L'uomo con il maglione con la greca
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L'uomo con il maglione con la greca

Fantascienza - Alberto Priora - 30000 car. circa

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    L’UOMO CON IL MAGLIONE CON LA GRECA

    di Alberto Priora


    ERA UNA NOTTE BUIA E TEMPESTOSA
    — Perché deve sempre andare in scena prima lui? – domanda Dolcecuore con tono stizzito.
    Sandro non si volta a guardare lo pseudonano e rimane concentrato sul pubblico eterogeneo che affolla il teatro.
    — Allora, non mi rispondi? Perché prima lui?
    — La sai già la risposta.
    — Ripetimela allora, perché non me la ricordo.
    Sandrò stringe i denti. — Perché sì.
    — Bella risposta del cazzo la tua. L’hai scritta tu o l’hai solo copiata insieme a tutto il resto?
    — Fottiti, Dolcecuore.
    — Bene, a quanto pare stai usando tutto il tuo repertorio. Ti dirò che non solo è meno lungo del mio cazzo, ma che è anche meno lungo di me.
    Sandro socchiude gli occhi. La vocina da soprano gli risulta già molto irritante in condizioni normali; sentirla protestare in quel modo e per l’ennesima volta è oltremodo devastante. E non ne ha bisogno.
    — Perché le sue scene hanno un impatto migliore sul pubblico.
    — Per pubblico intendi quei quattro stronzi lì fuori?
    — Guarda che quei quattro stronzi, come li chiami tu, ti danno la possibilità di mangiare, qualche soldo e soprattutto la possibilità di passare indenne le frontiere di un crocevia.
    — Dovresti far entrare prima me e farmi fare le scene della lentigginosa. Te lo eccito io il pubblico.
    Sandro decide di ignorarlo, anche perché Max sta per salire sul palco. C’è altro da fare, ora. Fa un cenno a Lustrato Ab’kabal, che attende dall’altra parte del teatro, e poi lo sorveglia mentre questi fa il giro degli alberi— luce e ne spegne tre ogni quattro, facendo calare grandi lenzuola nere.
    Mormorii, squittii e versi vari tra il pubblico si affievoliscono. Un urlo soffocato indica che qualcuno che non ha subito abbassato la voce si è preso una botta di qualche genere.
    Un bracchetto dal pelo di colore bianco, ma con naso e orecchie nere, passa accanto a Sandro camminando solo sulle zampe posteriori.
    — Auguri, Max!
    Il cane gli lancia una strizzatine d’occhio d’intesa e raggiunge il centro del palco, dove lo attende, come unica scenografia, una casettina di legno. Ci sale sopra e inizia a battere sui tasti di una macchina da scrivere.
    Alle sue spalle sorge un grosso cartello, tirato su grazie a una corda, una carrucola e alla forza delle braccia di Lustrato. Sopra sono dipinte con vernice nera delle grosse lettere. Tutti gli spettatori sintonizzarono le loro sanguisughe in modo da averne la traduzione istantanea.
    <<era una notte buia e tempestosa…>>
    Il bracchetto si interrompe e solleva la testa, mentre un secondo cartello eclissa il primo.
    <<questo è il mio primo romanzo, e in un romanzo l’incipit è fondamentale.>>
    Il cane rimane immobile con le dita sollevate sopra i tasti. Un terzo cartello sale dietro di lui.
    <<a volte, dopo aver scritto l’incipit, il resto del romanzo arriva così veloce che quasi non fai a tempo a scriverle giù…>>
    Il bracchetto cambia espressione e assume un’aria afflitta. Quarto e ultimo cartello.
    <<a volte.>
    Nel pubblico c’è ancora una attimo di cristallizzato silenzio e poi scoppia un boato di grida e di strepiti. Un paio di raggi arcobaleno attraversano l’aria e si spezzano sul tendone che serve da soffitto, il giubilo proiettato di qualche specie. Probabilmente ci sono anche parecchie voci con frequenze inferiori a quelle che Sandro può udire.
    Ma adesso tocca a lui. Si aggiusta la sanguisuga accanto all’orecchio ed esce sul palco a presentare lo spettacolo.
    — Un grande saluto a questo splendido pubblico!
    Verso di lui si spostano occhi di tutti i generi. Alcuni si trovano in cima a peduncoli oscillanti, ma probabilmente altri si trovano sopra appendici di ogni sorta.
    — Questa sera, e per quest’unica sera, la Compagnia del bambino dalla testa rotonda vi presenta lo spettacolo ormai famoso dalle Terre di Maarth fino alla Solipostia della Vallata, l’unico che ha passato indenne la frontiera dei Guardiani della Placofobia.
    La platea rumoreggia. Sandro spera in maniera positiva, mentre sfoggia il suo maglione con una nera greca a zig zag e inizia a recitare la seconda scena con Max, quella in cui porta la scodella di cibo al cane solo per ricevere un commento sarcastico da quest’ultimo, sempre tramite uno dei cartelli sollevati a forza di braccia da Lustrato.
    Ancora urla, versi e acclamazioni. Qualcosa di peloso salta dalla sua sedia, fa una capriola in aria e ricade sul terreno; probabilmente rilascia odori spiacevoli perché gli spettatori in zona tendono a farsi da parte.
    Sandro scende dal palco e incrocia Dolcecuore con la sua parrucca di capelli scarmigliati e la faccia piena di false lentiggini.
    — Adesso ti sistemo questa banda di segaioli.
    Non gli risponde, tanto è inutile.
    Il personaggio di Dolcecuore parla, non è muto come il cane. Si siede ad un banco di scuola, anche se Sandro dubita che anche solo una parte degli spettatori capisca che cosa sia, alza la mano verso un interlocutore invisibile e recita il suo monologo:
    — La risposta è nove!
    — Ah, no? Accidenti.
    Delusione.
    — Il primo minuto del primo giorno di scuola e io sbaglio la prima risposta.
    Un sorriso sincero si stempera sul viso dello pseudonano in costume di scena.
    — Non mi spetta un premio per aver stabilito un nuovo record?
    Il pubblico si agita ancora, ma Sandro ha abbastanza esperienza da capire che ormai è fatta. Non solo sopravvivranno anche stasera, ma il governo locale darà loro un compenso. Il direttore del teatro ha infatti tutti e quattro gli occhi spalancati e non si perde un solo istante. Accanto a lui ci sono quelli della compagnia che ha recitato qualche ora prima, esseri dall’aspetto cadaverico e dagli arti così allungati da risultare quasi ridicoli. Non li hanno linciati, ma non hanno avuto certo il suo stesso successo. Una piccola soddisfazione.
    Poi Sandro si prepara, perché c’è di nuovo una sua scena, una di quelle in cui Lustrato alza con una corda un aquilone e poi lo fa rovinosamente incastrare su di un albero.

