Enrico
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Enrico

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  1. Cryptoptic
     
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    CITAZIONE
    Attenzione: questo scritto ha contenuti destinati a un pubblico adulto. Leggendo di seguito dichiari sotto tua totale responsabilità di avere più di 18 anni. Se terminologia o situazioni esplicite possono offenderti o andare in contrasto con la tua morale, sei pregato di chiudere questo post.

    E' la prima volta per me, lo faccio con un raccontino di qualche mese fa un po' modificato.
    Siate clementi :D (anzi no uccidetemi...)

    Enrico si risvegliò, la testa penzoloni a guardare il terreno, annusò l’aria e sentì l’odore umido delle foglie bagnate. Si guardò i calzoncini, c’era una larga chiazza scura all’altezza dell’inguine; prima che il suo cervello ripescasse il ricordo, l’odore pungente dell’urina gli riempì il naso.
    Si sentiva il lato destro del viso gonfio, un rivolo di calda sostanza gli arrivò a bagnare le labbra: l’inconfondibile sapore ferrigno non gli diede dubbi, sangue.
    Era seduto per terra con la schiena poggiata a un tronco; le braccia, distese all’indietro, ne percorrevano la circonferenza fino a far incrociare le mani.
    Cercò di muoversi; un dolore feroce gli arrivò fino al cervello, qualcosa era rotto, oh sì che era rotto.
    I due uomini lo osservavano compiaciuti, come se avessero avanti un animale del circo che si esibisce nel suo numero migliore. Enrico li guardava con un solo occhio, si sforzò di aprire l’altro, ma l’unico risultato che ottenne fu una lacrima che si andò a mischiare al sapore del sangue.
    “Chi sei? Chi siete?”, chiese piangendo dal dolore.
    “Ma come chi sono? Siamo amici”, rispose quello alto.
    Il basso era poco distante da loro, immobile; sembrava annoiato da tutto ciò che stava accadendo, fumava e guardava l’ora in modo flemmatico. Aveva l’espressione del più smaliziato dei giocatori di poker, imperturbabile, insondabile.
    Enrico lanciava occhiate ai due senza avere la minima idea di ciò che accadeva.
    “Ti vedo un po’ confuso amico mio”, disse quello alto.
    Era un ragazzo, anzi un ragazzone.
    «Peserà almeno centottanta chili», pensò Enrico.
    Ma era goffo, impacciato, sembrava chiedere continuamente consiglio con gli occhi a quello basso.
    “Cazzo slegam…” Le parole gli si strozzarono in gola: una lama di dolore gli aveva trafitto di nuovo le spalle. Chiuse gli occhi e trattenne un lamento, quando li riaprì vide solo il basso.
    “Lo sai? Mi sei tanto simpatico.” Era la voce di quello alto. Era dietro di lui, frugava in una borsa.
    “Che cosa stai facendo?”, gli chiese ansimando.
    “Che cosa stiamo facendo, vorrai dire. Come non ti ricordi? Abbiamo giocato così tanto insieme.”
    Enrico non capiva. Era disorientato, spaventato, e poi quel dolore alle spalle era come una spada conficcata nel cervello, gli impediva di ragionare, di pensare.
    “Perché non mi sleghi e continuiamo a giocare? Io così non mi diverto” Enrico cercò di assecondarlo.
    “Mm… ma no, io mi diverto, e poi adesso dobbiamo fare il gioco del serpente.” La voce era quella di un ragazzo che aveva da tempo superato la pubertà, ma le parole sembravano uscire dalla bocca di un undicenne. Articolava frasi infantili, come fanno i bambini che parlano con i loro giocattoli preferiti. Enrico se ne accorse, e la macchia sui suoi calzoncini si allargò ulteriormente.
    «E’ pazzo! Per lui è un gioco. Io sono il suo gioco!», pensò.
    “Non lo conosco”, disse Enrico trattenendo le lacrime.
    “Ora ti faccio vedere”, rispose quello alto.
    Lo sentì tornare verso di lui, e quando rientrò nel suo campo visivo aveva due oggetti in mano: un laccio da scarpa e una cintura.
    “Allora, ti spiego. Io sono un guardaboschi e tu un turista. Stavi facendo il tuo pic-nic e non ti sei accorto che il serpente era dietro di te.”.
    Quello alto si mosse, poggiò il laccio di fianco al piede nudo di Enrico, e gli infilò la cintura sotto la coscia.
    “Che cazzo fai!”, urlò Enrico
    “Oh, non essere volgare. E poi un turista si rivolge così a un guardaboschi?”
    Enrico seguì le sue mani mentre infilavano l’estremità della cintura nella cornice, i buchi scorrevano sotto l’ombra dell’ardiglione che sembrava voler scegliere quello giusto, le mani di quello alto si muovevano con disinvoltura e trovarono la circonferenza appropriata.
    Enrico si sentì stringere la coscia.
    “Ora siamo pronti”, disse quello alto.
    Scomparve di nuovo dalla vista di Enrico e gli si riposizionò alle spalle.
    Respiro uno…
    Respiro due…
    Respiro tre…
    Rientrò in scena. Aveva completamente cambiato portamento, quello che prima era un ragazzo goffo, obeso, con evidenti segni di instabilità mentale ora era:
    “…il guardaboschi Mitchell, della Contea del West. Lei è in pericolo signore. Vede quel serpente vicino al suo piede?”, disse indicando il laccio, ”è il serpente più velenoso del mondo. E l’ha morsa”
    Enrico lo guardava in preda a mille sensazioni.
    Confusione. «Che cazzo ci faccio legato a quest’albero.»
    Nausea. «Dio mi sono pisciato sotto, sto per vomitare…»
    Paura, una cazzo di paura. «Questo è pazzo…e quell’altro sembra non scomporsi nemmeno.»
    Quello alto fece una pausa, come attendendo una risposta, Enrico restò in silenzio, troppo impegnato a distogliere il pensiero dall’utilità di quella cintura.
    “Ok non parlare lo farò io”, disse infine quello alto.
    “Il veleno del serpente la ucciderà in pochi minuti”, aggiunse, ”dobbiamo fermarlo.”
    Enrico capì.
    Aveva visto troppi documentari e film che parlavano di persone morse da serpenti, e sapeva che l’unico modo per evitare che il veleno arrivasse agli organi vitali era quello di tagliare la parte dove il serpente aveva affondato i suoi maledetti denti. Le sue congetture divennero certezze quando quello alto tirò fuori il machete.



