DeathRun
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DeathRun

di Nicola Roserba, fantascienza, 31000 battute o giù di lì

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  1. shivan01
     
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    ci riprovo con...


    DEATHRUN




    «Signore e signori! Benvenuti a questa Corsa valevole per il titolo mondiale di DeathRun! Stasera di fronte i campioni, i Panthers, e la squadra emergente del panorama mondiale, i Werewolves, reduci da dodici vittorie consecutive! Il tracciato di stasera è impegnativo: strade larghe, palazzi bassi, pochi ripari. Riusciranno i Panthers a difendere il titolo ancora una volta spedendo la loro lepre a meta per primi? Staremo a vedere! Restate sintonizzati su WBC! Linea alla pubblicità!»

    «Siamo i più forti, ragazzi! E non perché i bookmakers ci danno vincenti. Ce lo dicono tre anni di difesa del titolo, non saranno questi bastardi a metterci in difficoltà! Facciamolo insieme, per noi, per i soldi che abbiamo scommesso, e per Pablo!»
    Il ruggito della squadra riempie lo spogliatoio come un’onda di piena. Potente, arrogante.
    Pablo. Il nostro miglior Cacciatore. Gambizzato da un Cecchino un paio di mesi fa. Carriera finita. Per questo sono qui, stanotte.
    Mi danno per bollito da parecchio, una parte dei tifosi e della stampa vorrebbe che il team mi tagliasse, ma il coach si è sempre opposto. Una volta ero considerato il più forte, ma ora gli servo perché ‘faccio spogliatoio’. E sono carne da macello sacrificabile, all’occorrenza.
    Qualche volta provano a chiedermi perché continuo a farlo, a trentotto anni suonati, e non posso dire la verità. Racconto di amore per lo sport e un altro mare di stronzate. La realtà è che non ho quasi più un soldo, a forza di scommettere, e quel poco che mi è rimasto me lo sono giocato tutto in questa gara, o la va o la spacca. Questa sarà l’ultima, comunque. Non ce la faccio più.
    Stasera siamo sei runners cazzutissimi però; Ian sono settimane che non sbaglia un colpo, è il miglior Cecchino in circolazione, e lo sa. José, la lepre, è in piena forma, e con Marcus a fargli da Custode andiamo tranquilli. Cacciatori, oltre a me, ci sono Akiko e Danny, il capitano. Una squadra coi fiocchi.

    Il campo di gara è un casino, cinque chilometri di casette di merda. L’abbiamo studiato a lungo col coach, e sappiamo cosa dobbiamo fare. Non piove, per ora. Meglio, direi. Siamo tirati come molle, davanti a questa porta blindata.

    «Sono le ventidue. Tutto è pronto per l’inizio, ed ecco la sirena! La corsa è cominciata! Unica regola: non ci sono regole! Buon divertimento al nostro pubblico!»

    Il lamento stridulo ci ferisce le orecchie, ma lo accogliamo con un urlo di guerra. La porta si apre e un nastro di asfalto nero si srotola davanti a noi fino a farsi inghiottire dalla notte.
    «Visiera!», ordina Danny. Il mondo davanti a me si tinge di verde marcio, mentre accendo il sensore all’infrarosso.
    Ian si gira verso di noi, fa un gesto di saluto e sparisce nelle tenebre. Nessuno come lui sa diventare un’ombra. Sappiamo che fino alla fine non lo rivedremo, se lui non vorrà.

    José si avvicina e mi abbraccia, come fa sempre. Ho scoperto io questo talento che ora è diventato un campione, anche se ha solo ventitrè anni. L’ho cresciuto sul campo come un figlio, e lui mi adora. Vederlo scomparire nel buio con Marcus mi fa male, come sempre. Forse, stavolta, un po’ di più.
    Danny ruggisce: «Sapete cosa fare, disponiamoci a pettine e occhi aperti. Contatto radio! Ian?»
    «Affermativo»
    «Jose? Marcus?»
    «In posizione.»
    «Okay andiamo», conclude lui, facendoci cenno di seguirlo.

    La notte ci avvolge subito, come la gola di un mostro preistorico. Le sagome degli edifici, una volta una città fiorente, sembrano ciechi fantasmi di un tempo che non è più. La luce delle stelle disegna strane ombre a terra, tra lampioni e carcasse d’auto arrugginite.
    C’è una lieve brezza, che mi carezza il viso senza far rumore. Seguo i passi di Danny, e mi sorprendo una volta di più di come un uomo di quella stazza possa essere così silenzioso. Akiko, al mio fianco, si muove come una pantera. La ragazza è eccezionale, nel gioco come a letto. Un terzo dan sacrosanto anche nel sesso.

    «Partiti! La lepre dei Panthers, José Cabena, si è nascosta poco lontano dall’entrata! I tre Cacciatori si dispongono a ventaglio intorno a Union Street che taglia in due il campo di gioco! Sembra che abbiano scelto una tattica aggressiva per finirla subito. Ma non avranno sottovalutato i Werewolves? Abbiamo già perso di vista i due Cecchini, ma è normale, cari telespettatori. Di loro sentiremo cantare solo il fucile di precisione. E speriamo di udirlo presto!»

