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Alberto Priora, attualità?, 8465 caratteri

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    Amante Galattico

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    RIFIUTI
    di Alberto Priora


    I cartelli erano pronti e aspettavano, disposti lungo tutto il lato in ombra del cortile interno del caseggiato, chi li avrebbe portati orgogliosamente in giro. Qualcuno era ancora fresco di vernice, con lettere che terminavano con una gocciolina bastarda scesa per la forza di gravità; qualcuno mostrava errori d’ortografia corretti in maniera grossolana, peccati d’ingenuità che sarebbero comunque serviti allo scopo; qualcuno esibiva il suo slogan con le parole che partivano larghe a sinistra in alto e che poi dovevano restringersi, quasi che fossero infeltrite, per non rimanere troncate. Erano cartelli fatti un po’ male, ma erano cartelli genuini e questa era la cosa che contava.
    Il gatto nero senza un occhio, che di solito faceva la posta ai passeri disposti a rischiare la propria vita per beccare le briciole cadute dalle merende dei bambini, si avvicinò con cautela e li odorò. Dopo qualche istante arricciò il naso per il puzzo di vernice e preferì andare dietro a una lucertola.
    — Forza, che manca poco alla manifestazione! — esclamò Maria, che fin dal principio era stata una delle organizzatrici più vivaci del comitato e che si era sbattuta per trovare altri sostenitori e per convincere i dubbiosi.
    — Dividiamo adesso i cartelli fra di noi? – chiese qualcuno. Molte facce si voltarono verso di lei.
    — Sì, meglio se arriviamo già pronti. Ci saranno tutte quante le televisioni e alcune, le più importanti, saranno in diretta nazionale — guardò in cielo, contenta che fosse una bella giornata di sereno, avrebbe sottolineato il contrasto con la perenne colonna di fumo che lo macchiava — Però non possiamo sapere quanto tempo ci dedicheranno nei servizi dei telegiornali, quindi è molto meglio se ci riprendono quando abbiamo già i nostri cartelli e non mentre perdiamo tempo a stabilire chi prende cosa. Dobbiamo far capire che siamo decisi e organizzati, dobbiamo far capire che siamo inca… arrabbiati — Maria sfumò appena in tempo l’ultima parola. Si sapeva come andava con i bambini, ripetevano quello che sentivano dire dai grandi, soprattutto quando si trattava di parolacce.
    — Bene. Ottima idea — rispose qualcuno.
    Maria guardò la gente che si era raccolta nel cortile. Era davvero molto contenta che alla fine, dopo tante riunioni e anche parecchie discussioni animate, fossero così in tanti, e tutti decisi a lottare fino in fondo per un principio in cui credevano. Mise le mani attorno alla bocca, in modo da formare una specie di megafono. Dopo le sue prime parole, tutti le prestarono attenzione.
    — Allora: gli adulti devono prendere i cartelli più grandi, mentre i bambini hanno quelli piccoli… ecco proprio quelli che sono appoggiati lì, bravi. Uno alla volta, per favore; ci sono cartelli per tutti. Per i bambini più piccoli ci sono le bandierine con scritto sopra NO, mi raccomando tenetele diritte. Chi voleva tenere lo striscione? — si guardò intorno, poi riconobbe i volti dei quattro che avrebbero aperto il corteo, due uomini e due donne di età e generazioni differenti, ma appartenenti a un’unica famiglia. — Eccovi qui, molto bene. Srotolate lo striscione e controllate sempre che sia ben teso, in modo che le telecamere possano leggere che c’è scritto sopra "Noi diciamo no e diremo sempre no". Forza, disponiamoci bene. Così, ecco — la gente era tanta e tendeva ad assieparsi tutta insieme se non guidata. — Ehi, laggiù, chi ha le carrozzine con i neonati può infilarci una bandierina? Anche due se ci stanno.
    Passarono i minuti, e alla fine guardò soddisfatta il risultato. Sorrise agli altri del comitato che stavano consegnando a tutti i fischietti acquistati a prezzo speciale dal commerciante cinese, quello che aveva il negozio accanto alla piazza del mercato. Avevano dovuto discutere per avere lo sconto, ma almeno avevano risparmiato.
    Finalmente erano pronti. Si erano già dovuti arrendere una volta, in passato, ma non ci sarebbe stata una seconda sconfitta. Assolutamente no. Se la manifestazione di oggi non dava il risultato sperato, erano già dell’idea di fare delle barricate per impedire il passaggio dei camion e degli autobus. Non era certo l’unica a pensarla così; gli altri, in segreto, avevano già iniziato a recuperare molte delle cose necessarie: cassonetti, un vecchio furgone, delle biciclette che non usava più nessuno, delle transenne sottratte ai lavori in corso e parecchi rottami. I sacchi di spazzatura, poi, non erano difficili da recuperare.
