Ragnetto
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Ragnetto

di Stefano Pastor, 16000 c. circa

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  1. marramee
     
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    RAGNETTO



    Il villaggio è quasi raso al suolo.
    La facciata della chiesa reca i segni di un recente bombardamento, ed è solcata da spaccature simili a ferite sanguinanti, attraverso cui si vede un altare lontano, illuminato solo da altri buchi nei muri. Se ci sono state vetrate istoriate sono andate in frantumi già da molto.
    Le case intorno sono pericolanti, inagibili. Il quartier generale è stato stabilito nella scuola del villaggio.
    Hanno rastrellato casa per casa, ma gli abitanti sono quasi tutti scomparsi.
    Il capitano lo sa che sono ribelli, o parenti di ribelli, o che comunque li aiutano. In quella zona lo sono tutti.
    Solo loro hanno trovato, non c'era nessun altro. Li hanno inseguiti, braccati e presi uno a uno.
    Li conducono lì, davanti al muro della chiesa, come da suoi ordini. Sono bambini, ma questo non conta: in questa guerra che nessuno chiama col suo nome, i bambini sono pericolosi come gli uomini. I bambini crescono, uccidono, sono i nemici di domani.
    Sono quattro, e stanno arrivando circondati da soldati armati, che puntano su di loro i mitra. Camminano in fila: sono sporchi, laceri, pesti e insanguinati. Il più piccolo conduce la fila, e non avrà più di sei anni, poi via via in altezza, e l'ultimo ne dimostra otto.
    Il capitano li guarda e non prova niente, non sono i primi bambini che muoiono. Non sono i primi bambini che uccide.
    Il tenente si fa avanti e lo raggiunge, mentre il resto del plotone conduce i bambini fino al muro.
    Il capitano annuisce.
    Il tenente gira le spalle alla chiesa. Davanti a lui la piazza del villaggio, con una fontana ormai priva d'acqua da così tanto tempo da essere stata invasa completamente da erbacce. Al centro campeggia l'anacronistica statua di una sirena. Da lì partono le vie principali del villaggio, deserte e ingombre di macerie. Oltre, in lontananza, una catena montuosa che li circonda completamente.
    Alza la voce, e in quel silenzio risuona così potente da essere udita a grande distanza. Una voce fredda e priva di sentimenti. «Se non vi arrenderete immediatamente, giustizieremo i quattro ribelli che sono stati catturati!» Una pausa. «Avete tre minuti per farvi avanti!»
    Esiste il nemico? C'è veramente? Oh sì, li attaccano, li uccidono. Attacchi subdoli, suicidi. Ma loro l'hanno mai incontrato? Il capitano non lo saprebbe dire. C'è il deserto davanti a loro, quei pochi che riescono a prendere sono come questi bambini. Sono loro il nemico? Oh sì, è possibile, è davvero possibile che lo siano. È già successo, è bastato abbassare un attimo la guardia, e un bambino, una donna incinta, persino una vecchia mendicante, hanno portato morte e distruzione in mezzo a loro.
    Il nemico sono tutti e nessuno, non è più possibile fidarsi. Non è più il momento di avere pietà. Che ci facevano qui questi bambini? Sono col nemico, sono il nemico? O forse li hanno dimenticati, forse sono soli, forse depredavano le case abbandonate.
    Li hanno portati davanti al muro della chiesa, e li costringono a inginocchiarsi, mettendogli una mano sulla spalla. Poi li sistemano anche, facendoli spostare un po' avanti o indietro, in modo di formare una riga perfetta.
    Sì, ordine. Ordine contro il caos che devasta il mondo intero. L'ordine è necessario, spiega tutto.
    Il capitano è stato un insegnante, tanto tempo prima. Prima che la follia avesse inizio. Stenta a ricordarlo. Insegnava filosofia all'università. Lui aveva sempre cercato di trovare l'ordine nel caos, una risposta che spiegasse ogni cosa.
    Si avvicina ai bambini, cammina davanti a loro, li osserva. Il più piccolo singhiozza, gli altri tengono solo il capo chino. Sono terrorizzati, o sono pieni di rabbia, di odio? Se potessero li ucciderebbero all'istante?
    L'ultimo, il più grande, indossa una camicia di foggia militare, sporca e unta, troppo larga per lui, con due tasche sul petto. Porta continuamente la mano verso una delle tasche.
    Il capitano ha un attimo di incertezza, e si rivolge al soldato armato dietro al bambino. «Li avete perquisiti?»
    Risponde all'istante. «Non avevano niente, signore! Nessuna arma!»
    Fa ancora un passo, si ferma di fronte al bambino.
    Il bambino alza il viso e lo guarda. Uno sguardo tranquillo. Ha la faccia unta, ed è difficile comprendere cosa ci sia sotto tutto quello sporco. Due occhi grandi, nerissimi.
    «Cos'hai in quella tasca?»
    Il bambino lo stupisce, rispondendo nella sua lingua. «Il mio ragno, signore.»
    Il capitano non gli crede. Se il ragno c'era, e l'ha messo in tasca, a quest'ora sarà come minimo schiacciato.
    Il bambino alza di nuovo la mano. «Glielo faccio vedere, signore.»
    Porta la mano verso la tasca e immediatamente il soldato alle sue spalle gli punta il mitra contro la nuca.
    Il capitano lo ferma con un cenno nervoso.
    Il bambino infila la mano nella tasca, e subito la estrae. La allunga verso il capitano, col palmo all'insù. C'è un ragnetto, nel palmo, un semplicissimo ragnetto di quelli che infestano le case, dal corpo filiforme e le zampe lunghe e sottili.
    Il bambino alza di più la mano verso la sua. «Lo tenga lei,» gli dice.
    Il capitano guarda incredulo quel ragnetto. Il ragnetto si sposta veloce, schizza un filo di tela e si tira su. Il capitano se lo ritrova in mano. Continua a guardarlo.
    Il ragnetto non si muove, resta lì, come in attesa, sulla sua mano.
    Il tempo sembra essersi fermato, mentre il capitano guarda il ragnetto, e nell'aria non c'è nessun rumore.
    Poi il tenente lo fa sobbalzare, arrivando alle sue spalle. «I tre minuti sono passati, signore.» E aggiunge: «Qui non c'è più nessuno.»
    Al capitano non interessa, è solo una voce fastidiosa, continua solo a guardare quel ragnetto e lo trova perfetto. Risponde senza neppure girarsi. «Li faccia portare via.»
    Il tenente non è certo di aver capito. «Portare via... chi, signore?» Poi ci arriva, e indica i bambini. «Loro?»
    Il capitano non risponde.
    «Portare via dove?» insiste il tenente. «Non li giustiziamo?»
    Il capitano scuote il capo. «Non adesso.»
    Poi li ignora tutti quanti, il tenente, i soldati e i bambini. Guarda solo il ragnetto che ha iniziato a camminare sulla sua mano. Si avvia verso la scuola.


