Chi semina vento...
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Chi semina vento...

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  1. Cattivotenente
     
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    AVVERTIMENTO



    I contenuti del racconto che segue sono per un pubblico adulto. O meglio, per lettori poco schizzinosi. Siete avvertiti: se siete particolarmente sensibili e non avete alcuna predisposizione per l'humor grottesco, ciò che segue potrebbe urtare la vostra sensibilità letteraria. Adesso siete avvisati e, se deciderete comunque di andate oltre, poi non ammorbatemi con commenti negativi sugli aspetti del racconto appena descritti in quanto tali. Discorso diverso vale ovviamente per la valutazione circa l'effettivo raggiungimento del risultato cercato e le critiche costruttive e i suggerimenti su come ottenere un effetto grottesco o comico ancora maggiore. Grazie.

    N.B.: la seguente versione, a seguito dei commenti, è stata "limata" di circa 1300 caratteri. Aspetto riscontri.


    CHI SEMINA VENTO…





    Ho giocato un gioco pericoloso e ho perso. Fa parte del rischio di voler ballare sul filo del rasoio, in bilico sull’abisso, scherzando con forze oscure, che vengono dal profondo, malvagie.
    Insomma, a furia di fare loffie silenziose, mi sono cagato addosso.
    È successo così, all’improvviso. Ero seduto alla scrivania del mio ufficio, intento ad ascoltare Carla, una manager di grado inferiore, dedicandole meno della metà della mia attenzione. Stava cercando di convincermi che alcune delle sue scelte più infelici non si sarebbero rivelate poi così dannose e, per ascoltare stronzate di quel livello, metà del mio cervello era più che sufficiente. Annuivo, seguivo a grandi linee le sue giustificazioni puerili e mi gustavo i suoi sforzi grotteschi, che da lì a un secondo avrei vanificato, di mantenere un contegno dignitoso.
    Il resto del mio encefalo si dedicava invece a un gioco pericoloso, sollecitato dalle leggere coliche residue dalla cena a base di asparagi della sera prima. Usando un magistrale controllo sul mio sfintere, stavo rilasciando minime quantità del gas intestinale in eccesso che mi gonfiava la pancia, rapito dall’azzardo di riuscire a dosarne proprio il volume limite che, filtrato dalla stoffa dei calzoni e trattenuto dalla poltrona di pelle su cui sedevo, si sarebbe disperso nell’aria così rarefatto da non poter essere percepito da Carla.
    In quel momento, perso in una sorta di trance, non mi rendevo conto che la posta di quel gioco era il mio prestigio. Per quanto sia di per sé un fenomeno banale e comune a ogni individuo, l’emissione di gas corporeo è qualcosa che, in circostanze come quella, può minare l’ascendente di una persona su un’altra al punto da ribaltare completamente i ruoli. Se avessi sbagliato e avessi rilasciato una quantità eccessiva di gas, prorompendo magari in una sonora scorreggia e ammorbando l’aria, la credibilità della mia posizione di giudice e censore sarebbe crollata all’istante. Mai e poi mai avrei potuto sperare che Carla facesse finta di niente per diminuire il mio imbarazzo.
    Ma in realtà, il rischio era ancora più grave, perché la ripugnanza di quella donna sarebbe senza dubbio stata diffusa come un nuovo, maleodorante, vangelo, da predicarsi a quanti più colleghi possibile, per farlo giungere fino ai capi, e ai capi dei capi, su, fino a Dio in persona.
    Insomma, avevo talmente poca considerazione di Carla Testacci, che la mancanza di rispetto nei suoi confronti mi aveva indotto a giocare quel gioco potenzialmente letale, senza praticamente motivo. A fronte di un rischio tanto grande, infatti, in caso di riuscita dell’impresa non ne avrei ricavato altro che la modesta soddisfazione di aver scorreggiato per tutto il tempo in faccia a quella donna e alle cazzate che mi andava raccontando, mentre parlava con prosopopea delle tante cagate, quelle sì davvero gravi, che aveva fatto.
    Ecco, questa era la situazione quando, all’improvviso, accadde qualcosa d’imprevisto. La terza opzione, la possibilità che non avevo calcolato. Un attimo di confidenza di troppo con l’arma che stavo maneggiando, e partì il colpo che avrebbe potuto uccidermi. Non fu però un rumoroso peto, quello che si liberò dalle mie profondità sfuggendo al mio controllo, ma un fuggitivo sibilante come quelli che lo avevano preceduto, che a differenza loro però si concluse in una sensazione bagnata in fondo alle mutande. Come dicevo, mi ero cagato addosso.