    — Andiamo!
    Il corteo si mosse, uscendo come un formicolante serpentone dal cortile del complesso di case popolari, e si avviò lungo la strada. Qualche macchina si fermò e suonò a lungo il clacson, senza dubbio, così erano convinti i manifestanti, in loro supporto.
    Quando furono a poche centinaia di metri dal sito scelto dal governo e quando già si vedevano le telecamere e la polizia chiamata a tenere tutto sotto controllo, Maria incitò i manifestati.
    — Forza con i fischietti! Facciamoci sentire! È il nostro momento!
    Due ali di pubblico affollavano i marciapiedi e, a tratti, si spandevano sulla strada. C’erano parecchi curiosi, arrivati dai paesi vicini, e in parecchi si accodarono al corteo. Tutti erano lì per appoggiarli, anche se qualcuno era sicuramente preoccupato dal rischio che il problema, una volto risolto lì, potesse spostarsi sulle loro spalle.
    Il sito era un vecchio complesso industriale in disuso, che un decennio prima aveva prodotto chissà quale prodotto chimico, probabilmente tossico. Era circondato da un primo recinto di maglia metallica, con in cima del filo spinato, e da un secondo che era elettrificato e con il filo spinato intrecciato direttamente alle maglie metalliche. Nella terra di nessuno tra le due barriere stavano i militari, protetti da casematte di cemento da cui spuntavano le mitragliatrici. Altri soldati, impassibili e con i mitra in mano, scrutavano tutti dalla cima delle torrette.
    Il corteo si avvicinò, le telecamere riprendevano i manifestanti e li proiettavano nelle televisioni dei salotti e delle cucine, nei bar come pure nei telefonini. Le macchine fotografiche scattavano foto della gente armata di cartelli.
    Un cordone di polizia si trovava davanti ai cancelli. Un funzionario si fece avanti e Maria alzò una mano per fermare il corteo.
    — Mi spiace, ma l’autorizzazione data dal prefetto non vi permette di avvicinarvi a meno di cento metri. Dovete tornare indietro.
    Maria sorrise. — Altrimenti cosa fate? Caricate donne e bambini?
    Il poliziotto scosse la testa, senza guardare le telecamere. — Per favore, tornate indietro. La situazione è sotto controllo.
    — Siamo qui per fermare questo schifo, perché questo schifo non ci va bene. Noi diciamo no e diremo sempre no — le telecamere si soffermarono sullo striscione in testa al corteo.
    — Signora, se volete farvi riprendere va bene, però non dovete procedere oltre — il funzionario di polizia accennò, involontariamente, al sito che stava alle sue spalle. Oltre il secondo recinto, annerito in più punti dalle bruciature mortali di chi era rimasto fulminato cercando di superarlo, tanti occhi spenti guardavano verso l’esterno; pochi abiti laceri, i visi e le mani sporche di fango, i corpi consumati dalla vita nei fabbricati fatiscenti. Avevano ammesso tutte le loro colpe, vere o inventate che fossero; avevano pianto e gridato; avevano sperato e pregato. Non sapevano neppure più chi fossero in realtà. Gli avevano dato molti nomi, li avevano confusi con molti nomi. Forse non erano mai stati un popolo, forse non erano neppure mai stato un insieme di etnie, ma presto non sarebbero più stati niente. Aveva poca importanza, adesso, che li definissero nomadi, rom, sinti o zingari. Non aveva importanza chi avesse fatto cosa, non aveva importanza che ci fossero colpevoli o innocenti. Avevano capito troppo tardi o forse non avevano proprio capito. Adesso erano tutti assieme. Adesso erano tutti lì, con una colonna di fumo che saliva alle loro spalle, che li consumava pochi alla volta, in un destino accompagnato da uomini in tute bianche e maschere antigas.
    — Questo schifo deve finire — disse Maria — e lo dico a nome di tutti. Abbiamo sopportato abbastanza, ma adesso basta.
    Guardò la gente del corteo, guardò i giornalisti, guardò i poliziotti, guardò il pubblico.
    Guardò tutti noi e ignorò chi stava oltre il secondo recinto.
    — Perché i forni crematori non li vogliamo mica qui da noi, con tutto quello schifo che sale nell’aria. Dovete andare a costruirli da un’altra parte, lontano da casa nostra. Noi qui non li vogliamo!
    E sorrise trionfante.
     