    PIOGGIA
    Sandro si appoggia a uno dei pali che sorreggono il tendone che sovrasta il teatro, e guarda verso il villaggio dalle case di pietra e di ossa illuminato da alberi— luce di grosso fusto. La pioggia scroscia copiosa ormai da ore, da molto prima dell’inizio dello spettacolo. A intervalli quasi regolari dei fulmini si gettano a capofitto dal cielo e quasi accecano la vista, mentre tuoni molto diversi da quelli con cui è cresciuto, e che ricordano più un rumore di vetri rotti, esplodono in lontananza.
    In quel momento il cielo di Altrove non ha nubi. È notte; e in cielo si rincorrono una dozzina di lune di vario colore e dimensioni, appena velate dalla pioggia. Solo ad Altrove piove senza nuvole, mentre notte e giorno si alternano a caso in periodi di lunghezza sempre diversa.
    Lo spettacolo della Compagnia è terminato da quasi un’ora.
    È andato tutto bene e Lustrato sta terminando di caricare le donazioni sul loro carro. Il denaro che hanno accettato, una mescolanza quasi ignobile di monete, pezzettini colorati di vario materiale e biglietti di differenti dimensioni, si trova invece in una scarsella che gli pende dal fianco.
    Sente i passi di Dolcecuore che attraversano il teatro ormai deserto.
    — Continuo a pensare che non capisci un cazzo di teatro, ragazzino.
    — Pensala come vuoi. Comunque ho trent’anni; forse sono un po’ tanti per darmi del ragazzino.
    — Avevi trent’anni, prima di venire qui o hai trent’anni in totale?
    Sandro abbassa lo sguardo verso lo pseudonano. Non è veramente un nano, o meglio non è un normale esemplare di umano poco cresciuto; ha proprio quelle caratteristiche fisiche, anzi Dolcecuore è pure alto.
    — Ventotto prima, circa altri due adesso. Trenta in totale.
    — Va bene. Adesso che abbiamo assodato che sei un ragazzino, anzi un racazzino, voglio proprio dirti che non capisci un cazzo di teatro.
    Dolcecuore imbroglia e sta sorvolando sul fatto che non c’è modo di confrontare veramente gli anni terrestri con quelli di Altrove e del suo luogo di origine.
    Sandro da un colpo alla scarsella e fa un cenno a Lustrato che sta caricando sotto la pioggia.
    — Che ne dici di questo rispetto a quando ti ho salvato dal linciaggio?
    Dolcecuore sorride.
    — Non affermo che sei l’unico che non capisce un cazzo di teatro. Anche quelli non capivano un cazzo.
    — Il pubblico del teatro in cui avevate recitato aveva impiccato il resto della tua compagnia e ti stava trascinando per i piedi con una corda dopo il vostro spettacolo.
    — Le magie colorate della luce dell’osteoporco in vacanza.
    — Avrebbero impiccato anche te, se non intervenivo.
    — Era un pubblico ignorante.
    Sandro scuote la testa.
    — Era un pubblico di una specie senza occhi che si muove tramite ultrasuoni. Dovevate informarvi prima.
    Lo pseudonano sbuffa, e Sandro non gli lascia il tempo di rispondere.
    — Dov’è Max? Voglio partire prima possibile.
    — Credo che sia al villaggio. A fottere.
    — Cazzo.
    — Questo non lo so, sai come è fatto.
    Sandro picchia il pugno sul palo di metallo, che vibra e trasmette la vibrazione a tutta la struttura. Non ha bisogno di questo contrattempo imprevisto. Vuole lasciarsi alle spalle il crocevia adesso che ha passato questa frontiera indenne, prima che la popolazione del luogo decida di volere una replica e poi di non gradirla apposta per farsi restituire il compenso.
    — Vado a prenderlo.
    La pioggia scroscia e quello che dovrebbe essere un tuono sottolinea apposta la sua frase.
    — Vengo anche io?
    Sandro non ha bisogno di pensarci.
    — No. Mi porto dietro Lustrato, tu stai sul carro.
    Dolcecuore borbotta, ma non sta a discutere.
    Sandro si alza il bavero della giacca ed esce sotto la pioggia, avvicinandosi a Lustrato.
    — Andiamo in paese.
    Lustrato è grosso, tanto grosso. È molto simile ad un umano, ma non è umano. La sua pelle è a chiazze di nero e di bianco e ha una specie di corta proboscide al posto del naso. Sandro lo ha raccolto nella sua zona originale, tra gente della sua specie che lo considerava lo scemo del villaggio. Non che loro fossero molto più intelligenti.
    — Kabal – risponde Lustrato.
    — Sì certo, ma adesso seguimi.
    Il nome completo Lustrato Ab’kabal glielo ha dato Sandro; lui ripete solo Kabal, non ha altro nel suo vocabolario. Rende la sanguisuga quasi inutile.
    Si incamminano sotto la pioggia lungo la stradina che dal teatro porta al villaggio. Il vento gli sbatte le gocce direttamente in faccia e poi lascia che scivolino giù nel collo. Una sensazione sgradevole, ma lui deve andare a riprendersi Max, il suo cane. In verità ora è il suo cane, ma prima è stato qualcosa a cui non vuole pensare; e in futuro sarà il suo unico scopo per passare le frontiere, alla ricerca di un altro insediamento umano.