    Ci addossiamo a un muro, all’inizio del viale. Abbiamo deciso di rischiare e di percorrerlo tutto. Ci porterà a un chilometro dal traguardo. Se ci riusciremo, poi sfonderemo tutti assieme e vinceremo facile. Accarezzo l’impugnatura del coltello, unica arma consentita a noi Cacciatori e al Custode, e mi tranquillizzo, come se potesse farmi anche da scudo. Non ho mai capito come fanno le Lepri a giocare disarmate.
    Danny mi dà una manata sulla spalla e mi fa cenno di andare. Il tempo delle riflessioni è finito.
    Il piano è che lui percorrerà la Union, mentre io, alla destra, la parallela Liberty. Akiko seguirà West Road.
    «Cacciatori in movimento. Ripuliamo la zona e poi vi diamo il via. Lepre?»
    «Ricevuto.»
    Mi inoltro nella notte e mi sento sparire nell’ombra che mi avvolge. L’addestramento militare mi rende invisibile: svanisco tra gli angoli dei palazzi e gli scheletri delle automobili. Procedo guardingo, i sensi tirati allo spasimo. So dove sono i miei compagni e se scorgo un movimento ci sarà di sicuro da combattere.
    «Incrocio con la Pacific raggiunto», sussurro.
    «Ricevuto», risponde Danny. La sua voce gracchiante è l’unico segno di vita in questo cimitero a cielo aperto. So che miliardi di occhi stanno osservando me e gli altri, attraverso le mille e più telecamere che riprendono le strade, ma la sensazione di solitudine, e di pericolo, è palpabile.
    Sono in uno show, lo so, ma di tutto il clamore, qui non arriva nulla. Una volta sono stato nei locali di regia di una Corsa, mi sembrava di essere nella sala comandi di una missione spaziale, di quelle che si vedono in televisione. Impressionante. Ma qui sono solo io, le ombre e il mio coltello. L’auricolare un tenue cordone ombelicale con l’Umanità.

    «I Panthers avanzano. Anche con le telecamere a infrarosso si vedono appena. Eccola! Vedete Akiko Fukuda? Osservate la velocità di movimento! È eccezionale! I campioni sembrano in forma splendida stasera! Ce la faranno i Werewolves a metterli in difficoltà? John?»
    «Io sono curioso di vedere se Mark Hollins dovrà affrontare Joe Fitzroy, il runner che ha massacrato un paio d’anni fa. Il gigante dei Werewolves, che allora correva per i Lizards è stato sei mesi in trazione, e penso che non si farà sfuggire l’occasione di vendicarsi! A te Max!»
    «Davvero una sfida nella sfida, cari telespettatori! Restate con noi e scopriremo insieme come andrà a finire!»


    Uno strappo nel silenzio nella notte.
    Un colpo secco della carabina di un Cecchino, poco più avanti, sulla sinistra. Non posso parlare, io. L’unico autorizzato, salvo check, è Danny.
    «Ian! Rapporto!»
    Un secondo di silenzio, troppo. «Ian!»
    «Sì, stavo cercando di capire se l’ho colpito», gracchia la voce nell’auricolare.
    «Era un Cacciatore?»
    «Credo di sì, dovrei averlo preso ma si è nascosto, vado a controllare.»
    «Stai in copertura, e fai rapporto.»
    «Okay. Chiudo.»
    Danny ci dà ordine di fermarci e di raggrupparci sulla Union, incrocio con la Ocean. Mi avvicino, e scorgo le sagome dei miei compagni già in posizione, dietro una macchina. Akiko si è mossa con una rapidità incredibile, oppure sono io che mi sto facendo vecchio.

    Ci guardiamo negli occhi, in silenzio. L’attesa è l’eterna compagna di giochi, nel DeathRun. Può durare ore, per poi esplodere nell’azione frenetica di pochi attimi.
    Un lieve fruscio nell’auricolare, «Qui Ian, il Cacciatore è qua intorno, vedo del sangue a terra...»
    «Ian, non ti sento bene, problemi?» chiede Danny.
    «Non so, io vi sento, passo.»
    «Okay, dove sei?»
    «West Road, incrocio Coventry.» Era a due isolati più avanti. Ian doveva aver volato.
    Danny ci guarda, «Andate, e toglietemi quello stronzo dalle palle.»
    Faccio cenno alla ragazza di far strada e lei si avvia senza rispondere. Non chiedo a Danny dove sarebbe andato, non spetta a me saperlo.
    Seguo i movimenti felini della giapponese, che sembra correre leggera senza quasi toccar terra. Le sto dietro senza faticare e ne sono contento, finché non penso che lei se la sta prendendo comoda per non umiliarmi. A letto, spesso mi prende in giro per i miei acciacchi e mi tocca ricordarle di ripetermelo quando anche lei avrà sulle spalle vent’anni di battaglie.