    Il panico rischiò di impadronirsi di me. Tornai improvvisamente alla realtà, strappato brutalmente al mio stato meditabondo. Smisi di annuire e dire “ha-a...” e avvampai di colpo, consapevole che, da li a qualche secondo, la stanza sarebbe stata inondata da una terrificante puzza di merda fresca. Non potevo sapere quanto tempo avevo, non conoscendo l’entità dello straripamento. Semplice sgommata o vero e proprio riempimento di mutanda? Le sensazioni di rilascio di gas e di materia solida si confondevano nella mia memoria, sovrapponendosi. Per quanto tempo avevo lasciato uscire solo aria, e per quanto invece era stato altro? O era stato altro fin dall’inizio, senza che me ne rendessi conto? Non avevo tempo di pensarci, dovevo fare qualcosa entro i prossimi cinque, sette secondi al massimo, o sarebbe stata la fine. Probabilmente era un tentativo disperato, ma dovevo provare.
    Allertai tutti i sensi in cerca di una via di fuga, come un coniglio inseguito da un serpente, e intravidi un esile filo cui attaccarmi per lanciarmi dall’altra parte dell’abisso che mi si parava davanti. La possibilità di afferrarlo si riduceva a frazioni di secondo, ma non me la lasciai scappare. Captai un passaggio del discorso di Carla in quel momento davvero provvidenziale. Stava attribuendo, indirettamente, la colpa di un errore commesso dal suo reparto a un mio dipendente. Tra l’altro, tra tutte le scuse improbabili e i distorcimenti della realtà accampati fino a quel punto, quella era di gran lunga l’affermazione più fondata che aveva fatto. In quel momento, però, non aveva alcuna importanza. E’ così che sono arrivato dove sono: non tirandomi indietro di fronte alle sfide impossibili e cogliendo al volo le occasioni quando si presentano.
    Calai un pugno vigoroso sul legno della scrivania, arrestando bruscamente il fiume di parole di Carla. Il colpo rimbombò nella stanza, facendola sobbalzare.
    - Ora basta! – tuonai – Con questa ne ho sentite abbastanza! Adesso la colpa per l’appalto con il porto sarebbe nostra!
    - Ma Ennio, non volevo dire… - fece lei, presa totalmente in contropiede. Rispetto a tutto quello che aveva detto prima, non credeva che avrei reagito in quel modo proprio a quello.
    - Non voglio sentire nemmeno più una parola – le sibilai, puntandole contro l’indice e cercando nel contempo di non muovermi sulla poltrona, per non accelerare l’espansione della marea di fetore che stava montando nei miei pantaloni. Sussultò, evidentemente turbata.
    - Non mi sembra il caso di… - cominciò però a rintuzzarmi, cercando di recuperare la sua alterigia, che per un attimo aveva ceduto il campo a un prudente istinto autoconservativo. Non potevo permettere il riassetto dei suoi equilibri, dovevo sbilanciarla fino a spingerla fuori dalla porta del mio ufficio senza alzarmi dalla mia poltrona. Una sorta di telecinesi verbale. E, a giudicare dal sentore debole ma inconfondibile che cominciavo a percepire, dovevo anche fare in fretta.
    - Non dire nulla di cui potrai pentirti – la minacciai, facendo intendere che stavo registrando la conversazione. Lei si ritrasse, sulla difensiva. Bene.
    -A questo punto, qualunque cosa tu voglia comunicarmi, sarà meglio che la metta nero su bianco.
    Strizzò gli occhi per studiarmi, poi fece per aprire la bocca, cercando forse l’ultima parola.
    - Non abbiamo più niente da dirci – la battei sul tempo, accompagnando la frase con un gesto noncurante della mano. Giurerei di aver potuto vedere il momento preciso in cui l’offesa trafiggeva il suo orgoglio femminile. Strizzando le labbra, e sicuramente meditando vendetta, si alzò e si diresse con passo impettito verso la porta. Una volta guadagnata l’uscita, però, sostò con la maniglia in mano, combattuta sul da farsi. Probabilmente stava cercando le parole per un’ultima stoccata risentita. Un puzzo indescrivibile m’invase le narici.
    - Fuori dal mio ufficio! – sbraitai. Trasalì di nuovo, ancora una volta presa di sorpresa dal mio comportamento, apparentemente inspiegabile. – Fuori ho detto! – quasi ruggii, trovando l’effetto cercato. Evidentemente persuasa che non avesse senso polemizzare con un matto aggressivo, ruotò la maniglia e varcò la porta, fermandosi solo un istante ad annusare l’aria, con una smorfia. Prima che richiudesse, riuscii a vederla mentre si guardava attorno nel corridoio, alla ricerca dell’origine di quel tanfo.
    Immediatamente dopo il “clic” del meccanismo, mi alzai di scatto dalla poltrona come un pupazzo a molla e, con piccoli goffi passettini a chiappe strette, coprii la distanza che mi separava dalla porta. Dovevo mettere in salvo il risultato, evitare che qualcun altro aprisse o che lei stessa, ripensandoci, tornasse all’attacco e comprendesse ciò che era accaduto. A quel punto, sarebbe stato ancora peggio. Inevitabilmente, avrebbe collegato il mio atteggiamento alla volontà di farla uscire dall’ufficio e, a quel punto, avrebbe capito che avevo lasciato che una banale funzione fisiologica incidesse sugli equilibri interni di un’azienda che fatturava miliardi.
    Non potevo assolutamente permetterlo.
    Riuscii a girare appena in tempo il nottolino della serratura, che già la maniglia stava ruotando verso il basso. Chi poteva essere? Nessuno si sarebbe mai sognato di entrare nel mio ufficio senza prima bussare, nessuno tranne…
    - Ennio, ci sei? – domandò la voce baritona del Presidente, dall’altra parte della porta.
    Raggelai.
    Solo un paio di centimetri di legno lo separavano da me, dal mio ufficio saturo di puzza nauseabonda, dalle mie mutande gonfie di cacca. Dopo il gelo, mi prese il panico.
    - Un attimo – gridai – sono in bagno – pronunciando quelle parole con tono colpevole, come se, da quella semplice frase, sarebbe stato per lui inevitabile ricostruire l’accaduto.
    - Ma sei là dietro? – domandò il dott. Rialto. Avevo gridato da appena dietro la porta e, inevitabilmente, se ne era accorto. Mi allontanai camminando all’indietro, continuando a fissare la porta, senza sapere cosa rispondere. Poi cominciai a respirare profondamente. Era assurdo, non potevo farmi prendere dal panico per una cosa ridicola come quella! Fu mentre indietreggiavo lentamente, che inciampai nella borsa da lavoro che Carla aveva dimenticato. Persi l’equilibrio e andai a sedermi pesantemente sulla sedia dove era stata lei fino a qualche manciata di secondi prima. Ebbi una sensazione stranamente familiare, il ricordo di qualcosa di accaduto molti, molti anni addietro, che mi riportava alla mia prima infanzia, a odori e sapori ormai dimenticati. Sentii chiaramente qualcosa di caldo e morbido all’interno delle mutande che si schiacciava, mentre mi ci sedevo sopra, probabilmente uscendo dagli elastici degli slip e invadendo il fresco lana del mio vestito da duemila euro.
    Rimasi immobile, come se il più piccolo movimento potesse peggiorare la situazione. Poi poggiai gli occhi sulla borsa da lavoro. Entro pochissimo Carla sarebbe tornata a prenderla o, più facilmente, avrebbe mandato qualcuno. Non c’era tempo, dovevo muovermi.
    - Ennio, ma stai bene? – domandò il Presidente, porgendomi la cima di quella che mi apparve come un’ancora di salvezza.
    - No – risposi subito – Mi scusi presidente ma, in effetti, non mi sento tanto bene. Posso passare io da lei dopo?