    IL VILLAGGIO DI PIETRA E OSSA
    Gli alberi— luce sono stati piantati lungo il sentiero. Il teatro è appena fuori dal borgo, su una collinetta che domina da una parte una pianura e dall’altra una serie di colline; due ambienti sui due lati della frontiera, dove la strada maestra la incrocia e muta.
    Sandro controlla di avere tutto quello che può servirgli: la scarsella dei soldi c’è, il coltello anche.
    Il borgo è, come tutti i villaggi di Altrove, fatto di case diverse; una cacofonia di edifici arrivati da luoghi e tempi diversi della storia di una specie, spiaggiati lì in attesa degli abitanti.
    La specie locale si definisce gli Armonici. Hanno un corpo tozzo, braccia corte e muscolose, nessuna testa e quattro occhi su pedicelli in perenne movimento. Sandro si è domandato perché non vomitino di continuo, non appena li ha visti la prima volta. Al loro posto sarebbe sempre con la testa nella tazza del cesso.
    Come in tutti i villaggi di frontiera, oltre ai nativi, c’è un miscuglio di schiavi, lavoratori, attori ritirati dall’attività e pellegrini di altre specie. Tutta gente che ha cercato di passare la frontiera senza successo o che ci ha rinunciato, ma anche qualcuno che spera di guadagnare abbastanza da superarla.
    Come è che diceva quel tale? <<chi si ferma è perduto>>. Già. Bei discorsi che faceva, lui non era finito ad Altrove.
    Sandro si ferma accanto alla prima casa. Il muro esterno è fatto di pietre brunastre, ma inframmezzate a grandi ossa accuratamente levigate; potrebbero essere femori di dinosauro a giudicare dalle dimensioni. Sono lì per senso artistico o come supporto strutturale? Chi se ne frega, Sandro è lì per riprendersi Max.
    La strada porta in una piazzetta illuminata da decine di alberi— luce. Le loro foglie sono battute e piegate dalla pioggia, ma continuano a splendere nella notte come lampioni di un artista pigro e copione delle forme della natura.
    Dall’interno di una delle case della piazza si sentono voci e urla.
    Sandro spinge la porta e si affaccia su quella che può essere paragonata a una taverna. Alcuni Armonici mangiano o bevono da scodelle svasate, mentre altri sono raccolti al centro e si agitano come ragazzine che hanno visto arrivare il loro idolo cantante preferito. Cazzo come ti mancano le cose più stupide, proprio quelle che odiavi con tutte le tue forze, quando sei lontano da casa.
    In un angolo del salone vede, come in attesa di qualcosa, i membri dell’altra compagnia. Alti e magri, la pelle biancastra e gli occhi rossi e luminosi, lineamenti alieni come ne ha ormai incontrati tanti.
    Ma gli Armonici stanno incitando qualcuno. Sandro ha paura di sapere chi.
    — Resta alla porta e tienila sgombra – dice a Lustrato.
    — Kabal.
    — E se incontro problemi..
    — Kabal.
    — Si certo, come no – risponde Sandro dirigendosi verso il gruppo. I pedicelli si agitano schizzofrenici come tante teste di polli, dando una terribile sensazione di nausea.
    Poi si accorge che non sta capendo le grida degli Armonici, e allora sposta la sua sanguisuga e la rimette in posizione accanto all’orecchio. Era scivolata un poco per la pioggia, ecco perché non gli arrivava la traduzione.
    <<avanti fottila ancora… Non smettere adesso… Scommetto che non ci arriva a dieci…Recita meglio di quanto fotte… >>
    Forse era meglio lasciare la sanguisuga dove stava.
    Sandro si fa largo spintonando un paio di Armonici ed entra all’interno del cerchio.
    Max è lì. Un Armonico femmina, riconoscibile dai maschi per il colore più rosato, è chinata a quattro zampe davanti a lui e il bracchetto, in piedi sulle gambe posteriori, la sta penetrando con enorme un sorriso che va da un’orecchio all’altra. Sandro cerca di non notare gli altri dettagli della scena, ma questi gli si stampano nella memoria da perfetti bastardi. Un altro ricordo gli torna su come pesce andato a male e fa molta fatica a rimandarlo giù.
    — Andiamo via Max.
    Il cane perde il sorriso. Decine e decine di pedicelli cambiano obiettivo e ondulano verso di lui. Qualche Armonico digrigna i denti. Hanno anche i denti gli Armonici e pure tanti.
    Diplomazia. Serve diplomazia.
    — Mi spiace con tutti voi, ma lo spettacolo è finito. La Compagnia del bambino dalla testa rotonda ha recitato volentieri per tutti voi nel vostro splendido teatro, ma adesso è per noi giunto il momento di partire verso nuove mete.
    I pedicelli smettono di muoversi. Un buon segno o un cattivo segno?
    Prende Max per un braccio e lo strattona via. Il cane, per così dire, molla la sua presa dall’Armonico femmina.
    Nessun pedicello si muove.
    Certo che potrebbe lasciarlo lì, ma non vuole. Adesso lo stanno usando per gioco, ma se scoprono chi è Max in realtà e quello che è capace di fare, se lo vorranno tenere per sempre. E lui ha bisogno di Max, ha bisogno che lo guidi verso i luoghi in cui ci sono altri umani come lui.
    — Andiamo via tranquilli e non succederà nulla – lo dice a Max, ma lo dice più a se stesso.
    Gli Armonici iniziano a brontolare.
    <<non proprio adesso… La mia scommessa… Volevo provarlo anche io… Cosa crede di fare andarsene?>> traduce la sanguisuga.
    Ad un tratto è tutta una frenesia di pedicelli e occhi spalancati. Un braccio cerca di afferrarlo, ma Sandro lo allontana. Altre braccia gli sbarrano la strada. Qualcosa blocca Max e lo tira. Uno spintone. Una botta.
    <<nostro>>
    — Lustrato!
    E Lustrato carica.
    Alcuni Armonici cadono. Sandro tira fuori il coltello e fa compiere un semicerchio al braccio. Taglia qualcosa che geme.
    Lustrato mena intorno a se. Supera in altezza gli Armonici di quasi mezzo metro.
    Sandro si volta per vedere come sta Max, che tiene sempre per un braccio, e vede che è successo quello che temeva.
    Max ha perso la concentrazione e la sua superficie tremola. Gli spunta un occhio di qua e un arto di là, un orecchio si riassorbe e il naso cambia colore. La figura del bracchetto tende a confondersi.
    <<mutaforme… mutaforme…>>
    Gli Armonici non sono dei coglioni. Per niente.
    Poi la via si sgombra all’improvviso e Sandro, trascinandosi dietro Max guadagna l’uscita. Lustrato ha sollevato una panca di legno e ha spazzato via la ressa.
    — Andiamo! – grida Sandro e si getta sotto la pioggia. Lustrato è dietro.
    Dopo due passi Sandro scivola nel fango e per poco non cade. Max gli sfugge e inizia a correre a quattro zampe verso il sentiero. Almeno si è ripreso la forma che avevano stabilito insieme.
    Il ricordo non rimane più giù e all’improvviso Sandro rammenta la splendida ragazza che aveva incontrato un giorno, la prima umana che aveva visto dopo essere uscito dalla sua zona di origine, dopo essersi lasciato alle spalle il villaggio umano. Non era ancora in una compagnia teatrale allora.
    Sandro si era innamorato subito. Lei non parlava, sembrava muta, ma lui era convinto di conoscere e di capire ogni suo singolo gesto. Avevano fatto l’amore tanto e a lungo, con passione e con trasporto e anche con un poco di perversione. E per breve periodo Altrove non era più sembrato quella trappola infernale che era.
    Poi aveva scoperto che lei era un mutaforme. E adesso quel mutaforme corre a quattro zampe davanti a lui, sotto il nubifragio.