    Ho la mappa stampata nel cervello. So che siamo vicini. Anche Akiko rallenta e si ferma dietro l’angolo di Union.
    «In posizione», annuncio a Ian. Lo strappo alla regola del silenzio, stavolta, è giustificato.
    «Sono su Coventry, lato sud, il Cacciatore dovrebbe essere nel palazzo di fronte a me.»
    E quindi di fronte anche a noi, indico alla ragazza. Lei annuisce e poi mi sventola in faccia tre dita. Due. Una. Via!
    Superiamo l’angolo. Neanche il tempo di un battito di ciglia, e un colpo di fucile scheggia il muro a fianco a noi.
    Ci gettiamo a terra e strisciamo di nuovo dietro l’angolo.
    «L’ho visto, fatevi vedere», ci gracchia la voce metallica di Ian nelle orecchie. Il maledetto Cecchino dei Werewolves, proprio lì dentro. Il Cacciatore l’ha chiamato in soccorso, è chiaro.
    Akiko sporge un braccio e lo ritrae veloce. Un altro colpo fa scempio dell’intonaco dove un attimo prima c’era la mano della ragazza. Un secondo colpo, subito dopo.
    «Preso. L’idiota s’è esposto troppo. Venite avanti.»
    Lei mi fa un cenno d’intesa, si alza, gira l’angolo, e un fiore di petali rosso sangue si disegna nell’aria mentre la sua testa esplode.
    Per un attimo, il suo corpo resta sospeso in aria, come se non volesse morire, ma poi mi stramazza addosso.
    Sono coperto di sangue. La fronte di Akiko non c’è più. Gli occhi ancora luminosi sembrano fissarmi in un muto atto d’accusa.
    Resto un secondo immobile, inebetito, sordo al mondo intorno a me. ‘Non doveva andare così, no, non così!’, balbetta la mia mente.
    Piano piano, la voce potente di Danny buca la coltre del mio torpore. «Che cazzo succede? Mark! Mark!»
    «Akiko a terra! Ripeto, Akiko a terra!» riesco a dire con voce stridula.
    Non riesco a credere a quello che è successo, no, è impossibile!
    Non che l’amassi, né posso dire di averla considerata un’amica, ma era una parte del mio mondo. È come se un pezzo di esso fosse svanito con lei. Sono incazzato, oh sì! Eccome, ma quasi più con lei, per questo, che con chi l’ha uccisa.
    Danny sbraita ancora: «Ma come cazzo è successo? Ian!»
    «Non lo so capo, pensavo di averlo preso...», balbetta il cecchino.
    Non so come accadano queste cose, ma ho un attimo di lucidità. «Ehi, Ian, quanti schemi di combattimento abbiamo?», chiedo. Domanda semplice, per Ian.
    «Cosa?», fa lui, «ma che cazzo di domanda è?»
    Danny sembra aver capito al volo. «Ian, rispondi alla domanda.»
    Uno, due, tre secondi. Tre di troppo, poi lui ci spara un «Dieci» che non convince nessuno. Merda!
    «Cecchino a terra, radio compromessa, Panthers. Passiamo a codifica Bravo. Ripeto, codifica Bravo.»
    La mia mente, a volte, sembra riconfigurarsi da sola. E stavolta carica il software di sopravvivenza. So che siamo nella merda, e come finiscono certe Corse. Con una sconfitta e tante tombe da coprire di fiori. Cazzo questa è l’ultima per me. Non se ne parla di farmi ammazzare in questo posto di merda.
    Danny ha già preso la situazione in mano e sbraita ordini in codice alla lepre e a me. Ordini che so di dover eseguire, se non voglio crepare qua.

    «Straordinario! I Werewolves hanno attirato i Panthers in un’imboscata! Fukuda è a terra, crediamo sia andata. Cosa faranno i campioni adesso? John?»
    «Beh, la situazione si è complicata, Max, Danny Boden dovrà ridisegnare la tattica in fretta se non vogliono perdere il titolo, e magari nemmeno la pelle. Riuscirà il vecchio Mark Hollins a non far rimpiangere la loro Cacciatrice Ninja?»
    «Lo sapremo presto, ma ora andiamo in pubblicità! Restate con noi!»


    Devo tenere la posizione su Union, mentre Danny va in perlustrazione sul lato di Liberty. Scelta saggia. Se il Cecchino si azzarda ad attraversare la strada o solo a strusciare una porta, gli taglio la gola.
    La notte cade di nuovo su di me. Una pace irreale che odora di morte sembra cristallizzare l’aria ferma. Il venticello è calato e ora nessun suono mi porta notizie del mondo.
    Il silenzio radio è totale; la codifica Bravo non permette certo chiacchierate.
    José, poi, non so se si è mosso o se è ancora rintanato. Sta andando tutto in merda e spero che non si muoverà finché non si sentirà al sicuro, per quanto lo si possa essere tra queste strade nere.

    Il tempo sembra non passare mai, sono ore che mi nascondo qui. È sorta la luna, e sapevamo che non lo avrebbe fatto prima dell’una di notte.
    Mi guardo intorno, in cerca di movimenti, anche se so che ormai il bastardo che ha fatto fuori Akiko e Ian è lontano. Il corpo della ragazza è un fagotto scuro, buttato per strada come se non avesse più valore, e questo mi fa male. Per me lo ha, cazzo! Domino l’istinto di correre da lei e cullarla, ma non lo faccio. Ho paura di quegli occhi morti che mi accusano di non averla difesa.
    Ma non è colpa mia.
    Non è colpa mia!
    «Panthers!» la voce affannata di Danny buca il vuoto di queste ore morte.
    «Sì», rispondo io, quasi in contemporanea con José.
    «Lepre! Convergere alla Zona A! Immediatamente!»
    L’ordine è imperioso, uno dei suoi, ma una scarica gelata percorre la mia spina dorsale. La codifica Bravo impone riferimenti numerici per i punti chiave della mappa, non lettere. Danny è out, e ce lo ha voluto far sapere sbagliando il Codice. Lo so io e anche José, spero. Gli ordini sono di restare nascosti, in questo caso, ma non ci penso proprio. Non Danny, non anche lui cazzo!
    Getto un ultimo sguardo alla strada, poi scatto in avanti. So dov’è la Zona A, un mezzo chilometro da qui, non di più. E corro.

    «Hollins è partito! Guardate! Corre in mezzo alla strada, è pazzo! John?»
    «Non so cosa gli giri per la testa, Max, ma non potrebbe fare una cosa più pericolosa! Chiedo alla regia di seguire ogni attimo di quest’azione!»


    Mi addosso a un muro e striscio secondo le regole dell’infiltrazione, o perlomeno quelle che mi ricordo in questo momento. Sono incazzato, e so che è un problema. Un runner non dovrebbe mai perdere la calma, regola numero uno. Ma stanno facendo la festa a Danny, e lo impedirò!

