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Dopo l'ultimo controllo al Ponte B, il guardiamarina Tony Farina s'incamminò per il lungo corridoio che lo separava dalla Sala d'Attesa. L’eco dei passi gli dava l’impressione di essere seguito e, durante il percorso, si voltò più volte, quasi certo di trovarsi alle spalle un oscuro mostro spaziale. Giunto alla fine del corridoio, trovò una porta priva d'indicazioni. La aprì e la varcò. Si ritrovò all'interno di una sala luminosa. Una donna asiatica sedeva di fronte una finestra che dava direttamente sullo Spazio. Tra lei e la finestra c'erano una sedia vuota e una seconda porta chiusa. Null'altro. Dai gradi sull'uniforme Tony si accorse che la donna era un Maggiore dell'Astronautica Rossa. Si mise allora subito sull'attenti eseguendo un perfetto saluto militare. “ Comodo, Compagno” gli fece la donna, rimanendo seduta con le gambe accavallate. Strizzò gli occhi a mandorla come per volerlo mettere meglio a fuoco. Era molto bella, sui trentacinque anni. I capelli lunghi, neri e lisci le scendevano fluenti dalla nuca, ricoprendole totalmente le spalle. Dopo un inchino fuori ordinanza, il ragazzo si andò a sedere proprio di fronte a lei. Oltre la finestra, Helix, il Divoratore di Mondi, incombeva su di loro in tutta la sua tremenda maestosità, quasi volesse ricordare all'Umanità quanto fosse arrogante la pretesa di conoscere l'Universo. “ Non lascia indifferenti, vero? “ gli chiese, indicandolo col mento. Tony annuì deglutendo. “ Mi scusi se non mi sono presentato, Compagna Maggiore. Guardiamarina Rossa Antonio Farina. Ai suoi ordini. “ La donna sorrise. “ Maggiore Rosso Akiko Sakamoto. Piacere, Compagno Guardiamarina.” Tony esitò un attimo, poi le chiese. “ Anche lei è qui per l'Evento, Compagna Maggiore? “ La donna annuì “ E' nervoso? “ “ Un po' sì “ Tony aveva molta paura, invece, altro che nervoso “ Ne ho sentite tante. “ “ Per esempio? “ “ Gira voce che alcuni Uditori siano impazziti. Alcuni si sono suicidati. “ Gliel'avevano detto alcuni suoi giovani colleghi del Circolo Ufficiali, forse solo per spaventarlo. “ Davvero? “ rispose la Sakamoto tirando avanti il busto come per sistemarsi meglio sulla sedia. Così facendo rese oltremodo evidenti le forme abbondanti del suo seno. “ Che cosa dobbiamo fare, qui, realmente? Lei lo sa? “ “ Solo ascoltare. “ “ Nient'altro? “ Adesso che la osservava meglio, quella donna gli appariva piuttosto strana nei suoi modi di fare. Ma forse, si disse, l'emotività del momento gli deformava certe impressioni. “ Certo “ rispose. Poi si alzò. Pareva inquieta, come stesse cercando qualcosa. Si stiracchiò sbadigliando, mettendosi le mani sui fianchi. Tony trovò quel gesto molto sensuale.“ Lei pensa forse sia così facile ascoltare, Compagno? “ gli chiese. “ Beh, dipende da cosa si ascolta. “ “ Esattamente “ la donna tirò fuori un pacchetto di sigarette che teneva in tasca, insieme a un accendino. Fece per offrirne una a Tony ma questi rifiutò. Poi se la accese, in un lungo sospiro. “ Ha centrato il punto, Compagno Guardiamarina. Dipende da cosa si ascolta. “ “ Dicono siano storie orribili “ chiese il ragazzo, deglutendo. “ Orribili? Non è la definizione giusta. Poniamola invece così “ rispose sbuffando via il fumo “ Se lei potesse scegliere, cosa vorrebbe che non le fosse mai raccontato? Riguardo a cosa preferirebbe rimanere all'oscuro per sempre? “ “ Beh, ecco, io non saprei “ quelle domande lo avevano terrorizzato. “ Se trova una risposta a una di queste domande “ disse fissando il vuoto “ ha un po' l'idea di ciò che ci aspetta “ poi continuò, come destandosi da un improvviso torpore “ Ma è solo una metafora, non volevo spaventarla “ sorrise “ Da quanto tempo è nello spazio? “ “ Diciotto mesi. “ “ Diciotto mesi. Allora questo è il primo Sistema che visita “ si passò le mani sui capelli, accostandosi alla finestra. Mentre gli dava le spalle, Tony notò che aveva anche un bel sedere. “ Sì. E' il mio primo viaggio nella Galassia “ rispose dando una sbirciata, oltre che al sedere, alla porta posta alla sua sinistra. Era inesorabilmente chiusa. La Sakamoto si accorse, chissà come, del suo sguardo clandestino sia all'uno sia all'altra. “ Si rilassi. C'è molto da aspettare ancora. “ “ Ancora molto? Davvero? Ma sono le 17.05 “ replicò Tony “ La Riunione per l'Evento è stata fissata alle 17.00 dalla Commissione. “ La donna lo fissò in un modo strano. “ La Commissione Oscura, ragazzo, ritarda sempre “ disse, spegnendo la sigaretta a terra. Per una qualche ragione la donna parve improvvisamente adombrarsi. Poi tornò di nuovo al suo posto e la stanza si riempì di un silenzio irreale e così assordante che Tony non riuscì a sopportare. Cercò allora di innescare di nuovo la conversazione, indirizzandola stavolta su binari più canonici. “ Compagna Maggiore, mi scusi. Qual è lo scopo della nostra presenza? Perché ci vogliono qui, ad ascoltare cose alle quali non abbiamo mai avuto niente a che fare? Che utilità trae dalla nostra presenza la Commissione Oscura? “ Nessuno gli aveva mai dato una risposta davvero esauriente a questi suoi interrogativi. Gli venne in mente di nuovo il ricordo del Comandante della sua Astronave. Appena erano giunti nel quadrante di Helix, l'aveva chiamato a rapporto, notificandogli che era stato sorteggiato per assistere, davanti alla Commissione Oscura, alla verbalizzazione di un Evento in qualità d'Uditore. Era obbligato a partecipare e non poteva sottrarsi. Avrebbe comunque avuto il compenso stabilito dalla Legge. Non gli aveva detto altro. I colleghi, invece, l’avevano guardato con un certo pietismo, commiserandolo. La donna si alzò di nuovo, inquieta, portandosi di fronte alla finestra. Sul riflesso del vetro, Tony poteva ammirare la forma del suo viso sovrapposto alle luci irradiate da quelle stelle che, prima di essere divorate, urlavano nello spazio il loro malinconico canto del cigno. “ E' solo una Procedura, solo una banale Procedura “ disse lei, assente. Poi parve come iniziare a ripetere delle frasi a memoria “ Sono sorteggiati due Uditori tra tutti gli ufficiali della Base Spaziale, dove la Commissione Oscura ha deciso di riunirsi per verbalizzare un Evento. E' per via della trasparenza, una convenzione, ruderi d'antiche regole ideate agli albori del Socialismo. “ Tony rifletté, poi disse “ Ho letto copia della Notifica dell'Udizione che mi è stata data, ma le confesso che...“ “ E' solo una Procedura “ lo interruppe la donna seccamente, mentre continuava a fissare Helix “ Una Procedura che non ha più alcuno scopo d'esistere se non sopravvivere a se stessa. Siamo qui e basta. Non c'è una logica, non c'è una ragione, eviti di farsene una “ poi scoppiò a ridere appoggiando la fronte al vetro e aggiunse “ Ma con me hanno esagerato proprio! “ “ Non la seguo, Compagna Maggiore “ era difficile per Tony inquadrare in qualche modo quella strana donna. La Sakamoto continuò a ridere, poi tornò per l'ennesima volta a sedersi. Aveva le lacrime agli occhi. “ Non badi a quello che dico. Sono solo un po' pazza “ stava per scoppiare a ridere di nuovo, ma si represse, e tornò quasi normale, anche se i suoi occhi a mandorla continuavano a brillare irridenti “ Come si sente? Pensa di farcela? “ Tony fece un vago cenno d'assenso, quasi perso nei suoi enigmatici occhi giapponesi. “ Senta “ continuò la donna avvicinandosi a lui con il busto, in un modo quasi complice “ e se le raccontassi una storia, una breve storia, dello stesso tipo di