    Il tenente bussa ed entra senza attendere risposta.
    Il capitano è seduto davanti a una cattedra. Di fronte a lui i banchi vuoti degli studenti. Ha lo sguardo fisso sul piano di legno della cattedra. Il ragnetto ha iniziato a tessere la sua ragnatela.
    Il tenente si schiarisce la voce. «Ehm... signore... per quei prigionieri... Ci stavamo chiedendo se lei...»
    Il capitano sorride. «Non è bellissimo?»
    Il tenente non nota neppure il ragnetto, se vede la ragnatela non ci fa caso, ce ne sono ovunque. Quel posto sembra abbandonato da una vita.
    «Cosa... cosa intende farne dei prigionieri?»
    Silenzio.
    «Lei sa bene che ci sono ordini tassativi di non prendere prigionieri. Ogni sospetto ribelle deve essere giustiziato all'istante.»
    Il capitano è seccato, non ha voglia di parlare, ha bisogno di restare solo. «Non ho tempo, adesso. Domani.»
    «Domani? Che vuol dire? Dobbiamo giustiziarli domani?»
    «Forse. Ne parliamo domani.»
    Il tenente sospira. Il capitano gli sembra più strano ogni giorno che passa. In fondo lo capisce: è una guerra terribile, e loro hanno dovuto compiere azioni terribili. «Lo so che sono bambini, signore. Ma non può permettersi di mostrarsi debole davanti ai suoi uomini. C'è molto malcontento, il nemico invisibile che ci attacca li ha resi tutti paranoici. Deve capire anche lei...»
    «Domani!» ribatte seccamente il capitano.
    Il tenente indietreggia ed esce in silenzio.
    Il sole sta tramontando.