    Eccolo lì, il palazzo. Dentro di esso, un cortile, la Zona A. Sono dieci metri da fare allo scoperto. Un’infinità. Tiro un sospiro profondo, poi mi slancio in avanti. Mentre corro, so che potrei crepare in ogni istante, ma scopro che non me ne frega un cazzo. Corro e basta.
    E sopravvivo.
    Sperando di non aver fatto troppo casino, mi avvicino all’entrata. Sto per imboccarla, quando un’ombra mi passa davanti correndo. Il coglione non mi ha visto, quindi non può essere Danny.
    Guardo quella schiena per non più di un secondo e sono certo che non è quella del mio capitano.
    Allora faccio quello per cui sono stato addestrato, e anche con piacere, stanotte. Estraggo il coltello e lo lancio.
    La lama disegna un arco argenteo nell’aria e poi si pianta nel punto preciso dove la volevo. In mezzo alle scapole del bastardo.
    Il Werewolf, fulminato, cade a terra, senza un grido. Vado da lui e gli pianto un piede in testa, a far da perno mentre estraggo l’arma dalla sua schiena. Spreco un attimo a guardare quel volto. È giovanissimo, massimo vent’anni. Sapevo che ne avevano uno in squadra, ma cazzo è poco più che adolescente!
    ‘Beh, vaffanculo, se l’è meritato’, penso.
    «Ehi, Wolves, siete uno di meno! Venite a seppellire il vostro ragazzino!» grido alla radio. Urla di gioia di José e Marcus mi fanno da eco.
    Poi mi volto e corro nel cortile.
    Danny è lì, appoggiato al muro in un angolo. Sul petto della casacca dei Panthers, colore del piombo con piccole righe verticali oro, è spuntato un diadema rosso. La testa reclinata, le mani abbandonate, a palmi in su. Non mi sono mai sentito così solo.

    «Grande azione di Hollins! La classe del vecchio guerriero è venuta fuori, vero John?»
    «Certo, Max, ma che faranno ora i Panthers? Sono rimasti in tre, i Wolves sono in netto vantaggio. È la fine di un dominio che sembrava inarrestabile?»


    Tocca a me prendere il comando. «Panthers! Meeting alla Zona Tre, ora!»
    Parto di corsa verso la destinazione, non mi curo di proteggermi. Sto tornando verso la zona di partenza, e da quelle parti non dovrebbero esserci altri Wolves.

    Li trovo già lì. José ha uno sguardo spaurito. Non ha mai perso, lui, e sembra chiedermi con gli occhi cosa deve fare. Per salvarsi la pelle, soprattutto. Marcus invece sembra un leone in gabbia. Ha sempre odiato fare il Custode, e quando il coach l’ha cambiato di ruolo è sembrato impazzire.
    «Hanno ammazzato anche Danny. Questi bastardi non hanno onore. Allora, ragazzi, dobbiamo muoverci, ora. Loro coprono il territorio meglio di noi. Vinceranno, se non partiamo subito. State dietro a me, okay? La radio rimane accesa ma lasciatela stare, non ci divideremo più.»
    Mi fanno cenno di sì e allora mi ributto di nuovo in strada.
    Union, poi West. Incrociamo la Ocean, poi la Coventry e la Falkirk.
    Di Werewolves nessuna traccia. Faccio cenno di fermarci. Riprendiamo fiato e tracciamo sulla mappa una strada verso la meta.
    José è attentissimo, il naso quasi schiacciato sulla carta, studia ogni mossa, ogni svolta, ogni distanza.
    A Marcus le strategie non interessano. È nervoso, vuole l’azione. Ha perso degli amici anche lui, stanotte, e non vuole che vendetta. L’abbiamo notato nei campionati carcerari. Era dentro per omicidio e appena è uscito l’abbiamo messo sotto contratto. È un animale. Quello che ci serviva.

    «I Panthers sono partiti! Sembra che vogliano giocare all’attacco questa fase della Corsa! Che accadrà, John?»
    «Secondo me non hanno alternative, Max. La scelta di Hollins è disperata, ma anche l’unica possibile. Certo è che più si avvicineranno alla roccaforte dei Wolves e maggiore sarà il rischio di venire intercettati.
    Piuttosto non capisco perché la lepre degli sfidanti non sia scattata, Max! Ha la strada fino alla meta. Qualche idea?»
    «Beh, John, che la strada sia libera lo sappiamo io, te e gli spettatori, ma non certo loro. Forse pensano di avere la vittoria in pugno e se la vogliono giocare con calma.»


    Faccio strada io. Mi spetta, e voglio farlo. José mi sta attaccato alle sottane e Marcus chiude il gruppo.
    Procediamo per mezz’ora, forse più, ma copriamo poco terreno. Restiamo al riparo, per quanto possibile. Loro sono ancora quasi al completo e so che Fitzroy mi sta cercando.

