Cane nero, ratto, corvo

11300 caratteri, di Maurizio Bertino

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  1. Peter7413
     
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    Cane nero, ratto, corvo

    Uberti posò la fotografia sul tavolo, contrariato.
    - Non posso dire di essere soddisfatto, Barbero – disse fissando negli occhi l’uomo di fronte a sé.
    Barbero ricambiò lo sguardo, ma non disse nulla.
    - Voi eravate stato scelto con l'unico scopo di proteggere Pesenti e il fatto che siate tornato solo e che per di più abbiate perso l'uso della parola mi soddisfa ancora meno.
    Barbero allargò le braccia, si indicò la bocca, coperta dalla lunga barba nera, e scosse il capo.
    - Cosa avete visto di così spaventoso al borgo da farvi perdere la parola? Questa - e nel dirlo Uberti alzò la fotografia che stava studiando fino a un momento prima - non dice nulla. Troppo mossa, troppo buio. Cos'è questo? Sembra un occhio. E questa? Una zampa di animale? Forse un lupo? Un cane?
    Barbero assentì con il capo.
    - Ma sembrerebbe attaccata a un arto umano…
    Barbero fece un gesto vago, non lo sapeva neppure lui.
    - Se fosse potrebbe tornarmi utile. Ma mi servirebbe un resoconto, anche scritto. Avessi saputo che eravate analfabeta non avrei acconsentito al vostro ingaggio, ma Pesenti era convinto che foste l’uomo giusto, voi, vecchio margaro delle alpi piemontesi che lo avete seguito in tutte le sue imprese. E io, folle, ho accettato senza fare domande fidandomi di quel pazzo incosciente. Ora mi siete completamente inutile!
    Barbero assentì, mesto.
    Uberti si lasciò andare sullo schienale della sedia, le mani sulle tempie, quasi esasperato, e così rimase per lunghi istanti.
    - Bene - si riscosse infine - proviamo a capirci qualcosa. Partiamo dall'inizio.
    Barbero assentì.

    - Lei è Zamin?
    - Sono io.
    - Sono Pesenti dell'Ufficio Informazioni dello Stato Maggiore del Regio Esercito e lui è Barbero, la mia guida alpina.
    - Era ora.
    - Ci serve il suo aiuto, dobbiamo salire al campo, scattare fotografie che comprovino quello che lei ha scritto nelle sue lettere, ci deve accompagnare.
    - Vi accompagnerò.
    - Bene. Ma mi permetta la curiosità: perché non ha più fatto ritorno a Torino?
    - Dovevo rimanere a guardia del presidio.
    - Scusi?
    - Loro sono lassù, vicini, dovevo rimanere a guardia del presidio.


    Uberti riprese in mano la fotografia, la guardò ancora a lungo e infine iniziò l'interrogatorio.
    - Siete arrivati al confine senza problemi? (Barbero assentì) Bene. E Zamin? L'avete trovato al villaggio? Ha accettato di accompagnarvi? Vi è apparso strano? Pazzo forse?
    Barbero assentì a ogni domanda.
    - Zamin era stato inviato per scoprire le cause dietro le morti di alcuni abitanti di quel borgo in seguito a attacchi di cani neri particolarmente feroci e alla fine ci inviò il resoconto di una strage che aveva risparmiato solo lui. La vostra missione era di documentare con fotografie che mostrassero chiaramente quello che era accaduto. Di questo ne era conscio, Barbero?
    Barbero assentì .
    - E infatti lei è riuscito a riportarci la macchina fotografica Pettazzi da cui siamo riusciti a ricavare questa foto e la ringrazio. Ma continuiamo. Siete saliti al borgo e vi siete entrati subito? No? Vi siete appostati al margine del bosco? Per quanto tempo? Un giorno? Va bene. E in tutto questo tempo Pesenti non ha scattato neanche una fotografia? No? Nel borgo c'era qualcuno? Nessuno? Sembrava disabitato? Sì? E Zamin? Cosa? Cosa intende? È una croce quella che sta tracciando? Sì? E che vuol dire? Chiesa? No? Cimitero? Sì? Zamin è stato al cimitero? Zappava? Scavava? Cosa? Disotterava i morti? Sì? No? Non c’erano corpi? Tutti spariti? Il cimitero era vuoto?

    - C’erano. Li avevo disseppelliti io stesso. Le prime tre vittime erano qui, in questa terra ora vuota. C’erano. E adesso anche le tombe più antiche sono vuote. Tutti, si è preso tutti.
    - Questo in effetti è strano, un cimitero vuoto non l’avevo visto mai neanch’io, ma ora basta, Zamin. Venga, beva un goccio, si disseti. E poi entriamo, andiamo a vedere se è rimasto qualcosa nel borgo. Barbero è già andato in avanscoperta.
    - Grazie, mi riempia questa ciotola e me la riporti. Berrò, ma voglio scavare ancora.