    - Apri un attimo –, ribatté lui – Così mi fai preoccupare!
    - Non posso – gli risposi, sperando che si arrendesse. Com’era possibile che si stesse complicando tutto così tanto?
    - Non riesci a muoverti? Sei caduto?
    Lo ignorai, cercando di salvare la situazione. A cosa avrei detto per giustificarmi, avrei pensato dopo. Una paresi, un attacco di panico. Un principio d’infarto. Ecco, si, quello avrebbe potuto funzionare. Qualunque cosa sarebbe stata meglio della verità, che diveniva più inconfessabile di secondo in secondo. Già m’immaginavo portato via in ambulanza, ricoverato d’urgenza in cardiologia. Nessuno, nessuno al mondo avrebbe mai dovuto sapere com’erano andate veramente le cose.
    - Chiamate aiuto, si sente male! – sentii gridare da dietro la porta. Cazzo! Questione di attimi e sarebbero entrati. Ero in trappola. Mi guardai attorno, in cerca di qualcosa con cui bloccare l’ingresso. Poi però come avrei spiegato la barricata? No, meglio precipitarsi in bagno e controllare quanto grave era realmente la situazione.
    Fu solo a quel punto, però, che mi resi conto di un altro problema: ero al trentaduesimo piano di un grattacielo e non potevo aprire le finestre. Come avrei fatto ad arieggiare l’ambiente? Dal corridoio, intanto, passi di corsa e voci che si accalcavano davanti alla mia porta.
    - Com’è possibile che nessuno abbia una copia della chiave, per l’amor di Dio! – sbraitava il Presidente.
    Mi avventai sul quadro dell’impianto di climatizzazione, azionandolo. Non mi c’ero mai trovato, con quella tastierina; di solito non toccavo nulla e lasciavo le impostazioni base, comuni a tutti gli uffici a seconda della stagione. Dopo qualche istante prezioso, comunque, riuscii ad avviare l’aria condizionata, ma mi accorsi subito che il ricambio, in quel modo, avrebbe impiegato svariati minuti a cancellare dal mio ufficio la puzza mefitica, che ormai mi appariva una presenza quasi solida, tangibile.
    - Prendete l’ascia antincendio! – udii da fuori la porta. “Esagerati”, pensai, trovando non so dove l’arguzia per sorridere del detto una puzza che si taglia con il coltello. Comunque, scherzi a parte, si stava mettendo davvero male. Dovevo usare il pensiero laterale. In fondo ero un creativo, che diamine! Non ero arrivato fino a dov’ero senza saper trovare soluzioni a situazioni in apparenza inestricabili. Se infarto doveva essere, che infarto fosse.
    Certo ero un po’ giovane, solo 38 anni, però con la vita che facevo ci poteva stare. Quel che contava, a ogni modo, è che tutti sanno che un infartuato, mentre cade a terra, si attacca a qualunque appiglio trovi. O almeno nei film succede così. Contraggono le membra artigliandosi il petto, barcollano e infine cadono, afferrando una tovaglia o una libreria e trascinando tutto a terra. In ogni caso, qualcosa va rovesciata, di solito.
    Presi allora il coraggio a due mani e afferrai la grande lampada a piantana verticale, in acciaio spazzolato, un vero pezzo d’arte contemporanea, e la brandii come un ariete. Colpii il vetro della finestra alle spalle della mia scrivania, senza riuscire a romperlo. Il contraccolpo dell’urto mi trasmise le vibrazioni dell’asta metallica fino alla spalla, ma non potevo darmi per vinto. Colpii di nuovo il vetro, che si venò a raggiera dal punto dell’impatto. Mi rifeci sotto e, infine, una pioggia di minuscoli frammenti d’argento si sparse nel luminoso cielo mattutino, riversandosi coreograficamente sulla strada sottostante come polvere d’angelo trasportata dal vento. Da dietro la porta, udendo il rumore di vetri infranti, più di un’impiegata mandò un gridolino d’apprensione.
    Arrivato a quel punto, dovevo solo avere la freddezza di sostenere la mia storia. Avevo avuto un attacco di cuore, cominciato proprio qualche istante prima che il Presidente arrivasse alla mia porta. Uno spasmo di dolore mi aveva fatto rattrappire su me stesso e, per evitare la caduta, avevo cercato di tenermi in piedi sorreggendomi alla lampada, che invece era crollata trascinata dal peso del mio corpo, andando ad abbattersi contro la finestra, rompendola.
    Raccontata così, potrebbe sembrare una storia implausibile ma, ragionandoci su, mi convinsi che nessuno di fronte a quella scena avrebbe d’altro canto mai potuto ipotizzare qualcosa del tipo: “si, l’infarto è un’opzione, oppure… potrebbe anche trattarsi di un machiavellico piano per eliminare la prova di una scorreggia perpetrata all’interno del suo ufficio!”, smascherandomi come un novello Sherlock Holmes. Insomma, per quanto grottesca, la versione dell’infarto era più credibile. Questo, di per sé, avrebbe dovuto farmi riflettere sulla ragionevolezza di quello che stavo facendo. Eppure, in quel momento, ogni cosa pareva avere un senso, ogni elemento del mio piano improvvisato s’incastrava con gli altri.
    - Datemi qui – vociò il Presidente mentre io entravo in bagno, levandomi le scarpe e calandomi i calzoni. Una sgommata di tre centimetri. Cinque grammi scarsi di merda. Tutto quel casino, per quel po’ di robetta. Ripiombai nella realtà tutto d’un tratto. Senza rendermene conto, mi ero lasciato sopraffare completamente dal panico. La mia fiducia di poter giustificare quel macello con la storia dell’infarto crollò improvvisamente. Per un istante, andai col pensiero alla pistola nel mio cassetto. “Ma che sto dicendo”, riflettei però subito dopo. No, ormai dovevo continuare su quella strada, l’unica salvezza era attenermi al piano. Ci avrebbero creduto, cercai di convincermi. Non avrebbero potuto fare altro. “La gente crede a quello che vuole credere”, mi dissi, e se il Presidente voleva essere l’eroe che mi aveva salvato la vita, doveva credere alla mia versione dei fatti. I miei pensieri furono interrotti da un sordo rumore metallico proveniente dalla porta. Troppo tardi, l’avevano aperta. Ero spacciato.
    - Gesù! – imprecò qualcuno – E’ saltata solo la maniglia!
    Avevo ancora una speranza, ma dovevo fare in fretta.
    Mi mossi rapidamente. Tolsi le mutande, mi pulii, rimisi pantaloni e scarpe, cercando di ricompormi alla bella e meglio, gettai gli slip nel gabinetto, coprendoli con alcuni strappi di carta igienica, poi schiacciai il pulsante del risciacquo. In quel preciso momento, una torma di persone faceva irruzione nel mio ufficio a pochi metri da me. Mi lasciai cadere a terra e abbracciai la tazza del gabinetto, appena in tempo per essere trovato, sofferente, in quella posizione fetale. Venni soccorso con ogni premura, adagiato sul tappeto del mio ufficio e, dopo appena qualche minuto, trasportato in barella fino all’ambulanza, e da lì in cardiologia. Mentre passavo attraverso l’ufficio invaso di frammenti di vetro, constatai con soddisfazione che la puzza era completamente scomparsa. L’avevo fatta franca. Il Presidente, dopo avermi “salvato la vita”, mi avrebbe avuto ancor più a cuore. Sarei diventato una testimonianza vivente del suo eroismo che io, dal canto mio, non avrei lesinato di magnificare.
    Nel mio folle trionfo di quel giorno, non notai quell’unico dettaglio stonato. Il chiodo storto, il sasso nella scarpa. Il led della telecamera di sorveglianza in un angolo della stanza che, normalmente spento durante il giorno, brillava invece di un bel rosso intenso.

