da terra, e quanto, il che invece è esattamente quello che non sanno, dato che aspettano di vedere il faro per capire dove si trovano

    per il discorso fisica, la differenza si valuta in frazioni di secondo, non siamo negli spazi siderali ma su un pianeta molto simile alla terra con leggi fisiche che paiono molto simili. Un tizio che martella a qualche centinaio di metri di distanza, il suono arriva appena appena differito di frazioni di secondo, volendo esagerare diciamo secondi, ma comunque in ogni caso arriva. E non con una differenza di ore. Il che darebbe comunque il tempo ai difensori di prepararsi meglio, se sentissero da lontano dei corni suonare

    perciò 1) se usano i corni è per valutare il ritorno del suono, se no non servirebbe.
    2) se torna è perchè è arrivato quindi le sentinelle li hanno sentiti anche senza sapere a che distanza sono, e hanno già dato l'allarme quando loro arrivano

    è coreografico ma è pessima tattica militare

    idem per le frecce
    tirano alla cieca in mezzo alla nebbia? come fanno a sapere dove si trovano le sentinelle? Come fanno a mirare, a valutare la distanza di tiro? dovrebbero tirare una selva di frecce (e in effetti lo dici) a casaccio per essere sicuri che almeno qualcuna vada a segno, e farebbe parecchio rumore. Ora, gli altri resterebbero lì a farsi ammazzare come polli dopo aver sentito tutto sto viavai al di sopra della loro testa o darebbero l'allarme?

    inoltre non ha molto senso che per far fuori qualche sentinella su un bastione sprechino praticamente tutte le loro frecce, sono su una nave, le risorse sono limitate, gli arcieri resterebbero disarmati dopo un exlpoit del genere, e loro non possono sapere in aniticipo che troveranno resistenza praticamente pari a zero e che quindi non dovranno ingaggiare battaglia

    per essere sti guerrieri di mille battaglie e rotti a tutto mi sembra che facciano una serie di errori banali che nemmeno un caporale alle prime armi, e i difensori (che la presenza della nebbia dovrebbe rendere doppiamente attenti) mi pare che facciano davvero la figura degli ingenuotti


    avrebbe molto più senso una scialuppa veloce e silenziosa che sbarchi degli incursori che facciano il lavoro sporco con tutte le sentinelle


    questo al di là del fatto che se i difensori hanno una rocca, ci si arroccherebbero, serve a quello, e darebbero inizio a una resistenza passiva che potrebbe concludersi con un assedio interminabile e visto che gli attaccanti sono impossibilitati a ricevere vettovaglie e rinforzi, agli assediati converrebbe...

    cioè voglio dire, perche si lasciano piegare così senza fare un cenno minimo di resistenza?

    sono abituati a essere attaccati da tutte le parti come dice la figlia del vecchio poco dopo, eppure le loro strutture di difesa sono praticamente inesistenti...

    tutta la parte militare non sta in piedi, è coreografica ma non regge, sorry





    per le maiuscole/minuscole, mi sa che devi formattarle a mano come si fa con i corsivi e i grassetti, allora...
     
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    @Federica,
    "carico di vene" non solo è adatto, giacché rende perfettamente l'idea ma non me lo sono nemmeno inventato io, essendo parte del testo di una canzone di Baglioni di... boh, almeno trent'anni fa. Cito :"con le mani stanche, cariche di vene, i vestiti ripiegò.
     
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  10. Nozomi
     
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    Ciao!
    Ho fatto una fatica terribile ad arrivare alla fine. Ti riconosco una spiccata fantasia descrittiva, questo sì, ma hai imbottito il racconto di troppe informazioni (sono forse troppe persino per un romanzo). Alla fine mi sono persa come in mezzo alle onde. La forma non è affatto malvagia ma è piuttosto piatta e i personaggi non approfonditi dal punto di vista psicologico per cui ho stentato a distinguere nei vari passaggi chi era uno e chi era l'altro. Inoltre, ma queste sono considerazioni del tutto personali, nei fantasy tendo a non sopportare lo stile "pomposo" dei dialoghi nonché l'uso eccessivo di nomi esotici. Sa troppo di cliscé trito e ritrito e se non è gestito in modo egregio non è accattivante. Aggiungo che, oltre ai personaggi, anche gli avvenimenti che si susseguono sono descritti in maniera piatta e poco coinvolgente dando al racconto intero un ritmo monotono. Il finale (è tutto un sogno?) è quanto di più classico ci possa essere. Il voto giusto, secondo me, sarebbe 1,5. Dovendo dare un voto intero, però, ti do 2, quanto meno per premiare la forte fantasia descrittiva.