    La luce della lampada ebbe un sussulto, Uberti si alzò in piedi e cominciò a camminare per lo studio. - Nelle sue lettere Zamin accennava a corpi disseppelliti da lui stesso, quelli delle prime vittime, per capire se erano affetti da malattie trasmittibili. - disse fra sé - Però poi li ricollocò. Un cimitero vuoto è affare strano. Perché Pesenti non ha documentato con una fotografia?
    Un rumore dalla finestra attirò la sua attenzione, un uccello, un corvo, gracchiava forte dall’esterno. Si avvicinò, rifletté ancora e infine tornò a sedersi.
    - Entraste nel borgo? - domandò nuovamente a Barbero, che assentì - E trovaste qualcuno? No? Neanche dei corpi? No? Sangue? Assi divelte? Sì? Immagini di un assedio terminato con successo? Sì? E nessun corpo.
    S’interruppe. Aprì un cassetto del mobile alle sue spalle e ne estrasse un plico di lettere. - Lettere di Zamin - spiegò. Le posò sul tavolo, cominciò a passarle in rassegna, ne prese una.
    - La scena si presentava come quella di un maniero assediato. Un maniero che un piccolo re dei tempi antichi intendeva riconquistare. Un re che tornava dall’aldilà alla guida di un esercito maledetto. Animali cuciti fra loro, uomini ad animali, cani, corvi, ratti. La corsa selvatica, di cui si parla in tutti i testi maledetti fino al nord Europa. L’ho seguita per terre e per mari e infine qui l’ho ritrovata, in un borgo sperduto, dimenticato, guidata da un re di cui nessuno ha conservato memoria. - lesse - E va avanti così a descrivere come, alla fine, il piccolo re avesse riconquistato il suo maniero e di come gli avesse fatto provare questa corsa e infine l’avesse lasciato andare. Parole di un pazzo, parole che spettava a voi confutare o meno - guardò Barbero, ma questo non batté ciglio. - Lei le ha viste queste creature?
    Barbero assentì, poco convinto.
    - Ha visto uomini e animali uniti insieme? No? E cosa allora? Solo animali? Cani? Cani neri? Sì? Solo cani neri insomma.
    Barbero assentì.
    - Tabacco? - gli offrì. No grazie con un cenno silenzioso - Va bene, riprendiamo da dove eravamo arrivati. Entraste nel borgo e non trovaste nulla, giusto? Bene. Zamin vi condusse alla Bottega delle Acque, la taverna intorno alla quale la comunità intera si raccolse durante l’assedio? Sì? Entraste e trovaste qualcosa? No? Corpi? Animali? Niente? Decideste di fermarvi lì per la notte? Sì? E poi accadde qualcosa, giusto? Arrivò qualcosa? Cosa arrivo? I cani? I cani neri? Sì?

    - Sono loro, sono venuti per noi.
    - Chi, Zamin? Chi?
    - I cani, la corsa, il piccolo re.
    - Barbero, fuori ci sono dei cani, sembra abbiano la rabbia, chiudi la porta, barricala. Io preparo la macchina per la fotografia, sbrigati!
    - Entreranno.
    - Sono solo cani Zamin!
    - Entreranno.


    - I cani circondarono la Bottega delle Acque? Sì? E voi? Vi barricaste? Fu in quell’occasione che Pesenti preparò la macchina per la fotografia? Sì? Gli ci volle un po’, probabilmente voleva scattarla dalla finestra della locanda? Sì? E poi cosa successe? I cani attaccarono? Ma lei aveva barricato le porte, giusto? E entrarono ugualmente?

    - Ma come fanno? La porta sta per cedere! Zamin, cosa sta facendo? Si muova! Prenda l’arma! Ma cosa fa? Si siede? Chiude gli occhi? Cosa aspetta? Barbero carica il fucile e tieniti pronto! Sono solo cani, solo cani!

    - E cosa successe? Attaccarono? Zamin, fu attaccato? Sopravvisse?
    Barbero fece no con il capo.
    - E Pesenti? Lo difese? Continuò a manovrare la macchina mentre lo attaccavano? Che gli successe?

    - Barbero, la macchina! Prendila e scappa! Corri! Corri senza fermarti, senza voltarti! La lastra è impressa! Devono vedere! Devono vedere tutti!

