Piombo contro acciaio a Elderberry fields
  • Poll choices
    Statistics
    Votes
  • 3
    45.45%
    5
  • 4 (max)
    27.27%
    3
  • 2
    27.27%
    3
  • 1 (min)
    0.00%
    0
Guests cannot vote (Voters: 11)

Piombo contro acciaio a Elderberry fields

western steampunk - 27k plus battute

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Piscu
     
    .

    User deleted


    fiuuu, questo mese, nonostante la stoppa del capodanno, dovrei riuscire ad entrare in gara.

    presento qui un racontino d'ambientazione western semiteconologico (avete presente wild wild west?). have fun.




    Piombo contro acciaio a Elderberry Field



    Kiddo passò lo straccio sul bancone per la tredicesima volta. O era la dodicesima? Provò a ricontarle: una, due... tre, sei... no, niente da fare. I numeri proprio non gli riusciva capirli.
    Però lo straccio lo sapeva usare, ed era per questo che Butch lo teneva a lavorare nel suo saloon. Il migliore di tutta Elderberry Field, questo Butch lo diceva sempre e Kiddo lo ripeteva ai clienti, così loro tornavano, o almeno così diceva Butch. In realtà Kiddo, che i numeri non li ricordava ma le facce sì, lì dentro vedeva sempre le solite persone. Non sapeva contare quante fossero, ma erano comunque le stesse.
    La giornata nel saloon era divertente per lui. Cioè, quasi sempre divertente. Gli piaceva girare per i tavoli, salutare la gente e dire che quello di Butch era il miglior saloon della contea. Era felice quando Cassidy veniva fare il suo spettacolo e lui poteva battere le mani e provare a cantare insieme a lei. A volte ballava anche, ma Butch non voleva perché perdeva tempo, così diceva lui. Anche fare le pulizie non era brutto.
    Invece, quando Butch lo mandava a scaricare le casse nel retro non gli piaceva. Tornava tutto sudato e sporco di polvere, e le braccia gli facevano male. Faceva sempre finta di non accorgersi quando qualcuno vomitava sul pavimento, perché sapeva che toccava a lui pulire, e lo stomaco gli si rivoltava e gli occhi gli lacrimavano per l’odore e la vista di quelle schifezze. Un’altra cosa che detestava erano le risse. Si spaventava e scappava nel retro, e Butch gli gridava che era un codardo per tutto il giorno, anche se non era vero. Lui non aveva paura. Cioè, sì, ma non era codardo. No davvero.
    C’erano persone che gli piacevano e altre no. Cassidy era la sua preferita, ma non veniva spesso. Un paio di sere la settimana, e quando finiva lo spettacolo saliva con qualche cliente nelle stanze di sopra. Però poi tornava giù, quando non c’era più nessuno, prendeva un bicchiere d’acqua, un po’ lo beveva e un po’ ci si sciacquava il viso, e chiacchierava con Kiddo mentre lui spazzava prima della chiusura. A volte gli lasciava anche qualche spicciolo, e lo salutava con un bacio sulla fronte. Anche Docwells era simpatico. Passava ogni tanto, si sedeva e cominciava a scrivere sul suo taccuino e non ordinava niente se non gli veniva chiesto, e infatti Butch lo mandava subito da lui perché sennò gli occupava solo posto, così diceva lui.
    Butch non era cattivo, Kiddo gli voleva bene perché lo faceva lavorare e gli dava da mangiare e non lo trattava da bambino, come facevano tanti. Però a volte era nervoso e si arrabbiava con lui, e allora era antipatico. Lo sceriffo Wilkinson, lui sì che era cattivo e Kiddo cercava sempre di stargli lontano perché rideva di lui. Però veniva tutti i giorni, e tutte le volte si portava con lui qualcuno e offriva da bere e poi non pagava perché era lo sceriffo, e Butch continuava a borbottare anche quando se ne era andato perché non era giusto che lui poteva fare quello che voleva solo perché era lo sceriffo.
    Una volta Butch gli aveva raccontato la storia di Wilkinson, perché lui era troppo piccolo per sapere come era diventato sceriffo. Anni prima, Wilkinson era un criminale, uno che andava nelle banche e sparava e prendeva tutti i soldi, oppure fermava i treni e rubava i bagagli della gente a bordo. Era uno bravo, anche se Kiddo sapeva che essere bravo in quelle cose voleva dire essere cattivo. Infatti Wilkinson era ricercato in diciotto contee, e per questo continuava a fuggire dalle città portandosi dietro qualche altro criminale come lui e continuando a rubare. Poi era arrivato a Elderberry Field, e anche lì aveva assaltato la banca e preso tutto. Era fuggito ma lo sceriffo di prima l’aveva inseguito e alla fine l’aveva catturato. Poi non si sa bene come erano andate le cose, ma lo sceriffo di prima si era preso i soldi della taglia dalle altre contee promettendo che Wilkinson non sarebbe uscito da Elderberry Field. Poi era scappato. Lo sceriffo, non Wilkinson. Lui invece era costretto a rimanere a Elderberry Field sennò lo avrebbero preso di nuovo e impiccato. E siccome era un tipo pericoloso, il sindaco aveva deciso di nominare lui come nuovo sceriffo, visto che l’altro se ne era andato.
    - Perché quando non li puoi combattere devi farteli amici - aveva detto Butch, e la storia era finita lì. Kiddo non era sicuro di capire cosa voleva dire, però se la ricordava quella frase. A parte i numeri, lui le cose se le ricordava.
    Quel giorno lo sceriffo non era ancora passato, e Kiddo era contento di non averlo visto. Però sapeva che sarebbe comparso, prima o poi, quindi forse non c’era molto da essere contenti. Tornò a strofinare il bancone con il cencio, e questa era la... la sedicesima volta? No, sedici veniva dopo... dopo tredici o dopo quordici?
    La porta a doppio battente si mosse e Kiddo fu grato a quel cliente per essersi presentato proprio nel momento in cui stava per confondersi ancora coi numeri. Il nuovo arrivato era piccolo e magro, portava gli occhiali e era calvo, a parte due ciuffi di capelli bianchi sopra le orecchie. Aveva con sé un libro e un quaderno, e una penna e anche un aggeggio di metallo composto da tante palline e delle molle.
    - Buongiorno Docwells - lo salutò Kiddo riconoscendolo.
    - Te lo dico tutte le volte, Kiddo. Almeno tu non chiamarmi dottore, chiamami solo Martin.
    Kiddo annuì per fargli piacere, senza capire a cosa si riferisse. Visto che era l’unico cliente, poteva perdere un po’ di tempo con lui. Butch gli diceva che ai clienti piace quando sei gentile, così poi tornano ancora, e allora Kiddo si avvicinò e aiutò Wells a togliersi la giacca prima di sedersi. La camicia che portava sotto era profumata, e il farfallino scuro perfettamente dritto. Siccome sapeva che si sarebbe messo a leggere e scrivere e macchinare, gli chiese subito se voleva qualcosa da bere.
    - Solo un bicchiere di vino, grazie - rispose lui, poi appoggiò la sua roba sul tavolo e aprì il libro.
    Kiddo si procurò il vino dietro il bancone (quando c’era poca gente nel locale, Butch lo lasciava fare da solo) e tornò al tavolo di Wells.
    - Grazie, ragazzo - disse questi prendendo il bicchiere, senza distogliere lo sguardo dal libro.
