La macchia
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La macchia

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    Ti cerco perché sei la disfunzione,
    La macchia sporca, la mia distrazione,
    La superficie liscia delle cose,
    La pace armata, la mia insurrezione.
    ...
    Nuova ossessione corrodi ogni momento
    Sei la visione tra facce da dimenticare.
    (Subsonica)


    La macchia



    Il rubinetto perdeva ormai da un mese. Vincenzo si era talmente abituato da far sospettare che la guarnizione non la sostituisse di proposito. Lui pensava. L'acqua batteva. Entrambi, gocce e pensieri, finivano sulle stoviglie sporche. Se Marilena non si faceva viva doveva per forza prendere spugna e Svelto e strofinare la padella, messa di sbieco nel lavandino. L'alone di grasso sul fondo pareva un sorriso scemo. Odiava più di ogni cosa lavare piatti unti e pentole appiccicose. Costo a parte, avrebbe voluto una lavastoviglie, ma dove metterla in quel buco di cucina?
    In catena di montaggio se ne era viste passare sotto al naso a migliaia e a Renato, scherzando, aveva proposto di farne sparire una dal magazzino. Poi, come spesso accadeva, non aveva avuto il coraggio di andare fino in fondo. Temeva di perdere il posto. Paura ridicola, ora che si ritrovava per strada.
    Nella sua ex fabbrica continuava la sola produzione di frigoriferi e lavatrici. In tempo di crisi la gente non spendeva per il superfluo e lavare i piatti a mano era l’ultimo dei problemi. Pensare che l’aveva scelto lui di finire nel reparto più sfigato, chiuso a tempo indeterminato. Per il momento gli restava di incassare l’assegno di disoccupazione, poi da luglio si sarebbe arrangiato.
    La vibrazione del cellulare spezzò il ritmo delle gocce. Fu tanto rapido a leggere quanto a eliminare. Cosa farne della valanga di sms e minuti di conversazione in offerta? Non era ancora lei. Prima di posare il telefonino le lanciò la proposta: Pizza?
    Sarebbe rimasto volentieri con la testa poggiata sul bracciolo ad aspettare la risposta, ma l'intestino si era messo a fare le bizze. A furia di hamburger e bastoncini surgelati si sarebbe rovinato la salute. Si affrettò verso il bagno, muovendosi come se qualcuno stesse provando a ficcargli su per il culo un manico di scopa. Si rilassò solo dopo aver sciolto nel cesso il riassunto del pranzo.
    E lì, accovacciato sulla tazza, per la prima volta la vide: era una macchia di umidità tra le piastrelle e il soffitto, appena sopra la doccia. Mentre si ripuliva con un doppio velo gli venne la geniale idea di barattare parte dell’affitto di marzo con l'imbiancatura dell’appartamento. Mostrandogli l'alone di umidità, il signor Fascetti non avrebbe avuto da ridire. Il lavoro valeva qualche centone.
    Il Sì, per me rucola e pachino! di Marilena gli strappò definitivamente un sorriso. Forse le cose stavano prendendo una piega diversa. Osservando il mulinello dello scarico se ne convinse. Il periodo di merda doveva passare prima o poi e lasciare spazio a giorni più limpidi e sereni. In fondo, una tipa che lo amava ce l’aveva e dopo quasi un anno la loro storia andava a gonfie vele.

    ********

    Il tipo uscì dalla videoteca con l'aria soddisfatta di un sorcio caduto in una formaggiera. Appena si accorse che Vincenzo lo fissava, mutò espressione, abbassò lo sguardo e simulando un colpo di tosse affrettò il passo. Nonostante internet o i canali a pagamento sarebbe sempre esistito chi, per farsi una comoda sega, preferiva noleggiarsi un DVD. Buon per Marilena, poteva mantenersi lo stipendio. Scomparso il tizio, uscì lei:
    — La pianti di appostarti fuori dal negozio? Mi spaventi i clienti. Penseranno che sei un poliziotto.
    Vincenzo rimase impalato, cercando di sembrare contrariato.
    — E secondo te, io avrei una faccia da sbirro?
    — Sì, certo, e di quelli peggiori! Dai, scemo, entra che tanto non c’è più nessuno.
    Vincenzo aspettava sempre fuori, pure d’inverno. Indugiava sulla soglia, senza entrare, neanche ci fosse da pagare il biglietto. Quel negozio gli stava davvero sulle palle.
    Si immaginava gli sguardi dei clienti sulle tette o sulle labbra di Marilena, quasi sperassero in un anticipo di goduria. Lei gli raccontava che i più stronzi le davano la custodia dal lato in cui c’erano le foto con i piselli in tiro e le gambe aperte a compasso. Con quel genere di depravati apriva bocca solo per dire: Buongiorno, buonasera, mi dia la sua tessera, ecco a lei. Guai a dargli confidenza, se ne sarebbero approfittati.
    Vincenzo la metteva sempre sull’avviso:
    — Se qualcuno prova a dirti una parola di troppo, me lo dici che gli spacco la faccia.
    Lei se ne guardava bene, altrimenti per Vincenzo buttar giù denti sarebbe potuto diventare un lavoro.
    Si affacciò un secondo, solo per dirle il cambio di programma.
    — Stasera niente pizza, si va da Gianni e ci spariamo una bella cena di pesce.
    — Che novità sarebbe? Sei diventato ricco o c’è qualcosa da festeggiare che io non so?
    La voce di lei arrivava dal retro e lo costrinse ad alzare a sua volta il tono.
    — Si festeggia un affare... Son riuscito a spillare due centoni al padrone di casa... Però ho bisogno del tuo aiuto.
    Non ebbe risposta. Le luci sul fondo si spensero e lui tornò sul marciapiede, il traffico del rientro stava iniziando a intasare il viale in direzione della stazione. La voce squillante di Marilena lo riportò verso l’ingresso.
    — Allora dillo che stai con me solo per convenienza. In cosa dovrei aiutarti?
    Prima di tirar giù la serranda, anticipandola, le piazzò un bacio in bocca, poi le svelò:
    — Da domani rimbianco casa, domenica ho bisogno anche del tuo aiuto.
    — Beh, dipende dal compenso…
    La voce di Marilena si era fatta morbida e delicata come la stretta che lo cinse alla vita.
    — Vedrai, la paga non ti deluderà di sicuro, amore.
    L'attirò a sé, le mani a sfiorarle i seni.
    Camminarono abbracciati fino al ristorante. Lungo la via lo strombazzare dei clacson e i vaffanculi all’assessore al traffico si perdevano nel crepuscolo, senza riuscire a intaccare quel romantico scorcio.