    Baci!G. :wub:
     
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  11. Peter7413
     
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    Ciao Polissena!
    La forma presenta dei problemi, termini troppo pomposi e mal ritmati nel contesto generale. La narrazione procede a sbalzi rallentando e accelerando in un modo che sembra tanto random. Però quello che c'è dietro mi è piaciuto. Certo, è un fantasy simil storico abbastanza classico, ma mi sembra che l'idea sia buona e meritevole di sviluppo ulteriore. Il sogno in verità è tutto quello che accadrà e mi fa tanto Prince of Persia The Sands of Time, ma ci sta. Secondo me dovresti incentrare il tutto ancora di più sulla coppia di protagonisti tagliando e alleggerendo il resto, ma al contempo concentrandoti e allungando le sequenze che decidi di conservare. Le parti peggiori attualmente solo l'iniziale (troppo narrata, fastidiosa perché sembra introdurre un racconto senz'anima, cosa non vera) e la finale (troppo veloce, il tutto accelera a dismisura). Molto bella la cerimonia d'iniziazione all'età adulta. Ecco, per me il racconto potrebbe essere incentrato su quella, lavorando sugli sguardi fra i due, introducendo flashback e spiegando gradualmente quello che è successo e che succederà. E lascerei perdere la descrizione della fuga, lasciala intendere a fine cerimonia.
    Quello che voglio dire è che partendo dalla struttura lineare che hai devi comprimere e espandere in una sola locazione mischiando le carte in modo non lineare e facendo emergere ancora di più l'attrazione fra Sitka e la donna del tempo. So che quello che ti sto proponendo di fare è complesso, ma tu disponi di un personaggio in grado di muoversi con la mente nel tempo e se lo sfrutti adeguatamente puoi raggiungere il risultato.
    Per me è un 2 che può essere migliorato solo intervenendo in modo importante sulla struttura.

    Alla prossima!
     
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  12.  
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    Intanto grazie per la lettura e i consigli, ne farò ovviamente, tesoro.
    @Nozomi, purtroppo se si decide di scrivere un fantasy pittosto classico, ambientato in un posto simil scandinavia, non è che posso chiamare il protgonista Gianfilippo! ^_^
    Ovviamente ho cercato di asemiermi dai vari, Hybaruss, Arwindal etc... ma Davio, per dire, è un nome irlandese, Sitka invece, credo venga dalla tradizione Inuwit.
    Però ci sta che possano risularti ostici.
    Per il fatto che si riveli tutto un sogno e alla classicità del fatto, bè forse non mi sono spiegata, forse non lo hai capito, ma non è affatto un sogno! :D

    @Peter 7413 Grazie anche a te, credo tra l'altro che tu abbia centrato il problema!
    Io avevo immaginato e pensato la cerimonia, da lì, le ho creato intorno una storia.
    La fine veloce è voluta, proprio per enfatizzare il concetto di circolarità.
    Proverò a concentrarmi di più sulla coppia e a limare la fuga, anche se credo potrebbe accellerare ancora di più il finale...
    La ricerca di termini o la "pomposità" del racconto in se, (del parlato sopratutto) è voluta, stiamo parlando di un fantasy in fin dei conti. Tu cha hai letto anche altro di mio, sai che non è il mio stile. Ho fatto pure fatica! :P
     
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  13. kaipirissima
     
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    Mi è piaciuta molto la storia. È stata una gradita sorpresa perché davvero l’inizio…

    Polissena spero che non ti arrabbi o ti offenda ma la prima parte del tuo racconto è davvero faticosa. La lettura mi si è inceppata da subito. So che il tuo stile è quello di puntare molto sulla parola, sul virtuosismo, ma a volte la ricerca della parola o dell’apposizione d’effetto, invece di arricchire la prosa l’appesantiscono in modo irrecuperabile, inoltre capita che tu utilizzi parole in più non necessarie.
    Es.
    CITAZIONE
    Qualche minuto di veleggiamento alla cieca e la luce giallastra del faro di terra, finalmente, gli indica la via.