    L’ULTIMO PONTE
    Gli Armonici sono bassi e hanno le gambe più corte. Rimangono subito più indietro, che con il fango scivoloso è una vera benedizione.
    Sandro inizia a urlare non appena giunge a vedere il carro.
    — Andiamo via, Dolcecuore.
    La pioggia sembra quasi aumentare di intensità e fa scomparire il carro, bastarda che non è altra. Lune di vari colori si rincorrono nel cielo. Alieni del cazzo rincorrono loro tre.
    A volte Sandro pensa che i Metafisici abbiano ragione. Loro sono tutti morti e quello è un Inferno che raccoglie tutti coloro che dovevano essere puniti, e anche tutti gli altri, tanto per non fare differenze.
    È tentato di fermarsi. Che lo prendano e lo facciano a pezzi. Almeno scoprirà se c’è davvero un altro dopo.
    Rallenta. I polmoni gli stanno facendo male.
    In fondo.
    Sì.
    Gli inseguitori sguazzano nel fango; sono più vicini
    Sandro si rimette a correre; non si farà sconfiggere così. Lo ha promesso a sé stesso, si è promesso di scoprire il perché di tutto questo e di non subirlo e basta. Vuole risposte alle sue tante domande.
    Riprende il distacco.
    Il carro si muove già quando Max e Lustrato lo raggiungono. Dolcecuore fa schioccare la frusta e la quadriglia di bestie da tiro, animali grossi e pelosi simili a lucertole, inizia a prendere velocità.
    — Vai, vai – urla Sandro, ma l’idea che Dolcecuore possa lasciarlo lì non lo sfiora neppure.
    Gli Armonici urlano.
    La porta del carrozzone è aperta e Max ci salta dentro. Anche Lustrato ce la fa e subito dopo si riaffaccia per cercare Sandro. Lo vede e gli tende la mano.
    — Kabal!
    A questo punto Sandro scivola e cade nel fango. Una poltiglia umida gli entra in bocca e nel naso e gli mozza quel poco di respiro che gli restava.
    <<sono morto>> pensa.
    Ma il bracchetto si butta giù dal carro e lo raggiunge. Solo la sua forma è ancora quella del cane bianco e nero, ma per il resto è tutto un’esplosione di tratti somatici raccolti in giro, di zona in zona, di villaggio in villaggio; un’caleidoscopio di occhi, orecchie, arti, peli, squame, peni, vagine e altro ancora. Non si sta concentrando su come appare, ma solo su quello che fa.
    Arriva e solleva Sandro dal terreno. Sandro sputa, ha conati di vomito e non vede quasi per la palta che lo acceca; ma si rimette a correre. Il suo maglione con la greca nera, che non ha tolto dopo la rappresentazione, gocciola di sporco.
    Gli Armonici sono quasi su di loro.
    Il carro sta prendendo velocità lungo la strada. Dolcecuore forse è più impegnato a tenere le bestie sulla strada invasa dall’acqua che a guardarsi indietro.
    Sandro arriva ad un metro dal carro. Lustrato allunga il braccio, lo prende e lo trascina dentro. Max fa un altro salto e vola di nuovo all’interno, andando a sbattere violentemente contro lo scarno mobilio che scricchiola e oscilla.
    La distanza con gli inseguitori aumenta.
    Sandro ansima, ma malgrado tutto si sposta in cima al carro e si affaccia sul posto del conducente. Dolcecuore schiocca la frusta e lo guarda con la coda dell’occhio.
    — Fai schifo al cazzo.
    La strada è illuminata da alberi— luce. La frontiera del crocevia è vicina, un ponte su di un largo fiume a dividere il territorio da cui stanno fuggendo dal successivo, una pianura che dovrebbe essere scarsamente abitata.
    Ma se passano la frontiera e superano il ponte, saranno in salvo. Per una delle convenzioni non scritte, ma scrupolosamente applicate ad Altrove, nessuno osa invadere un territorio confinante. Solo compagnie teatrali in regola, mercanti e poche altre categorie possono attraversare la frontiera di un crocevia.
    E loro sono in regola, il loro spettacolo lo hanno fatto e il pubblico lo ha apprezzato abbastanza da non linciarli.
    Sandro si volta e vomita cibo e fango. Riapre gli occhi pieni di lacrime e vede fiume e ponte. Sopra, poche guardie di frontiera esitano a mettersi in mezzo, sulla strada di un carro in piena corsa.
    Tuoni e lampi fanno da sfondo alla loro carica. Gli Armonici sul ponte si fanno di lato, quelli che li inseguono si fermano.
    Il carro passa sul ponte ed entra nel nuovo territorio. Fino a mezz’ora prima Sandro aveva sperato di trovare, finalmente, un'altra zona popolata da umani; adesso spera solo di andare avanti a sopravvivere.
    Si lascia cadere esausto sul fondo del carrozzone; Max si è ricomposto e assomiglia di nuovo al bracchetto.