    Attraversiamo di corsa la Hill, non prima di aver atteso a lungo nell’ombra, immobili, cercando di percepire movimenti o rumori.
    Ci muoviamo veloci e, come ci siamo allenati a fare, ci fermiamo solo addosso al muro, sbattendoci con violenza. Lo faccio io, e mi accuccio subito. José sembra senza peso e non fa rumore. Anche Marcus sbatte sul muro e si abbassa. Immobili, sentiamo uno scricchiolìo, e poi il vetro di una finestra viene giù con fragore. Le vibrazioni degli urti, anche se minime, devono aver smosso qualcosa in alto.
    Impreco sottovoce e ci guardiamo, gli occhi sgranati. Impongo a tutti il silenzio assoluto. A lungo. Dieci minuti almeno.
    Decido poi che non ci hanno sentito e faccio cenno di proseguire. Ci alziamo e ci avviamo lungo il marciapiede. La meta non è lontana, ma non facciamo che un paio di passi, e sento un fruscio alle nostre spalle.
    Mi irrigidisco e mi giro, in tempo per vedere la lama di un coltello terminare il suo volo nel collo di Marcus, che crolla a terra gorgogliando sangue. La sua mole scende come un sipario e mi rivela dietro di essa i due Cacciatori dei Wolves. Il cinese, e Fitzroy.
    Avanzano ghignando.
    Arretro e spingo José dietro di me. Il ragazzo puzza di paura e lo sento tremare, quando lo tocco.
    «Al mio via, scappa più veloce che puoi.» Gli sussurro senza girarmi. Lui mi stringe un braccio in segno d’assenso.
    Il giallo estrae la lama dal collo di Marcus e scavalca il cadavere.
    «Ciao, Mark! Ci ritroviamo eh?» ringhia, Fitzroy. Dio, quant’è grosso!
    «Ciao, Joe, fatto bene la terapia?» gli rispondo cercando di farlo incazzare.
    «Brutto stronzo, non è stata niente rispetto a quello che ti farò adesso!» ruggisce avanzando.
    «Vai! Ora!» grido a José. Lui non se lo fa ripetere due volte e scatta via veloce, come se avesse la morte alle spalle. A ben pensarci, è proprio così.
    Mi lancio sul gigante, che barcolla indietro. Cadiamo a terra. Lo sento gridare: «Vagli dietro, idiota!»
    Percepisco il cinese che scatta dietro al mio compagno.
    Rotolo via e mi rialzo, a un paio di metri da Fitzroy. Anche lui si è tirato subito in piedi. Si passa il coltello di mano in mano e non ghigna più. Sta scegliendo il modo di ammazzarmi.

    «Ecco la resa dei conti! Quella che tutti aspettavamo! Hollins contro Fitzroy!»
    «Sì Max, ci siamo! Credo che Hollins in uno scontro corpo a corpo non abbia chance contro il suo avversario. Dovrà agire d’astuzia. Ma non punterei i miei soldi su di lui. Anzi, ho già messo un bel gruzzolo sul gigante dei Wolves, a dire il vero! A te, Max.»
    «E non dimentichiamo l’altro scontro. Come farà Cabena a sfuggire a Yang? È veloce, ma il cinese lo è altrettanto, ed è anche armato!»
    «Credo che per i Panthers stavolta ci sia poco da fare!»


    Arretro fino in mezzo alla strada. Mi servono tutte le vie di fuga possibili. Lui mi segue. Giriamo in tondo. Lo fisso negli occhi, come lui fa con me. Le mani non contano: quando partirà, lo capirò dal suo sguardo.
    Il fisico del gigante sembra esplodere sotto la divisa. I muscoli tesi allo spasimo. È evidente che attendeva questo momento da anni.
    E sa aspettare, il bastardo. È bravo, lo devo riconoscere. Stringo l’impugnatura della mia lama e non faccio una mossa, a parte ruotare. Tocca a lui.
    Secondi lunghi una vita. Sospesi.
    Poi scatta, dritto su di me, il braccio armato arretrato a caricare il colpo. Io mi abbasso verso destra, e sposto il pugnale nella mano sinistra. Rotolando via, gli ferisco la gamba.
    È un taglio superficiale, ma lui ruggisce furioso. Serviva a questo.
    Riprendo a girare, e lui con me. Il sangue gli cola dalla ferita.
    «Fa male, stronzo?»
    Lui non risponde.
    «Cosa vuoi che ti rompa stavolta?» lo provoco.
    E lui riparte.
    Stavolta corro all’indietro e lui perde l’abbrivio dell’attacco. Alla fine tira il fendente. È facile evitarlo, ma non prima di ferirgli il braccio armato.
    Lui tira un altro colpo, all’indietro, ma è troppo sbilanciato. Mi manca, e per me è facile infilargli il coltello nell’addome. Fino al manico. Poi rotolo via disarmato.
    Mi rialzo subito e lo vedo ancora in piedi. Si sfila il coltello da solo, con un grugnito selvaggio. Mi viene addosso, ma barcolla. È lento.
    Gli tiro un calcio alle costole. Devo avergli rotto qualcosa, a giudicare dallo scricchiolio.
    «Costole! Fa male eh?»
    Lui ormai urla senza senso e avanza. Un passo, due, tre, poi cade in ginocchio.
    Mi guarda con occhi d’odio infinito, le mani sporche del suo sangue ancora strette sui pugnali.
    Gli tiro un calcio in faccia e anche il naso è andato. Lui stramazza sulla schiena.
    Scalcio via il suo coltello e afferro il mio.
    Gli monto cavalcioni sul petto e vedo che sta già morendo. Decido di dargli una mano. Non sia mai che guarisca un'altra volta e mi venga ancora a cercare, dopo questa figura di merda che gli ho fatto fare in mondovisione.
    «Ciao bello! Sei sempre stato una mezza sega.» Gli sussurro, e gli pianto il coltello nel cuore, stile cacciatore di vampiri.
    Lui sussulta e poi si accascia. Uno di meno.
    Estraggo la lama e la pulisco sulla sua casacca. La rinfodero, poi prendo anche l’arma del morto.
    «Cacciatore a Lepre. Posizione.»
    «Zona Sei...», sussurra, «lui è qui in giro.»
    «Arrivo, stai nascosto. Chiudo.»

    «Straordinario Hollins! Ma chi ha detto che era finito? Credo tu abbia perso parecchi soldi, John!»
    «Ne valeva la pena per assistere a questo scontro. Hollins sembra avere più vite di un gatto, ma riuscirà a salvare la lepre?»
    «Lo vedremo, intanto godiamoci il replay offerto dalla StarTours, dove tutto è possibile!»