    Il ragnetto tesse la sua ragnatela, e il capitano lo guarda affascinato.
    È un ragnetto piccolo e instancabile, sempre in movimento. La ragnatela si allarga, copre interamente la cattedra, poi si attacca alla lavagna e cresce ancora.
    È bellissima. La ragnatela più complicata che il capitano abbia mai visto. Lui ha sempre ricercato l'ordine e la perfezione, e le ragnatele ne sono la rappresentazione. Opere d'arte uniche, speciali, di precisione geometrica.
    Ma mai, mai, ha visto qualcosa come quello che sta creando adesso il ragnetto per lui. Quei disegni non li ha mai visti nessuno, sono tridimensionali, esulano dalla geometria conosciuta, sono la perfezione assoluta.
    Ormai lo segue a bocca aperta, non lo perde di vista un solo istante.
    Poi il ragnetto schizza un filo di tela e si aggancia al banco di fronte alla cattedra. Zampetta sul filo fino a raggiungerla, e continua il suo lavoro.


    Sono passate ore, tante ore, forse tutta la notte.
    Il capitano è ancora seduto su quella sedia, non si è mai mosso. È circondato da un'immensa ragnatela, che si estende in ogni verso per l'intera stanza. Tocca ogni parete, soffitto, pavimento, imbozzola i banchi, la cattedra, ogni cosa.
    È qualcosa che non si è mai visto, finora. Che nessuno prima di lui ha avuto occasione di vedere. E il ragnetto continua sempre, instancabile. Ora è proprio al centro della stanza, a metà strada tra pavimento e soffitto, che completa il suo capolavoro. La trama della ragnatela centrale, quella che sta tessendo adesso, è complicatissima. La ragnatela forma una struttura geometrica che lui non ha mai visto, che non esiste in natura.
    Ma l'intera ragnatela è qualcosa di unico.
    Il capitano sa bene cos'ha davanti ai suoi occhi: l'universo intero. La creazione. Oh, non una sterile fotografia di galassie rotanti, bensì le formule della creazione. La formula stessa della vita. L'essenza di ogni cosa. E quel ragnetto la sta svelando a lui.
    Il mistero dell'esistenza, tutto ciò che ha sempre desiderato conoscere.
    I disegni di quelle ragnatele stanno prendendo significato nella sua mente. C'è un'armonia, un ordine universale, un posto per ogni cosa. La perfezione assoluta.
    Nulla è sbagliato, nulla è caos, tutto è stato posizionato nella creazione nel punto giusto. Ogni cosa ha il suo scopo, il suo compito.
    E il centro, il cuore di tutto, è bellissimo. Non può distogliere gli occhi dal ragnetto che lavora. Il centro è l'essenza di ogni cosa, il perché. Cos'è la vita, perché esistiamo, qual è il nostro scopo.
    Il capitano non riesce a credere che una rivelazione di tale portata sia stata offerta proprio a lui.
    Forse perché la cercava, l'aveva sempre cercata, non desiderava altro.
    «Ehm... signore... ho bussato, ma lei non rispondeva, e...»
    Il capitano lo blocca con un cenno della mano, perché non faccia un passo avanti, e il tenente resta congelato con la mano sulla maniglia della porta.
    «La vede?» chiede il capitano. «Vede quant'è meravigliosa? Capisce cos'è?»
    Il tenente è imbarazzato. «È... è una ragnatela, signore.» Poi, turbato. «Ieri sera non c'era... non c'erano così tante ragnatele, qui dentro.»
    «L'ha fatta lui!» E il capitano indica il centro della stanza. Ma in quel punto la ragnatela è così fitta che il tenente non vede niente. Il capitano insiste. «Non è meravigliosa? Non è la cosa più bella che abbia mai visto?»
    Il tenente si guarda intorno. Prova uno strano turbamento. Da dove è arrivata una ragnatela del genere? Riempie completamente la stanza. Sembra un luogo dove nessuno entri da secoli, e dove un esercito di ragni abbia tessuto per innumerevoli vite. C'è un disegno, in tutto questo, una... forma. Deve riconoscerlo, non è una normale ragnatela. Oltre, la sua mente non riesce ad andare, forse la sua ragione si rifiuta di farlo.
    «È... insolita,» commenta.
    Il capitano sbuffa, considerandolo un ottuso. «Che vuole?»
    «È l'alba, capitano. Dobbiamo giustiziare i prigionieri.» Poi aggiunge: «Se lei è d'accordo, signore.»
    «Lo faccia!» ribatte il capitano. «Faccia quello che è giusto.»
    «Lei non vuole assistere...»
    Lo scaccia con un cenno. «Mi lasci in pace!»
    Il tenente si ritira.
    Il ragnetto tesse, tesse, sempre più veloce. Il cuore della stanza si riempie di fili collegati uno all'altro. Si intravede una forma geometrica, finalmente, estremamente complessa e allo stesso tempo semplicissima. Il cuore di tutto, l'essenza di ogni cosa.
    Il capitano piange, commosso. Com'è bello l'universo. Com'è perfetta la creazione. Com'è importante che ogni cosa abbia uno scopo. Sapere che tutto ciò che si fa, per quanto possa sembrare orribile, in realtà persegue un disegno supremo, l'ordine di tutte le cose.
    Lo assolve. Tutto ciò lo assolve da ogni cosa che ha fatto, e da ciò che farà ancora. Non si sente più solo, realizza di far parte di qualcosa di speciale, di essere importante.