    ********

    Le setole scorrevano sul muro frusciando come ali d’uccello. bastava una seconda mano in bagno e il lavoro era terminato. Pulizia a parte. Aveva scartavetrato con attenzione l’angolo annerito per l'umidità. Aveva riflettuto se comprare dei prodotti specifici, ma dato che il costo dei materiali era a suo carico, se li era risparmiati.
    — Quel cappello di carta ti dona proprio, lo sai?
    Il giudizio di Marilena lo lasciò con il pennello a mezz’aria. Sapeva di non doverlo prendere come un complimento e sorrise neutro: lei adorava sfotterlo.
    — Almeno ti dà un’aria più simpatica del solito!
    La provocazione meritava un’azione decisa: un colpo di polso e la ragazza si ritrovò investita da una mitragliata di tempera. Prima che riuscisse a riparare oltre la porta le guance le si butterarono di bianco come quelle di un quindicenne brufoloso.
    — Sei un vigliacco, spari su di una povera donna indifesa!
    — È ciò che si merita una contestatrice come te. Con voi ci vuole il pugno di ferro.
    Rise soddisfatto. Al di là della parete, una sonora pernacchia sbeffeggiò l’apparato del potere. Il silenzio tornò a regnare nella casa. Lei continuò a riassettare il salotto tenendo sott'occhio la lasagna nel forno, lui a tinteggiare stando attento a non imbrattare le piastrelle.
    All’ultimo ritocco Vincenzo sbuffò soddisfatto: gli sembrava davvero un lavoro ben fatto.
    Lo pensò fino a quando, due settimane più avanti, un velo di muffa riapparve nel medesimo angolo. Dopo nemmeno un mese la macchia troneggiava più evidente di prima.