quella che ascolterà dietro questa porta fra non molto: una storia vera. Avrebbe un'idea di quello che ci aspetta, sarebbe preparato... Che ne dice? “ “ Mi sta parlando di un altro Evento, Compagna Maggiore? Ha già svolto il ruolo d'Uditore in passato? “ Tony si rese conto che adesso aveva quasi un po' paura della donna. “ Non proprio “ i suoi occhi erano di un nero incredibile, bellissimi e ammalianti. “ Oh! “ La mente di Tony fu come percorsa da un lampo “ Lei è stata Protagonista di un Evento? “ “ Allora, la vuol sentire questa storia o no? “ gli rispose ignorando la domanda. “ Sì “ fece il ragazzo con un filo di voce. “ Bene “ La Sakamoto indicò la porta “ Non si preoccupi perché abbiamo tutto il tempo. Gliel'ho già detto. La Commissione Oscura ritarda sempre.“ La donna iniziò a raccontare.
“ Quindici anni fa ero appena uscita dall'Accademia ed ero alla mia quarta missione nello Spazio. Mi piaceva il mio lavoro e lo trovavo affascinante. Nelle tre precedenti missioni avevo già visitato mondi strani, inaccessibili, assistito a fenomeni impensabili. Stavo per gettare le basi di una brillante carriera nell'astronautica e ne ero orgogliosa. Nonostante il mio carattere, profondamente schivo e diffidente, strinsi una forte e intima amicizia con la Comandante della nostra nave. Non sono omosessuale, per lo meno non nel senso cui potrebbe credere. Il nostro rapporto era molto più simile a quello cantato dagli antichi greci. Ha mai letto Saffo? Ecco, io ero l'allieva, lei la mia maestra. Era molto più mentale che fisico. Non può capire ma non importa e, del resto, non è attinente con la nostra storia. La Comandante si chiamava Colonnello Rosso Helen Stevenson, ma per me era solo Helen “ tacque quasi riflettendo, forse scavando nei ricordi. Poi continuò “ Uscivamo spesso in coppia, sia in addestramento sia nelle perlustrazioni. Gli altri invidiavano il nostro rapporto e spesso malignavano, ghignando alle spalle. Ma a me non importava e neanche a lei. Del resto Helen non era incline a usare favoritismi nei miei confronti ed io di certo non ne avrei mai voluti. Tutto procedeva bene, o quasi, finché un giorno non arrivammo in quel sistema “ tacque qualche istante come per organizzare meglio i ricordi “ Era bellissimo. Quattro pianeti rotanti attorno ad una stella gialla, appena un po’ più grande del nostro Sole. Uno di quei pianeti era azzurro come uno zaffiro d'India. Aveva percentuali d'ossigeno e azoto praticamente identiche a quelle della Terra ed anche le dimensioni erano quasi le stesse. Una scoperta incredibile. I pianeti simili alla Terra sono rari. E quello dove eravamo capitati era un pianeta ancora più raro nella sua rarità. Perché? Beh! “ sorrise “ Perché vi trovammo i resti di una civiltà aliena “ la donna tacque ancora un istante, come per prendere fiato. Tirò fuori dal pacchetto un'altra sigaretta e se la accese. Tony la fissò inquieto. Era partecipe al racconto però quell'ultima informazione lo aveva lasciato interdetto. Decise di approfittare di quella pausa per intervenire. “ Una civiltà aliena? Ma, Compagna Maggiore, non è stata mai trovata nessuna civiltà aliena nel cosmo. Ho sentito alcune storie ma dicono siano tutte invenzioni. Siamo desolatamente soli nella Galassia e forse nell'Universo “. La donna lo guardò quasi con astio, sbuffandogli il fumo in faccia. “ Sì, certo “ gli replicò in tono acido “ Nessuno ha trovato niente. Nessuno crede più a niente. Nella nostra Società Democratica, Razionale e Socialista, abbiamo abolito tutti i mostri, tutti i fantasmi, tutti gli dei, relegandoli nel mondo della fantasia. A parte, però, certi conigli che escono ogni tanto dai cappelli a cilindro della Commissione Oscura. Sono l'unica eccezione. Sa come li chiamano? Gli Eventi. Avrà modo di rendersene conto fra poco. “ Tony rabbrividì. “ Adesso mi faccia continuare. I commenti, se vuole, li farà alla fine della storia.