    Il ragnetto è nel cuore pulsante dell'universo, tesse sempre più veloce, e quel cuore pare prendere vita.
    La creazione è davanti a lui, nella sua interezza.
    Un colpo di pistola.
    Ed è bellissimo, l'universo è bellissimo, non ci sono sbagli, non c'è caos.
    Un secondo colpo di pistola.
    Arrivare a comprendere, nessuno c'è mai riuscito, nessun filosofo, nessuna religione. Il perché! Il perché di ogni cosa!
    Un terzo colpo di pistola.
    Svelto, ragnetto, svelto! Fammi vedere! Fammi conoscere! È bellissimo! Bellissimo!
    Un quarto colpo di pistola.
    Il ragnetto cade a terra.
    Il capitano si sente morire. Aguzza lo sguardo, lo trova. Il ragnetto è immobile.
    Esce da dietro la cattedra, ed è costretto a chinarsi per terra, per non sfiorare le ragnatele. Striscia verso il ragnetto, lo raggiunge.
    È morto. Come muoiono i ragni. Rovesciato, con le zampe incrociate e rattrappite sopra di sé. È solo un piccolo, misero ragnetto. Il mondo ne è pieno.
    Lo raccoglie tra le sue mani, e lo porta alla cattedra, sempre strisciando.
    Lo posa davanti a sé, e piange. Non è finita. La creazione non è finita. Non ha fatto in tempo a finirla. Non potrà mai vederla nella sua interezza, non scoprirà mai il perché.
    Sospira. Forse è giusto così, che gli uomini non lo possano conoscere. Forse lui non lo meritava. In fondo gli basta sapere che c'è, c'è davvero un ordine superiore, che tutto è armonico e perfetto, che c'è un disegno, e lui l'ha quasi svelato.
    Sospira ancora.
    Una finestra si spalanca di colpo e un vento gelido e impetuoso invade la stanza.
    Avvolge le ragnatele, strappa i fili, confonde ogni disegno, porta il caos in quella perfezione.
    Il capitano urla, e corre a chiudere la finestra. Fuori il buio è assoluto. Si appoggia ai vetri, sconvolto.
    Ora i disegni sono cambiati, regna il caos, non riesce più a riconoscere quel disegno perfetto, quell'armonia, quell'ordine.
    Piange ancora.
    La porta si spalanca e il tenente entra trafelato. Non si ferma in tempo e travolge parte della ragnatela. Se la stacca di dosso con rabbia.
    Il capitano resta a bocca aperta, non riesce neanche a parlare.
    «Deve venire subito, signore! Deve vedere cosa sta succedendo!»
    «Cosa sta succedendo?»
    Il tenente scuote il capo, sembra sconvolto. «Lo deve vedere con i suoi occhi, venga!»
    Il capitano è incerto. La ragnatela gli blocca la strada verso l'uscita. Si sente di colpo un idiota. Un vecchio stupido.
    Si fa avanti strappando la ragnatela e liberando il passaggio.
    Il tenente ha l'ardire di prenderlo per un braccio e tirarlo. «Venga! Venga!»
    Lo tira lungo il corridoio, verso la porta. La spalanca.
    Il capitano sporge appena la testa. Fuori il buio è assoluto, e tira un vento gelido. Rabbrividisce. «Cosa dovrei vedere?»
    «Non c'è più!» urla il tenente disperato. «È scomparso!»
    Il capitano guarda di nuovo fuori. «Cosa non c'è più? Con questo buio non si vede niente!»
    Il tenente lo spinge fuori. Accende una torcia. «Non c'è più il sole! È scomparso all'improvviso!»
    Il capitano lo guarda incredulo.
    «Non c'è proprio più! Era lì, era giorno! Non è... esploso, non è imploso! È scomparso e basta!»
    Il capitano trema. «Fa freddo...»
    «La temperatura sta precipitando! È già scesa di quindici gradi in pochi minuti!»
    Il tenente è terrorizzato, agita la torcia. Il capitano gliela strappa di mano.
    Va avanti, illumina di fronte a sé. Dopo pochi passi vede la fontana, il centro della piazza. È... strana. Le piante sembrano muoversi, contorcersi, e hanno uno strano colore. Anche la statua è diversa, più trasparente, ora sembra vetro.
    Illumina il pavimento. Le piastrelle sono cambiate, adesso. È cambiata la loro consistenza, sembrano morbide. Gli pare di camminare su un fiume di lumache.
    Punta verso la chiesa e la illumina. Anche le sua facciata si è trasformata, ora è trasparente. Vede chiaramente i banchi oltre la parete.
    Cosa sta succedendo? Dov'è il sole? Perché tutto è cambiato? La consistenza di ogni cosa. Dov'è l'ordine, dov'è tutto ciò che gli è sempre stato familiare? Perché questo caos?
    Quasi inciampa in loro, e li illumina.
    Quattro bambini, per terra, e tanto sangue. E il sangue è ancora rosso.
    Tre sono caduti riversi, in varie posizioni. Il quarto, il più vecchio, è ancora inginocchiato. Il suo busto si è piegato verso terra. La fronte contro il selciato.
    C'è un grosso buco, sulla sua nuca, sembra quasi una voragine.
    Il capitano guarda quel piccolo cadavere, quel bambino inutile e cencioso, e urla: «Chi sei?»
    Poi, l'orrore di ciò che ha fatto lo travolge, e finalmente comprende il perché di ogni cosa.
    Urla ancora più forte, disperato: «Chi eri?»