    ********

    Arrabbiatura a parte, la macchia gli era costata una carta da cinquanta. Il padrone di casa aveva iniziato a fargli le pulci e a lamentarsi: soldi buttati via, i suoi. Vincenzo si impegnò a farla sparire al più presto. Comprò una tempera idonea e un antimuffa. Ma anche stavolta, nel giro di una decina di giorni tutto tornò come prima, neanche usasse acqua al posto della vernice.
    Quella non era una semplice macchia, se ne stava convincendo. Ogni volta che restava in bagno per pisciare o altro, quell'entità lo fissava. A Marilena sembrava una cosa priva di senso.
    Guarda: quelli sono gli occhi, quello il viso, i capelli che gli scendono sulle spalle, così sentiva descrivere da Vincenzo. Lei vedeva solo i segni dell'infiltrazione d'acqua. Lui, invece, alla figura riconosceva dei poteri che andavano al di là di semplice insediamento di spore o funghi o cosa mai fossero. C'era dell'altro, e questo altro aveva viso e occhi che lo osservavano.
    Tale certezza l'incupiva, oltre a fargli venire una forma di stitichezza. Non riusciva a rilassarsi con quello spettro grigio stampato nel verdino del bagno — tra i vari tentativi aveva provato anche a scurire la tempera, per mimetizzarla, ma niente da fare.
    Se la prima volta che l'aveva notata, seduto sulla tavoletta, la reazione era stata di spingere con più forza lo stronzo ancora a metà strada, quando la riconobbe non fu altrettanto indolore. Mentre indugiava sulla pallidezza, le occhiaie evidenti che sminuivano il verde delle sue iridi, sul neo che si allargava come se qualcuno si divertisse a bruciacchiarlo con un mozzicone, l'altro, apparso dal fondo dello specchio, gli fece perdere la leggerezza del tocco. La prima lama del Wilkinson passò indenne, la seconda e la terza lacerarono il labbro superiore, nell'angolo a destra. Il sangue gocciolava sullo smalto del lavandino per scivolare come una docile valanga rossa verso il buco centrale. Lui, la macchia o quel che diavolo era, aveva un nome ben preciso:
    — Cristo, che mi venga un colpo se non è lui!
    Sorrise nonostante il bruciore per la ferita. A sentirlo vaneggiare al cellulare Marilena non gli dette gran peso. Quando si ritrovò a esaminare la traccia nel muro con l'acutezza di uno del RIS di Parma - di quelli più svegli, s'intende - iniziò a vacillare anche lei.
    — Forse, in effetti, potrebbe essere. La barbetta c'è, e pure lo sguardo da martire.
    Lì per lì si fece una risata, strozzata in gola dall'occhiata furente di Vincenzo:
    — C'è poco da ridere.
    La macchia era un lui alquanto pesante da digerire. Era apparso nel suo bagno e qualcosa voleva pur significare. Non doveva abbassarsi a pensare a uno scherzo del destino, c'era un che di atroce nell'assurdità della situazione. Roba da Statuetta della Madonna piangente e stimmate di padre Pio. All'idea di Matrix o Porta a porta in collegamento speciale dal bagno di casa sua, una fitta al fegato lo scosse. Colpa di Vespa e di quello che aveva preso il posto di Mentana, certo, ma la sua ragazza ne aveva approfittato per ammonirlo a smettere di ingozzarsi di wurstel, ketchup e maionese.
    — Ma ti pare che nel tuo bagno appaia la sua faccia? Così, tanto per darti un messaggio di fratellanza?
    — Senti, c'è poco da dire. Quel coso è lui. Tra tutto il casino che ho in testa, questa mi pare l'unica certezza. Tu falla rientrare pure nella cosmicità degli accadimenti probabilistici, rispolverando la tua laurea in statistica. Ma non riuscirai a convincermi del contrario.
    Lui, il viso, un effetto immediato l'aveva ottenuto su Vincenzo: aveva smesso di preoccuparsi di farlo scomparire. Ora voleva solo capire il senso della sua apparizione.
    Nonostante il trambusto, non aveva di certo perso l'abitudine di andare di corpo, tutt’altro. Proprio in quei momenti, come per demonizzare l'importanza dell'ospite affrancato al muro, sentiva la necessità di liberarsi degli altri pesi che aveva sullo stomaco.
    — E tu eri quello che voleva cambiare il mondo? Guardati che cazzo di fine hai fatto. Tu, crepato per inseguire il sogno di dare a tutti un mondo più giusto. E i tuoi compagni al sicuro, in attesa di raccogliere i frutti.
    Mentre sobbalzava, come fanno i maschietti per non sporcarsi le mutande, infieriva:
    — Per non parlare di chi si è fatto bello in nome tuo, e sotto sotto si faceva gli affaracci suoi. Bella gratitudine, considerando il risultato finale.
    Poi tirava l'acqua e rincarava la dose:
    — Scommetto che se potessi tornare indietro, anziché andartene in giro a salvare popoli, te ne saresti rimasto volentieri a tirar su una famiglia. Saresti stato un padre perfetto. Davvero. Anziché finire in cielo con quarant'anni d'anticipo per colpa di quegli stronzi che ti odiavano perché la povera gente era dalla tua parte.
    Lui ascoltava le parole di Vincenzo senza battere ciglio, dopotutto era stato già un miracolo che gli fosse apparso, pretendere che rispondesse ai suoi dubbi era fin troppo.

    ********

    Il tipo alla porta aveva gli occhialini da prete. A guardare bene, con la barba incolta e le basette lunghe, ricordava uno dei personaggi che Vincenzo aveva elaborato leggendo Dostoevskij o Tolstoj. O più semplicemente, assomigliava a uno sfigato di sinistra convinto che per vincere le battaglie fosse sufficiente schierarsi dalla parte della ragione.
    Non ci fosse stata Marilena lì con lui, Vincenzo non lo avrebbe fatto entrare. Era uno di quelli che se iniziavano a parlare non la finiva più. L'aveva potuto apprezzare durante una serata di musica elettronica dalle parti del centro sociale. Il volume assordante l'aveva salvato dai discorsi sull'omologazione dei programmi d'informazione e la bontà del caffè del Costarica confrontato con il Lavazza, specialmente se lo addolcivi con lo zucchero di canna, ovvio.
    Era stata una serata illuminante. Gli amici di Marilena dovevano per forza di cose essere tenuti a distanza di sicurezza. Da allora era andato tutto secondo i piani. Se non si fosse messa di mezzo la macchia. Ma come si dice, tre paia d'occhi sono meglio di due e il fortunato estratto a sorte era stato Antonio.
    — Che mi venga un colpo, ma, è lui! Questo è un segno ben preciso. Un segno molto importante, ti dico.
    E non lo diceva certo a Vincenzo, neanche a Marilena, a osservare dove era diretto il suo sguardo, ovvero alle sue tette. Da quando l'aveva scorta non aveva smesso di guardargliele. Le aveva staccato gli occhi da dosso solo per puntarli verso la parete del bagno. E dal luccichio delle pupille, il volto ammuffito l’aveva esaltato quanto l'abbondante scollatura.
    Vincenzo aveva abbozzato, dato che il tipo confermava la sua impressione. Al diavolo la gelosia per una volta.
    — Qui c'è bisogno di un piano. Il mondo deve conoscere la verità!
    Vincenzo, nel frattempo che il mondo prendesse coscienza della rivelazione, capì che stava per finire nei guai.