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  2. tar-alima
     
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    La sorpresa finale c'è, e io non l'avevo sospettata. Carina anche la morale che ci leggo: in tutti c'è un lato oscuro, anche negli idealisti più sfegatati.
    Lo stile però non mi è piaciuto molto, ci vedrei bene una revisione, magari rendendo certe espressioni più sintetiche e togliendo alcuni possessivi di troppo.
    A proposito, "incazzati" ormai è stato sdoganato... o no? Vabbé che per me il turpiloquio è un culto, però suona strano che dei dimostranti inveleniti parlino come educande, nonostante i bambini presenti.
    Voto 2. :sisi:
     
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  3. VdB
     
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    L'idea è da quattro. Il tono con cui è stato scelto di raccontarla non è allo stesso livello. Sono indeciso tra il due e il tre, quindi per il momento preferisco pensarci un po' su ;) :D
    SPOILER (click to view)
    Quello che non va è il tono da favola "vera", mentre con un finale così forte doveva essere una favola "nera". Secondo me dovresti incupire le atmosfere, far uscire la rabbia, far calare il lettore in questo mondo che tu intravedi, imbarbarito a tal punto da generare quell'odio "indifferente" che comanda il corteo di protesta... Se dovessi cambiare la storia, per il mio giudizio, sarebbe un quattro pieno, pieno ;) :)
     
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  4. savohead
     
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    Ciao, complimenti!!
    Ti ho dato quattro sulla fiducia, cerca di seguire i consigli che ti hanno dato, anche a me lo stile è sembrato un pochino sotto il livello dell'idea (che comunque è da 6, quindi la media è per forza 4).
    M'è piaciuto proprio, perché mi son perso a pensare finali possibili con ciò che avevo in mano, e non sarei mai giunto lì. Anche quando ho capito cosa fossero, pensavo fossero lì per magnanimità (ingenuo), invece m'hai stupito ancora, cosa buona et giusta.
    Bravo
     
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  5. bravecharlie
     
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    amaro, visionario, crudo nella sua disumana umanità. E' un bel racconto, non c'è che dire, e gioca con due tematiche attualissime mescolandole l'una nell'altra fin dal titolo, che frega alla grande il lettore sviandolo da una rivelazione finale che, sinceramente, mi ha regalato un brivido. Lo stile è giustamente neutro, senza fronzoli, ma l'idea è bella tosta, coraggiosa, cucita nel racconto a puntino. Ok, basta complimenti, poco altro da aggiungere.

    4
     
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  6. Jakken
     
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    Ciao Alberto ^_^

    SPOILER (click to view)
    Colpo di coda finale che unisce l'attuale tema dei cortei anti rifiuti/centrali di smaltimento, con quello dei ROM. Non me lo aspettavo così, ma sapevo che non potevi limitarti alla sola descrizione di una situazione tanto attuale. Quindi ottimo... anche per il fatto che in un tocco solo hai messo in luce la morale, hai tolto il candido velo dell'apparenza...
    Detto ciò mi è parso un tantino "educato". Non che volessi leggere di un corte violento; ma penso che la presenza di gente un po' più incazzata insieme a quella che invece vuol tenere i toni contenuti, sia più reale. Magari quella che parla può impegnarsi a mantenere l'ordine urlando contro quelli che urlano... insomma, scene di questo tipo.
    Non ho altro da segnalare.
    Con un ritocco nemmeno troppo invasivo è un racconto attuale, che lascia il segno.
    Voto: 3... che può trasformarsi in un solido 4.
     
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    Grazie a tutti per la lettura. Domani cerco di rispondere nei particolari.
    In linea generale aggiungo che, nelle intenzioni originali, doveva essere qualcosa di molto molto corto. Poi sia perché io sono io, sia perché altrimenti rischiava di assomigliare a una barzelletta, il racconto si è allungato. Allora ho deciso di metterlo in gioco qui.
     