    - Gli diede ordine di scappare con la macchina fotografica? Sì? E lei lo eseguì senza battere ciglio? Lo lasciò morire dilaniato dai cani? Perché? Era suo amico, perché lo lasciò?
    Barbero si strinse nelle spalle e, come per giustificarsi, indicò la fotografia sul tavolo.
    I due uomini si guardarono a lungo, in silenzio.
    - Direi che la situazione è abbastanza chiara adesso - riprese infine Uberti appoggiandosi allo schienale della sedia - La zona è infestata da un branco di cani neri affetti da rabbia. Trasmetterò le informazioni ai miei superiori e sarà predisposto al più presto un battaglione che verrà inviato per la bonifica del territorio.
    Barbero si rilassò sulla sedia.
    - Le sue informazioni alla fine si sono rivelate molto utili e il sacrificio di Pesenti non sarà vano. Le follie di Zamin sono smascherate, a parte alcuni particolari che oserei definire curiosi non ci sono elementi per pensare al soprannaturale. Il cimitero poteva essere vuoto perché saccheggiato dai cani stessi. La porta della Bottega delle Acque può aver ceduto perché mal tenuta. La fotografia con questo strano arto di animale può essere il risultato di un'errata durata dell'esposizione dovuta ai tempi accelerati dall'attacco dei cani. Si spiega tutto. Solo non mi spiego come lei possa essere sopravvissuto, Barbero. - e nel dirlo tornò a sporgersi in avanti, verso di lui.
    Barbero alzò le spalle come a significare che non lo sapesse neanche lui e sostenne lo sguardo di Uberti.
    - Ma probabilmente anche questo può essere spiegato con la rabbia che aveva contagiato i cani. Presi dal fervore causato dall'odore del sangue di Zamin e di Pesenti, l'hanno lasciata fuggire. Lei è un uomo fortunato, Barbero. Il Regio Esercito le è grato per il servizio, ma si vergogni per avere abbandonato così impunemente un suo amico alla mercè del suo destino.
    Il suono delle campane della città intonò la mezzanotte, il corvo continuava a gracchiare fuori dalla finestra.
    - Direi che è tutto, la congedo. Vada a riposarsi, ne ha bisogno.
    I due uomini si alzarono e si diressero verso la porta dello studio. Sull'uscio si strinsero la mano.
    - Un'ultima cosa, se mi permette - disse ancora Uberti.
    Barbero assentì con il capo.
    - Ha visto, per caso, nella Bottega delle Acque, dei libri? Uno in particolare mi interessa: dovrebbe intitolarsi Libro del Comando
    Barbero lo guardò con aria interrogativa.
    - Ah già, non sa leggere, come potrebbe averlo notato… Niente libri, dunque?
    Cenno negativo.
    - Come immaginavo. Buonanotte Barbero.
    Si congedarono.

    - Barbero, che fai? Scappa! Scappa! Cos'hai sulla spalla? Un corvo? Perché i cani non ti attaccano? Cos'è quel ratto che ti cammina sul braccio. Barbero guardami! I tuoi occhi, non sei più tu! Chi sei? Ahhh, i cani, mi uccidono! Ma non sono cani! Sono mostri! Cani, uomini, ratti, corvi tutti insieme! Mi uccidono! Aiuto! Barbero!

    Uscito dal palazzo del Regio Esercito, Barbero si inoltrò in una via laterale. Un corvo venne a posarsi sulla sua spalla. Un ratto uscì dalla sua giacca. Un cane nero lo aspettava nell'ombra.
    Portami, risuonò nella sua testa, nella sua mente, in tutto se stesso.
    Portami, la voce che più non lo aveva abbandonato dal suo primo ingresso nel borgo, quando ancora Zamin e Pesenti erano nascosti nel bosco.
    Portami, la voce che aveva annullato il suo essere e l'aveva trasformato in un suddito.
    Estrasse dalla tasca un libro, Libro del Comando scritto in rilievo sulla prima pagina. Lo aprì, erano disegnate istruzioni dettagliate su come cucire tutti insieme ratti, corvi, cani, uomini… Istruzioni su come richiamare un Dio, istruzioni su come portare la corsa selvatica a Torino e il piccolo re alla conquista del Regno.

    Fine

    Edited by Peter7413 - 12/5/2011, 22:09
     
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  2. Magister Ludus
     
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    Premetto che l'idea mi pare molto buona, un interrogatorio dopo i fatti successi al borgo, intervallato coi flashback. Anche la conclusione è buona, che non mi sono aspettato. Ben delineati i due personaggi.

    L'unica cosa che mi sento di criticarti sono i dialoghi. Specialmente tutta quella raffica di domande che Uberti pone a Barbero. Secondo me sono da sfoltire un po', magari alternandole con la narrazione, mostrando l'uomo che nega o afferma.

    Ti sei però perso nell'ultimo flashback:

    CITAZIONE
    - Barbero, che fai? Scappa! Scappa! Cos'hai sulla spalla? Un corvo? Perché i cani non ti attaccano? Cos'è quel ratto che ti cammina sul braccio. Barbero guardami! I tuoi occhi, non sei più tu! Chi sei? Ahhh, i cani, mi uccidono! Ma non sono cani! Sono mostri! Cani, uomini, ratti, corvi tutti insieme! Mi uccidono! Aiuto! Barbero!

    Questo pezzo secondo me non rende. Avrebbe reso di più se avessi mostrato cosa era diventato Barbero, con delle frasi semplici ma che allo stesso tempo avrebbero dato al lettore la giusta dose di orrore e sorpresa.

    Ripenserei anche al titolo.

    Ti segnalo:

    Siete saliti al borgo e vi siete entrati subito: che volevi dire?
     
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1 replies since 12/5/2011, 20:47   109 views
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