    “Dottore, è ancora privo di sensi, ha subito un grave choc. Gli abbiamo somministrato dei tranquillanti, la gamba era ridotta veramente male.” L’infermiera parlava con lo sguardo rivolto alla cartella clinica.
    “Quel taglio sulla testa?”, chiese il dottore.
    “Gli abbiamo applicato otto punti, era parecchio profondo.”
    “Pericolo di infezione?”
    “Abbiamo fatto un prelievo, per appurare eventuali infezioni. In ogni caso abbiamo iniziato anche la terapia di antibiotici per copertura. Ora attendiamo il risultato delle analisi.”
    “Aveva diverse fratture scomposte alle braccia, ed entrambe le spalle erano spezzate”, incalzò l’infermiera.
    Il dottore annuiva compiaciuto, forse più per le forme che per le risposte dell’infermiera.
    “Certo che l’hanno conciato per le feste”, disse il dottore distogliendo lo sguardo dall’avvenente infermiera.
    “Quando è arrivato con l’ambulanza era in fin di vita, è un miracolo che non sia morto.”
    Enrico ascoltò le loro parole, ma i suoi occhi non avevano la forza di aprirsi.
    «É finita, meno male, sono vivo, vivo…»



    “No, no ti prego…”, supplicò Enrico cercando di tirare indietro la gamba.
    “Zitto che sprechi solo energie, poi se svieni di nuovo non ci divertiamo più."
    Il ginocchio di quello alto bloccò la gamba sinistra di Enrico, procurandogli un’altra ondata di dolore, la mano sinistra impugnò la caviglia destra.
    “No la gamba no ti prego noooooooooo…” L’urlo di Enrico si alzò nel bosco disturbando il riposo degli uccelli.
    Il machete aveva tagliato l’aria riflettendo la debole luce rossa del sole al tramonto e, dopo un attimo di eterna sospensione, si era abbattuto all’ingiù come una ghigliottina.
    Schizzi di sangue avevano sporcato i vestiti e il volto di quello alto che non sembrò preoccuparsene, guardò il machete: il colpo non era stato abbastanza forte, la tibia non aveva ceduto del tutto.
    “Aaaaaaaaaaaaaa vaffanculooooo…” Enrico continuava a urlare con gli occhi sbarrati.
    “Tappagli la bocca, non senti che urla come un maiale?”, disse quello basso che nel frattempo si era girato a pisciare.
    Quello alto infilò una mano nella giacca e ne tirò fuori un rotolo di scotch da imballaggio, ne tagliò una striscia con i denti e cercò di chiudere quella voragine urlante.
    Il primo tentativo fallì. Enrico aveva la bocca spalancata e dimenava la testa.
    “Ti ho detto di chiudergli quel cesso!”, insistette quello basso tirandosi su la chiusura lampo.
    “Uffa, non ci riesco.”
    “E allora infilagli un cazzo di fazzoletto in gola! Porca puttana mi sta facendo venire l’emicrania.”
    “No! Devo prima finire, il turista non è ancora salvo”, concluse quello alto.
    Recuperò la concentrazione e cercò di estrarre il machete ma non ci riuscì: si era incastrato nell’osso. Ma lui doveva finire, il turista rischiava di morire e lui non poteva permetterlo. Si alzò, lasciando libere le gambe di Enrico, e pensò come fare a liberarlo da quel veleno.