    Kiddo si sporse per cercare di vedere quello che c’era scritto. Sapeva che tutti quei simboli erano delle parole come quelle che lui diceva, ma non sapeva come si faceva per sentirle. Aveva visto come si facevano le fotografie, ma non capiva come si potevano fotografare le parole, visto che quando parlava lui non le vedeva. Frustrato da quel problema, spostò l’attenzione sul marchingegno con le palline che Wells si era portato dietro. Le palline erano disposte su più file e c’erano delle manovelle alla fine di ogni fila; poi c’erano molle in mezzo alle palline, e si riuscivano a vedere, sotto le file di palline, diversi ingranaggi. Kiddo non riusciva a capire che cosa fosse.
    - Sono a posto, grazie - fece Wells accorgendosi che lui era ancora accanto al tavolo. Poi notò che stava osservando l’oggetto misterioso e sorrise. - Ti piace? L’ho costruito io. Vuoi sapere come funziona?
    Kiddo guardò verso il bancone. Butch doveva essere nel retro e non poteva dirgli niente se si fermava a chiacchierare. Annuì e si sedette accanto a Wells.
    - Serve per fare i conti - spiegò lui. - Può svolgere tutte le operazioni con numeri di tre cifre. Guarda. - Armeggiò con le manovelle e le palline, spostandone alcune. - Si forma il primo numero così: centinaia, decine e unità. Poi il secondo numero nello stesso modo. E si sceglie l’operazione: somma, sottrazione, moltiplicazione o divisione. Poi si gira qui e... - le palline scattarono sotto la pressione delle molle cambiando posizione. - Si ottiene il risultato! Bello, vero?
    Kiddo era confuso. Era bello, questo sì, ma non aveva capito. - Io, i numeri, non... - farfugliò.
    - Oh, i numeri ti riescono difficili? - si informò Wells.
    - Sì - ammise. - Cioè, li so ma non li metto in fila. - Non era sicuro di aver spiegato bene il suo problema. Ma d’altra parte non era sicuro nemmeno di saperlo.
    - Capisco - affermò Docwells. - Ma sai, i numeri non sono una cosa concreta. Sono solo un’idea, e ognuno può vederli come meglio crede. Se non riesci a capire come te li hanno insegnati, forse...
    In quel momento la porta sbatté di nuovo e fecero ingresso quattro persone.
    Kiddo deglutì. Era lo sceriffo Wilkinson con tre suoi amici che erano stati criminali come lui.
    - Che posto di merda - furono le prime parole dello sceriffo. Poi vide Wells e Kiddo e aggiunse: - Che gente di merda.
    Insieme agli altri, si sedette sugli sgabelli davanti al bancone, e batté un pugno per attirare l’attenzione dell’oste che ancora non si vedeva. - C’è verso di avere da bere, qui dentro? - sbraitò.
    Kiddo non sapeva se andare lui dietro il bancone e servire lo sceriffo, ma fortunatamente riapparve Butch con un sorriso finto e chiese cosa volevano i signori.
    - Whiskey, per me e per i miei colleghi - ordinò Wilkinson.
    Butch riempì fino a metà quattro bicchieri, ma prima che potesse mettere a posto la bottiglia lo sceriffo gli fece cenno di aumentare la dose.
    I quattro scolarono in fretta l’alcool, poi richiesero un secondo giro. Ruotando sullo sgabello con il bicchiere in mano, Wilkinson si rivolse a Kiddo: - Ehi tu, scemo, vieni qui a pulirmi gli stivali. La polvere di questo schifo di città è più appiccicosa della merda d’asino.
    Kiddo si avvicinò a testa bassa, rosso in viso. Era arrabbiato, perché lo sceriffo lo chiamava sempre stupido o scemo o imbecille, ma lui non poteva fare niente. Lui era la legge, così diceva Butch. Si inginocchiò di fronte allo sgabello e cominciò a passare il suo straccio sulle scarpe dello sceriffo.
    Pochi secondi dopo, un calcio lo colse sotto il mento e lo mandò sdraiato sulla schiena. - Usa una pezza pulita, coglione! - ordinò lo sceriffo. Gli altri tre risero.
    Kiddo avrebbe voluto che Butch dicesse qualcosa. Lui non poteva rispondere perché lui non comandava niente, ma gli sarebbe piaciuto che il padrone lo difendesse. Ma Butch stava chino sui piatti che stava lavando, anche se Kiddo aveva già lavato i piatti prima di lui e nessuno li aveva usati nel frattempo. Ingoiò per non far uscire le lacrime e si rialzò in piedi. Stringendo le labbra che gli tremolavano, tornò verso il bancone in cerca di un canovaccio appena lavato.
    - Via, dagli un po’ di tregua Wilkinson - intervenne la voce di Wells.
    Kiddo si fermò dov’era.
    - Pensa alle tue stronzate, Wells - lo rimbeccò lo sceriffo.
    Ma lui non si fece intimidire. Lui non aveva paura, pensò Kiddo, no davvero. - Non pensare di poter spaventare me, con quel tono. Sai quanti ne ho visti passare come te? Bulletti che pensano di poter far quello che vogliono, solo perché gli è andata sempre bene. Eppure tu ci stavi per rimettere la pelle, avresti dovuto capire.
    I tre compagni dello sceriffo non ridevano più. Nemmeno lui sembrava divertirsi come prima. - Cosa vorresti dire, vecchio pazzo?
    - Che se non fosse per noi, che ti teniamo qui a Elderberry Field, tu penzoleresti da una forca già da qualche anno. Quindi sii riconoscente e comportati come si deve. Su, chiedi scusa al ragazzo.
    Wilkinson si alzò minaccioso dallo sgabello. Fece alcuni passi verso Wells: - Tu non mi dici cosa devo fare, chiaro? Io sono lo sceriffo. Io sono la legge.
    - Tu non sei sceriffo più di quanto io sono mia nonna.
    Kiddo si lasciò sfuggire una risatina, ma si raggelò quando lo sceriffo puntò lo sguardo su di lui. - Non ti azzardare a ridere di me, idiota!
    - Basta, Wilkinson! - sbottò Wells. Era la prima volta che Kiddo lo vedeva arrabbiato.
    - Vecchio, non ti conviene farmi arrabbiare. Non ci metto nulla a piantarti un piombo nel petto. - portò una mano alla fondina. Kiddo sentì che le gambe cominciavano a tremargli. Se la sarebbe fatta addosso? No, quello no.
    - Vorresti ammazzarmi qui, ora? Sei ridicolo - minimizzò l’altro.
    Lo sceriffo corse verso Wells e lo afferro per il collo della camicia, sollevandolo dalla sedia. - No, non qui e non ora. Perché non facciamo nella piazza della stazione, venerdì a mezzogiorno?
    - S-sarebbe un duello?
    - Sì, Wells. Un duello. O vuoi morire adesso?
    - No, certo che no. È solo che non ho molta esperienza di...
    - Ti lascio scegliere l’arma che preferisci. Vuoi un rivoltella? Un'automatica? Vuoi usare un fucile? Anche un maledetto cannone, per Dio? Non mi interessa. Scegli quello che vuoi. Io userò la mia rivoltella, quella che vedi qui. E guardala bene, perché se è vero che sugli occhi di un morto rimane stampata per sempre l’ultima immagine che ha visto, la canna di questa pistola sarà quella che il becchino vedrà impressa nei tuoi.
    Kiddo avrebbe voluto nascondersi. Ma aveva paura che se si fosse mosso lo sceriffo se la sarebbe presa con lui. Si limitò a stritolare lo straccio sporco che aveva causato tutto quello, maledicendolo con tutto se stesso.
    Wilkinson lasciò andare Wells. Fece un segno ai suoi compagni e uscì velocemente dal locale. Come sempre, non aveva pagato, ma Kiddo non pensava che fosse il caso di ricordarlo a Butch.
    Ora che l’altro se n’era andato, Wells si lasciò andare a un’espressione tesa e spaventata. Si riaggiustò il farfallino che lo sceriffo gli aveva stropicciato. Fissò Kiddo con aria sconsolata, come a volergli chiedere scusa per qualcosa.
    Solo a quel punto Butch parlò. Disse: - Mi dispiace. Era un buon cliente, dottor Wells.