“ Il ragazzo annuì, mortificato. “ Trovammo i resti di una civiltà “ proseguì la donna “ Ci accorgemmo di questa civiltà sorvolando il continente più piccolo dell'emisfero meridionale del pianeta. All'inizio c'era sfuggita. Prima stranezza. Le tracce della civiltà erano situate solamente in una determinata zona, proprio al centro di quel continente. Dopo diverse analisi decidemmo di organizzare una piccola navetta d'esplorazione. Inutile dirle chi fossero le prime e uniche due persone a prendervi posto. Io leggevo negli occhi di Helen mille cose: la brillantezza dell'avventura e l'eccitazione della scoperta, d'essere vive, giovani, d'esplorare i misteri dello spazio, e soprattutto la gioia di condividere tutte quelle cose insieme. Avevo capito che ero diventata parte importante nella sua vita e ne ero orgogliosa oltre che felice. Ci preparammo a scendere, emozionate e su di giri come due bambine, mentre gli altri ci avrebbero aspettato, mugugnando sull'astronave, per coordinarci via radio. I patti erano che, se non avessimo trovato niente di pericoloso alla prima perlustrazione, sarebbero scesi anche loro in un successivo momento. Partimmo, dunque. Le tracce della civiltà aliena, oh, ancora non gliene ho parlato, erano strabilianti. Si presentavano dallo spazio come sette cerchie di mura, enormi e concentriche, con uno spessore impossibile di diversi chilometri. Chi aveva mai potuto, e come, costruire quei manufatti di quelle dimensioni? S'intuiva, da com'erano strutturate, che stavano a protezione della zona situata al loro centro, quella che sembrava, vista dall'alto, una specie di strana foresta, contenuta in un'area relativamente piccola. Sorvolando le mura, potemmo ammirarne la maestosità. Dai dati del laser rimanemmo interdette. Non erano solo spesse, erano anche altissime. Due chilometri almeno! Era impossibile, una cosa spaventosa! Muri artificiali grandi come montagne! Vedo, dalla sua espressione, che non mi crede, ma non importa. Continui a sentire la storia. Scendemmo con la navetta proprio oltre l'ultimo muro, atterrando in una piccola radura incontaminata. I sensori erano tutti sul verde e non segnalavano niente di particolare. Niente veleni, radiazioni, pericoli biologici noti, niente. Decidemmo ovviamente di tenere le tute, secondo procedura. La temperatura era ottimale e il livello dell'ossigeno era leggermente più alto di quello terrestre. Ci rendemmo presto conto che quel pianeta era solamente quello che sembrava: un pianeta incontaminato e splendido. Preparammo l'autocarro e ci dirigemmo molto lentamente, eccitate e di buon umore, verso quella che sembrava essere la strana vegetazione che avevamo visto dall'alto. Notammo subito qualcosa di strano. Lungo la strada c'erano dei... non saprei come definirli... segnali. Erano oggetti di pietra, scolpiti nei modi più incomprensibili, spaventosi nella loro alienità. Man mano che avanzavamo, li cominciammo a notare con sempre più frequenza. Helen ed io ci guardavamo continuamente in faccia, stupite. Cosa, chi, quale essere senziente e perché, aveva potuto costruire tutto quello che stavamo vedendo? Erano domande alle quali fremevamo di trovare una risposta al più presto. Lentamente raggiungemmo la vegetazione accorgendoci che non era per niente quello che sembrava.