    Era in un evidente stato di ansia, iniziò a sudare, le mani gli tremavano, sembrava un bambino sul punto di piangere perché incapace di eseguire un compito assegnatogli a scuola.
    Si guardava intorno in cerca di un’idea, mentre Enrico urlava di dolore. Si girò verso il basso e i suoi occhi cercarono consiglio. «Come faccio?»
    Il basso non si scompose e gli restituì uno sguardo freddo. «Cazzi tuoi tesoro.»
    Tornò a guardare il machete, la ferita aperta gli provocò un forte senso di piacere che si manifestò con un’evidente protuberanza all’altezza del cavallo dei pantaloni. Allungò una mano e strinse con forza il manico, il piede destro andò a fare pressione sulla punta della lama che sporgeva dalla gamba.
    Con dolorosa lentezza il taglio nella tibia di Enrico divenne sempre più profondo, accompagnato dalle sue urla; fino a quando la resistenza dell’osso fu nulla e il machete andò a toccare il terreno.
    Questa volta l’opera era compiuta.
    Un gran sorriso gli si stampò in volto, era felice. Tutto era andato come doveva, il turista era salvo e lui aveva fatto il suo dovere.
    Raccolse da terra ciò che una volta era di Enrico e lo osservò compiaciuto, come uno scultore osserva la sua opera magna, girandola e rigirandola per scoprirne tutta la sua perfezione.
    “Perché…perché…”, urlava Enrico.
    Quello alto si voltò verso il basso mostrandogli il pezzo di gamba di Enrico.
    “Posso tenerlo?”, gli chiese
    “Certo”, disse il basso, “è tutto tuo.”
    “Ma che bello… vedi ora un pezzo di te rimarrà sempre con me, quindi siamo amici”, disse quello alto con un sorriso ebete stampato in volto.
    “Ma chi cazzo siete?”, mugolò Enrico lanciando nell’aria sangue mischiato a saliva.
    Era sul punto di svenire, ma riuscì a non perdere i sensi. Il dolore alle spalle era sparito, quello alla gamba ora aveva la meglio.
    Il basso mise una mano in tasca tirandone fuori un pacchetto di MS, ne estrasse una e l’accese, poi guardò l’orologio.



    “É privo di sensi da almeno quattordici ore”, disse l’infermiera.
    “Ma non ha parenti? Amici?”, chiese il dottore.
    “Non lo sappiamo. La polizia penserà ad avvisare i parenti.”
    “Capisco. Il risultato delle analisi?”
    “Stiamo aspettando una risposta dal laboratorio.”
    “Bene, ma continuiamo con gli antibiotici.”
    Il dottore uscì dalla stanza e continuò il suo giro di controllo. L’infermiera recuperò delle garze sterili dal mobiletto di fianco al letto, e si apprestò a rifare le medicazioni a Enrico.
    La televisione della stanza continuava a trasmettere il tg regionale:
    “… non aveva dei gusti ben precisi, la qual cosa lo rendeva ancora più pericoloso. Il criterio di scelta delle vittime infatti era lasciato al caso, uomini, donne, anziani, non era importante per lui.
    Il commissario della polizia Giulio Senzi non ha voluto rilasciare dichiarazioni: “Dobbiamo redigere i verbali dell’arresto, l’unica cosa che posso dirvi al momento è che l’assassino si chiama Carlo Evangeli.” Queste le uniche parole delle forze dell’ordine…”
    «Fanculo. Vi hanno preso, pezzi di merda.»