    Kiddo passò tutto il giorno seguente rimuginando su quanto era successo. Lavorò meccanicamente e parlò poco coi clienti. In parte dava la colpa a se stesso, perché se solo lui non fosse stato così scemo da usare lo straccio sporco lo sceriffo non si sarebbe arrabbiato con lui e Docwells non avrebbe cercato di difenderlo e non si sarebbe procurato un duello contro lo sceriffo che era uno cattivo ma bravo ad ammazzare la gente.
    Verso metà pomeriggio, Wells entrò nel saloon. Non aveva libri, e non si sedette. Andò diretto da Kiddo, e lo fermò in mezzo al locale con una mano sulla spalla. - Hai impegni per oggi, ragazzo?
    Kiddo non sapeva se andare in bagno era un impegno, però prima di tutto c’era il lavoro e lo fece capire all’altro sollevando il boccale che stava trasportando.
    - Dopo il lavoro. Puoi venire da me? - insisté Wells.
    Kiddo ci pensò su e rispose che poteva, anche se non sapeva cosa volesse da lui, ma prima che potesse chiederlo il vecchio stava già uscendo. Meno male che lui sapeva dove stava Docwells, sennò non avrebbe potuto mantenere il nuovo impegno. Gli impegni erano cosa importante, così gli diceva sempre Cassidy, prima di salire con qualche cliente.
    Forse Butch aveva capito che lui era distratto, e lo mandò via prima del solito. Quando usciva dal saloon non sapeva mai cosa fare, di solito dormiva nella stalla accanto, ma stavolta si diresse veloce verso la casa di Wells. Il dottore abitava un po’ fuori dalla città, e aveva una specie di capannone dove faceva un sacco di cose che lui non capiva, ma nemmeno l’altra gente di Elderberry Field capiva.
    Wells lo accolse con un bel sorriso e lo fece entrare. Gli offrì un bicchiere di vino anche se a lui non piaceva tanto, poi lo portò nel capannone, che lui chiamava “laboratorio”.
    Kiddo si guardò intorno. C’erano un paio di tavoloni lunghi nel mezzo, ma tutto intorno era pieno di pezzi di metallo di forme strane e tanti forni che facevano caldo con attaccati dei bracci che giravano e facevano muovere delle ruote. C’erano anche tanti libri, messi sul pavimento uno sopra l’altro e più alti di lui. Era tutto ammassato insieme, ma Kiddo riusciva a vedere che c’era un senso in tutto quel disordine. Pensò che forse Docwells l’aveva chiamato proprio perché voleva che lui rimettesse a posto.
    - Ti ho chiesto di venire - spiegò Wells - perché ho bisogno di aiuto. Il lavoro che faccio qui dentro è importante, ma segreto. Mi serve qualcuno di cui mi posso fidare. Posso fidarmi di te, vero?
    - Sì Docwells, certo, sì.
    - Bravo. Non devi dire a nessuno quello che vedi qui. Intesi?
    Kiddo annuì. In realtà anche se avesse voluto non avrebbe saputo descrivere quello che vedeva.
    - Bene. Allora vieni.
    Wells si diresse verso il fondo del capannone, dove un lenzuolo copriva qualcosa alto quasi come un uomo. - Questa, Kiddo, è l’arma che userò contro Wilkinson. - Tirò via il lenzuolo bianco, scoprendo uno strano marchingegno.
    Kiddo osservò l’oggetto. All’inizio non riuscì a capire di cosa si trattava, poi, guardandolo tutto insieme, si accorse che... era una persona! Sì, era proprio una persona, però invece che di pelle era fatta di ferro e stava ferma e non aveva i capelli. Però aveva due braccia, due gambe, una testa con due occhi...
    - Ti fa paura? - chiese Wells.
    - No davvero, no Docwells! - Anzi, era davvero simpatico quell’omino tutto grigio! - Come si chiama?
    - Uhm... sarebbe una Unità Meccanica Semovente.
    - Unità... meccana... - cercò di ripetere Kiddo. - Semole... semo... Sam!
    Wells sorrise. - Sì, chiamalo Sam, se vuoi. Ci lavoro da qualche anno. È composto di parti meccaniche interdipendenti che gli conferiscono una capacità di movimento simile a quella di un uomo. È tutto basato su ingranaggi azionati a vapore...
    - Come un treno?
    - Sì, più o meno. Ma un treno ha un conducente. Lui no, lui pensa da solo.
    - Come un treno che va da solo? Ma non esiste!
    - Per questo sono un inventore.
    Kiddo rimase sbalordito. Docwells gli era sempre stato simpatico, ma non sapeva che facesse delle cose così straordinarie! Era contento di essere suo amico, anche se sapeva che sarebbe morto presto.
    - Quello che mi serve, ragazzo - proseguì il dottore - è che tu mi aiuti a mettere a punto le ultime cose. Venerdì Sam combatterà al posto mio, e stenderà una volta per tutte quel bastardo di Wilkinson. Ma mi serve aiuto per compiere gli ultimi test. Mi aiuterai?
    - Sì, certo Docwells!
    - Ti ringrazio. Cominciamo.
    Passarono tutta la sera a maneggiare Sam. Wells lo accese e gli fece vedere come si muoveva, emettendo sbuffi di vapore dai gomiti e dalle ginocchia. Sam camminava, e poteva prendere e spostare le cose, e ci vedeva, ma non parlava. Per funzionare dovevano riempirlo di carbone in una vaschetta che aveva sulla schiena, e per pensare dovevano infilargli dei foglietti con dei buchi nel collo.
    A un certo punto Wells chiese a Kiddo quanti bulloni di quelli grossi come il suo pollice fossero rimasti. Kiddo si avvicinò al tavolo e si confrontò con il grosso mucchio. Iniziò a contare: uno, due, tre, qu... quotte? Sei, cinte, sotto...
    Andò avanti anche se sapeva di essersi sbagliato. Ma se Docwells vedeva che non sapeva contare l’avrebbe sbattuto via, lui che era così intelligente! Alla fine, azzardando una risposta, dichiarò: - Sono quantaronoi.
    Wells lo guardò con aria affranta. - Oddio, scusami! Mi ero dimenticato che non sai contare.
    Kiddo chinò la testa, imbarazzato.
    - Non ti vergognare. Fammi vedere come conti.
    Kiddo sporse in avanti le mani chiuse. Tirò su il pollice: - Uno. Due. T-tue. Quarto. Sei. - Lasciò cadere le braccia, sconsolato. - Scusa Docwells, non ci riesco.
    - Aspetta. Mi hai detto che tu sai i numeri, ma non riesci a metterli in fila. Io credo che il tuo problema siano i nomi dei numeri. Perché invece di dare un nome a ogni dito non conti con le mani?
    - Come si fa?
    Wells mostrò i pugni. Poi ne aprì uno: - Questo è uno. - Aprì l’altra mano. - E questo, invece...
    - Dieci! - intervenne Kiddo, pieno di entusiasmo. Era sicuro, si ricordava che tutte le dita aperte si chiamavano così.
    - No, aspetta. Dimentica cosa ti hanno insegnato. Se prima era uno, questo è...?
    Kiddo pensò qualche secondo, poi gli fu chiaro. - Due! Ma poi? Le mani sono finite!
    - Vero, ma tu hai una buona memoria. Ti ricordi quante volte hai aperto le mani, no?
    Kiddo fece qualche prova. Uno, due. Uno, due, per la seconda volta. Uno, due, ancora. Sì, era facile. Però... - Ma Docwells, nessuno conta così.
    - Che sciocchezze! Sam, lui conta proprio come te. Lui conosce solo uno e due. Pensa con due numeri, perché nella sua testa capisce solo quando il vapore passa e quando non passa. Servono a quello i fogli bucati.
    - Davvero?
    - Certo. E ora dimmi, quanti bulloni sono rimasti?
    Kiddo contò. - Sono due volte due volte due volte due volte due, e due volte due volte due e due.
    Docwells rifletté più quanto lui si era aspettato, poi tradusse: - Quarantadue. Ottimo, basteranno. Torniamo al lavoro.