    FINE



    Edited by marramee - 10/9/2009, 11:28
     
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  2. trap56
     
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    mica facile commentare un testo così, non te lo nascondo. Perché atipico in questo panorama (e il contatore langue, almeno per ora). Perché complesso. Perché filosofico.
    Nonostante la lunghezza mi ha preso, a tratti affascinato: seguivo la tua trama un po’ come il capitano quella del ragno. E come lui resta in sospeso, così anch’io: il finale mi ha lasciato un po’ di amaro in bocca, mi dev’essere sfuggito qualcosa – oppure è sfuggito al capitano, se formula l’ultima domanda.
    Nel complesso l’ho letto volentieri, hai un bel modo di scrivere, di portare avanti la narrazione, di tenere vivo l’interesse.

    Alcune note.

    Vuole qualcuno illuminarmi sulle nuove tendenze nell’uso della virgola? vedo che ormai la si piazza tranquillamente davanti a ‘e', ‘ed’, ‘o’… Non uno e non una volta sola.

    Agli inizi dici che “gli abitanti sono tutti scomparsi”, ma subito dopo si legge “Il capitano lo sa che sono ribelli… solo loro hanno trovato, non c’era nessuno”. Dopo si capisce che si tratta dei bambini, ma al momento pare proprio una anticipazione troppo forzata.