    La Zona Sei è una scuola. José ha scelto un buon posto per nascondersi.
    «Sono in posizione, Lepre.»
    «Secondo piano, ala sud.»
    «E lui dov’è?»
    «Credo ancora al pianterreno. Sta setacciando la scuola.»
    «Chiudo.»

    Scivolo verso l’edificio e mi acquatto sotto una finestra a un metro da terra. L’entrata è poco più avanti, ma è allo scoperto, non se ne parla.
    La finestra è socchiusa. Resto in ascolto per un attimo. Nessuno. Allungo una mano e il cardine dell’anta scorre senza rumore. Un mezzo miracolo.
    Mi arrampico e mi tuffo dentro, rotolando sul pavimento. Parquet. È una palestra. Nessuno.
    Parto in esplorazione.
    Corridoi deserti, nella penombra verdina del sensore a infrarossi. Sembrano non avere fine; tagliano a fette il piano terra. Aspetto.
    Quasi subito scorgo in lontananza la sagoma del cinese. Entra ed esce dalle stanze. Non mi ha visto, per ora.
    Mi muovo verso di lui e sgattaiolo in una porta. È fottuto, adesso.
    Entra nella stanza e io gli taglio la gola da dietro, senza troppe cerimonie.
    Lui crolla a terra e io aggiungo un altro coltello alla collezione.
    «Campo libero, Lepre, scendi.»
    «Ricevuto.» Il tono sollevato con cui mi risponde mi fa sorridere.

    Ci ritroviamo all’entrata. Gli do una pacca sulla spalla. «Finiamo questa cosa, adesso.»
    «Dove sarà la loro lepre?»
    «Non lo so, ma sarà partita ormai, dobbiamo sbrigarci. Andiamo.»

    La meta è sotto quell’edificio massiccio. Sono due costruzioni gemelle che sovrastano un arco e bisogna passare lì in mezzo.
    Lo indico a José, che annuisce. Fa per scattare ma lo trattengo.
    «Aspetta qua.»
    C’è una carcassa di automobile a cinque metri da me, parto di corsa e mi arriva una fucilata. Mi colpisce di striscio al braccio sinistro. Cazzo, il cecchino! Rotolo a terra, grugnendo di dolore, ma sono al coperto, almeno.

    «Uno sparo in zona di meta dei Wolves! Hollins è riuscito ad arrivare fin là! Eccezionale!»
    «L’avevamo perso di vista, infatti, dopo la scuola. Che uomo incredibile!»


    La ferita è poca cosa. Faccio un cenno che sto bene a José che mi fissa da dietro l’angolo.
    Penso in fretta a come rimediare alla cazzata che ho fatto.
    Sbircio la strada. Merda, sono cinque metri, un abisso.

    Mi tolgo la casacca. Resto in t-shirt, quasi tutta rossa di sangue.
    «Ascoltami, ora lo distraggo, e tu scatta! Attraversa di corsa, okay?»
    Lo vedo esitare.
    «Cazzo, soldato, rispondi!»
    Lui annuisce nervoso.
    «Al mio via.»
    Mi accuccio in ginocchio e avvolgo i due coltelli che ho preso ai Wolves nella casacca, per dare peso al fagotto.
    Guardo il ragazzo un’ultima volta. Mi fissa, come fossi la sua ultima speranza. Merda.
    Scruto il marciapiede. Respiro, l’aria mi entra a fatica nei polmoni, poi prendo l’involto col braccio buono e grido «Via!» mentre lo lancio più lontano possibile sulla mia destra.
    José è scattato e io lo seguo e ruota, correndo a zigzag, mentre due colpi di carabina maciullano la mia divisa.
    Poi un altro colpo mi passa a due centimetri dall’orecchio assordandomi, ma siamo entrambi al coperto nel giro di tre secondi.
    L’udito è andato. Mi ronza tutto in modo feroce. Sussurro a José che sono sordo.
    «Andiamo», mi fa, aiutandosi a gesti. Scrollo la testa. «No!»
    «Cosa?»
    «Secchiamo questo figlio di puttana. Ha ammazzato Ian e Akiko!» forse urlo un po’, ma non sento un cazzo.
    «Ehi, José, devi essere tu le mie orecchie. E stai attento, lui sarà in movimento ora.»
    Lui annuisce e scivola nel portone del palazzo.

    «Cosa fanno Hollins e Cabena? Si sono infilati in quel palazzo invece di andare a meta! John!»
    «Cercano vendetta! Peccato che le regole del gioco non permettano di vedere le azioni negli edifici, Max!»
    «Davvero un peccato, John! Speriamo che la Federazione le cambi alla svelta!»