    “Dobbiamo andare Carlo, sbrigati”, disse il basso accendendosi un'altra MS.
    Quello alto non gli rispose, perso com’era ad osservare la sua opera. Continuava a guardarla inebetito, sembrava non esistesse più nulla per lui.
    “Carlo! Mi hai sentito?”, insistette il basso.
    Un cenno di assenso.
    “E allora posa quel coso e sbrigati.”
    Quello alto raccolse uno zaino, poggiato vicino al tronco dov’era legato Enrico, e v’infilò l’arto amputato.
    “Che peccato, devo andare”, disse rivolgendosi a Enrico, “ma domani torno, tu non muoverti così finiamo il gioco.”
    “Carlo evita che urli ancora prima di andare! Riprova con lo scotch… fai qualcosa basta che stia zitto”, disse il basso.
    Quello alto mise una mano sulla tasca della giacca e avvertì il rigonfiamento del rotolo di scotch. No non funzionava, già aveva provato. Doveva trovare qualcosa di diverso, qualcosa di veloce…
    Si guardò in giro e gli si illuminò il volto, aveva avuto un’idea: un’idea geniale.


    “… ragazzo di ventiquattro anni, da bambino sembra avesse avuto già dei problemi…”
    «Ma erano due…»
    “… l’assassino quindi, sceglieva la vittima e, dopo averla aggredita, la trasportava in una zona dell’entroterra di…”
    «Cazzo erano due. Il basso. Quel bastardo che mi guarda...»
    “Signor Almeri mi sente? Dottore sembra si stia risvegliando”, disse l’infermiera.
    “É arrivato qualche familiare?”
    “Non ancora.”
    “… la difesa cercherà sicuramente di appellarsi all’infermità mentale del ragazzo…”
    «Il basso, il basso. Quello alto lo ha chiamato...»
    “Infermiera vada a prendere un’altra flebo, sta avendo una crisi.”
    “… non siamo ancora riusciti a intervistare i genitori del ragazzo…”
    «Sì, lo conosceva bene era…»
    “Ecco dottore.” L’infermiera lasciò la flebo e si diresse a passo veloce verso la finestra.
    “Chiuda quelle tende. Se si dovesse risvegliare ora la luce potrebbe procurargli delle lesioni alla retina: è da troppo tempo al buio”, ordinò il dottore.
    “… vittime accertate sembrano una ventina. É quasi pazzesco che una sola persona sia riuscita a uccidere…”
    “Infermiera avvisi l'anestesista e tenga pronta la sala operatoria, forse dovremo operare d'urgenza.”
    L’infermiera corse fuori della stanza. Il dottore controllava lo schermo che segnalava l’andamento cardiaco di Enrico, distolse lo sguardo dal macchinario e chiuse la porta.
    Enrico aprì gli occhi, la testa poggiata sul cuscino a guardare il bianco soffitto della camera d’ospedale. Provò a parlare, ma dalla bocca non uscì alcun suono.
    “Signor Almeri stia calmo, le abbiamo dovuto praticare una tracheostomia per aiutarla nella respirazione. Aveva il setto nasale rotto e le avevano riempito la bocca di terreno e pietre: è un miracolo che non sia morto soffocato.”
    La stanza era semibuia, riusciva a intravedere un fascio di luce che proveniva dalla finestra, con la polvere che danzava allegra al suo interno.
    Girò gli occhi e vide la sagoma di quello che doveva essere il dottore, cercò di nuovo di parlare ma senza alcun risultato. Chiuse gli occhi per raccogliere le forze.
    “Sta cercando di dirmi qualcosa signor Almeri?".
    Enrico fece cenno di si con la testa, e lo sentì avvicinarsi al letto; si concentrò e mosse le labbra.
    “Due?”, chiese il dottore, “ha detto due?”
    Enrico annuì e continuò.
    “Mio?”
    Enrico scosse la testa.
    “Zio?”
    Un accenno di sorriso gli riempì il volto, ce l’aveva fatta. Era riuscito a ricordarsi chi era quel rotto in culo che lo guardava, che li osservava. Era lo zio di quel bastardo. Ora poteva anche morire, era riuscito a comunicarlo a qualcuno che, anche se non avesse capito, l’avrebbe sicuramente riferito alla polizia…
    “Sì lo so signor Almeri. O la dovrei chiamare Enrico, tanto ormai è come se fossimo amici.”
    Enrico riaprì gli occhi, stupito. Non aveva forza, non poteva parlare, non poteva muoversi, ma ora il dottore si era avvicinato, e la penombra della camera non era più un problema.
    Riconobbe fin troppo bene la marca delle sigarette che spuntavano dal camice da dottore che portava il basso.