    “Poi ci arriva e indica i bambini. “Loro?”: non ci vedresti meglio : anziché uno solo?

    “Lui ha sempre ricercato l’ordine e la perfezione, e le ragnatele lo sono”.
    ‘Lo sono’ cosa: ordine e perfezione? o forse ci andrebbe un paio di aggettivi?

    Voto 3, anche per l’originalità.
     
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  3.  
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    Losco Figuro

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    L'ho letto, ma non saprei come votarlo.
    È scritto bene senza alcun dubbio ma... non l'ho capito. Alla fine non viene data alcuna spiegazione di cosa sia accaduto o perché, e io non riesco a trovarne una, né a mettere in correlazione la parte iniziale con quello che accade dopo. L'inizio sembra suggerire che ci sia qualcosa di più di quello che viene detto sulla cattura dei bambini, ma è un suggerimento disilluso perché alla fine non viene né confermato né smentito.
    Probabilmente sono io che non sono riuscito ad afferrare, per cui non voto.
     
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  4. federica68
     
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    Ciao! eccomi anche da te



    il racconto l'ho trovato ben scritto, senza dubbio, e nella parte centrale affascinante come una storia visionaria. Solo che francamente sul finale casca un po'.
    Piuttosto che fargli gridare "chi eri" ci avrei visto una sua consapevolezze improvvisa su chi era effettivamente il bambino ucciso... voglio dire, l'eclissi di sole, a quanto mi ricordo, è stata provocata solo dalla morte di Gesù sulla croce, in precedenza, il che è inquietante... questo bambino era Dio? vista la portata degli effetti della sua morte, il tutto meriterebbe un rigo di approfondimento... e poi il ragno chi è? come fa a essere così filosofico nelle sue manifestazioni? è guidato dal bambino? è una specie di alter ego? infatti muore con lui...

    non so ci sono dei punti cruciali in sospeso che approfondirei, il racconto merita a mio parere. È ben scritto e l'argomento è affascinante secondo me... ma così com'è è come tronco

    metto un 2, non volermene
     
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  5. Daniele_QM
     
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    Bel pezzo davvero. Concordo sul fatto che il finale andrebbe schiarito un po', così com'è rimane un po' criptico. Non dico che tu debba spiegare tutto, solo dare una traccia più semplice da afferrare.
    Comunque mi ha coinvolto abbastanza, anche se non vi è una connotazione storica precisa - credo sia voluto, ma così a occhio e croce sembrerebbe una sorta di futuro non troppo lontano - che lo rende sospeso nel tempo sottraendogli, a mio parere, qualcosa (o forse no?).
    Un dettaglio: sembra che il fatto che ci siano solo bambini abbia una certa importanza, non alla fine non appare così. Cercherei di sistemare questo punto.
    Nel complesso trovo che meriti un 3. :D
     
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  6. papaditi
     
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    A costo di essere ripetitivo devo dire che il testo, pur esprimendo angoscia e ossessione, risulta troppo oscuro. Mi viene spontaneo cercare una spiegazione e le uniche che trovo sono che il bambino è Dio o comunque il reggitorore dell'Universo con il suo fedele ragno tessitore che ne delinea la complessità.
    Non so proprio cosa votare! Ok non lo faccio!
     
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  7. G.B.Shock
     
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    Ti ho dato 4 non solo per forma e stile, che ho trovato molto molto buoni, ma soprattutto per il tema, molto particolare, e per come lo hai peculiarmente sviluppato. Ci sarebbe da parlare ore sul significato simbolico del ragno, ma questa non è la sede.
    Forse il mio giudizio è un po' di parte, perché la fantareligione (neologismo da me coniato or ora) è un genere che mi è molto caro.
     
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  8. ferru
     
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    Ciao,
    SPOILER (click to view)
    Tecnicamente il racconto, dal mio punto di vista è valido. Non so. Ci vedo atmosfere Buzzatiane; mi ricorda anche, sempre per l'atmosfera, la strada di mccharty; è questo il guaio.
    Purtroppo il racconto mi sembra un pochino retorico, un già letto da qualche parte.