    È uno di quegli edifici vecchi, con un ascensore in mezzo all’androne e le scale che lo avvolgono come un freddo pitone di marmo. Il bastardo dovrebbe essere ai piani superiori.
    A quanto vedo, il portone da dove siamo entrati è l’unica via d’uscita, non può scappare. Faccio segno a José di salire con cautela.
    Strisciamo lungo il corrimano. Primo piano. Silenzio.
    È una questione di attese, in genere, ma tempo non ne abbiamo. Il culo ha voluto che ci sia un corridoio con un’uscita sola verso le scale. Indico che seguirò il metodo d’irruzione. Scalciare le porte e buttarsi a terra.
    Lo farò io, gli dico. Non serve l’udito a fare così, perché lui sparerà subito verso l’entrata.
    José rimane dalla parte delle scale, pronto a scattare verso di me se lo sente scendere dai piani superiori.
    E io comincio.
    Sono stanco, cazzo. Ogni porta è una scarica di adrenalina della quale non ho certo bisogno.
    Dieci porte. Nulla.
    Torno verso il mio compagno. Non ha sentito niente da sopra. Saliamo.
    Secondo piano, niente.
    Terzo, nemmeno.
    Mi sfiora il pensiero che si possa essere rifugiato sul terrazzo. Spero di no, sarebbe una lotta in campo aperto con un Cecchino armato e gradirei evitare.
    Quarto piano.
    Prima porta, seconda. Alla terza parte un colpo di fucile che evito per miracolo. José è ancora vicino. Gli faccio segno di avvicinarsi mentre sfodero il coltello. Amo quel contatto, ora più che mai.
    Gli dico a gesti di correre lungo il corridoio, passando davanti alla porta il più veloce possibile. Annuisce, e io mi accuccio giusto dietro lo stipite.
    Gli do il segnale. Lui scatta. La pallottola lo manca di un niente. Io rotolo nell’apertura mentre so che il Cecchino sta ricaricando e lancio il coltello con precisione millimetrica.
    L’uomo con uno sguardo incredulo osserva il manico dell’arma spuntargli dal petto, poi crolla a terra.
    Volo dentro e gli tolgo il fucile dalle mani. Non si sa mai.
    José torna indietro e si affaccia. Gli mostro il fucile. «Guarda, questo stronzo usava quello di Ian...»
    «Pezzo di merda. Dai andiamo!» mi fa cenno avviandosi. Poi si ferma, perché non lo seguo.
    «Che fai?»
    Io sto ancora guardando quell’arma fredda, impersonale. Poi alzo gli occhi su di lui.
    Lui deve aver visto qualcosa nei miei occhi, perché impallidisce. «No, cazzo, Mark, no!»
    «Mi spiace, amico.» E gli sparo.
    Lo prendo all’addome. Getto il fucile e corro da lui. Ho bisogno di parlargli, non deve crepare subito.
    Mi accuccio vicino al suo corpo steso a terra. Mi guarda con occhi feroci, che non ammettono il tradimento.
    «Scusa José, non ho avuto scelta. Ho puntato tutto quello che avevo, lo sai, te l’ho raccontato, ma noi eravamo quotati troppo bene, non conveniva.»
    Lui sbocca sangue, poi gorgoglia qualcosa, «Perché così?»
    «Perché la colpa se la prenderà quello stronzo lì, non io. Le telecamere qui non arrivano. Avrei agito in altro modo, forse, ma la morte di Ian ha cambiato tutto.»
    «Hai fatto ammazzare tutti!»
    «Non doveva morire nessuno tranne te, José.»
    «Bastard...» non finisce la frase.
    Lo guardo per qualche istante, poi mi alzo e commuto la radio sul canale della giuria.
    «Panthers down, ripeto Panthers down. È finita...»

    Edited by shivan01 - 3/2/2009, 13:53
     
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  2. niwad
     
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    CITAZIONE
    Non sia mai che guarisse un'altra volta e mi venisse ancora a cercare

    volevi farmi cavare gli occhi, ammettilo.
    Apparte quello, ho beccato ben pochi strafalcioni, la punteggiatura dei dialoghi l'ho controllata a sprazzi, ma sembra a posto. Tra le cose che ho notato c'è un "un'animale" riferito a Marcus, il proiettile assordante che mi pare poco verosimile (L'esplosione riduce l'udito, ma il sibilo del proiettile non credo...), e qualcosa su all'inizio. Come sai, non sono solito votare subito, soprattutto in questa situazione: sei il primo che leggo e mi sono goduto troppo il racconto per spulciartelo per bene.
    Su due piedi ti darei anche un 4, ma preferisco rileggere il racconto prima di dartelo. Comunque complimenti per l'ambientazione, m'intrippa :sisi:
     
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  3. shivan01
     
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    ok, grazie comunque per la lettura
     
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  4. cattanu88
     
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    cavolo Shiv! non vedo l'ora di leggerlo... ho visto solo il titolo e non potevo non scrivere subito questo post... sei un grande!
    bravo anche che hai postato su s.king
     
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  5. shivan01
     
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    grazie!
     
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  6. Piscu
     
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    tre.

    l'idea del "gioco mortale" non è certo originale (da rollerball a unreal tournament), ma non si cerca di farla passare come tale quindi non è un problema. l'atmosfera è ben resa, anche se in alcuni casi io avrei lasciato uniti più paragrafi. il colpo di scena finale mi ha sorpreso, poteva essere prevedibile eppure non ci avevo pensato.

    lo stile è buono, ho notato solo un paio di sviste:

    CITAZIONE
    Stasera di fronte i campioni

    imamgino sia "ai" campioni

    e poi c'è un "ventitrè" scritto con l'accento grave.



    nel complesso, bel pezzo, complimenti.
     
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  7. federica68
     
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    ciao Nicola
    pezzo adrenalinico, lo stile cattura e non ti molla più fino alla fine...

    si vede che mi è piaciuto?
    4!
     
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  8. bravecharlie
     
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    ciao shivan , come sai il racconto l'avevo già letto. :sisi:

    dico quello che dissi all'epoca: ottimo ritmo, buoni personaggi (per quanto l'azione lasci poco alla carartterizzazione, ma in un pezzo del genere è giusto fare così), la pecca di poca originalità nella trama del "gioco mortale" da dare in pasto ai telespettatori. Se allora ti avevo piazzato primo in una classifica che ti vedeva in lizza con altri tre racconti, qui devo cambiare registro in ossequio al diverso canone di giudizio previsto da USAM. il racconto secondo me non è da 4 solo per l'idea eccessivamente derivativa, mentre lo stile, il ritmo, gli scontri e i personaggi sono ok.

    voto 3
     
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  9. Okamis
     
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    Se dovessi definire questo brano con una sola parola, dire "cinematografico", e considerando l'uso della prima persona il tutto acquisisce ulteriore valore. Prima del giudizio vero e proprio, ti segnalo solo alcuni passaggi

    CITAZIONE
    «Preso. L’idiota s’è esposto troppo. Venite avanti.»