    ********

    Mancava una troupe del TG4 e poi erano tutti. Vincenzo passeggiava inquieto tra il divanetto e il lavello, mai sgombro e pulito come in quei giorni. L’unico spazio rimasto libero per sciogliere un po’ la tensione. Nel resto della casa si era stabilita una specie di unità di crisi, composta da “scienziati” — così chiamava gli amici di Marilena — accorsi da ogni dove. Oltre a essere quasi tutti maschi, erano pure dei rompipalle patentati.
    Antonio voleva davvero partire con una campagna d’informazione su internet, per poi passare ai telegiornali e alla carta stampata. Vincenzo non era d’accordo. Lui voleva conoscere il significato dell’apparizione, nella forma più essenziale e intima, non farsi pubblicità gratuita. Era inutile enfatizzare senza avere certezza. Avrebbero rischiato di apparire come dei millantatori. Di una cosa era certo: spettava a lui l’ultima parola.
    — Dopotutto è apparso nel mio bagno, mica nel vostro.
    Quando si sentiva isolato non gli rimaneva altro che tirar fuori questa semplice verità.
    — Tu sei un tramite, ma ora quella parete appartiene al popolo, alla gente —, replicava Antonio.
    Ma si dimenticava che la casa era di Vincenzo, dato che l’affitto continuava a pagarlo lui. O meglio, la baracca era di Fascetti, e per fortuna non aveva il minimo sospetto su cosa si nascondesse lì dentro. Altrimenti non ci avrebbe pensato un secondo a sbatterlo fuori di casa, minacciando di adeguare l'equo canone, di togliere acqua, luce e gas per annullare il contratto d'affitto, solo per prendere possesso del mausoleo domestico.
    — Dobbiamo trovare delle prove per darci credibilità. C’è bisogno di un esperto. Uno che di queste cose se ne intenda.
    Antonio, dapprima fulminato dalle parole di Vincenzo, si era messo a smanettare sul computer, come se stesse suonando un motivetto al piano. Finì di far cantare la tastiera dando un colpo più violento all’enter e dopo due secondi balzò in piedi esclamando:
    — Abbiamo il nostro uomo!
    — E chi sarebbe? —, fece Vincenzo con un tono tale da smontare l’affermazione precedente.
    — Eccolo qua: Don Fernando Sousa. È uno dei pochi al mondo che può esserci d’aiuto.
    Antonio aveva girato lo schermo del portatile verso la platea: la foto di un vecchietto faceva da contorno a un articolo di un Blog in spagnolo.
    — Dall’articolo si capisce che fino a novembre scorso era in Venezuela. Se siamo fortunati riusciamo a contattarlo tramite l’indirizzo e-mail in coda al pezzo.
    — E cosa mai dovremmo scrivergli per farlo venire?
    — Che ci servono i suoi occhi e il suo cuore. Lui è uno dei pochi che può dirci se il viso è vero o no, valutando se è autentico. Propongo di mettere a votazione l’arrivo di Don Fernando. Chi è favorevole?
    Vincenzo scosse la testa, poi guardandosi attorno alzò anche lui la mano, non fosse altro — Dio lo volesse — con questa mossa poteva sgombrare quei boyscout accampati da tre giorni in salotto, alla ricerca della pista giusta per ritrovare la via smarrita.

    ********

    Incredibile a credersi, ma la più accalorata seguace dell’idolo si rivelò Marilena. Qualcosa aveva smosso la sua coscienza personale. Credeva nella giusta causa. Voleva portare alla ribalta l’apparizione, sfiorava il fanatismo religioso. Vincenzo cercava di spegnere i suoi ardori, spiegandole che per certe questioni era più facile passare per coglioni che non per eroi.
    Antonio la spalleggiava. Sognava la moltitudine di umanità in pellegrinaggio, a rendere omaggio all'immagine sacra per milioni di persone. Offerte per avere interviste in esclusiva che raccontassero la strabiliante esperienza. Ci si sarebbe stupiti di quanti, vedendo quel volto, lievemente triste ma al tempo stesso deciso, avrebbero ritrovato la fede perduta.
    In Vincenzo, invece, l’incubo ricorrente in quei giorni era una puntata speciale di Voyager. Nella trasmissione, i più disparati esperti cercavano una spiegazione scientifica all'insolito fenomeno. C’era chi difendeva la tesi della particolare coagulazione dell’acqua filtrata e contaminata dal radon. Un altro imputava il tutto alla percentuale di umidità di quel bagno, in special modo quando la doccia era aperta. Uno urlava ai quattro venti la presenza nell'intonaco di sostanze radioattive, frutto di lerci traffici mafiosi. I risvegli erano tali da procurargli fastidiosi mal di testa. Andava al lavandino per sciacquarsi la faccia e iniziava a parlargli. Lo pregava di scomparire.
    — Da quando sei entrato nella mia vita, non sono più lo stesso. Marilena me lo ripete ormai da tempo. Sono nervoso, irascibile. Tu mi stai rodendo l’anima. Sparisci. Oppure dammi un segno, uno solo.
    Di solito a rispondere, con stucchevole tempismo, era il suo stomaco. Brontolava in attesa del caffellatte del mattino.
    — Se vado avanti di questo passo finirò al manicomio. Ma criminale, perché 'sta cavolo di palazzina la butto giù col gas... e chi s'è visto s'è visto.