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  8. rehel
     
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    Io sarei per allungarlo un poco, proprio per dimuinire l'effetto barzelleta, che un pelo si sente.
    Un racconto strano per le tue corde, di solito sei più classico e forse proprio per questo motivo fai fatica a ssere più cattivo, come invece qualcuno ti ha chiesto.
    L'idea sfiora la genialità e porta con sé tante considerazioni. Io mi sono chiesto se, a suo tempo, anche i tedeschi vicino ai lager avessero di quelle velleità di protesta, ma non credo, il vecchio Hitler era di tutt'altra pasta.
    Certo una maggiore dose di crudeltà sarebbe adatta al contesto che viene fuori nel finale; ma la domanda è: ne sei capace? Non in senso tecnico, ovviamente. :shifty:
    Dimenticavo il voto: tre!
     
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  9. shivan01
     
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    bel racconto, davvero

    gli do tre perché avrei appesantito ancora la sorpresa infierendo sulla descrizione dei rom condannati. Avrei tentato di instillare la pietà nel lettore. Quella già è una prima sorpresa e forse valeva la pena di rimarcarla ancora. Il finale vero poi, va benissimo, a parte il "E sorrise trionfante" che a mio avviso è di troppo.

    E' la prima cosa che leggo di te, e spero di leggerne altre presto

    ciao
     
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  10. federica68
     
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    Ciao Alberto
    l'idea è ottima, come ti hanno già detto tutti gli altri.
    Ma lo stile mi ha messa in difficoltà. Da un racconto del genere mi sarei aspettata un coinvolgimento emotivo alto, che so, la condivisione della rabbia dei manifestanti, la pietà per i rom, l'indignazione per l'egoismo e la miopia dei manifestanti, cose così.
    Non sono riuscita invece a essere coinvolta nella vicenda, e alla fine la rivelazione non mi ha scossa come mi sarei aspettata che un finale del genere facesse.
    forse hai usato di proposito questo stile, immagino, forse per rimarcare l'indifferenza dei manifestanti verso la tragedia dei rom, non lo so.
    sono molto indecisa.
    Se dovessi valutare solo l'idea ti darei 10, ma l'impatto generale è stato molto più basso.
    Ti do 2, per questa volta, ma sono sicura che saprai coinvolgermi con altre storie tue.

    ciao
     
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  11. post-apo
     
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    mi accodo agli altri. anche secondo me ottima idea annacquata da una narrazione dai toni leggeri.

    ciao
     
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  12.  
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    Amante Galattico

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    La scelta di stare su dei toni leggeri per tutta la prima parte è completamente voluta. Volevo esasperare il più possibile il contrasto tra l'apparente buonismo dei manifestanti (il loro comportarsi quasi andassero alla biciclettata e anche il loro non usare parolacce con i bambini attorno) e l'egoismo e l'indifferenza che rivelano alla fine e che è invece diventato il loro modo di essere. Non so se mettendo questa parte più dura otterrei lo stesso risultato, anche considerando che televisivamente una manifestazione troppo dura, non paga.
    Per quanto sia un racconto politico, non volevo però mettere nel racconto delle posizioni politiche ed è per questo che non mi interessava, in questa occasione, mostrare i Rom come vittime, ma come simbolo.
    So, comunque, che così corro il rischio che i manifestanti siano fin troppo asettici e che il tutto non coinvolga... quindi ci penserò di certo.
    Sull' "E sorrise trionfante" avevo anche io dei dubbi... quello mi sa che lo cambierò.
    Grazie a tutti
     
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  13. kiwi65a
     
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    Alberto, è un grande pezzo. Per quello che dice e secondo me anche per come lo dice, con un tono asettico, da giornalista anglosassone. Il distacco che per contrasto indurisce di più anche la storia.
    Si è capito che mi è piaciuto? Vai. 4.

    Ciao
    Piero
     
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  14. Diz-buster
     
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    Cosa ci si aspetta quando, in pieno relax davanti al pc, si legge un nuovo raccontino USAM?
    Pochi fronzoli, uno stile asciutto e fluidità, una bella visione, magari un siluretto finale che esplodendo o sorprende o avvia una riflessione.

    Cosa manca? Nulla!

    Voto 4. :zizi: :zizi: :zizi:

     
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13 replies since 4/7/2008, 15:58   265 views
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