“ La donna aveva cominciato a sudare. Tony capiva che, verità o frottole, l'esporle le richiedeva uno sforzo emotivo non indifferente. “ Era piuttosto un groviglio di cristalli affusolati, altissimi e sottili, dalla sfumatura verdastra, molto delicati, con un'escrescenza alla loro sommità composta di diversi colori. Decidemmo che era giunto il momento di scendere dall'autocarro e di proseguire a piedi. Helen mi prese la mano, quasi per rassicurarmi. Io la seguii, ma con una certa titubanza. “ La Sakamoto si arrestò un attimo, nel racconto, come per reprimere un singhiozzo. “ Avrei dovuto dirle << Helen ti prego, aspettiamo le analisi!>>". Dall'astronave in orbita, infatti, arrivarono delle proteste alla sua decisione troppo affrettata di entrare nei cristalli. Lei s'infervorò al punto da spegnere polemicamente la radio, obbligandomi a fare altrettanto. Quando era criticata, esplodeva spesso in simili sfuriate. Era lei la Comandante e ci teneva continuamente a farlo pesare. Lentamente, ma con determinazione, entrammo nei cristalli. Erano bellissimi, magici, riverberavano in tutte le sfumature colorate possibili. Non scorderò mai le emozioni di quei primi momenti interminabili con lei, lì dentro. Sembrava, sembrava... come un sogno. Ma non in un sogno qualsiasi. Ha presente il più bel sogno della sua vita? Quel tipo di sogno talmente coinvolgente nel quale le sembra che l'intera realtà, l'intero mondo sia stato fatto buono, dolce, a sua misura? Ecco, non so davvero spiegarle altrimenti. Vissi insieme a Helen quello che fu sicuramente il più bel momento della mia vita, o meglio, il più bel momento di tutte le possibili vite che avrei potuto vivere. Eravamo felici, così felici che decidemmo di toglierci il casco e la tuta senza pensare ai possibili rischi. Rimanemmo nude ad abbracciarci, piangendo per la felicità, in quel posto di perfezione assoluta. Avrei voluto rimanere lì per sempre, insieme a lei, ma Helen... ecco, lei era così diversa da me... non si accontentava mai. Urlando di gioia, mi prese per la mano e mi spinse a esplorare ulteriormente quel luogo magico. Mi disse <<andiamo, andiamo, andiamo ancora oltre>>. Pur nella gioia e nel piacere c'era qualcosa in me, però, che mi frenava. Le dissi, pur ridendo, << Helen, aspetta, aspetta, piano!>>. Fu allora che accadde l’inevitabile. Helen decise quello che ancora non avevamo avuto il coraggio, o la gioia, di fare: toccare uno di quei cristalli. Si avvicinò a uno di essi e lo sfiorò, quasi per accarezzarlo. Un vento tiepido le scostò i capelli biondi dal viso. Dio, com'era bella. Non feci in tempo a formulare quel pensiero nella mia mente che udii un rumore secco, come d'ossa che si spezzavano. Vidi un istante dopo il cristallo accartocciarsi rinsecchendosi, come bruciato, sbriciolarsi in mille pezzi, quasi fosse stato fatto di gesso trasparente. Ma Helen l'aveva appena sfiorato! Solo una carezza, una di quelle che era solita darmi per coccolarmi quando ero nervosa. Eppure... eppure il cristallo si squagliò davanti ai suoi piedi nudi. Vidi l'espressione di Helen cambiare, il sorriso spegnersi sul volto. Come c'era rimasta male! E proprio in quel momento i nostri sogni cessarono e cominciò il nostro incubo. “ La Sakamoto s'interruppe solo un istante fissando la porta. Era come se avesse avvertito un rumore inesistente. Tony, invece, non aveva sentito niente. Non accadde nulla. La porta rimase chiusa e lui non era più sicuro di voler sapere la fine di quell'incredibile storia. Ma l'ufficiale giapponese proseguì. “ Vidi gli occhi di Helen fissarmi. La vidi sorridere, di un sorriso scarno, di circostanza. Poi, poi ecco, la vidi cambiare... non capii subito come. C'era qualcosa, nel suo viso, che, a un tratto, non andava più. Anche lei doveva essersene accorta perché parve quasi sgridarmi. << E' meglio che torniamo alla navetta! Rivestiti, presto!