    Edited by Cattivotenente - 14/8/2011, 11:58
     
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  2. Fini Tocchi Alati
     
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    Ciao! :)
    Allora.
    Divertente anche se, forse, un tantinello lungo.
    Specie la prima parte. Mi è sembrato che il racconto ci mettesse un bel po' prima di partire. Inoltre, rispetto a quello che accade e rispetto anche a come ci presenti il protagonista della tua storia, l'incipit mi è parso, come dire?, un po' eccessivo.
    Come eccessiva mi è parsa, a tratti, la situazione narrata. A partire dal fatto che lui immagina di aver combinato chissà quale guaio e invece si ritrova nelle mutande solo pochi grammi di cacca. In effetti lasci credere troppo apertamente al lettore di chissà quale disastro Ennio abbia combinato, mentre, alla fine, si rivela ben poca cosa. Anche per quanto riguarda la puzza, mi sembra eccessivo tutto quello che succede per così poco.
    Come esagerato mi è sembrato il panico di Ennio. La prima cosa che ho pensato è stata: vabbè, dopo aver scacciato la povera Carla, adesso se ne correrà in bagno, qualsiasi cosa succeda. E invece, lui si mette dietro la porta a dialogare con il capo e a inventarsi le scuse più impensabili (divertenti, però!). Allora, forse il bagno potrebbe non trovarsi nel suo ufficio. In questo modo, tutta la sua paura potrebbe essere meglio giustificata, non credi?
    Anche per il finale proverei a fare dei cambiamenti. Il fatto della telecamera a circuito chiuso è qualcosa di nuovo per il lettore che, però, ha come l'impressione che tu gliel'abbia voluta nascondere per calare l'effetto sorpresa. Potresti preparare il finale in qualche modo, gettando indizi qua e là, magari facendo inizialmente vedere lui mentre osserva quello che (non) succede sul suo monitor (che poteva essere guasto) o qualcosa del genere.
    C'è qualche refuso e qualche "d" eufonica (non so come la pensi in proposito, ma te la segnalo comunque). Inoltre c'è questa "E' " che si scrive "È" (ma credo che tu lo sappia e che sia solo una questione di pigrizia :rolleyes:

    In definitiva, l'effetto comico/grottesco (più grottesco, in realtà) lo raggiunge, anche se non mi ha entusiasmato.
    Il mio voto è 2.