    ********

    Un mese, tre settimane e un giorno. Due voli aerei, scalo tecnico a Madrid. C’era voluta una colletta per racimolare gli ottocentotrenta euro necessari. Tanto era costato l’arrivo di Don Fernando dalla sua missione in Venezuela. Ora aspettavano di essere ripagati con l’attesa sentenza dell’esperto.
    Vedendo il passo incerto dell’uomo, uno stecco in abito grigio. Pareva un superstite del Buena Vista Social Club. Aveva un’aria spaurita, completamente differente da quanto si sarebbe aspettato. Tutto dimostrava meno quel che era stato un tempo.
    — Don Fernando è appena arrivato dal Venezuela, dove prosegue la sua missione per portare pace e benessere, solo per vederlo, qui, a casa nostra. Ma ci pensi Vincenzo?
    Lui avrebbe volentieri spiegato a Marilena in primis che ancora non convivevano, e poi che erano mesi ormai che i suoi pensieri finivano lì, nel cesso, come pure l’ultimo illustre ospite. Continuando a quel modo, la sua vita sarebbe andata definitivamente a puttane.
    Don Fernando non concesse spazio ai convenevoli, volle subito essere portato sul luogo del ritrovamento. Aveva chiesto di entrare da solo.
    Era passata mezz’ora e nel bagno non si sentiva un fiato. L’unità di crisi stava iniziando ad allarmarsi quando dalla porta spuntò il vecchio. La visione della punta del suo naso, arrossata così come gli occhi, martoriati da un enorme fazzoletto che stringeva tra le dita, valeva più di mille discorsi.
    Antonio e Marilena furono i più lesti ad abbracciarlo. Adesso Don Fernando piangeva come un bambino.
    — Es él. Inconfundible. Inconfundible...
    Le sue parole erano la molla che serviva per far scattare il gruppo. Sarebbero andati avanti. A ogni costo.
    E gli costò davvero.