    SERVIZIO DI AREA
    Sandro si risveglia. Probabilmente sono passate delle ore.
    Il carro è fermo. Si affaccia al posto di guida e trova Dolcecuore insieme a Max. Le enormi lucertole pelose sbuffano sotto l’acqua.
    Il nuovo territorio è pianeggiante e differente dalla zona degli Armonici; Sandro deve ancora trovare un solo caso con due ambienti confinanti che abbiano le stesse caratteristiche. Un altro indizio che tutto questo è artificiale, anche se non nel senso che si dava una volta al termine.
    La pioggia sta cadendo senza sosta su di una piana erbosa immersa nel buio e priva di alberi— luce. Solo le lune che attraversano il cielo rischiarano un poco la via. Radi boschetti si stagliano in lontananza.
    — Bentornato tra noi. Si vede che non hai il fisico! – lo saluta lo pseudonano e fa muovere il carro.
    — Dolcecuore, va a farti… — Sandro inizia la frase poi lascia perdere; la strada è stranamente fatta di asfalto, con una riga tratteggiata che la divide in due corsie. Non ha più visto una strada fatta in quel modo da parecchio tempo, non dopo essere arrivato ad Altrove.
    — Dove siamo finiti?
    — Chiedilo a Max. È lui che mi ha fatto svoltare ad un certo punto.
    Sandro guarda il bracchetto, che si limita ad alzare le spalle.
    Appare una luce davanti a loro. Non è facile capire a che distanza sia, ma pare immobile: può essere una casa lungo la strada irreale che stanno percorrendo. Strano come cose che erano così normali una volta, così scontate, sembrano adesso tanto fuori posto.
    Il carro avanza, ma Sandro chiede a Dolcecuore di fermarsi.
    — Ti si sono ammosciate le palle? — Lo peseudonano comunque fa arrestare le bestie.
    — Non voglio arrivare lì con il carro, senza sapere cosa abbiamo davanti… questa strada è…
    — Strana?
    — Non è proprio quello che mi viene in mente.
    — Saremo già arrivati alla nuova frontiera. Facciamo il nostro spettacolo e passiamo. A proposito dello spettacolo…
    — Smettila! Non può essere un villaggio; non abbiamo fatto abbastanza strada e non ci sono alberi— luce. Hai mai visto un villaggio senza alberi— luce? Non è normale.
    — Normale? Hai picchiato la testa prima? Siamo ad Altrove. Cosa c’è di normale?
    Sandro guarda ancora Max, che solleva gli occhi verso l’alto in segno di completa innocenza. Eppure sa bene cosa sta cercando Sandro, sa bene che ha deciso di sfidare Altrove e di capire che cosa sia, se non addirittura di chi sia. La compagnia teatrale è un modo di muoversi e di superare i crocevia, alla ricerca di altri umani come lui e di altri dettagli per avere un quadro d’insieme.
    — Sai che ci sono molte cose in comune nei vari territori, elementi diffusi di cui sembra si sia persa l’origine, ma che ritrovi zona dopo zona: come le sanguisughe in grado di tradurre qualsiasi linguaggio incontrato, come gli alberi— luce che si accendono solo ogni volta che tramonta il sole, come le convenzioni non scritte che tutti seguono e che tutti decidono di non violare mai, un’economia in cui tutti scambiano, ma nessuno sembra produrre…
    — Cazzo, hai deciso di diventare un Metafisico? Escatologia galoppante?
    — No. Ho deciso di capire perché sono qui, perché siamo qui tutti e perché siamo qui in un certo modo, con certe cose e non con altre.
    Dolcecuore scuote la testa.
    — Auguri, racazzino.
    — Tu resta qui con Lustrato. Aspetta che io ti faccia un segnale con la lanterna.
    Sandro fa un cenno a Max, rientra nel carro e si toglie gli abiti sporchi di fango; poi prende un altro paio di pantaloni e un maglione con una greca nera da una borsa e li indossa. Per ultimo si mette sulle spalle un mantello con cappuccio, per avere almeno una limitata protezione dalla pioggia.
    Si allontanano dal carro, che viene subito inglobato nel buio. La luce è davanti a loro.
    Dopo poche centinaia di metri Sandro inizia a scorgere dei particolari. Sembra impossibile, ma sono luci elettriche, non quelle degli alberi— luce o delle lampade a olio o di un fuoco, metodi usuali ad Altrove.
    Un edificio, forse due. Non c’è modo di arrivarci senza rischiare di essere visti, perché la zona è piatta, quindi avanzano allo scoperto.
    Sandro si ferma.
    Una stazione di servizio. Un edificio con un negozio, una rimessa che serve da officina per le riparazioni, quattro colonnine per fare rifornimento con una tettoia per ripararle. Una stazione come sulla Terra, con i lampioni, le pubblicità con le ragazze in bikini, il tabellone dei prezzi e il simbolo stilizzato di una conchiglia.
    Per un attimo si illude di aver imbroccato, chissà per quale caso, la strada del ritorno, ma la pioggia prosegue, la notte dura ormai da un centinaio di ore soggettive e un numero smodato di lune si rincorrono nel cielo senza nubi.
    Non è lui che è tornato; ma è la stazione di servizio che è finita ad Altrove.

    IL DESTINO DI CORDE
    Sandro si avvicina con il coltello in mano. Max è dietro di lui e diversamente dal solito non scatta in avanti per arrivare per primo.
    Arriva a fianco della porta d’ingresso. L’interno è illuminato, ma non si sentono suoni. L’edificio ha il tetto piatto, probabilmente riuscirebbe a salirci sopra senza difficoltà.
    Al diavolo. È l’unica cosa umana che ha visto da quando ha lasciato la zona in cui si è risvegliato, in cui è apparso; è la cosa più vicina al mondo da cui proviene da quando è arrivato ad Altrove.
    Sandro lascia cadere il mantello e varca la soglia.
    L’interno è un piccolo market deserto.
    Tanti prodotti affollano gli scaffali. Sandro sfiora barrette di cioccolato, caramelle, lattine di bibite e pacchetti di noccioline. Ondate di ricordi lo afferrano e lo devastano. È peggio che essere rimasto come un naufrago su di un isola deserta; è peggio che essere rimasto isolato dal resto del proprio pianeta; è peggio che aver attraversato un deserto senza sapere quale sia la direzione giusta. Molto peggio.
    Max infila il naso tra i sacchetti di patatine, Sandro si avvicina ad un frigo e lo apre per prendere una birra gelida, assaporando il ronzio del motore. Non è logico, per come è bagnato, forse dovrebbe cercare una macchina del caffè, ma non sa resistere e la lattina si apre emettendo un sibilo.
    Beve. La birra va giù e lo delizia.
    Probabilmente quel posto ha un generatore e di certo la benzina non gli manca. Magari ha dei pannelli solari sul tetto per guadagnare energia elettrica. Sembra incredibile trovare così, per caso, un insediamento umano; e dopo aver fatto tutta quella strada a partire dal villaggio in cui si era risvegliato.
    Ricordava che stava viaggiando in auto e un momento dopo si era ritrovato in un villaggio abitato da uomini di varie razze ed epoche. Alcuni confusi, altri già adattati. Vari contrasti, uniti al suo desiderio di capire dove fosse realmente lo avevano costretto a partire. Dopo aver girovagato un poco e superato, non senza difficoltà, due frontiere, aveva incontrato Max. Fino a quel momento non aveva considerato molto l’idea di un compagnia teatrale, anche se una delle strane convenzioni di Altrove permetteva di passare le frontiere dopo aver avuto successo con uno spettacolo. Del resto l’unica compagnia umana che aveva visto era stata impalata dopo aver recitato Shakespeare. I gusti degli alieni non sono prevedibili.
    Ma aveva avuto l’intuizione giusta ed era bastato mostrato dei disegni a Max per avere il suo primo attore e grandi successi a ogni crocevia.
    Sente un rumore provenire dalla stanza sul retro, oltre il bancone dove riposa un registratore di cassa, che potrebbe far comodo nella scenografia.
    Coltello in mano e con a fianco Max, Sandro spinge la porta e rimane impietrito sulla soglia di un magazzino.
    Dal soffitto pende un corpo, quello di una ragazza. Ondeggia lentamente; una corda le ha stretto il collo e la unisce nella morte alle pale di un ventilatore sul soffitto. Il suo volto…
    — Oh, cazzo. Mi hai portato da lei, mi hai portato dalla ragazza di cui avevi copiato la forma.
    Max ha lo sguardo fisso e vitreo.
    Sandro è assalito da ricordi e sensazioni, dolce e amaro e poi ancora amaro lo travolgono, mentre lo stomaco gli cede ancora.
    — Oh cazzo…
    Da dietro delle casse saltano fuori, armati di bastoni, quattro esseri biancastri e allungati. Sono quelli dell’altra compagnia. Sono qui per Max, e quello che trovano in mezzo semplicemente lo eliminano.
    Il bracchetto ringhia e morde.
    Sandro grida e agita il coltello, forse ne ferisce uno, forse ne taglia un altro, ma non capisce più cosa sta facendo. Il suo sguardo sale fino alla ragazza, le ginocchia stanno per cedergli. La fine. Se si è già morti, dove si va quando si muore ancora?
    — Kabal!
    Lustrato irrompe e travolge con la sua massa. Dolcecuore centra un nemico con una mannaia e sangue verdastro sprizza ovunque; che abbia visto qualcosa o che se ne sia sbattuto degli ordini di Sandro ormai non ha più importanza.
    Lo scontro si ribalta, lo scontro è vinto, l’avversario è ucciso.
    Fuori esplode un tuono di vetro.
    Sandro piange per chi amava e che non ha conosciuto.
    E odia ancora Altrove.
     