    Navigano alla cieca fin quando la luce del faro attraversa l’oscurità indicandogli il bersaglio.

    CITAZIONE
    Sincronizzato come un sol uomo, l’equipaggio spegne ogni lume che potrebbe tradire la propria presenza e fa tacere i corni.

    Sincronizzato l’equipaggio fa tacere i corni e spegne ogni lume per non tradire la propria presenza.

    CITAZIONE
    I due uomini di guardia al muro di cinta vengono uccisi…

    Le due guardie appostate sul muro di cinta vengono uccise…

    CITAZIONE
    Investiti dall’impietosa pioggia di frecce che sembrano vomitate direttamente dai flutti scuri.

    Investiti dall’impietosa pioggia di frecce che sembrano provenire dai flutti scuri
    Investiti da una pioggia di frecce che sembra scagliata dall’ira di un dio.

    CITAZIONE
    Quando finalmente la foschia svanisce del tutto, lo spettacolo che il villaggio offre di se è solo di distruzione e terrore.

    Quando finalmente la foschia svanisce, lo spettacolo che il villaggio offre è di distruzione e terrore.


    Il primo segmento è davvero da riscrivere.
    Successivamente il racconto fila più leggero e la storia comincia a sciogliersi. Mi è piaciuta la cerimonia della Megera, mi è piaciuta anche la spiegazione di Sitka, mi è piaciuto il modo in cui presenti i personaggi u po’ per volta. Insomma la storia mi è piaciuta (si è capito?)

    Anche nella parte più scorrevole ogni tanto ci metti dentro i tuoi virtuosismi che frenano la lettura
    Inoltre mi sembra che segmento (III) del ritorno non è costruito al presente ma al passato.
    Tranne l’ultima frase:
    il guerriero stringe i lacci…

    CITAZIONE
    L’alito del grande drago dei venti è stato benevolo, sospingendo la flotta su onde leggere e prima che il sole tramonti sul secondo giorno di navigazione, la costa di Karta appare all’orizzonte.

    Questa frase non mi suona, soprattutto l’aggancio alla parte sottolineata. Inoltre “L’alito del grande drago” è proprio quel tipo di virtuosismo che non mi piace tanto: meglio L’alito del drago.

    il voto.
    la trama merita un tre-quattro
    lo stile un due-uno


    ora come ora è un due e mezzo, scusa ma non riesco ad arrivare a tre con il tuo incipit.
     
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  14. Fini Tocchi Alati
     
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    Ciao! Eccomi anche a te.
    Dunque:
    non posso che confermare quanto già detto. Serve una bella "asciugatura" del tutto, perché a tratti lo stile che usi tende a essere stucchevole. Peraltro, mi pare che tutto quello che racconti non riesci a farcelo vivere. Troppo raccontato, poco mostrato mi verrebbe da dire con quella famosa regola. Io credo che tu abbia volutamente scelto questo tipo di scrittura perché si tratta, in fin dei conti, di un sogno (meglio, di una visione). Però, è come se ottenessi un effetto eccessivo: raccontare in maniera onirica un sogno lo rende del tutto evanescente, non so se riesci a seguirmi. L'unico passaggio in cui non ho percepito questo, e che quindi sono riuscito a gustare, è il passaggio relativo alla cerimonia di investitura. Anche lì, però, tendi poi a raccontare e, infatti, fai narrare dalla fratello di Sitka della cerimonia di quest'ultimo. Così, però, non riesco a viverla questa cerimonia.
    Poi, ho un'altra osservazione da fare.
    Fino alla comparsa del volatile, credevo fosse un racconto "epico" non "fantasy". Ammetto che non me ne intendo molto, però forse gli elementi fantasy dovresti introdurli un po' prima?

    In definitiva, dico 2.
     