    Giovedì sera Cassidy venne al saloon, e cantò e ballò, ma Kiddo vide che non era come sempre. Sembrava distratta, come quella volta che lui portava un vassoio pensando al cavallo che si sarebbe comprato da grande e era inciampato. Avevano riso tutti e anche Butch si era dovuto mettere a pulire. Cassidy smise il suo spettacolo prima del solito e mandò via due clienti che volevano salire le scale con lei. Andò invece a cercare Kiddo.
    - Ho saputo che sei diventato amico di doc Wells - gli disse.
    - Sì, Docwells è proprio bravo.
    - Lo sai che domani Wilkinson lo ammazzerà?
    - No davvero, perché Docwells è troppo bravo e vincerà lui.
    Lo sguardo di lei era triste come lui non lo aveva mai visto. - Non so se andrà così. In ogni caso, Kiddo - mentre parlava, Cassidy gli scostò una ciocca di capelli dalla fronte, e scese con la mano ad accarezzargli la guancia. - Stai attento. Wilkinson è pericoloso. E potrebbe prendersela anche con te.
    - Perché?
    - Perché sei amico di doc Wells. E ho saputo che lui sta difendendo te.
    - È vero. Te lo dicevo che è proprio bravo.
    Finalmente, Cassidy sorrise. - Sì, hai ragione. Se fossero tutti come lui... - attirò Kiddo a sé e lo strinse forte. - ...o come te, Kiddo.
    L’abbraccio durò due volte due volte due volte due, e due volte due volte due e uno secondi, poi Cassidy si staccò e tornò a parlare: - Sai una cosa? La tua mamma ti vuole tanto bene.
    - Davvero? Tu la conosci?
    - Sì. La conosco. E so che ti vuole bene. Le dispiace tanto di non poter essere accanto a te, ma fa del suo meglio per farti stare bene. Purtroppo con il suo lavoro viaggia molto e fa cose... brutte. Però pensa sempre a te, sai? Forse un giorno tornerà, quanto tutto sarà più tranquillo.
    Kiddo pensava spesso alla sua mamma. La sua faccia era una delle poche che non riusciva a ricordare. Forse perché l’aveva vista solo da piccolo. Tutta la vita che riusciva a ricordare l’aveva passata nel saloon di Butch. Però tutti avevano una mamma, e anche se non la conosceva lui sapeva che c’era. - Grazie. Sono contento.
    Cassidy se ne andò senza prendere nemmeno un bicchiere d’acqua, ma Kiddo vide che aveva le guance bagnate mentre usciva.