    P.S. La vicenda mi ha ricordato un episodio del vecchio film "Signore e signori buonanotte", dove Tognazzi interpreta un generale alle prese con un problema simile a quello di Ennio. Tanto che temevo si arrivasse alla stessa conclusione... ;)
     
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  3. Cattivotenente
     
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    CITAZIONE (Fini Tocchi Alati @ 4/8/2011, 11:03) 
    eccessiva mi è parsa, a tratti, la situazione narrata. A partire dal fatto che lui immagina di aver combinato chissà quale guaio e invece si ritrova nelle mutande solo pochi grammi di cacca. In effetti lasci credere troppo apertamente al lettore di chissà quale disastro Ennio abbia combinato, mentre, alla fine, si rivela ben poca cosa. Anche per quanto riguarda la puzza, mi sembra eccessivo tutto quello che succede per così poco.

    Non sono per niente d'accordo! Evidentemente, non hai mai preso un'influenza intestinale in vita tua. Ti invito dunque a condurre un rapido sondaggio fra i tuoi amici su questo argomento (vedrai come saranno contenti) e vedrai che, pressoché tutti, ti confermeranno di essersi trovati nella panichevole situazione di aver sporcato le mutande proprio nelle circostanze narrate. La tavola rotonda di amici e conoscenti che organizzerai sul tema potrà confermarti stupendoti che, praticamente sempre, si ha la sensazione di aver fatto un danno ben maggiore di quello poi effettivamente rivelatosi o, forse ancor più spesso, di non saper quantificare l'entità del macello. A volte, addirittura, si ha solo la sensazione di averlo fatto, tanto viscerale è stata l'emanazione, eppure, alla prova gabinetto, l'intimo si rivela intonso.
    Nono sono d'accordo nemmeno sulla telecamera. Non credo di aver l'obbligo di dire proprio tutto al lettore, tnto più che qui non l'ho "ingannato" facendo credere razzi per pazzi ma ho semplicemente omesso un particolare fino alla fine. Sono l'autore, posso legittimamente farlo, finché rimango nel credibile. Certo che, se alla fine di una saga fantasy, nel duello finale con il villain di turno, l'elfo improvvisamente rivela di essere il figlio di goldrake e fa secco il tipo con un missile terra terra regalo di compleanno del paparino, la cosa cambia. Ecco, in quel caso l'omissione è un vero e proprio inganno, senza eccedere nel fraudolento rimane semplice scelta narrativa. Per me, eh. Per tutto il resto ti ringrazio e farò tesoro dei tuoi spunti. Tra l'altro, anch'io detesto le "d" eufoniche e, per quanto riguarda "E'", non so come ottenere la versione corretta dalla tastiera del Mac Book!

    CITAZIONE
    P.S. La vicenda mi ha ricordato un episodio del vecchio film "Signore e signori buonanotte", dove Tognazzi interpreta un generale alle prese con un problema simile a quello di Ennio. Tanto che temevo si arrivasse alla stessa conclusione... ;)

    E come finiva la vicenda di Tognazzi? Non me lo ricordo il film.
    Grazie, appena possibile ti commento, visto che ho già letto.
     
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    Secondo me, la
    telecamera
    è geniale!
    Mi piace davero molto il ritmo frenetico che sei riuscito a creare, la paura, ma che dico! Il panico vero e proprio. Mi sono sentita in ansia per lui.
    Un paio di appunti che in realtà ti ha gia mosso Fini Tocchi Alati,
    La parte iniziale è troppo lenta e mentre la seconda parte l'ho letta tutta d'un fiato (che brutta immagine, considerando di cosa stiamo parlando!) nella prima ho fatto fatica.
    C'è una parte, questa per la precisione "A quel punto, sarebbe stato ancora peggio. Inevitabilmente, avrebbe collegato il mio atteggiamento alla volontà di farla uscire dall’ufficio, per l’inconfessabile quanto futile motivo di essermi cagato addosso mentre scoreggiavo silenziosamente. Avrebbe capito che avevo lasciato che una cosa banale come una funzione fisiologica incidesse sugli equilibri interni di un’azienda che fatturava miliardi, che avevo creato un potenziale attrito duraturo e che, chiedendole di relazionare per iscritto, avevo formalizzato la faccenda, portandola su un altro piano. Tutto, per una banale scorreggia.
    Non potevo assolutamente permetterlo
    ." Non serve a nulla, ci stai ripetendo delle informazioni che avevamo già, allungando una parte, di per se già lenta!
    Per il resto mi sono davvero divertita, hai creato una tensione da horror!
    Complimenti, voto 3!
     
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  5. Fini Tocchi Alati
     
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    CITAZIONE (Cattivotenente @ 5/8/2011, 10:53) 
    Nono sono d'accordo nemmeno sulla telecamera. Non credo di aver l'obbligo di dire proprio tutto al lettore, tnto più che qui non l'ho "ingannato" facendo credere razzi per pazzi ma ho semplicemente omesso un particolare fino alla fine.