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  2. shivan01
     
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    E' una storia strana, raccontata in modo originale, ma forse nella narrazione hai date per scontate un po' troppe informazioni. So che stai scrivendo una cosa molto più ampia su Altrove, e questo pezzo sembra essere un estratto.

    Alcune annotazioni in spoiler

    SPOILER (click to view)
    Sandrò - refuso
    il resto del romanzo arriva così veloce che quasi non fai a tempo a scriverle giù -
    "scriverle" refuso?
    <<a volte.> - manca una ">"
    Ventotto prima, circa altri due adesso - quel circa non mi piace molto, prova a sostituire "circa altri due" con "un altro paio"
    Avrebbero impiccato anche te, se non intervenivo - "intervenivo" è un errore, ma in un dialogo ci può stare. Se cambi è meglio comunque
    È molto simile ad un umano, ma non è umano - eufonica
    alberi— luce - ovunque nel racconto c'è quello spazio prima di "luce". Forse effetto di un trova e sostituisci
    Al loro posto sarebbe sempre con la testa nella tazza del cesso - non hanno la testa, quelli
    schizzofrenici - una zeta di troppo
    un sorriso che va da un’orecchio all’altra - altrO
    La pioggia sembra quasi aumentare di intensità e fa scomparire il carro, bastarda che non è altra. Lune di vari colori si rincorrono nel cielo. Alieni del cazzo rincorrono loro tre. - bella immagine, ma piove, come fanno a vedersi le lune?
    Sandro arriva ad un metro dal carro - eufonica.


    il racconto non ha la tua abituale pulizia. La storia non mi è piaciuta molto, ma con una rilettura in più le avresti dato una forma più pulita. E sarebbe stato 3, così com'è è 2.
    ciao

    Edited by shivan01 - 10/2/2009, 11:03
     
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  3. Piscu
     
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    la prima parte del racconto mi è piaciuta. la rappresentazione teatrale, e il fatto che da questa dipenda la loro sopravvivenza e la possibilità di spostarsi. quando però comincia la fuga, mi pare che la storia scada un po' nel "già visto". inoltre non ho capito bene come e perché si svolga l'agguato nella stazione di servizio. insomma, mi è piaciuto il contesto, ma la storia in sé vacilla.

    lo stile è abbastanza lineare, anche se c'era qualche errore che è già stato segnalato. posso dire però che il titolo non mi piace, anche se, al solito, sono io che mi fisso eccessivamente sui titoli.

    alla fine, gira e rigira, metto due.
     
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    CITAZIONE (Piscu @ 10/2/2009, 11:19)
    la prima parte del racconto mi è piaciuta. la rappresentazione teatrale, e il fatto che da questa dipenda la loro sopravvivenza e la possibilità di spostarsi. quando però comincia la fuga, mi pare che la storia scada un po' nel "già visto". inoltre non ho capito bene come e perché si svolga l'agguato nella stazione di servizio. insomma, mi è piaciuto il contesto, ma la storia in sé vacilla.

    lo stile è abbastanza lineare, anche se c'era qualche errore che è già stato segnalato. posso dire però che il titolo non mi piace, anche se, al solito, sono io che mi fisso eccessivamente sui titoli.

    alla fine, gira e rigira, metto due.

    Orpo :wacko: ho toppato...

    Discorsi sul titolo a parte, ammetto che il finale sia meno lavorato del resto e che non riesca a fare "circolo chiuso" con le premesse e con i personaggi. Lo credevo, ma evidentemente non è così. Dopodiché una fuga è... una fuga ed è funzionale al racconto ^_^. Ci dovrebbero essere dei sottintesi, ma evidentemente lo sono troppo...

    Grazie per la lettura, naturalmente. :D




    CITAZIONE (shivan01 @ 10/2/2009, 10:40)
    E' una storia strana, raccontata in modo originale, ma forse nella narrazione hai date per scontate un po' troppe informazioni. So che stai scrivendo una cosa molto più ampia su Altrove, e questo pezzo sembra essere un estratto.
    ....
    La pioggia sembra quasi aumentare di intensità e fa scomparire il carro, bastarda che non è altra. Lune di vari colori si rincorrono nel cielo. Alieni del cazzo rincorrono loro tre. - bella immagine, ma piove, come fanno a vedersi le lune?

    In realtà è il racconto originale di Altrove, quindi al limite il problema è che ho buttato dentro troppe cose senza sfoltirle o senza organizzarle come dovevano. In realtà non volevo lasciare troppe cose aperte, ma evidentemente mi sono sbagliato.

    Le sviste sono scoccianti (e le pago perché le ho fatte). Mi consolo solo del fatto che essendo materiale del 2007 da allora sono stato più attento.

    Contesto :angry: solo tra le segnalazioni le lune con la pioggia, dato che è uno dei fenomeni di Altrove: piove senza nuvole etc.. etc...

    Grazie per lettura e caccia all'errore... cacchio, ma le eufoniche me le crea il computer?
     
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  5. shivan01
     
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    azz la luna è un fenomeno di altrove? E scusa! 'zzo ne sapevo?
    le eufoRiche potrebbe crearle word, in effetti. Io ci sto attento ma non hai idea di quante ne trovo alla fine.

    Resisti
     
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    CITAZIONE (shivan01 @ 10/2/2009, 16:27)
    azz la luna è un fenomeno di altrove? E scusa! 'zzo ne sapevo?
    le eufoRiche potrebbe crearle word, in effetti. Io ci sto attento ma non hai idea di quante ne trovo alla fine.

    Resisti

    In teoria ho disattivato tutto quello che mi corregge in automatico in word... mi sa che sono sfuggite a me... compresa la doppia Z.