    Edited by Cryptoptic - 18/7/2008, 16:00
     
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  2. federica68
     
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    Ciao Crypto!!!
    bentornato!!

    ho visto le sistemazioni che hai fatto al racconto :asd: :asd: sono ok!!


    ti do 4!:woot:

    alla prossima ;)
     
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  3. Cryptoptic
     
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    Graaaaaaaassie Fede!
    Appena ho 2 min leggo il tuo. :D
     
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  4. federica68
     
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    CITAZIONE (Cryptoptic @ 7/7/2008, 19:54)
    Graaaaaaaassie Fede!
    Appena ho 2 min leggo il tuo. :D

    mi sa che vista la lunghezza, ti ci vorranno più di 2 minuti :fischio: :fischio:
    :asd:
     
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  5. shivan01
     
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    carissimo
    vedo che gli hai dato una bella sistemata

    mancano poche cose, ancora :fischio:

    ci sono alcune ripetizioni, tipo "dottore" a raffica verso la fine
    "Avevo il setto nasale rotto e le avevano riempito la bocca di terreno e pietre: è un miracolo che non sia morto soffocato" lì ci va un "aveva"

    e un paio di altre frescaccette

    bravo, bel lavoro comunque, 4
     
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  6. post-apo
     
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    buon racconto. se posso permettermi:

    SPOILER (click to view)
    il pezzo successivo al tizio alto che tira fuori il machete lo averi spostato da lì. Secondo me spezza la tensione, creando disturbo nel lettore. voglio dire, quel tizio tira fuori una lama e tu, zac, tronchi l'azione con un salto temporale. io l'avrei messo o prima che iniziasse il gioco del serpente, magari appena quello alto lo annuncia, o a fine azione, una volta tagliata la gamba


    ciao
     
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  7. Cryptoptic
     
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    Tolte un po' di ripetizioni e aggiustata qualche cosina.

    @shivan: Grassie
    @post-apo: Grazie di aver letto il racconto. In quel punto l'ho bloccato perchè volevo creare un po' di suspance :ph34r:.
    Più che altro lo vedevo come in un film: il cattivone tira fuori lo spadone e ti parte la pubblicità :sospysi: :sospysi: ; tu sei lì che lanci il telecomando in aria però non cambi canale, perchè vuoi vedere cosa succede. Volevo creare un po' questo, a costo di far incazzare il lettore :asd:
    Grazie ancora.
     
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  8. tar-alima
     
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    Il racconto mi è piaciuto abbastanza, anche se il mio animuccio Candy Candy si ribella... :sick:
    L'andamento è a posto, anche le interruzioni nella scena sono ok, però non mi convince del tutto. Qualche nota.
    SPOILER (click to view)
    CITAZIONE
    “Ora siamo pronti.” Disse quello alto.

    Dopo il discorso diretto, il "disse" va minuscolo, perché è come se la frase continuasse.
    CITAZIONE
    Il basso era poco distante da loro, immobile, sembrava annoiato da tutto ciò che stava accadendo, fumava e guardava l’ora in modo flemmatico.
    Si sentiva il lato destro del viso gonfio, un rivolo di calda sostanza gli arrivò a bagnare le labbra, l’inconfondibile sapore ferrigno non gli diede dubbi, sangue.