>>. Senza pormi altre domande presi la strada per il ritorno evitando anche solo di guardare quei cristalli che, ora, mi sembravano fili dell'alta tensione. Sentii il suo fiato dietro di me, ma lo sentii... diverso. Non volevo voltarmi, non volevo, sapevo che avrei trovato qualcosa in lei che non andava. Il suo respiro era troppo diverso! Ma poi, presi coraggio e mi girai. Capii finalmente cosa non andava. Era... diventata più alta e più grande! Era incredibile! Per un attimo, all'inizio, pensai che fossi io a essere diventava più piccola. Ma c'erano le tute là vicino... presi il casco come per fare un confronto. Il mio era normale, era il suo... non avrebbe mai più potuto indossarlo... << Helen >>, le dissi, << cosa hai! ... Helen!>> Era diventata alta più di due metri. Vidi le sue enormi mani afferrare il casco, con rabbia, incredule, come per studiare un giocattolo inutile. << Helen!>> Non ebbi tempo di dirle altro che assistetti subito a qualcosa d'impossibile. La vidi crescere ancora, stavolta a un ritmo più elevato, visibile. Due metri e venti, poi due metri e mezzo, nel giro di pochi secondi. Nonostante le dimensioni abnormi, il suo corpo rimaneva comunque proporzionato. Mi rinfilai la tuta quasi meccanicamente, fissandola con orrore, quasi non accorgendomene. In quei frangenti i nostri occhi non avevano mai smesso di fissarsi. I suoi sembravano implorarmi. Helen aveva paura di guardarsi, di vedere il suo corpo assurdo, enorme, nudo. Fece quasi per afferrarmi, ma io... ecco, le confesso... fuggii. La sentii urlare e le sue grida erano ciclopiche. Mi girai e vidi che avanzava velocemente verso di me abbattendo ogni altro cristallo che trovava lungo il suo cammino. La sua statura cominciò allora a crescere in modo impressionante, quasi esponenzialmente. Io salii sull'autocarro guidando all'impazzata mentre Helen era ormai diventata una gigantessa di sei metri. Avrebbe potuto forse raggiungermi, ma il continuo aumentare delle proporzioni le alterava la percezione dello spazio nel suo intorno, rallentandole i movimenti. Dall'autocarro potevo vederle i seni enormi ballonzolare come quelli di una balena, i suoi capelli biondi, adesso dall'alto di dodici metri, ondeggiare a ogni passo come fronde di una quercia secolare. Poi cominciò a urlare << Akiko! Akiko! Ti prego, amore, non lasciarmi! Akiko!>>. Le sue urla erano come tuoni imponenti. Ma io, ormai, ero già arrivata alla navetta. Mi chiusi dentro. Ero in preda al panico e piansi. Non avevo avuto il tempo nemmeno di avvertire gli altri. Infatti, mi ero dimenticata che Helen aveva chiuso i collegamenti via radio. Li riattivai in quell'istante. Paul, il vice comandante, non volle nemmeno starmi ad ascoltare. Forse aveva seguito lo stesso la scena dalla telecamera della navetta, non ebbi il tempo di chiederglielo. Fatto sta che la pilotò a distanza, fino a ricondurmi, sconvolta, a bordo. Mentre volavo oltre l'ultimo muro concentrico, ebbi il tempo di vedere la sagoma ciclopica di Helen, alta ormai due chilometri, aggrapparsi a esso come un titano terribile e capii che chiunque avesse costruito quelle mura non l'aveva fatto per preservare il luogo al suo interno, ma per impedire di accedervi. Una volta sulla nave fui relegata in una sezione riservata per la quarantena, pronta a essere sganciata e lanciata via, alla prima anomalia riscontrata. Fui brutalmente interrogata da Paul e dagli altri. Si stavano forse vendicando del mio rapporto speciale con Helen. Vollero sapere tutto, quasi torturandomi, tenendomi più di due ore senza sedativi, facendomi sempre le stesse domande a ripetizione. Ero esausta, sull'orlo di un collasso. Li implorai di lasciarmi stare, di fare qualcosa, di trovare un modo, approntare un tentativo, un piano per salvare Helen. Vidi il volto di Paul, oltre lo schermo. Era una contraddizione vivente: per metà ghignava, per metà era di un bianco