    Forse, però, se riesci a disseminare un indizio in precedenza otterresti un effetto maggiore. My opinion, ovviamente.

    CITAZIONE (Cattivotenente @ 5/8/2011, 10:53) 
    E come finiva la vicenda di Tognazzi? Non me lo ricordo il film.
    Grazie, appena possibile ti commento, visto che ho già letto.

    Si sparava! :)
     
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  6. Cattivotenente
     
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    CITAZIONE (Polissena C. @ 5/8/2011, 12:01)
    Secondo me, la
    telecamera
    è geniale!
    Mi piace davero molto il ritmo frenetico che sei riuscito a creare, la paura, ma che dico! Il panico vero e proprio. Mi sono sentita in ansia per lui.
    Un paio di appunti che in realtà ti ha gia mosso Fini Tocchi Alati,
    La parte iniziale è troppo lenta e mentre la seconda parte l'ho letta tutta d'un fiato (che brutta immagine, considerando di cosa stiamo parlando!) nella prima ho fatto fatica.
    C'è una parte, questa per la precisione "A quel punto, sarebbe stato ancora peggio. Inevitabilmente, avrebbe collegato il mio atteggiamento alla volontà di farla uscire dall’ufficio, per l’inconfessabile quanto futile motivo di essermi cagato addosso mentre scoreggiavo silenziosamente. Avrebbe capito che avevo lasciato che una cosa banale come una funzione fisiologica incidesse sugli equilibri interni di un’azienda che fatturava miliardi, che avevo creato un potenziale attrito duraturo e che, chiedendole di relazionare per iscritto, avevo formalizzato la faccenda, portandola su un altro piano. Tutto, per una banale scorreggia.
    Non potevo assolutamente permetterlo
    ." Non serve a nulla, ci stai ripetendo delle informazioni che avevamo già, allungando una parte, di per se già lenta!
    Per il resto mi sono davvero divertita, hai creato una tensione da horror!
    Complimenti, voto 3!

    CITAZIONE (Fini Tocchi Alati @ 5/8/2011, 12:02)
    CITAZIONE (Cattivotenente @ 5/8/2011, 10:53) 
    Nono sono d'accordo nemmeno sulla telecamera. Non credo di aver l'obbligo di dire proprio tutto al lettore, tnto più che qui non l'ho "ingannato" facendo credere razzi per pazzi ma ho semplicemente omesso un particolare fino alla fine.

    Forse, però, se riesci a disseminare un indizio in precedenza otterresti un effetto maggiore. My opinion, ovviamente.

    CITAZIONE (Cattivotenente @ 5/8/2011, 10:53) 
    E come finiva la vicenda di Tognazzi? Non me lo ricordo il film.
    Grazie, appena possibile ti commento, visto che ho già letto.

    Si sparava! :)

    Grazie ragazzi, commenti utilissimi. Polissena, tu taglieresti del tutto quella parte? Se la contraessi? Ma soprattutto: posso apportare modifiche al racconto in gara? Questo non mi è ancora chiaro.
    per quanto riguarda il film con Tognazzi, devo avere poteri paranormali, essendo riuscito a citarlo pur senza averlo mai visto. In un passo, infatti, Ennio pensa alla pistola nel cassetto, accarezzando l'idea di farla finita...Saludos, amigos!
     
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  7. Fini Tocchi Alati
     
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    CITAZIONE (Cattivotenente @ 5/8/2011, 16:39) 
    Grazie ragazzi, commenti utilissimi. Polissena, tu taglieresti del tutto quella parte? Se la contraessi?

    Anche a me la prima parte era risultata un po' pesante. Però, leggendo il racconto, acquista decisamente un suo perché. Io proverei solo ad accorciarla un po'. Ad alleggerirla.

    CITAZIONE (Cattivotenente @ 5/8/2011, 16:39) 
    Ma soprattutto: posso apportare modifiche al racconto in gara? Questo non mi è ancora chiaro.

    Sì, puoi apportare modifiche al racconto. Mi pare si possa fare fino al 20 del mese.

    CITAZIONE (Cattivotenente @ 5/8/2011, 16:39) 
    per quanto riguarda il film con Tognazzi, devo avere poteri paranormali, essendo riuscito a citarlo pur senza averlo mai visto. In un passo, infatti, Ennio pensa alla pistola nel cassetto, accarezzando l'idea di farla finita...Saludos, amigos!

    Per questo mi ci hai fatto pensare! A un certo punto ho pensato che il racconto si concludesse così.
     
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  8. rehel
     
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    Un racconto grottesco e irriverente che però diverte, e non è poco.
    Io ho ben poco da rilevare. Mi sembra un lavoro ben fatto e non ho nulla da dire.
    Credo anche che non lo si possa migliorare più di tanto, così è e così credo debba rimanere. Il suo potenziale è questo e non penso che possa guadagnare da eventuali modifiche.
    Lo ripeto, mi ha divertito, mi è piaciuto, senza per questo gridare al capolavoro. Un racconto in grado di fare passare alcuni minuti piacevoli, ma che poi non rimane impresso nella memoria.
    Voto tre. :)
     
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  9. federica68
     
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    ciao

    è il primo racconto questo mese che riesco a leggere tutto d'un fiato, non vedendo l'ora di arrivare in fondo per vedere come va a finire, e senza interrompermi un tot di volte per riprendere fiato e costringermi a continuare