    Ci sono diverse frasi in cui l'utilizzo di sole virgole non mi sembra rendere molto; spezzerei diversamente.
    CITAZIONE
    Girò gli occhi e vide la sagoma di quello che doveva essere il dottore

    Qui sveli in anticipo che non è il dottore, cosa che già si immaginava prima, ma mi sembra meglio non confermarlo prima della fine.
    Tra l'altro, se ti mozzano una gamba quanto tempo passa prima che tu muoia dissanguato? Non sono un'infermiera, ma mi pare improbabile che lo trovino in tempo, tanto più che i due non sono stati interrotti dall'arrivo di qualcuno.

    Insomma, voterei 2 e 1/2; non potendo, 2. Ciao, alla prossima. ;)
     
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  9. Cryptoptic
     
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    Grazie per la lettura Tar-alima :D
    Non lo so mi fai sorgere dei dubbi a questo punto sul "dissanguamento"... :s...i:
    La cintura l'avevo messa lì di proposito per evitare troppo spargimento di sangue, e il taglio sotto il ginocchio idem onde evitare di recidere arterie troppo grosse :nghe:
    Attendo lumi....FEDERICAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA :asd:
    Grassie ancora comunque.
     
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  10. shivan01
     
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    ma come siete tecnici, ma che lavoro fate?
     
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  11. federica68
     
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    Allora Crypto, mi sono documentata.
    SPOILER (click to view)
    In effetti, il dubbio mi era sorto, ma avevo notato il laccio fatto con la cintura, e poi ne avevamo parlato già nell'altra sezione, quando abbiamo discusso dei tempi di ritrovamento.
    Non essendo molto pratica di amputazioni traumatiche (alcune cose le so quasi per certo, tipo se gli taglia la gamba alla coscia, lo ammazza a meno di interventi di qualche divinità taumaturgica), ma se scendiamo nei particolari devo documentarmi come chiunque altro :wub:
    Ho trovato solo questo (è l'unico documento che ho trovato sulle amputazioni traumatiche, sorry)
    http://www.salus.it/dol/mine_dol.html
    è un po' tecnico, ma ho capito che:
    poteva morire come forse anche no, specie se il taglio era basso. In effetti "tibia" potrebbe essere anche non subito sotto al ginocchio, dove l'arteria è ancora abbastanza grossa. Metti che poteva averlo amputato sotto il polpaccio, dove il muscolo si restringe, o anche un pochino più su, allora lì se lo trovano in fretta potrebbero salvarlo. Certo non sta molto in forma quando lo trovano, come minimo si becca una sfilza di trasfusioni, ma non credo molte di più di una frattura di femore in un incidente di moto, mettiamo.
    Tutto questo te lo dico a logica, però, non prenderlo per oro colato, ma non credo di sbagliare troppo il tiro, spero.
    fai bene a restare nel vago, così uno può adattare le informazioni, secondo me.


    bacio
     
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  12. Cryptoptic
     
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    Grassie signora infermiera :wub: :wub:
    lo lascio vago allora, senza addentrarmi già sono sbucati fuori una vagonata di problemi medici :nghe:
     
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  13. Jakken
     
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    Ciao
    SPOILER (click to view)
    Lo spunto è bello. Mi piace anche il fatto della non linearità.
    Credo che ti sia già consultato con Fede. Io ho qualche dubbio sul fatto che l'amputazione di una gamba, dopo le ovvie urla di dolore (a meno che non sia stata anestetizzata la zona), non provochi uno svenimento quasi immediato... o comunque nel giro di uno/due minuti.
    Ho visto ragazzoni di venticinque anni svenire in campo per fratture composte di tibie, caviglie, o rotture di legamenti.

    È chiaro che tutto dipende da quanto è alta la soglia del dolore... ma non mi sembra che Enrico sia un granché da questo punto di vista. Elementi che sciolgano i miei dubbi a proposito non ce ne sono.
    Io lo avrei fatto svenire più volte mentre quello tagliava, e poi di nuovo a cosa fatta, e poi l'avrei preso a sberle per farlo risvegliare. Ma non urlare solo "come un maiale..."

    Mi è anche venuta in mente la scena di Saw-L'enigmista, dove il poliziotto si prende a martellate il piede per farlo uscire dalla catene. In quel caso ho ritenuto possibile la cosa - anche se molto al limite - per la preparazione del poliziotto, per la carica di adrenalina che aveva in circolo, la determinazione a salvare la vita di un familiare...
    Ma nel tuo caso è diverso.