    Venerdì mattina al saloon non si presentò nessuno. Era sempre così, quando c’era in programma un duello. Kiddo ottenne il permesso di uscire prima, anche perché Butch stesso aveva intenzione di assistere allo scontro.
    Kiddo corse verso casa di Wells, e lo incontrò mentre stava portando fuori Sam, sempre coperto con lo stesso telo bianco.
    - Oh, Kiddo, sei arrivato al momento giusto. Dobbiamo trasportarlo noi, se lo accendo adesso finisce tutto il carburante.
    - Va bene Docwells.
    Insieme trascinarono Sam che era stato sistemato su un piccolo carretto. Cioè, era più Kiddo che tirava, perché lui era forte, invece Docwells era vecchio e non ce la faceva.
    Quando arrivarono davanti la stazione, c’erano già tante persone. Kiddo provò a contarle, ma non ci riuscì. Erano davvero troppe. Erano disposte in circolo, e al centro c’era lo sceriffo.
    - Ben arrivato, Wells - disse con un sorriso cattivo. Per un attimo guardò anche Kiddo, come se avesse visto un cavallo sventrato dai lupi, e lui sentì un brivido. Forse era vero quello che diceva Cassidy, che lo sceriffo avrebbe ammazzato anche lui. Ma Docwells non poteva perdere, no davvero.
    Kiddo e Wells tirarono giù Sam dal carretto. Poi il vecchio gli ordinò sottovoce di allontanarsi. Kiddo fece alcuni passi indietro, ritrovandosi a poca distanza dalla folla. Però voleva essere più vicino possibile. Solo allora Wells rispose: - Sono pronto, Wilkinson.
    - Che arma hai scelto? Non avrai davvero portato un cannone? - chiese lo sceriffo accennando al grosso macchinario nascosto dal lenzuolo. Qualcuno rise.
    - No. Questa è la mia Unità Meccanica Semovente.
    Scoprì con una sola mossa Sam, e ci fu silenzio. Kiddo non poté evitare di ridacchiare. Erano tutti stupiti, come lo era stato lui la prima volta. Loro non sapevano che Sam era bravo.
    - Che cosa diavolo è quell’affare? - fu la reazione dello sceriffo.
    - È la mia arma. Combatterà per me.
    Lo sceriffo non rispose subito. Forse cercò di capire che cosa si trovava di fronte, ma evidentemente non ci riuscì. - Non so cosa hai in mente vecchio, ma non importa. Pensi che mi spaventi a vedere uno spaventapasseri d’acciaio? Scommetto che il piombo lo sbatte a terra senza problemi. Posso distruggere quell’affare e poi uccidere te senza neanche ricaricare. Ma dovrai rispettare le regole. Dieci passi, poi ci voltiamo e spariamo. Chiaro?
    Wells annuì. Accese Sam, poi prese uno dei suoi foglietti e con una pinza vi praticò con precisione alcuni fori. Inserì il foglietto nella fessura sulla nuca di Sam. Questi, per la prima volta, si mosse autonomamente, suscitando la meraviglia del pubblico. Si posizionò di schiena rispetto a Wilkinson, in attesa che il suo avversario si mettesse dietro di lui.
    Fu il sindaco in persona a contare i passi. - Uno!
    I due avversari si mossero. Tutta la popolazione di Elderberry Field trattenne il fiato. Era uno spettacolo doppiamente eccezionale, quello.
    Kiddo avrebbe potuto seguire il conto del sindaco, ma ormai aveva capito i numeri a modo suo. Tese le mani in avanti, la sinistra aperta e la destra ancora stretta.
    - Due! - gridò il sindaco.
    Sam e Wilkinson fecero un altro passo in direzione opposta.
    Kiddo aprì la mano destra, proseguendo il suo conteggio.
    Poi, con la stessa velocità di quel serpente che una volta era schizzato fuori dalla sabbia e Kiddo era corso via piangendo per la paura, Sam torse il busto di mezzo giro. La pistola che Wells gli aveva messo in mano fece fuoco. Lo sceriffo cadde in avanti. Non si rialzò più.
    Inorridito come tutti i concittadini, Kiddo fissò Wells.
    Lui gli restituì un’espressione altrettanto atterrita. Poi il suo sguardo si fermò sulle mani che Kiddo aveva aperto davanti a sé, in quello che nel sistema decimale era il numero dieci.