cadaverico. Dopo molte ore, mi permise di collegarmi allo schermo panoramico virtuale della nave, puntato direttamente sul pianeta. Quello che vidi, quello che vidi ... “ la Sakamoto si portò una mano sugli occhi “ Helen, Helen... era grande come un continente! Era un qualcosa d'impossibile! Il suo respiro, oh, mio Dio! Deformava l'atmosfera! Ogni suo movimento generava ondate ciclopiche di polvere e nubi! Era un terremoto vivente, un incubo spaventoso! Non c'era limite! Non c'era limite, lo capii subito. Vidi la disperazione infinita dipinta negli occhi di quel volto assurdo e rantolante di centinaia di chilometri, appartenente a un corpo di miliardi di tonnellate eppure ancora ben proporzionato. Ma c'era di più. La sua mole stava influenzando, ormai, l'orbita del pianeta. In pochi interminabili secondi, il corpo di Helen divenne così grande che lo oscurò, contorcendosi in modo innaturale mentre dalla sua bocca, a ogni spasmodico respiro, si generava un uragano “ dai suoi bellissimi occhi ora cominciarono a scendere alcune lacrime “ Fummo costretti a lasciare l'orbita. Subivamo forti gradienti di masscon. Paul decise che poteva bastare, che avevamo visto e registrato abbastanza e comandò la ritirata lontano da quel pianeta immondo. Un attimo prima di spegnere il video, vidi per l'ultima volta Helen. Sembrava fissarmi dall'altra parte dello spazio e capii che le sue lacrime, grandi come un intero oceano, erano tutte per me. Piansi anch'io. Piansi per tutta la durata del ritorno a Terra, ogni giorno in quarantena, e per altri dodici mesi alla base spaziale, tra un esame e un altro, alla clinica militare per l'igiene mentale. “ La donna finì il racconto. Tony quasi sembrava stesse fissando un fantasma. “ E' la storia più incredibile che abbia mai sentito. “ “ E' solo un Evento. Del genere di quelli che potremo ascoltare stasera “ disse lei, ora di nuovo assente. Sorrideva “ Ne accadono tanti là, nello Spazio. Così tanti che neanche immagina. Sono gli Eventi della Commissione Oscura “ indicò, oltre la finestra, lo Spazio Profondo. I suoi occhi lucidi riflettevano le luci delle stelle divorate da Helix. “ Quel sistema..." fece Tony “ qualcuno c'è mai ritornato... a vedere? “ La donna sembrò non ascoltarlo. Si alzò di nuovo e si portò di fronte alla finestra. “ Oh, mio Dio! “ fece Tony come folgorato da un lampo viola. “ Fissò la terribile immagine di Helix. “ Sì... Helix, molto simile a Helen, le stesse iniziali... il nome gliel'ho dato io. “ Tacque per un istante. Ora era nuovamente calma, quasi ieratica. “ Sa, a volte, quando lo guardo a lungo, mi sembra quasi udire la sua voce ... che canta! Un canto meraviglioso! Forse... forse è ancora viva al di là dell'orizzonte degli eventi che lei stessa ha creato e dove continua a crescere, inesorabilmente, divorando lo spazio, parsec dopo parsec... mi chiedo, allora, se un giorno potrò mai rincontrarla... Capisco che è ridicolo, ma questa speranza impossibile mi permette di andare avanti... Oh, Helen... “ Tony era incantato, orribilmente incantato. A un tratto, la porta dietro i due si spalancò automaticamente. Accedeva a un altro corridoio, simile a quello da cui era venuto e che, in lontananza, portava a una nuova porta ancora, come un labirinto senza fine. Ma oltre quella c'era la Commissione Oscura ad attenderlo, per udire da chissà chi o da chissà che cosa, insieme a lui, un'altra storia, un altro Evento orribile. Deglutendo, si alzò e si incamminò per il corridoio. A metà del percorso si girò di spalle per cercare la Sakamoto. Era ancora con lo sguardo oltre il vetro, a fissare il suo sogno svanito in un buco nero.
Edited by troppo_distante - 14/5/2009, 14:55
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