    Altro dubbio alla fine: mi sta benissimo che lui non riconosca l'uomo per via dello stordimento post operatorio, la penombra, ecc...
    Ma una volta che il basso parla e dice che sono amici, non ha senso fargli riconoscere la marca delle sigarette. Se la penombra non è più un problema, che lo riconosca dal volto, le movenze, la sola voce.
    Infine, cercherei di rendere ancor più vivida l'ambientazione boschiva.


    editing:
    Metti i pensieri di Enrico tra «...», mentre i dialoghi "..."
    Va bene, anche se trovo che il contrario sia molto meglio.
    Ma nel caso un cui i pensieri non siano in un contesto descrittivo, possono esserci dei problemi. C'è un momento del racconto, infatti, in cui al dialogo normale si alternano i pensieri di Enrico, con questo effetto:

    "... ragazzo di ventiquattro anni, da bambino sembra avesse avuto già dei problemi..."
    «Ma erano due...»
    "... l’assassino quindi, sceglieva la vittima e, dopo averla aggredita, la trasportava in una zona dell’entroterra di...”
    «Cazzo erano due. Il basso. Quel bastardo che mi guarda...»
    "Signor Almeri mi sente? Dottore sembra si stia risvegliando", disse l’infermiera.

    Per me può creare confusione visiva. Lo trovo brutto da vedersi. Opto sempre per una soluzione di questo tipo, con i pensieri in corsivo:

    "... ragazzo di ventiquattro anni, da bambino sembra avesse avuto già dei problemi..."
    Ma erano due...
    "... l’assassino quindi, sceglieva la vittima e, dopo averla aggredita, la trasportava in una zona dell’entroterra di...”
    Cazzo erano due. Il basso. Quel bastardo che mi guarda...
    "Signor Almeri mi sente? Dottore sembra si stia risvegliando", disse l’infermiera.

    Quando i puntini anticipano la frase staccali di una battuta
    «... A proposito, la gamba l'hai tu?»

    Poi:
    "fu una lacrima che si andò a mischiarsi al sapore del sangue."
    Meglio:
    che si mischiò al sapore del sangue, oppure, che si andò a mischiare al sapore del sangue.

    Voto: 2, siamo ben oltre lo spunto. Ma qui sono i particolari a farla da padrone, e se non mi convincono i dubbi pesano.
    ciao ^_^
     
    .
  14. Cryptoptic
     
    .

    User deleted


    Grazie Jakken.
    Sarò sincero, all'inizio i pensieri li avevo messi solo in corsivo, poi mi è venuto di metterci le caporali. Avevo pensato di sostituire le virgolette con le caporali stesse, ma poi ho capito di essere troppo pigro per farlo :sospysi: :sospysi:
    Poi il perchè delle sigarette, bhò :D mi sembrava che una persona allettata riesca a guardare meglio il petto che il viso di una persona in piedi. Forse il vedere solo le sigarette non è un ottimo segno di riconoscimento, però la frase del basso non dovrebbe lasciare dubbi.
    Ci penso un po' e poi vedo :D
    Grazie mille per la lettura e per i consigli.

    Edited by Cryptoptic - 11/7/2008, 12:54
     
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    Un racconto disturbante... nel senso che è cattivo, cattivo... che mi comunque catturato abbastanza.

    Ho due dubbi principali.
    Il primo è sul fatto che con una amputazione e dopo essere già stato ben pestato, Enrico non svenga di colpo. Non so se è il caso di sostituire l'amputazione con qualcosa di più sadico, tipo asportazione di una parte del polpaccio o di piccole parti del polpaccio... dove è stato morso dal serpente. Potrebbe essere ancora più un tormento e un divertimento per i due.

    Il secondo è che non trovo una giustificazione chiara (oltre al fatto che è rinco per le ferite e i medicamenti) che spieghi il fatto che non riconosce il secondo uomo, visto che riconosce il primo dalla televisione. Il finale, che deve dare la sorpresa e la rivelazione, è affidato alle sigarette... non so, non mi convince completamente.

    Nella parte centrale la mescolanza di pensieri (in corsivo) e descrizioni viste con gli occhi di Enrico tendono a confondere un poco.

    Comunque positivo: 3

     
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15 replies since 7/7/2008, 18:17   307 views
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