    *******

    Ventitré giorni. E il mondo gli crollò addosso. Ci avevano provato. Gli era andata male.
    Antonio ci aveva messo del suo. Si era fatto pizzicare negli scontri alla Sapienza, nella manifestazione che voleva impedire a benedetto XVI di parlare nell’Aula Magna. Un brutto biglietto da visita per chi voleva mostrare al mondo l’immagine del “Salvatore”. Certo, il primo video, girato con il telefonino e messo su youtube, non aveva reso giustizia al volto.
    Il secondo tentativo fu un intervento a un dibattito politico, diffondendo un ciclostilato con su l’immagine del redivivo. Ne erano usciti fuori con le ossa rotte. La maggioranza della gente pensava a una presa per i fondelli, e chi si era fidato della loro buona fede li aveva messi sull’avviso. Nessuno, sondaggi alla mano, se la sarebbe sentita di rispolverare l’annosa questione. Il coordinatore regionale del partito fu categorico:
    — Lui e le sue idee rivoluzionarie sono morte e sepolte. Inutile sperare in una nuova risurrezione. I tempi sono cambiati. Ognuno pensa al proprio tornaconto. Niente illusioni. Dobbiamo smettere di credere nei miracoli.
    Avevano contattato un reporter locale, ma avevano fatto la figura — così come da subito aveva temuto Vincenzo — di quelli che bucano una statuetta della Madonna e poi fanno uscire dagli occhi del liquido rosso al solo scopo di finire sulle pagine dei giornali, per poi guadagnarci dei soldi. Ebbero appena due giorni di gloria. Apparente. Poi furono ridicolizzati dai media. Furono perfino contattati da un inviato di striscia la notizia, ma fortunatamente la cosa non ebbe seguito, altrimenti la figura di merda sarebbe stata completa.
    Anche la politica, sia di destra che di sinistra, aveva parlato di bieca speculazione. Rischiarono di finire crocifissi di fronte alla ragion di Stato.
    A fare chiarezza sulla questione, anzi, a oscurarla, ci pensarono i servizi segreti. L’appartamento di Vincenzo fu rigirato come un calzino, neanche fosse un covo delle BR. Loro riuscirono nell'impresa d'insabbiare ogni cosa. Macchia compresa.
    — Il mondo non è ancora pronto per una rivelazione di tale portata.
    Dal carcere, Antonio aveva fatto giungere queste parole. Marilena aveva dimostrato il suo appoggio incondizionato alla causa. Vincenzo si era inquietato con lei. Avevano finito per litigare.
    — Se quel viso fosse stato di un altro, allora vedi che tutto sarebbe stato diverso. Viviamo in un Paese razzista e bigotto.
    — Se il viso fosse stato di qualche altro santo del paradiso, tutto questo non sarebbe accaduto.
    — Sì, ma avevamo anche la parola di don Fernando. Avevano combattuto insieme. L’aveva conosciuto davvero. E se per lui non c’erano dubbi, perché il mondo non ha capito?
    — Non lo so. E non lo voglio nemmeno sapere. Te ne devi fare una ragione. Guarda che fine ho fatto io. Sono stato preso per visionario, per reazionario, addirittura per un volgare sovversivo. Dimmi tu cosa ci ho guadagnato.
    — beh, adesso che hai cambiato appartamento non avrai più gli incubi, puoi stare tranquillo.
    Ma Vincenzo non sentiva affatto di aver pareggiato i conti con la sfortuna.
    Vedendo avvicinarsi il solito tipo, ebbe uno scatto.
    — Questo lo servi tu —, e si alzò per andare fuori a farsi un tiro.
    Si stava abituando al nuovo lavoro, a parte quando compariva il biondino che indugiava, prima di pagare, e le volte che si trovava da solo alla cassa gli passava il DVD dove c'erano solo piselli in tiro e niente gnocca.
    Poggiato allo stipite della porta, Vincenzo guardò in alto seguendo lo sbuffo di fumo della sigaretta. Il tempo prometteva pioggia. Si concentrò soltanto un attimo sulle forme delle nuvole: gli dei del cielo si divertivano a disegnare nel panno azzurro le forme più disparate. Ma non sarebbero riusciti a ingannarlo di nuovo, troppo cocente era stata la beffa.
    — Ma porcaccia della miseria, se proprio volevate mandarmi un segno, anziché il volto di Ernesto Che Guevara, non sarebbe stato meglio quello di Gesù Cristo? Almeno, forse, ci avrei tirato su qualche soldo.
    Scherzi del destino. O meglio, della Storia.

    gV

    Edited by VdB - 23/10/2009, 09:25
     
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    Losco Figuro

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    Il racconto è ben scritto, il finale non è telefonato e si legge molto bene, ottima fluidità (anche se, a parer mio, trovare gente interessata alla cosa sarebbe stato tutto fuorché difficile... se ne vedono di peggio)
    Mi è piaciuto, anche se sul finale cade un po', chiude con poca grinta.


    Voto 3 e proseguo con appunti sparsi.

    CITAZIONE (VdB @ 3/10/2009, 23:21)
    Vincenzo si era talmente abituato da sospettare che la guarnizione non la sostituisse di proposito.

    Scritto così dice che Vincenzo sospetta di non sostituire di proposito la guarnizione. Mi pare strano, ma se l'intento è quello è OK. Altrimenti, se era una cosa generica, dovrebbe essere "far sospettare".

    CITAZIONE (VdB @ 3/10/2009, 23:21)
    A mostrandogli l'alone di umidità

    Ti è scappata una "A" di troppo

    CITAZIONE (VdB @ 3/10/2009, 23:21)
    Scomparso il tizio, uscì fuori lei, il sorriso di quando stava per tirargli un rimprovero bonario.

    Toglierei "fuori", è pleonastico

    CITAZIONE (VdB @ 3/10/2009, 23:21)
    Vincenzo aspettava sempre fuori, pure d’inverno. I clienti erano perlopiù dei fissati del sesso e fosse stato lì alla cassa a parlottare con lei, difficilmente un tizio avrebbe noleggiato un porno.

    Serve una virgola prima di "fosse stato"

    CITAZIONE (VdB @ 3/10/2009, 23:21)
    Lei se guardava bene,

    manca il "ne" dopo "se"

    CITAZIONE (VdB @ 3/10/2009, 23:21)
    Prima di tirar giù la serranda, anticipandola, le piazzò un bacio in bocca, poi le svelò:

    Perché vai a capo dopo i due punti di inizio dialogo? :huh:

    CITAZIONE (VdB @ 3/10/2009, 23:21)
    La provocazione meritava un’azione decisa: un colpo di polso e la ragazza si ritrovò investita da una mitragliata di tempera.

    Tempera? Forse meglio vernice, non credo si dipingano le pareti con la tempera.

    CITAZIONE (VdB @ 3/10/2009, 23:21)
    Aldilà della parete,

    "Al di là". Attaccato è l'oltretomba ^_^

    CITAZIONE (VdB @ 3/10/2009, 23:21)
    Arrabbiatura a parte, la macchia gli era costato

    "costata"

    CITAZIONE (VdB @ 3/10/2009, 23:21)
    dei poteri che andavano aldilà

    Come sopra

    CITAZIONE (VdB @ 3/10/2009, 23:21)
    Se la prima volta che l'aveva notata, seduto comodo sulla tazza del cesso, la reazione fu solo

    "era stata solo", hai cambiato tempo

    CITAZIONE (VdB @ 3/10/2009, 23:21)
    - Ma ti pare che nel tuo bagno appaiai la sua faccia?