    C’era una pena per chi barava in un duello. Ma in quel caso non fu applicata. Il sindaco disse che avrebbe sistemato la faccenda, ma i giorni passarono e al dottor Wells non fu mai chiesto di rispondere per la scorrettezza.
    Nel saloon di Butch, la gente non faceva altro che parlare di quella mossa vile, accusava Wells di essere un codardo che non solo non aveva voluto fronteggiare il nemico, ma aveva anche infranto il regolamento. Kiddo lasciava scorrere quei discorsi. Sapeva che non avrebbero capito, se avesse tentato di spiegargli come contavano lui e Sam. Nemmeno Docwells riusciva a contare bene, in quel modo. C’era da meravigliarsi se si era confuso e aveva sbagliato a dare a Sam le istruzioni per il duello? Docwells era una brava persona, Kiddo era sicuro che non aveva voluto imbrogliare.
    Ma in realtà, nessuno ce l’aveva col dottore. Aveva soltanto reso un favore a tutta Elderberry Field, togliendo di mezzo quel criminale. I suoi amici criminali come lui se ne erano andati dopo la sua morte. Nessuno aveva il coraggio di lamentarsi di quella situazione.
    Kiddo non sapeva bene come sarebbero andate le cose. Il sindaco doveva ancora scegliere il nuovo sceriffo. Qualcosa sarebbe cambiato, nella loro piccola città. Ma per il momento, lui era contento di aver imparato due cose: adesso sapeva contare, e sapeva che aveva una mamma che gli voleva bene, da qualche parte.
    E avrebbe contato i giorni nell’attesa che lei tornasse.
    Per il momento, questo bastava a renderlo felice.



    edit: mi sono reso conto che nel titolo ho sbagliato a scrivere, pluralizzando i campi di sambuco. :fischio:


    Edited by Piscu - 1/1/2010, 18:48
     
    .
  2. Cappie.
     