    Voto 2


    Ferruccio Gianola


     
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  9. rehel
     
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    All'inizio la storia sembrava procedere un po' troppo piatta e su canoni consueti, ma l'arrivo del ragnetto l'ha fatta decollare verso altri lidi più interessanti.
    Peccato per il finale, e qui mi devo accodare a quanti hanno fatto un appunto su questa inportantissima parte. Non specifico, tutto è stato detto.
    Non concordo invece sullo stie. A mio parere la prima parte è afflitta da diversi problemucci e di seguito te ne segnalo un po'.
    ... Come da suoi ordini. (brutto e superflo)
    Li conducono lì, davanti al muro della chiesa, come da suoi ordini. Sono bambini, ma questo non conta: in questa guerra che nessuno chiama col suo nome, i bambini sono pericolosi come gli uomini. I bambini crescono, uccidono, sono i nemici di domani.
    Sono quattro, e stanno arrivando circondati da soldati armati, che puntano su di loro i mitra. Camminano in fila: sono sporchi, laceri, pesti e insanguinati. Il più piccolo conduce la fila, e non avrà più di sei anni, poi via via in altezza, e l'ultimo ne dimostra otto.
    In questa parte abbiamo ben cinque volte l'utilzzo della parola SONO e l'utilizzo di alternaive sarebbe consigliato. Anche la ripetizione di QUESTO non conta; in QUESTA guerra ecc... non mi piace molto.
    OLTRE IN LONTANANZA... secondo me o utilizzi olre oppure in lontananza, entrambe mi sembrano una inutile ripetizione.
    SONO I NEMICI DI DOMANI... non è che sia meglio: saranno i nemici di domani?
    Alza la voce, e in quel silenzio risuona così potente da essere udita a grande distanza. Una voce fredda e priva di sentimenti. «Se non vi arrenderete immediatamente, giustizieremo i quattro ribelli che sono stati catturati!» Una pausa. «Avete tre minuti per farvi avanti!» Eco, un altro esempio di ripetizione: VOCE - VOCE. Sarebbe suffuciente girare la frase:
    Alza la voce, e in quel silenzio risuona una voce fredda e priva di sentimenti, così potente da essere udita a grande distanza.
    Po c'è la rima RAGNETTO - PERFETTO... orribile!
    Poi c'è il "cliché" della fucilazione all'alba, ma chissà per quale motivo, poi. Non si potrebbe dormire un po' di più? Naturalmente scherzo. Ma trovo anche la figura del tenente parecchio (troppo) stereotipata.
    In conclusione un discreto lavoro con ottime potenzialità, alcune facilmente curabli, gli errori che ti ho segnalato; anzi, più che errori, proposizioni di correzione. L'altro riguarda il finale, e qui occore lavorare di materia grigia. Un buon finale (e giustificato) eleverebbe di parecchio la storia.
    Il mio voto è due.
     
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  10. Piscu
     
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    un racconto insolito. la parte iniziale lasciava presagire qualcosa di "già visto" sugli orrori della guerra, poi l'entrata del ragno confonde pensando che lo scenario di combattimenti non avesse niente a che vedere col resto, poi un finale che (per come l'ho interpretato, e non sono sicuro di essere nel giusto) riconcilia le due cose e dà al tutto un senso che, anche se sfuggente, rimane affascinante.

    ti segnalo:

    "zampetta sul filo"
    qui ti è sfuggita la maiuscola dopo il punto

    "Un quanto colpo di pistola"
    immagino fosse "quarto". a meno che tu non intendessi un colpo di pistola quantico che si ricollega con la natura multidimensionale del ragno...


    sono indeciso tra tre e quattro... diciamo tre perché in alcuni tratti la lettura si inceppa, ma è comunque un tre molto abbondante.
     