    Refuso: "appaia"

    CITAZIONE (VdB @ 3/10/2009, 23:21)
    Non aveva di certo perso l'abitudine di andare di corpo, anzi, adesso come per demonizzare l'importanza dell'ospite affrancato al muro, proprio in quei momenti sentiva la necissità di liberarsi degli altri pesi che aveva sullo stomaco.

    Metterei una virgola dopo "adesso".
    Refuso: "necessità"

    CITAZIONE (VdB @ 3/10/2009, 23:21)
    O più semplicemente, assomigliava a uno di quelli sfigati di sinistra

    "quegli sfigati"

    CITAZIONE (VdB @ 3/10/2009, 23:21)
    convinti che per vincere le battaglie basta schierarsi dalla parte della ragione.

    Meglio "basti schierarsi"

    CITAZIONE (VdB @ 3/10/2009, 23:21)
    Non ci fosse stata Marilena lì con lui sulla porta Vincenzo non lo avrebbe fatto entrare.

    Serve una virgola dopo "porta"

    CITAZIONE (VdB @ 3/10/2009, 23:21)
    D'allora era andato tutto secondo i piani.

    Penso sarebbe meglio "Da allora"

    CITAZIONE (VdB @ 3/10/2009, 23:21)
    Vincenzo, nel frattempo che il mondo prendesse coscienza della rivelazione

    Non mi suona questa frase :huh:

    CITAZIONE (VdB @ 3/10/2009, 23:21)
    Se Vincenzo fu preso per visionario, per reazionario, addirittura per un volgare sovversivo e ora se ne sta senza dietro un bancone di una videoteca,

    Metterei una virgola dopo "sovversivo"
     
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  3. VdB
     
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    Ciao CMT grazie per lettura e commento e per le utilissime segnalazioni
    SPOILER (click to view)
    ps le rispondenze sul finale è ciò che più mi sta a cuore :B):
     
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  4. Daniele_QM
     
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    Devo dire che immaginavo
    SPOILER (click to view)
    qualcosa del genere. Il fatto che tu non avessi scritto Lui maiuscolo mi faceva storcere il naso, e ora c'è anche il perché!

    Racconto ben scritto come sempre. I refusi te li ha segnalati CMT. Trovo però che stavolta tu non abbia centrato il bersaglio. Mi spiego: con un finale come quello che hai inserito, la parte iniziale e centrale stona; perché mentre per tutto il racconto il narratore esterno appare estraneo, nell'ultimo pezzo sembra coinvolto nella storia, arrivando a rivolgersi al lettore.
    Poi c'è questo: il racconto è un po' lungo in alcune parti, ti soffermi molto sul rapporto tra lui e lei ma a conti fatti il finale ce lo fai digerire frettolosamente riassumendo in tre righe ciò che ne è stato delle loro vite.
    Insomma, trovo molto sbilanciati i tre quarti del racconto e il finale.
    Voto tra il 2 e il 3, però resto basso stavolta perché da te ho letto cose più incisive.
    :)
     
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  5. rehel
     
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    Evidentemente la tua scrittura mi “empatizza” molto, VdB. Te lo avevo detto ancora quando postasti “Madre patria”, mi pare, qui sempre su USAM. E adesso torno a riempirti di elogi…
    In effetti il tuo racconto mi ha entusiasmato e lo reputo il migliore assieme a quello del mitico Brave. Credo vi disputerete il primato in questa edizione e vincerà il migliore!
    Tutto mi quadra, la storia, il suo sviluppo e l’incredibile finale che hai saputo escogitare. Lo stile è ottimo, con alcune frasi davvero buone. Anche qui ci sono delle metafore eccellenti e ci vedo la mano di uno che sa bene cosa vuole fare. :imploro:
    Tempo fa avevo pensato di scrivere un racconto simile, suggestionato da un articolo apparso sulla rivista Necro e da un film che avevo visto, ma non mi sarei mai sognato di concludere così come hai fatto tu.
    Che altro dire… quattro con lode anche a te! :sunglass:
    Alla prossima.

     
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  6. VdB
     
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    grazie Daniele e a te rehel per aver letto e commentato. I vostri giudizi sono talmente opposti che resto un poco in confusione, attendo altri riscontri per tirare le somme, per il momento dico:
    SPOILER (click to view)
    sì il finale è sorprendente e per gestirlo in modo diverso (senza farlo capire troppo presto), necessitavo di indicazioni in merito, dato che i primi a leggerlo siete voi di USAM. Il rischio era che continuassi a menarla quando ormai il gioco del "profeta" fosse stato scoperto già da un pezzo. Vediamo se nel frattempo riesco a gestire altrettanto bene il tono del narratore alla fine, che rimane un problema (non so fino a che punto sia grande, ma di certo lo potrebbe essere, tanto da dequalificare la mia storia).