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  15. Cattivotenente
     
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    Ciao Polissena! Proseguo qui la sperimentazione cominciata con il racconto di Fini Tocchi (Alati, mi raccomando), commentando il racconto a distanza di ben due giorni senza rileggerlo e citando solo una frase (che mi ero in precedenza mentalmente appuntato). Non è svogliatezza, sia chiaro, tanto che non credo di essermi risparmiato nel commento di "Babbacello", è solo che mi sto convincendo che, per quei racconti in cui non ho notato dei passi in particolare da rielaborare o in merito ai quali segnalare veri e propri errori, possa essere più producente parlare delle proprie sensazioni a freddo, In breve, del ricordo che il racconto lascia dopo qualche tempo.
    Bene, il tuo devo dire mi è piaciuto. Secondo me, molto ma molto meglio de "L'ultima missione del maggiore Loris Vacunae", con il quale ho tuttavia trovato alcune analogie. Ma procediamo ordinatamente, tentando di dare una parvenza di logica al caos nel mio cranio. Prima di tutto, la parte iniziale: a mio avviso è la peggiore. Mi associo in maniera netta al discorso del corno. Un suono nel genere, nella notte, si propaga per chilometri. La tua spiegazione fisica in realtà non spiega, perché, se pure smettono di suonare quando non sono in vista delle luci, ciò non implica minimamente che il suono non continui a viaggiare. Le luci erano inibite da un ostacolo visibile, la nebbia. I corni, invece, non erano sormontati da alcun altro suono. Ergo, toglili e tanti saluti (per me, eh). Stesso dicasi con le frecce e con l'invasione di quella che, a occhio e croce, dev'essere Gardaland, data la resistenza che oppone.
    Dopo però tutto migliora. Sei anche riuscita a coinvolgermi e farmi immedesimare, con il sanguinario rito della megara (e non megera, come ha scritto qualcuno!). E' vero, lo stile è aulico e un po' pomposetto, ma secondo me sono pochi i pezzi che lo sono inutilmente, per il resto è adeguato al genere. Tra le frasi a mio avviso un po' eccessive, cito (unica citazione, come promesso)
    CITAZIONE
    Prende la ragazza per un polso e senza altro indugio si ritrae alla volta del palazzo.

    Avrei molto più semplicemente scritto "Prende la ragazza per un polso e senza indugio si dirige al palazzo/la trascina al palazzo". Quando appesantisci troppo le frasi non si tratta più di stile, secondo me, bensì di ridondanza. Come diceva Oscar Wilde "non mi fiderò mai di un uomo che usa quattro parole per dire una cosa per cui ne basterebbero due". O qualcosa di abbastanza simile...
    In comune con l'ultima missione di sappiamonoichi, poi, vedo la creazione di tutto un mondo(anche se in misura minore) che nel contesto di un racconto singolo, slegato da un ciclo, può lasciare il tempo che trova. Però qui l'elemento è molto meno marcato e, soprattutto, gli aspetti del tuo regno immaginifico che descrivi al lettore sono funzionali alla vicenda e alla nascita delle emozioni che accompagnano l'evoluzione della storia, a cominciare dalla megara per continuare con la guerra di successione.
    Infine, il colpo di scena. A me è piaciuto e, sinceramente, nemmeno me lo aspettavo. E' vero che è un classicone che più di così non si può, però è speso bene. A volte non bisogna per forza inventarsi le cose più astruse e cervellotiche per stupire o per dare un brio diverso a un racconto (magari sivolando in forzature che ottengono l'effetto diametralmente opposto). Così come si può scrivere una storia classica e canonica su mille argomenti, lo si può fare anche attorno a un clichè abusato come una storia circolare o un paradosso temporale (perché tale alla fine è, dato che, alla luce della visione, la nostra eroina avrebbe potuto non fare alcune delle cose che ha fatto, come irritare l'eroe con una frase impertinente, giacché avrebbe saputo in anticipo il motivo della sua condizione di ripudiato e tutto ciò avrebbe anche potuto determinare il non avverarsi della sua profezia. Scusa la frase troppo lunga ma non ho tempo per correggere).
    Quindi, tutto ciò premesso, il finale mi è giunto lieto e ha decisamente risollevato un racconto sul cui senso, per quanto gradevole potesse essere, stavo cominciando a interrogarmi.
    Quindi, così com'è direi 2,5 ma con una rivisitatina veloce alla parte iniziale saremmo sul 3 pieno. Brava. Un saluto.
     
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34 replies since 1/8/2011, 16:34   564 views
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