    Comunque leggete e massacrate, che se devo proseguire almeno aggiusto il tiro
     
    .
  7. federica68
     
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    Ciao Alby
    il racconto mi è parso quasi un estratto da qualcosa di più ampio, e per certi versi ho fatto fatica a seguire la trama, come se qualcosa sfuggisse, forse hai lasciato troppe cose date per scontate. Anche il finale non sembra un vero finale ma un prologo a qualcos'altro...

    inoltre ho visto diverse imperfezioni formali che di solito nei tuoi scritti non ci sono mai, come se lo avessi scritto in fretta e ricontrollato poco. Forse la stessa fretta che ti ha impedito di rendere la trama più corposa, non saprei

    potresti lavorarci un po' su, non avresti difficoltà a tirarne fuori un racconto dei tuoi soliti (cioè avvincenti e ben scritti), ma così com'è non posso andare oltre il 2 1/2, ma non abbastanza pieno da arrotondare a 3.
    Metto 2, non volermene... :shifty:





    SPOILER (click to view)
    CITAZIONE
    alberi— luce

    credo che ci vada il trattino corto, e senza spazio prima di luce, ma non sono tanto certa...
    CITAZIONE
    <<era una notte buia e tempestosa…>>

    metterei le maiuscole all'inizio del dialogo, ho visto che anche da altre parti il dialogo inizia con la minuscola; inoltre userei le virgolette invece del maggiore/minore, mi sembra che stia meglio


    CITAZIONE
    <<a volte.>

    CITAZIONE
    Sandro da un colpo

    il dà non vuole l'accento?

    CITAZIONE
    — Kabal – risponde Lustrato.

    CITAZIONE
    Si certo, come no –



    CITAZIONE
    schizzofrenici

    una sola z



    CITAZIONE
    la sta penetrando con enorme un sorriso che va da un’orecchio all’altra

    metti le virgole, se no sembra che stia usando il sorriso alla bisogna... e
    attento al genere



    CITAZIONE
    .
    Cosa crede di fare andarsene?>>

    virgola prima di andarsene


    CITAZIONE
    Lustrato mena intorno a se.



    CITAZIONE
    uncaleidoscopio di occhi,

    CITAZIONE
    Non è logico, per come è bagnato, forse dovrebbe cercare una macchina del caffè,

    punteggiatura. Vedrei meglio un 2 punti dopo logico, o comunque uno stacco maggiore



    P.S. leggo solo ora gli altri commenti, e vedo che avevi già risposto alla segnalazione sulla trama, scusa per la ripetizione
     
    .
  8. Okamis
     
    .

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    Piccola premessa:
    a me non è mai piaciuto dare i voti, in quanto li trovo fuorvianti e sono convinto che l'opinione su di un brano, se completa, basti e avanzi per farsi un'idea del giudizio. Ovvio però che in un contesto come quello dell'USAM i voti sono basilari. Dovendo quindi crearmi una "scala di valore" come metro di paragone solo solito usare gli altrui racconti.
    Ora, sino a questo momento il voto più basso l'ho dato a Bravecharlie, il quale aveva creato sì una bella storia, ma (IMO) raccontata senza la dovuta attenzione. Facendo un confronto tra il tuo brano e quello di Brave, ammetto che quest'ultimo mi è piaciuto (sia a livello di trama che di stile) molto di più rispetto al tuo.
    Partiamo dalla questione "genere". Hai definito questo racconto come "fantascienza", ma mi chiedo io: dove sta la fantascienza? O_o Vi ho trovato infatti più un clima alla Stefano Benni (la scena iniziale mi ha riportato alla memoria quella dello spogliarello della diavolessa in "Elianto" ^_^). Qui di "-scienza" non ho visto proprio nulla, il che già inconsciamente mi ha fatto sentire preso per i fondelli ;)
    Ma a parte questo, il difetto peggiore di questo racconto (sempre IMO) è che manca la storia; o se c'è ammetto di non averla capita. Ho avuto come l'impressione che nemmeno te l'avessi ben chiara nella testa.
    Desolato, ma per la prima volta con un tuo racconto, mi sento costretto a doverti dare 1 :(
     
    .
  9. niwad
     
    .

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    Trama carina, ma che lascia abbastanza il senso di "tronco"; l'ambientazione è, come sempre, il tuo punto forte: al di là dei ponti, che mi hanno ricordato il Ponte che hai postato sulla RR (Gran racconto, quello), Altrove si mostra come un'ambientazione più versatile di un coltello svizzero da cinquanta chili. Una struttura dove potresti giocare fino all'inverosimile, ma qui ti sei tenuto tutto sommato in un ambiente semplice da gestire. Concordo con Piscus: il titolo è buttato lì. Mentre, per fare un parallelismo con Okamis, il tuo racconto mi è piaciuto di più di quello di Brave, ma la scarsa attenzione alla forma inficia.
    Metto 2. L'ambientazione è ottima, puoi sfruttarla al meglio, i personaggi possono andare bene, ma necessiterebbero di più spazio, di una caratterizzazione migliore. Insomma, ampliarlo migliorerebbe sicuramente le cose, riutilizzare l'ambientazione porterebbe a ottimi risultati. Come racconto breve non rende a sufficienza.
    In spoiler la solita carriolata di errori, segnalazioni e suggerimenti.
    SPOILER (click to view)
    CITAZIONE
    Sandrò

    Non era Sandro? XD
    CITAZIONE
    sentirla protestare in quel modo e per l’ennesima volta è oltremodo devastante

    potresti togliere la congiunzione
    CITAZIONE
    Tutti gli spettatori sintonizzarono

    Fino ad ora hai usato il presente...
    CITAZIONE
    le loro sanguisughe in modo da averne la traduzione istantanea.

    XD Il pesce babele!
    CITAZIONE
    con le dita sollevate sopra i tasti

    Dita?
    il resto del romanzo arriva così veloce che quasi non fai a tempo a scriverle giù
    CITAZIONE
    ma probabilmente altri si trovano sopra appendici di ogni sorta.

    Eh?!
    CITAZIONE
    probabilmente rilascia odori spiacevoli

    c'è un altro probabilmente poco su
    CITAZIONE
    Sandro da un colpo


    CITAZIONE
    il loro idolo cantante preferito

    non hai tagliato
    CITAZIONE
    con enorme un sorriso che va da un’orecchio all’altra.

    Non hai avuto il tempo di rileggere, veh?
    CITAZIONE
    Hanno anche i denti gli Armonici e pure tanti

    metti l'inciso
    CITAZIONE
    Mi spiace con tutti voi

    ...
    CITAZIONE
    Prende Max per un braccio

    Avrà un senso se gli dai caratteristiche umane ogni volta, ma intanto mi segno i punti in cui lo fai.
    CITAZIONE
    Cosa crede di fare andarsene?

    la virgola...
    CITAZIONE
    Sandro, trascinandosi dietro Max guadagna l’uscita

    chiudi l'inciso.
    CITAZIONE
    Il ricordo non rimane più giù

    eh?
    CITAZIONE
    Inferno

    con la minuscola
    CITAZIONE
    se c’è davvero un altro dopo

    un dopo, un altro mondo... così stona
    CITAZIONE
    <<sono morto>> pensa.

    magari usa le virgolette alte, metti una virgola subito fuori.
    CITAZIONE
    era bastato mostrato dei disegni
     
    .
  10. bravecharlie
     
    .