    è vero, non grida al capolavoro, come ha detto qualcuno, ma il suo intento lo raggiunge benissimo, divertire e far sorridere

    l'esagerazione e il grottesco ci stanno tutti, non li vedo come esagerati anzi ci stanno tutti belli pieni...

    insomma è un 3 pieno e tondo :-)


    una cosa: il sì affermazione vuole la i accentata
     
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  10. Peter7413
     
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    Ciao Harvey! (Keitel, Cattivo Tenente... Vabbeh, forse era meglio se non la spiegavo!)
    Ho letto il racconto già da qualche giorno, ma ho aspettato e sono giunto alla conclusione che ancora non ti voterò. Ripasserò da qui tra qualche giorno e rivaluterò.
    Ti spiego le ragioni del mio disagio interiore ;) .
    Come indicazioni di massima per decidersi per il tre i dodicini hanno spiegato che dev'essere un racconto che faresti leggere a un amico. Ecco, lo sviluppo di questo lavoro è convincente e divertente, ma tutta la parte iniziale è troppo pesante e può portare all'abbandono anticipato. Secondo me dovresti asciugare un po', girarci meno intorno, perderci meno tempo. Ho davvero faticato a superare quello scoglio, ma poi è andato tutto liscio.
    Non ho altri appunti da fare, ti lascio qualche giorno di tempo per rifletterci su, poi tornerò e deciderò fra il due e il tre, ma vorrei tanto propendere per quest'ultimo.

    A presto!
     
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  11. Cattivotenente
     
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    CITAZIONE (Peter7413 @ 8/8/2011, 09:05) 
    Ciao Harvey! (Keitel, Cattivo Tenente... Vabbeh, forse era meglio se non la spiegavo!)
    Ho letto il racconto già da qualche giorno, ma ho aspettato e sono giunto alla conclusione che ancora non ti voterò. Ripasserò da qui tra qualche giorno e rivaluterò.
    Ti spiego le ragioni del mio disagio interiore ;) .
    Come indicazioni di massima per decidersi per il tre i dodicini hanno spiegato che dev'essere un racconto che faresti leggere a un amico. Ecco, lo sviluppo di questo lavoro è convincente e divertente, ma tutta la parte iniziale è troppo pesante e può portare all'abbandono anticipato. Secondo me dovresti asciugare un po', girarci meno intorno, perderci meno tempo. Ho davvero faticato a superare quello scoglio, ma poi è andato tutto liscio.
    Non ho altri appunti da fare, ti lascio qualche giorno di tempo per rifletterci su, poi tornerò e deciderò fra il due e il tre, ma vorrei tanto propendere per quest'ultimo.

    A presto!

    Ciao e grazie per la lettura. Sei già il terzo che mi dice questa cosa della parte iniziale e un po' mi dispiace, perché a me pareva un piacevole divertissement. Ovviamente, se risulta pesante per ben tre lettori, il punto di vista errato è il mio. Tra oggi e domani asciugherò, cerando di mantenere gli elementi che mi divertivano ma concentrando il tutto e cercando di renderlo più filante di una sottiletta kraft!
    A proposito, hai già cominciato la lavorazione di "Mostrazzi"?
     
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  12. Peter7413
     
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    CITAZIONE (Cattivotenente @ 8/8/2011, 09:37) 
    CITAZIONE (Peter7413 @ 8/8/2011, 09:05) 
    Ciao Harvey! (Keitel, Cattivo Tenente... Vabbeh, forse era meglio se non la spiegavo!)
    Ho letto il racconto già da qualche giorno, ma ho aspettato e sono giunto alla conclusione che ancora non ti voterò. Ripasserò da qui tra qualche giorno e rivaluterò.
    Ti spiego le ragioni del mio disagio interiore ;) .
    Come indicazioni di massima per decidersi per il tre i dodicini hanno spiegato che dev'essere un racconto che faresti leggere a un amico. Ecco, lo sviluppo di questo lavoro è convincente e divertente, ma tutta la parte iniziale è troppo pesante e può portare all'abbandono anticipato. Secondo me dovresti asciugare un po', girarci meno intorno, perderci meno tempo. Ho davvero faticato a superare quello scoglio, ma poi è andato tutto liscio.
    Non ho altri appunti da fare, ti lascio qualche giorno di tempo per rifletterci su, poi tornerò e deciderò fra il due e il tre, ma vorrei tanto propendere per quest'ultimo.

    A presto!

    Ciao e grazie per la lettura. Sei già il terzo che mi dice questa cosa della parte iniziale e un po' mi dispiace, perché a me pareva un piacevole divertissement. Ovviamente, se risulta pesante per ben tre lettori, il punto di vista errato è il mio. Tra oggi e domani asciugherò, cerando di mantenere gli elementi che mi divertivano ma concentrando il tutto e cercando di renderlo più filante di una sottiletta kraft!
    A proposito, hai già cominciato la lavorazione di "Mostrazzi"?