    .

    User deleted


    SPOILER (click to view)
    Bello mi è piaciuto. Mi ha incuriosito dall'inizio anche per merito dei personaggi ben definiti. Molto carino il concetto dei numeri che tiene insieme il racconto. Bravo,4.
     
    .
  3. Pecorella75
     
    .

    User deleted


    Carino, ho votato quattro pure io.
    Sei stato molto bravo a caratterizzare Kiddo (ma che nome è, sembra la traduzione di "quello" in siciliano :P), e ne è uscito un personaggio simpatico. Gli altri sono un po' stereotipati, da classico western, ma insomma, credo che ci possa stare.
    Anche la gestione del racconto è buona, con la piccola sorpresa della mamma, e il finale gradevole. E poi la trovata del metodo di conteggio in binario, mi è piaciuta.
    Certo, un robot a vapore che funziona a carbone, è un po' azzardato, ma va be'... Aveva pure le schede perforate! A proposito, altro particolare che ho apprezzato è che prima di tirare fuori quest'arma a sorpresa, avevi mostrato la calcolatrice al saloon.

    Inoltre è molto scorrevole, nonostante non fosse proprio breve breve l'ho letto in un attimo.
     
    .
  4. Alessanto
     
    .

    User deleted


    Ho provato, cercando di vincere la mia avversione verso lo streampunk, a leggerne un po', poi però ho smesso.

    Non voto (ma non mi sembra scritto male.)
     
    .
  5. ferru
     
    .

    User deleted


    :D

    ciao Piscu

    SPOILER (click to view)
    Il racconto mi è piaciuto. L'ho trovato spassoso, con una giusta miscela, d'ironia, di maliconia e di violenza. Tutto è stato schekkerato per bene.
    Belle immagini, buoni dialoghi, e anche bei caratteri, nonostante questi ultimi, in alcune situazioni, mi siano sembrati un po' stereotipati ed è questo in fondo che penalizza il 4 che avrei potuto darti.
    Mi ha condizionato, inoltre, un po' quella premessa davanti al titolo: quel riferimento a WWW (ps. L'ho visto parecchie volte) paradossalmente ha tolto un po' il tocco personale.
    Tuttavia il lavoro e buono. Il ritmo giusto dall'inizio alla fine e non presenta problemi nella lettura.

    Ho trovato alcune frasi un po lunghine (ma questo è solo dovuto a una visione personale naturalmente e non te le segnalo neppure)

    ti segnalo solo la mancanza di una "a"
    CITAZIONE
    Era felice quando Cassidy veniva fare il suo spettacolo

    ho votato 3



    ;)

    Edited by ferru - 5/1/2010, 14:50
     
    .
  6. Piscu
     
    .

    User deleted


    CITAZIONE (ferru @ 5/1/2010, 14:24)
    Mi ha condizionato, inoltre, un po' quella premessa davanti al titolo: quel riferimento a WWW (ps. L'ho visto parecchie volte) paradossalmente ha tolto un po' il tocco personale.

    l'ho citato per far capire quale poteva essere il genere, ma in effetti non è che mi sia tanto piaciuto come film, e non mi è certo stato di ispirazione. anzi, credo che l'elemento steampunk qui sia giusto un accenno, sono stato molto più influenzato dal filone western in sé.
     
    .
  7. silente2.0
     
    .

    User deleted


    Racconto piuttosto carino, si legge molto velocemente nonostante la lunghezza, apparentemente non così necessaria sulla base di una trama tanto semplice. Piacevole lo stile very easy, utile per immedesimarsi nella mente ingenua e semplice di Kiddo, e piace anche lo spunto, smilzo ma efficace quanto basta.

    Personaggi e personalità sono scolpite in maniera decisamente classica, con buoni da una parte e cattivi dall’altra, e questa innocua semplicità magari avrebbe potuto essere più ingrossata, ispessita, in modo da dare un po’ di colore a figure piuttosto standard (il cattivone, lo scienziato, il buffo ritardato, ecc).
    Tuttavia, ben si adagiano su un intreccio lineare e liscio, e tutto sommato se ne rimane soddisfatti.

    Bella infine l’idea del conteggio binario, che si incastra ottimamente nel finale, momento di indubbia originalità.

    Tra il 2 e il 3, faccio il buon e dico 3 per il bel finale. :)
     
    .
  8. Black _ Dahlia
     
    .

    User deleted


    SPOILER (click to view)
    La trama non è male, e la trovo abbastanza originale (anche se certamente il tema del duello è più che utilizzato sia in letteratura che nel cinema). Tuttavia la prima parte (quella di "introduzione" alla vicenda, per intenderci) non è proprio ben riuscita, a mio parere: un po' troppo lunga, forse, e la parte in cui viene descritto l'operato dello sceriffo non è chiarissima.
    Per quanto riguarda lo stile, immagino che tu abbia voluto dare l'impressione che la terminologia usata ricalcasse quella che potrebbe avere in repertorio un bambino (anche questa, una scelta originale), con costruzioni e vocaboli molto semplici.
    L'idea di fare inventare al Docwells un robot a vapore che pensa tramite dei foglietti traforati è originale ma suscettibile di critiche (a questo punto, diventa un racconto di fantasia).
    La trovata finale del robot-baro che spara prima del dovuto è interessante, ma un po' artificiosa.
    Il mio sarebbe un due e mezzo. Ci penso un po' e poi voto!
     
    .
  9. Piscu
     
    .