    Ci si legge alla prox

    gV
     
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  7. bravecharlie
     
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    partendo dalla fine, devo dire che è riuscita a sorprendermi piacevolmente e strapparmi un sorriso. hai giocato bene sull'equivoco nascondendolo in maniera adeguata, in questo ti ha aiutato il buon stile che sempre contraddistingue i tuoi pezzi. forse i personaggi non sono proprio interessantissimi e troppo "normali" per i miei gusti, forse non si capisce bene perché lui debba fare una fine tanto ingloriosa per colpa di "quel" viso (addirittura la ragazza lo lascia! leggo tra le righe la critica al fondamentalismo religioso e capisco che il racconto va preso con leggerezza, ma le conseguenze sul povero Vincenzo paiono esagerate), e in ultimo il tizio con occhialini da poeta fa un'apparizione troppo breve per risultare qualcosa di più di una macchietta. tuttavia, il tema portante (e, soprattutto come sei riuscito a condurlo fino alla fine) mi è piaciuto. per questo voto 3.
     
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  8. riccardocibi
     
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    SPOILER (click to view)
    scritto scorrevolmente, con un ritmo sostenuto, però con alcuni passaggi temporali forse troppo veloci. Il finale mi sembra un po' frettoloso, nel senso che non chiude in modo forte ciò che precede. voto 3
     
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  9. Yue07
     
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    Wow, ti faccio i miei complimenti. Prima di tutto per come racconti la storia (trovo ben riuscita l'ironia) e anche per l'argomento e per il finale che mi ha fatto sorridere. ben reso davvero. Solo che in alcuni punti ho sentito il tono appesantirci. peccato, perchè avresti meritato quattro. Invece voto 3.
     
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  10. ferru
     
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    Ciao,

    SPOILER (click to view)
    Il racconto fino a un certo punto mi ha proprio coinvolto. Magari gente troppo normale, ma insomma. Ritmo giusto. Parole al posto giusto. E' il finale che mi ha lasciato un po' perplesso (personale, ovvio) boh... voto 4 anche per la pulizia del testo a la cura. (Però ho visto una minuscola dopo il punto e tipa si dice in italiano? Tempo fa, in un concorso, mi hanno distrutto un racconto perché avevo usato questo termine e addirittura in prima persona.


    Ferruccio Gianola
     
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  11. VdB
     
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    Grazie a brave, riccardo, Yue e ferru per commenti e consigli. Ho editato il finale. spero sia in linea con i precedenti capitoli e con lo "spirito" del racconto.

    saluti
     
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  12. Piscu
     
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    acc, mi hai bruciato un racconto che avrei voluto scrivere io!

    SPOILER (click to view)
    o meglio, col finale mi ha sorpreso, ma già da quando hai citato la macchia di umidità mi era venuta in mente che sarebbe "apparso" qualcuo. questo perché nell'ufficio di un mio collega c'era una macchia di umidità che lui appunto chiamava "la sindone".



    comunque bel racconto, scritto benissimo. forse il finale è un po' fiacco, rivelazione a parte. insomma, non va a finire da nessuna parte.

    un altro paio di appunti sulla struttura del racconto: nelle prime fasi ti soffermi abbastanza sul rapporto il protagonista e la compagna, ma questa relazione non ha praticamente alcuna parte nella vicenda, quindi forse potresti alleggerirlo di qualche dettaglio inutile ai fini della trama. inoltre, nel paragrafo in cui narri l'incontro fuori dalla videoteca, mi pare che il punto di vista salti un paio di volte da lui a lei, creando un po' di confusione.


    segnalo:

    "All'idea di Mixer"
    non sarebbe matrix? ho pensato che avessi storpiato volutamente il nome, ma visto che citi porta a porta e i rispettivi conduttori, credo sia solo un lapsus.

    "una truppe del TG4"
    troupe (a meno che non fosse un gioco di parole)

    "Non se ne dovevano fare una ragione"
    credo che il "non" sia da levare. a meno che la frase non fosse volutamente rovesciata (ma mi pare abbia poco senso).



    metto un corposo tre.
     
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  13. VdB
     
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    Grazie Piscu, conciso e efficace come tuo solito. Recepito le segnalazioni, tutte corrette.
    A rileggerci

     
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  14. rehel
     
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    [QUOTE=Piscu,12/10/2009, 18:16]
    acc, mi hai bruciato un racconto che avrei voluto scrivere io!


    A quanto pare eravamo in parecchi a volere scrivere qualcosa di simile! <_<
     
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  15. marramee
     
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    Il racconto è senz'altro scritto bene, con un'ottima prima parte, dai tempi dilatati. La parte finale, invece, ha un'accelerata improvvisa, che un po' mi spiazza. Insomma... ventitré giorni che liquidi in poche righe, quando invece avresti potuto ampliarle molto di più. In conclusione, anche se non è un tipo di racconto che mi piaccia molto, devo ammettere che il giudizio è positivo. Voto tre, ma con un finale più ampliato sarebbe potuto essere un quattro.
     
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18 replies since 3/10/2009, 22:21   547 views
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