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  11. Gordon Pym
     
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    Nel complesso mi è piaciuto leggere questo racconto, devo però dire che il mio interesse in crescendo ha trovato "disincanto" nel tratto finale, dalla sparatoria sul ragno - che non ho trovato giustificata nemmeno dalla immeritata rivelazione visto l'interesse del comandante nei confronti della stessa - (poi il ragno colpito da una pallottola sarebbe "scomparso"), alla incomprensibile oscurazione del cielo e trasformazione delle cose attorno.
    A tratti trovo che vi siano elaborazioni di concetti poco precedentemente espressi, tali da appesantire un po' lo scorre della lettura, ma niente di troppo grave.
    In sintesi: capisco che il concetto, il messaggio vuole essere enigmatico, forse lo è troppo, però nonostante questo non posso negare che mi sia piaciuto leggerlo, quindi arrivo a 3.
    Ciao.

    Due mie opinioni:
    CITAZIONE
    persino una vecchia mendicante

    Difficile che la vecchia possa essere mendicante, in quella situazione.

    CITAZIONE
    i prigionieri.» poi aggiunge. «Se lei...

    Io ci vedrei meglio "poi" con la p maiuscola e i due punti dopo aggiunge.
     
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  12. Piscu
     
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    CITAZIONE (Gordon Pym @ 10/9/2009, 11:19)
    dalla sparatoria sul ragno - che non ho trovato giustificata nemmeno dalla immeritata rivelazione visto l'interesse del comandante nei confronti della stessa - (poi il ragno colpito da una pallottola sarebbe "scomparso")

    scusa se mi permetto, ma credo che tu abbia interpretato male. i colpi di pistola che si sentono sono quelli dell'esecuzione dei bambini, non vengono sparati sul ragno. e il ragno muore nel momento in cui il suo padrone viene ucciso. almeno io l'ho capita così.
     
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  13. Gordon Pym
     
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    CITAZIONE (Piscu @ 10/9/2009, 12:16)
    CITAZIONE (Gordon Pym @ 10/9/2009, 11:19)
    dalla sparatoria sul ragno - che non ho trovato giustificata nemmeno dalla immeritata rivelazione visto l'interesse del comandante nei confronti della stessa - (poi il ragno colpito da una pallottola sarebbe "scomparso")

    scusa se mi permetto, ma credo che tu abbia interpretato male. i colpi di pistola che si sentono sono quelli dell'esecuzione dei bambini, non vengono sparati sul ragno. e il ragno muore nel momento in cui il suo padrone viene ucciso. almeno io l'ho capita così.

    Caspita, hai ragione! Sarà che al primo colpo di pistola pensavo che il comandante si fosse sparato che poi ho continuato a vedermelo con la pistola in mano...
    Chiedo scusa :azz:
     
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  14. Gabriel913
     
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    Allora, inizio con il dire che mi è piaciuto davvero. Ti sei scelto un tema molto elevato e difficile da trattare, ma mi sembra che il risultato finale sia buono. Ci sono un paio di difetti che non mi permettono di arrivare a 4: il primo è il fatto che le descrizioni della ragnatela, del lavoro del ragno, della parfezione e dell'ordine sono secondo me un po' troppo prolisse. Poi c'è il finale, che lasciato così senza spiegazione pare un pò troppo di libera interpretazione (a meno che io non lo abbia capito, nel qual caso ti chiedo di spiegarmelo :))
    Un buon lavoro comunque. Voto 3
     
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  15. marramee
     
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    Grazie a tutti per aver letto il mio racconto, e averlo commentato.
    In realtà il finale è aperto alla libera interpretazione. Si può intuire che il capitano ha visto quel bambino come il creatore, che gli ha dato la conoscenza (il ragnetto), e che lui non l'ha saputa comprendere (scambiando il monito a redimersi per assoluzione di tutto il male che ha fatto), ed è convinto di aver ucciso il creatore, precipitando l'intero universo nel caos.
    In realtà le interpretazioni possono essere molte altre. Il creatore può morire? Dubito molto. E necessariamente il caos può non aver investito l'universo, ma solo loro (i soldati, l'uomo, il mondo?). E questo caos, che il capitano tanto teme, non assomiglia forse a un inferno personale in cui è stato precipitato?
    In fondo ogni evento divino è sempre stato incomprensibile all'uomo, che l'ha accettato solo come dogma, quindi trovo che sia giusto che anche questo racconto mostri senza spiegare del tutto il volere del creatore, chiunque esso sia.

     
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14 replies since 1/9/2009, 11:36   381 views
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