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    ho visto che i voti finora non son stati proprio buoni, ma a me invece è piaciucchiato e non lo ritengo affatto sconclusionato o privo di trama. anzi.

    per prima cosa tanto di cappello alla tua fantasia, sempre vivida, che anche stavolta ti ha permesso di creare un mondo avvincente, forse più demenziale di quelli che ho letto in precedenza in tuoi pezzi ma comunque molto bello (non ho capito se è un episodio successivo a quello da te postato nella RR; i ponti mi hanno fatto credere di sì, però il personaggio non credo sia lo stesso).

    la storia si evolve benino, è comprensibile, i personaggi non sono granché tratteggiati ma in fondo si capisce perché Sandro è lì, qual è il suo scopo etc., e anche il finale m'è piaciuto abbastanza.

    Purtroppo ho riscontrato vari errori stilistici che, conoscendoti, non posso che imputare a una mancanza di rilettura e revisione, perché so che in genere non li fai.

    a parte due "d" eufoniche, l'apostrofo mancante in "un isola" e un "sintonizzarono" che stona con la narrazione al presente, alcune frasi non son costruite benissimo, per esempio :

    CITAZIONE
    Rimangono subito più indietro, che con il fango scivoloso è una vera benedizione

    e anche:

    CITAZIONE
    Sandro piange per chi amava e che non conoscerà mai

    non son certo un puritano e lo sai, anzi, ma l'esclamazione "cazzo" viene ripetuta un po' troppo spesso e secondo me potresti sostituirla con volgarità più colorite, soprattutto vista l'ambientazione pittoresca e fuori dalle righe del pezzo. a me l'ambientazione di Altrove è piaciuta molto, penso questa sia una parte di uno scritto più lungo o sbaglio?

    per darti il voto mi rapporto al racconto di Federica: lì la forma e lo stile erano pressoché impeccabili, ma la trama nulla di originale. Il tuo pezzo mi pare speculare: grande originalità, ma stile traballante. Do quindi 3 anche a te, ciao e alla prossima :)
     
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  11. Iceburn
     
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    Ho letto il racconto... poi l'ho riletto per vedere se mi ero perso qualcosa...
    L'inizio non mi è sembrato un inizio... e la fine non è proprio una fine... sembra tutto un intermezzo...
    Più che un racconto mi è sembrato un tour in un'ambientazione, come se tu volessi deciso di presentare l'ambientazione e lasciare la storia di fondo. O addirittura come se la storia fosse strumentale all'ambientazione... mentre io penso che sarebbe più utile fare il contrario.

    Preciso che presi a se stanti alcune parti del racconto sono carine e si fanno leggere, ma sembrano poco legate le une alle altre...

    Altro appunto... aver inserito così tante razze fa perdere molto tempo per cercare di identificarle. Secondo me usare tante razze è già difficile in un romanzo, comprendo quindi che in un racconto è ancora più complesso. Forse avresti potuto utilizzarne meno oppure inventarti qualcosa per aiutare il lettore a comprenderle più rapidamente...
    Mi unisco inoltre alla questione sulla fantascienza. Anch'io vedo poco la componente -scienza... e anche questo mi fa pensare che la tua scelta del genere sia strumentale al voler giustificare tutte queste razze.

    Mi spiace anche perché ho letto alcuni tuoi racconti che erano decisamente ad altri livelli rispetto a questo.
    Voto 1.
     
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  12. tar-alima
     
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    Ciao Alberto.
    Il racconto è davvero strano, ma in un modo che non mi dispiace, così come non mi dispiace immaginare come si è creata la situazione e cosa faranno dopo. Tanto di cappello alla fantasia, capace di darmi uno squarcio di mondo assurdo ma capace di emozionare. Non è mica poco!
    Perciò, anche se mi è sembrato scritto con cura minore del solito, mi ha lasciato quel nonsoché che mi piace sentir aleggiare dopo la lettura. Non è molto tecnico, ma non so dirtelo in altro modo.
    Dettagli:
    SPOILER (click to view)
    CITAZIONE
    Ti dirò che non solo è meno lungo del mio cazzo, ma che è anche meno lungo di me.

    Dovrebbe essere viceversa, a meno che il cazzo dello pseudonano non sia più lungo della sua altezza... ehm...
    CITAZIONE
    Alle sue spalle sorge un grosso cartello, tirato su grazie a una corda, una carrucola e alla forza delle braccia di Lustrato. Sopra sono dipinte con vernice nera delle grosse lettere. Tutti gli spettatori sintonizzarono le loro sanguisughe in modo da averne la traduzione istantanea.

    I tempi verbali.
    CITAZIONE
    il resto del romanzo arriva così veloce che quasi non fai a tempo a scriverle giù...

    Scriverle giù? Non mi sembra stia in piedi.
    CITAZIONE
    Probabilmente ci sono anche parecchie voci con frequenze inferiori a quelle che Sandro può udire.

    CITAZIONE
    Alcuni si trovano in cima a peduncoli oscillanti, ma probabilmente altri si trovano sopra appendici di ogni sorta.

    Questi "probabilmente" sono inutili, non perché sono avverbi in -mente, ma perchè smorzano la vividezza della scena. Ma forse sono io che ultimamente faccio la lotta con tutti i "probabilmente" e i "quasi".
    CITAZIONE
    Il muro esterno è fatto di pietre brunastre, ma inframmezzate a grandi ossa

    Perché "ma"?
    CITAZIONE
    - Vai, vai - urla Sandro, ma l’idea che Dolcecuore possa lasciarlo lì non lo sfiora neppure.

    Perché anticiparlo?

    Poi ti dico che anche a me il titolo non piace, soprattutto per la presenza dei due "con".
    L'ultimissima frase non mi sembra molto riuscita.

    Dopodiché, voto 3. A presto. ;)
     
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  13. post-apo
     
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    ciao,

    a me il racconto è piaciuto, anche se alcune cose mi sono sembrate buttate lì - tipo la storia della ragazza e il finale, entrambi troppo frettolosi.
    L'ambientazione e l'idea sono da dieci e lode. Complimenti.

    voto 3.
     
    .
  14. codis
     
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    L'idea di una rappresentazione teatrale slle storie di Charlie Brown mi è sembrata carina, anche se all'inizio c'è stata un'ostentazione della parola "cazzo" che mi è sembrata forzata. Devo dire che ho faticato un po' ad arrivare alla fine, mancava di mordente...forse rileggendolo, però ho avuto l'impressione che mancasse qualcosa.
    Voto 2 :-(
     
    .
  15.  
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    Malvagi :cry: :cry:

    Domani vedo di rispondervi più o meno in dettaglio :P
     
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