    Ottimo, allora quando hai fatto dammi un fischio che torno per rileggere e votare!
    Dei Mostrazzi per ora c'è solo il titolo! Ahahahahaha! Ma confido di tirare giù una scaletta già nei prossimi giorni!!!
    :D
     
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  13. Cattivotenente
     
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    CITAZIONE (Polissena C. @ 5/8/2011, 12:01)
    La parte iniziale è troppo lenta e mentre la seconda parte l'ho letta tutta d'un fiato (che brutta immagine, considerando di cosa stiamo parlando!) nella prima ho fatto fatica.
    C'è una parte, questa per la precisione "A quel punto, sarebbe stato ancora peggio. Inevitabilmente, avrebbe collegato il mio atteggiamento alla volontà di farla uscire dall’ufficio, per l’inconfessabile quanto futile motivo di essermi cagato addosso mentre scoreggiavo silenziosamente. Avrebbe capito che avevo lasciato che una cosa banale come una funzione fisiologica incidesse sugli equilibri interni di un’azienda che fatturava miliardi, che avevo creato un potenziale attrito duraturo e che, chiedendole di relazionare per iscritto, avevo formalizzato la faccenda, portandola su un altro piano. Tutto, per una banale scorreggia.
    Non potevo assolutamente permetterlo
    ." Non serve a nulla, ci stai ripetendo delle informazioni che avevamo già, allungando una parte, di per se già lenta![/SPOILER] Per il resto mi sono davvero divertita, hai creato una tensione da horror!
    Complimenti, voto 3!

    CITAZIONE (Fini Tocchi Alati @ 5/8/2011, 16:53)
    Anche a me la prima parte era risultata un po' pesante. Però, leggendo il racconto, acquista decisamente un suo perché. Io proverei solo ad accorciarla un po'. Ad alleggerirla.

    CITAZIONE (rehel @ 6/8/2011, 09:26)
    Mi sembra un lavoro ben fatto e non ho nulla da dire.
    Credo anche che non lo si possa migliorare più di tanto, così è e così credo debba rimanere. Il suo potenziale è questo e non penso che possa guadagnare da eventuali modifiche.

    CITAZIONE (federica68 @ 6/8/2011, 19:46)
    è il primo racconto questo mese che riesco a leggere tutto d'un fiato, non vedendo l'ora di arrivare in fondo per vedere come va a finire, e senza interrompermi un tot di volte per riprendere fiato e costringermi a continuare

    CITAZIONE (Peter7413 @ 8/8/2011, 09:40)
    ... quando hai fatto dammi un fischio che torno per rileggere e votare!
    Dei Mostrazzi per ora c'è solo il titolo! Ahahahahaha! Ma confido di tirare giù una scaletta già nei prossimi giorni!!!
    :D

    Allora, che confusione! Chi la vuole cotta, chi la vuole cruda... Rileggendo, sono arrivato alla conclusione che la parte iniziale sia, in effetti, un tantinello ridondante. Non così tanto, perchè secondo me alcuni passaggi potrebbero essere divertenti in sé, senza dover per forza considerali funzionali a ciò che seguirà. Inoltre, visti i commenti di rehel e federica, avevo paura di spezzare il ritmo, tagliuzzando qua e là. Ma non è con la cautela che l'uomo inventò la frittata, quindi mi sono deciso e ho tagliato ben... rullo di tamburi... 1300 caratteri! :P
    Vabbè non è moltissimo, ma confido di aver scelto chirurgicamente delle frasi che appesantivano un po' il tutto. Ora vorrei sapere (so di chiedere tanto, ma sono affezionato a questo pezzo, per quanto deviante possa sembrare. Avevo addirittura pensato di far proseguire il vortice discendente di follia di Ennio che, per eliminare le prove del suo "crimine", passa da un'azione eccessiva all'altra, in una catena che, a ogni anello, lo avvince sempre più al suo inconfessabile segreto... pensate un po' come sto' messo... :pazzo: ) cosa ne pensate! Sia chi aveva trovato il tutto pesante, sia chi lo aveva apprezzato. Spero di aver raggiunto un equilibrio apprezzabile.
    Rileggendomi, sembra quasi che parli di cose serie...
    Grazie a tutti.
    Ah, Peter: voglio i mostrazzi, ora ci conto! Si potrebbe quasi aprire un thread sulle iniziative degli utenti. autofinanziamo una raccolta horror-grottesco. Titolo, ovviamente, "Mostrazzi!"
     
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  14. federica68
     
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    nono non aggiungere altre scene di follia se no secondo me sì che diventa pesante, secondo me l'equilibrio è giusto così

    mi riferisco alla prima versione
    appena avrò un po' di tempo leggerò la nuova


     
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  15. Peppino1982
     
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    Ciao Cattivotenente!

    Putroppo non ho letto la versione originale. I miei giudizi si basano sulla tua versione rimasterizzata.
    Il racconto è molto divertente. Un pò tutti hanno la paura di fare questo patatrac in un luogo pubblico. Sei stato bravo a mettere per iscritto questo incubo di tutti noi. In sostanza la simpatia del tuo racconto riesce a raggiungere e a far sorridere la gran parte di un ipotetico pubblico medio di lettori.
    Mi ricorda un pò il cinema italiano della fine degli anni '70. Si raggiungevano punte di grottesco incredibili.
    L'unico dubbio che ho è questo:
    CITAZIONE
    Mentre passavo attraverso l’ufficio invaso di frammenti di vetro, costatai con soddisfazione che la puzza era completamente scomparsa.

    perchè prima dici:

    CITAZIONE
    Mi rifeci sotto e, infine, una pioggia di minuscoli frammenti d’argento si sparse nel luminoso cielo mattutino, riversandosi coreograficamente sulla strada sottostante come polvere d’angelo trasportata dal vento.

    Penso che i vetri dovrebbero stare soprattutto sulla strada, quelli nell'ufficio non dovrebbero essere così tanti da costituire un invasione. O viceversa, dipende se vuoi fare cadere i vetri soprattutto all'interno o all'esterno dell'ufficio.

    Mi è piaciuto veramente e mi ha fatto ridere.

    Voto: 4
     
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31 replies since 3/8/2011, 14:03   511 views
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