    User deleted


    SPOILER (click to view)
    CITAZIONE (Black _ Dahlia @ 5/1/2010, 16:48)
    La trovata finale del robot-baro che spara prima del dovuto è interessante, ma un po' artificiosa.

    forse non è chiaro come pensavo, ma il robot non ha barato. è stato lo scienziato a confonderi, e programmarlo per compiere 10 passi prima di sparare, senza pensare che 10 scritto in binario equivale a 2.

    il problema nel far capire l'equivoco è che dovevo raccontarlo mediato dalla prospettiva del ragazzo, che già di per sé non capisce i numeri, quindi nell'epilogo la questione è risolta in termini piuttosto vaghi.
     
    .
  10. marramee
     
    .

    User deleted


    Un tre pieno, con un finale diverso sarebbe stato un quattro.
    SPOILER (click to view)
    La trovata finale che dovrebbe essere il cuore del racconto non mi ha convinto: l'errore di scambiare il due per il dieci, forando la scheda, è illogico, visto che a farlo è proprio quello che ha inventato questo tipo di comunicazione. Avrei preferito che lasciassi il dubbio che forse si fosse sbagliato intenzionalmente. C'è un po' di amarezza in questo finale, che non si accorda con la visione "fantastica" del resto del racconto.

    Mi ricorda molto le atmosfere bizzarre di Wild Wild West, e non è male. Anche la scelta di farlo narrare da un ragazzo semplice, con un vocabolario altrettanto semplice, è indovinata.
     
    .
  11. ferru
     
    .

    User deleted


    :D
    CITAZIONE
    Piscu Inviato il: 5/1/2010, 16:05
    --------------------------------------------------------------------------------

    CITAZIONE (ferru @ 5/1/2010, 14:24)Mi ha condizionato, inoltre, un po' quella premessa davanti al titolo: quel riferimento a WWW (ps. L'ho visto parecchie volte) paradossalmente ha tolto un po' il tocco personale.

    l'ho citato per far capire quale poteva essere il genere, ma in effetti non è che mi sia tanto piaciuto come film, e non mi è certo stato di ispirazione. anzi, credo che l'elemento steampunk qui sia giusto un accenno, sono stato molto più influenzato dal filone western in sé.

    Avevo capito Piscu. In realtà la lettura del tuo racconto è molto più simpatica, ma mentre leggevo il racconto ho avuto un po' "d'ispirazione/distrazione": mi vedevo il Wilbur Smith e il mostro meccanico del film davanti.

    Concordo con te che il fim non è per nulla eccezionale. Ma a volte, quando non scrivo o quando non leggo, guardo la televisione solo per il rumore e i western belli o brutti che siano mi catturano quasi sempre
    ;)
    SPOILER (click to view)
    spero comunque di non esserti apparso negativo nel commento.
     
    .
  12. Black _ Dahlia
     
    .

    User deleted


    CITAZIONE (Piscu @ 5/1/2010, 17:15)
    SPOILER (click to view)
    CITAZIONE (Black _ Dahlia @ 5/1/2010, 16:48)
    La trovata finale del robot-baro che spara prima del dovuto è interessante, ma un po' artificiosa.

    forse non è chiaro come pensavo, ma il robot non ha barato. è stato lo scienziato a confonderi, e programmarlo per compiere 10 passi prima di sparare, senza pensare che 10 scritto in binario equivale a 2.

    il problema nel far capire l'equivoco è che dovevo raccontarlo mediato dalla prospettiva del ragazzo, che già di per sé non capisce i numeri, quindi nell'epilogo la questione è risolta in termini piuttosto vaghi.

    Sì, sì... volevo dire il robot che commette l'errore e spara prima del tre... ho scritto baro senza riflettere solo perchè in effetti poi lo si accusa proprio di questo crimine! :asd:
     
    .
  13. rehel
     
    .

    User deleted


    Racconto gradevole da leggere, lineare e pe certi versi semplice.
    Comunque ben confezionato.
    Questo pregio è anche il suo difetto. Durante la lettura non ho avvertito palpiti, sussulti, cambi di ritmo. Tutto mi è sembrato un buon compito educatamente eseguiti, ma come lettore sono rimasto freddino.
    Il mio voto sarebbe sul due e mezzo; dico tre per la buona fattura dell'insieme.
     
    .
  14. Black _ Dahlia
     
    .

    User deleted


    Nada. Pur avendo riletto la prima parte (quella che non mi convinceva, per intenderci), non sono riuscito a rivalutarla: decisamente troppo lenta rispetto alla seconda metà del racconto. Non mi convince, poi, neanche la parte in cui l'inventore "insegna" a contare al ragazzino. La parte finale del duello mi sembra un po' precipitosa e spiazzante.
    Quindi metto due, sorry!
     
    .
  15. RobertoBommarito
     
    .

    User deleted


    Belle le immagini che riesci a trasmettere. Buona la trama e la scelta del linguaggio adatta ai personaggi.

    Non mi convince molto, però, la parte iniziale dove invece di rivelare il personaggio attraverso le sue azioni, ci si limita a descriverlo. Così, secondo me, si crea un senso di distanza fra lettore e protagonista, che si trascina lungo tutto il racconto. Non mi sono sentito abbastanza coinvolto dal racconto e forse per questo ho avuto la sensazione che proceda lentamente. Per questo metto 2.

     
    .
17 replies since 1/1/2010, 18:32   363 views
  Share  
.