    In questa scena la tensione è palpabile e il protagonista ci fa capire che non è il caso di perdersi in parole. Quindi "l'idiota s'è esposto troppo" non mi suona troppo bene...

    CITAZIONE
    Beh, la situazione si è complicata, Max, Danny Boden dovrà ridisegnare la tattica in fretta se non vogliono perdere il titolo, e magari nemmeno la pelle.

    Prima di "Danny" credo sia meglio mettere un punto.

    CITAZIONE
    Sta andando tutto in merda e spero che non si muoverà finché non si sentirà al sicuro,

    L'uso della prima persona permette alcuni strafalcioni grammaticali, ma questo è l'unico caso di tutto il racconto con un tempo verbale sbagliato ("che non si muoverà" al posto di "che non si muova"), quindi l'impressione che ho avuto è che si tratti di una svista.

    CITAZIONE
    «Ehi, Wolves, siete uno di meno! Venite a seppellire il vostro ragazzino!» grido alla radio. Urla di gioia di José e Marcus mi fanno da eco.

    Come sopra: i personaggi fanno di tutto per nascondersi e fare silenzio, ma qui si mettono addirittura a urlare :huh:

    A parte questi passaggi (e alcuni usi della virgola un po' sbarazzini prima e dopo le virgolette uncinate), non trovo altri difetti al tuo racconto. E' adrenalinico, veloce, e i commenti dei cronisti riescono in pieno a spezzare la lunga sequenza di azioni, alleggerendo e non di poco il carico di "fatica" nel lettore (il rischio era soprattutto quello di presentare una sequenza di azioni ripetive, ma l'hai scongiurato alla grande).
    E siamo alla resa dei conti :) La storia, come già detto, non è originalissima (ma neppure il mio brano se è per questo ;) ), ma tu l'hai saputa gestire ottimamente. Ottima l'idea di far morire subito la ragazza del protagonista (di solito nei film/racconti d'azione a morire per primo è quello grosso e stupido e per ultima la gnocca, ma dopo aver mostrato le tette ed essersi fatta una doccia XD). Ottimo lo stile. Quindi, per quanto mi riguarda, pur non essendo un fan sfegatato dei vari Rollerball e clonazzi vari, è un tre abbondante :)
     
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  10. Alessanto
     
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    Anche io voto 3.
    La qualità è alta, è innegabile.
    Ma secondo me il finale si basa su una cosa poco credibile: ossia che dentro i palazzi non ci sono le telecamere.
    E poi lo spieghi con:
    «...omissis...Peccato che le regole del gioco non permettano di vedere le azioni negli edifici, Max!»
    Alla fine risulta un po' debole.
    Ma come? In un futuro che permette un gioco in cui uccidono delle persone, non fanno vedere cosa succede dentro i palazzi?
    Un saluto
     
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  11. Zaq Mills
     
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    Mi è sembrato di essere in un videogioco. Emozionante. Veloce. Incalzante. Il tuo racconto mi è piaciuto molto. Voto 4.
     
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  12. Paola_Milli
     
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    Veloce veloce visto che questo racconto lo conosco bene.
    Stile perfetto per il tipo di racconto, personaggi molto ben caratterizzati, storia non originale ma trattata per bene, che ti tira dentro e non cede fino alla fine.

    SPOILER (click to view)
    Antipatico, pregusti l'ennesima finale (in numero pari alle tue partecipazioni in USAM)? Direi che te la meriteresti in pieno.


    4, e vai così, nico!
     
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  13. shivan01
     
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    grazie Paola, ma se continuate a postare pezzi del genere, non credo proprio
     
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  14. rolandking
     
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    Ciao Shivan, letto adesso il tuo pezzo da bravo nottambulo e devo dire che tra questo e quello postato sul king's kontest(su cui commenterò in altra sede) mi stai lasciando ogni volta senza fiato...mi sta colpendo il coinvolgimento che riesci a ottenere da parte del lettore, certe scene le ho quasi "viste" più che immaginate.
    Sulla forma come al solito nulla da dire, pulito come sempre...bello il finale a sorpresa, forse si può dire solo che non è molto originale, ma per quanto mi riguarda come hai detto te riguardo al pezzo di Federica: "chi se ne frega se non è originale!" ;)
    voto 4

    ps: domani conto di postare i commenti nel king's kontest, non l'ho ancora fatto perchè ho un pò di indecisione, ma domani decido, ci si becca di là, buonanotte :)
     
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  15. shivan01
     
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    Grazie Roland!

    Riguardo ai racconti in generale, avevo letto da qualche parte sul forum che un'eventuale mancanza di originalità, a patto che non si arrivi a situazioni palesi come un mesetto e mezzo fa, non va considerata a detrimento eccessivo dell'opera. E' molto difficile trovare una storia completamente originale, mai sentita e che non somigli a nessun'altra. Semmai, se qualcuno di noi dovesse idearne una, dovrebbe essere premiato lui, non penalizzato più di tanto chi invece è originale fino a un certo punto.

    Scusate, ho colto l'occasione del riferimento di Roland per spiegare meglio quello che è un mio punto di vista.
    Personalissimo e opinabilissimo, alla bisogna.

    Ciao
     
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30 replies since 3/2/2009, 01:13   625 views
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